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Borghi Viaggi

I borghi più sostenibili d’Italia, dove fare esperienze “local”

In alcuni dei Borghi più belli d’Italia si possono fare delle esperienze davvero “local”. E questo grazie a un accordo stipulato con i Coltivatori di Emozioni, la prima piattaforma italiana di social farming, che ha lo scopo di salvaguardare il patrimonio agricolo nazionale attraverso un sistema di sostegni agli agricoltori, veri custodi delle antiche tradizioni agroalimentari italiane.

Ciascuno di noi può sostenere un agricoltore, anche a livello individuale, trascorrendo un giorno o un weekend in un borgo. Tra le varie forme di sostegno, ci sono le “experience”, che offrono a turisti la possibilità di scoprire le tradizioni e le eccellenze agricole di un territorio e dei suoi piccoli borghi, partecipando attivamente alla vita dell’azienda.

Tantissimi sono i borghi dell’associazione dei Borghi più belli d’Italia che hanno aderito e tante anche le esperienze che si possono fare. Ecco alcuni esempi e dove andare.

I borghi e le esperienze

A Castelnoceto, nel Monferrato, si può diventare “Tartufaio per un giorno”, passeggiando nei boschi insieme ai cani da tartufo e al cavatore, che spiegherà le dinamiche legate alla ricerca del famoso e prezioso tubero. Non manca una degustazione e aperitivo a base di funghi e tartufi in agriturismo. Il periodo in cui si può fare questa esperienza va da aprile a gennaio.

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L’esperinza della raccolta dello zafferano in Abruzzo ©CdE Cooperativa Altopiano Navelli

Si può provare a fare il coltivatore di zafferano a Navelli, in Abruzzo, detto anche il borgo dell’oro rosso, insieme al Consorzio per la Tutela dello Zafferano dell’Aquila DOP: si assiste alla raccolta dello zafferano, con i suoi magnifici fiori viola, e alle fasi di lavorazione con tanto di degustazione. Questa esperienza si può fare tutto l’anno.

Sempre in Abruzzo, ma ad Anversa, tra il Parco della Majella, il Parco Nazionale d’Abruzzo e la Riserva Regionale delle Gole del Sagittario, si può trascorrere “Un giorno da pastore” nel Bio-agriturismo La Porta dei Parchi, famoso per aver rilanciato la transumanza promuovendo un modello di agricoltura multifunzionale e sostenibile basato su un approccio biologico e tradizionale. L’esperienza comprende un’uscita al pascolo con il gregge, il pranzo in fattoria e il laboratorio “dal latte al formaggio”. Si può fare tutto l’anno.

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Un giorno da pastore in Abruzzo ©CDE Gallo Larino Abruzzo

Nella Tuscia laziale si può fare l’orticultore per imparare le tecniche di preparazione del terreno, modalità e tempi di semina per preparare un orticello o seminare in vasi da portare a casa. A “Sutri con l’orto di Vi” (Vi sta per Viviana che insegna queste tecniche) si raccolgono i prodotti freschi dell’orto, si passeggia con le caprette e si fa una sostanziosa merenda del contadino. Si può fare tutto l’anno.

In Sicilia, si può fare il coltivatore di cipolle: nell’azienda agricola La Collina degli Iblei, oltre a mandorle e grani antichi si coltiva la Cipolla di Giarratana, che ha reso famoso questo minuscolo Comune. Si assiste alla fase di raccolta e incassettamento e si cena a base di “scacce”, le conserve di cipolle e i prodotti tipici dell’azienda. La Val di Noto, con le sue perle barocche, e Ragusa sono a pochi chilometri, per un fine settimana completo e appagante. L’esperienza si fa da giugno a settembre.

Per chi cerca il benessere, l’azienda BioSannio di Castropignano, in provincia di Campobasso, propone “Apiario del Benessere a Oratino”: si tratta di strutture di legno con panche per rilassarsi dove sotto sono posizionate le arnie a conduzione biologica. L’atmosfera che hanno ricreato all’interno dell’apiario è quella tipica di un alveare: calda, profumata e accogliente. Esperienza unica, suggestiva e multisensoriale alla scoperta del mondo delle api e della loro importanza, anche attraverso l’attività didattico-formativa per grandi e bambini.

Sempre per chi ama le api, nel borgo di Viggianello, in Basilicata, l’azienda Serra del Prete propone una giornata dedicata alle api, con visita dell’apiario, smielatura e degustazione. Si fa da maggio a settembre.

Chi desidera fare un po’ di attività fisica, può partecipare a un trekking a Carentino, nel Monferrato, tra i noccioli dell’azienda agricola I Bò, alla scoperta della fauna locale (caprioli, scoiattoli, cinghiali) e fare birdwatching. Per terminare con degustazioni di vini biologici, di prodotti dell’agriturismo a base di riso e anche una merenda sinoira – un’usanza tutta piemontese, uno spuntino tra metà pomeriggio e l’ora di cena – con vini e prodotti tipici dolci e salate fatti con nocciole TGT (tonda, gentile, trilobata) e Spa alle Terme di Acqui. Il periodo in cui si può fare questa esperienza va da aprile a ottobre.

Sempre in Piemonte, si può provare a essere “Viticoltore in Vho”, un borgo vicino a Tortona, che include un trekking tra i colli torinesi e la degustazione del vino degli antichi vigneti di Timorasso, di recente riscoperto grazie alle sue caratteristiche enologiche. Si può fare tra aprile e gennaio.

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Il borgo di San Leo, in Romagna

Agli appassionati delle due ruote è dedicata l’esperienza che si fa nel meraviglioso borgo di San Leo, nell’entroterra riminese: si visita l’antico forno di San Leo con un laboratorio di panificazione – e assaggio – e un’escursione in e-bike tra i sentieri dell’Alta Marmarecchia. L’organizza la cooperativa Fer-Menti da aprile a ottobre.

Da aprile a settembre, l’azienda vitivinicola TerraQuilia, nel borgo di Guiglia, in provincia di Modena, propone un “Trekking tra i vigneti in alta quota”, un percorso tra boschi e vigneti accompagnati da una Guida ambientale escursionista (GAE) fino alla terrazza panoramica detta Il balcone dell’Emilia. L’esperienza prevede anche una lezione di cucina durante la quale le sfogline – le signore che “tirano la sfoglia” armate di energia e mattarello – rivelano i trucchi per una pasta tirata a mano perfetta: si preparano garganella, farfalle, una pasta ripiena, come i tortellini, e si visitano anche le cantine. Si può fare da maggio a ottobre.

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Il borgo di Guiglia ©CdE Emilia Terraquilia

Per chi adora mettere “le mani in pasta”, a Castel San Pietro Romano, nel Lazio, si prepara il famoso Giglietto, biscotto tipico e Presidio Slow Food, oppure si può partecipare a una cooking experience all’interno del forno delle sorelle Fiasco. Sono previste anche la visita naturalistica e al museo diffuso.

Chi ama la vendemmia può optare per la Puglia con “Tralci di Fuoco Pugliese”, un soggiorno alla Tenuta San Nicola, a Novoli, in provincia di Lecce, dove si partecipa alle fasi della vendemmia, si fa merenda tra le vigne e si cena a base di prodotti pugliesi.

Oppure a Bonassola, in Liguria, dove si trova l’azienda vitivinicola Ca du Ferrà immersa in un contesto rurale con l’antico mulino che conserva una ruota originaria. Si fa da aprile a giugno.

L’olio è, invece, protagonista di “Castiglione del Lago, la perla del Trasimeno” in Umbria, con visita al frantoio locale e degustazione di prodotti tipici.

Particolarmente indicata per i più piccoli è l’experience “Fattoria didattica a Mercato Saraceno” all’Agriturismo Clorofilla, nella campagna romagnola, dove i bambini e i ragazzi, attraverso diversi laboratori, possono conoscere da vicino il mondo della campagna, il mondo degli animali (maiali, capre, conigli, galli e galline, oche, anitre, faraone) e imparare come nascono il pane, la pasta, il vino, come si coltiva un campo, si lavora la lana e come trascorre la giornata un contadino. Si può fare da maggio a ottobre.

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Borghi Notizie Veneto Viaggi

Soave è il Borgo dei Borghi 2022, piccola perla veneta

Come di consueto, anche quest’anno si è tenuto l’attesissimo appuntamento con Kilimangiaro, la speciale puntata dello show di Rai3 durante la quale abbiamo scoperto il vincitore del Borgo dei Borghi 2022. La vittoria è andata per la prima volta al Veneto, che ha partecipato all’iniziativa con un piccolo paesino delizioso: stiamo parlando di Soave, splendida perla incastonata tra le colline ricche di vigneti.

Soave, il Borgo dei Borghi 2022

Ogni anno si rinnova l’appuntamento con il concorso del Borgo dei Borghi, che puntualmente premia uno dei suoi 20 partecipanti con un prestigiosissimo titolo. Stavolta il riconoscimento va al paesino di Soave, che già da tempo vanta anche la Bandiera Arancione per le sue eccellenze territoriali. Si tratta di un borgo incantevole, che ospita le vestigia del suo florido passato sotto forma di splendide architetture che punteggiano il suo territorio. E non solo: è anche un’importante meta enogastronomica, apprezzata soprattutto per il suo rinomato vino.

Immerso nel panorama splendido delle campagne venete, a non molta distanza dalla città di Verona, il paesino è circondato da rigogliosi vigneti da cui si produce il celebre bianco Soave Doc. È proprio qui, in questo ambiente naturale da sogno, che si snoda la Strada del Vino: ben 50 km da percorrere a piedi o in mountain bike, tra colline verdeggianti e antiche cantine, dove poter assaporare un buon calice pregiato assieme a qualche altra specialità gastronomica della zona. Ma è nel centro storico del borgo che possiamo perderci ammirando le sue meraviglie.

Le bellezze di Soave, piccolo borgo veneto

Paese ricco di storia, Soave affonda le sue radici in epoca romana, a cui risalgono alcuni antichi sepolcreti. È invece durante il periodo medievale che venne eretto il suggestivo Castello Scaligero, ancora oggi in perfetto stato di conservazione – grazie ai numerosi restauri che subì nel corso dei secoli. Passato di mano in mano tra le più importanti famiglie dell’epoca, il maniero venne poi dotato nel ‘300 di imponenti mura di cinta che circondavano il nucleo storico del borgo, anch’esse conservatesi magnificamente.

La fortezza visse vicende alterne, finendo persino trasformato in fattoria e poi abbandonato per lungo tempo. Ma nell’800 venne finalmente restaurato e tornò al suo antico splendore, proprio come lo si può ammirare oggi. I suoi rigogliosi cortili, il grande mastio e le imponenti sale che custodiscono antichi reperti sono bellezze tutte da scoprire. Ma il borgo di Soave non è certo rappresentato solo dal suo affascinante castello: vi sono molte altre splendide testimonianze storiche, come ad esempio le meravigliose chiese che albergano nel nucleo più antico del paese.

Il Santuario di Santa Maria della Bassanella, risalente addirittura all’XI secolo, è un piccolo scrigno di opere d’arte molto prestigiose, tra cui alcuni affreschi di un grande artista locale. Mentre il Duomo dedicato a San Lorenzo è un piccolo capolavoro rinascimentale che conserva bellissimi arredi barocchi. Lungo le viuzze del paese, inoltre, si possono ammirare alcuni incantevoli palazzi nobiliari ancora oggi di grande splendore. Ne sono esempio il Palazzo di Giustizia, eretto nel XIV secolo, che accoglie il tribunale e una vivace enoteca, ma anche il piccolo gioiello gotico-veneziano di Palazzo Cavalli, che un tempo presentava sulla facciata alcuni suggestivi affreschi quattrocenteschi.

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Abruzzo Borghi Castel Del Monte Notizie Viaggi

Lo straordinario monumento italiano scelto per un evento speciale

Sono sempre di più gli stilisti, italiani ed internazionali, a lasciare le tradizionali passerelle in cui far sfilare le proprie creazioni sartoriali, preferendo location storiche, piazze simbolo come quella di San Marco a Venezia scelta da Dolce & Gabbana. Il lato emozionale prevale, la scenografia non è frutto di un artifizio ma è donata dalla natura, dalle bellezze paesaggistiche ed artistiche del Belpaese.

Così, ultimo in ordine di tempo, arriva anche Gucci che il 16 maggio sfilerà in una cornice d’eccezione: il meraviglioso Castel del Monte, la fortezza del XIII secolo che domina l’altopiano delle Murge, in Puglia. Qui si potrà ammirare la nuova collezione uomo e donna firmata dal direttore creativo Alessandro Michele, che anticipa la fashion week di giugno a Milano, alla quale la maison non parteciperà.

Castel del Monte, location dell’alta moda

Uno dei simboli della terra pugliese. Castel del Monte, con quella sua sagoma inconfondibile, venne edificato nel 1240 su volere dell’imperatore del Sacro Romano Impero e re di Sicilia Federico II di Svevia. La sua forma ottagonale con le otto torri ad ogni spigolo, alte 23 metri, è famosa in tutto il mondo. Si trova sull’altopiano delle Murge, a dominare la piana su una collinetta a 540 metri sopra il livello del mare.  Per visitare questo imponente maniero, riconosciuto Patrimonio dell’Umanità Unesco nel 1996, è necessario raggiungere il comune di Andria (capoluogo di provincia insieme a Barletta e Trani). La contrada è quella omonima di Castel del Monte.

Realizzato in pietra calcarea, breccia corallina rossa, e marmo, vanta un mix di stili, da quello orientale a quello neoclassico di ispirazione nord europea, a simboleggiare ciò che questo luogo rappresentava per l’intero mediterraneo, ossia un incrocio fondamentale di popoli, culture, civiltà e religioni. Austero e massiccio, è la luce a catturare lo sguardo del visitatore (e ad aver affascinato anche la casa di moda Gucci). Qui il sole splende ad ogni ora del giorno e dona effetti cromatici meravigliosi.

Non è solo uno dei monumenti più fotografati della Puglia settentrionale, ma è anche raffigurato sulla versione italiana della moneta da 1 centesimo di euro.

Gucci sceglie uno dei simboli della Puglia

Un monumento scelto come passerella per la propria sfilata. Una tendenza, quella della valorizzazione del patrimonio artistico italiano, che sta coinvolgendo sempre di più il settore della moda. Gucci, dunque, sceglie Castel del Monte per le prossime collezioni uomo e donna. Ad ufficializzare la notizia è stata la stessa maison, che con una nota ha ribadito il proprio impegno nel sostenere e preservare il patrimonio artistico e culturale italiano: “Prosegue così il dialogo del direttore creativo di Gucci con una serie di importanti luoghi storici. Un dialogo che questa volta vede protagonista un sito di incredibile valore universale riconosciuto e protetto come patrimonio dell’Unesco dal 1996, gestito dal ministero della Cultura e dalla direzione regionale Musei Puglia”.

La casa di moda fiorentina non è nuova a questo tipo di iniziative tese a far conoscere nel mondo le bellezze storico artistiche italiane ed internazionali. Nel 2020, infatti, la maison aveva allestito la propria presentazione di collezione all’interno delle sale dei Musei Capitolini di Roma.

Castel del Monte

 

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Paularo, il villaggio degli alpinisti del Friuli-Venezia Giulia

Si trova nel cuore della Val d’Incarojo l’affascinante borgo di Paularo, prima località del Friuli-Venezia Giulia (e sesta in Italia) entrata nella rete transfrontaliera dei Villaggi degli Alpinisti (Bergsteigerdörfer). Il circuito, promosso dai Club alpini dei cinque Paesi aderenti (Austria, Germania, Italia, Slovenia e Svizzera), raggruppa 37 località dell’arco alpino che puntano sull’autenticità e sulla frequentazione lenta e rispettosa dell’ambiente per attirare i visitatori.

Natura incontaminata, assenza di strutture impattanti, il permanere di tradizioni mantenute vive dalla popolazione e le numerose possibilità di escursioni in quota fanno di Paularo un centro molto apprezzato dai turisti, di cui vogliamo offrirvi un piccolo assaggio.

Alla scoperta di Paularo, il “salotto della Carnia”

Incerta l’origine del nome di Paularo. C’è chi sostiene che derivi dal latino “pabolarium” (pascolo), chi lo fa risalire al termine “povui-poulars”, ossia “luogo di ippocastani”, come testimoniano gli unici secolari esemplari arborei di piazza Julia, eredi una piantagione più vasta.

Andando indietro nella storia, scopriamo che la prosperità della valle che ospita il paese è perlopiù legata al dominio della Serenissima Repubblica Veneta. Nella seconda metà del 1500, Paularo visse un Rinascimento di cui si possono tutt’oggi ammirare le tracce, come nello straordinario altare ligneo della chiesa di Dierico.

A contribuire a dare maggior lustro alla storia di questi luoghi fu, nel 1700, Jacopo Linussio, creatore di una delle maggiori manifatture tessili settecentesche d’Europa, considerato il primo imprenditore della Carnia, concentrato di natura e gioielli da scoprire. In quel periodo venne completata la struttura urbanistica del centro storico con la costruzione di Palazzo Linussio (ora Fabiani), tra i principali luoghi di interesse di Paularo, che per la signorilità delle case viene da alcuni definito il “salotto della Carnia”.

Lo si capisce già imbattendosi nel Palazzo Calice Screm, imponente complesso architettonico costruito nel XVI secolo, considerato il prototipo della casa carnica, con ampi loggiati ad archi a tutto sesto, sorretti da eleganti pilastri in pietra locale. O nel Palazzo Valesio-Calice, situato su un’altura di Villafuori, in posizione dominante quasi completamente il capoluogo. Edificato nel 1591 per opera di una famiglia veneziana, è composto da due ali e disposto su un ampio cortile racchiuso da un muro di cinta merlato. Lo si può raggiungere anche attraverso una storica e lunga gradinata detta “Cjamburjan”.

Nella frazione di Villamezzo, invece, da una piazzetta, si può ammirare uno dei tipici esempi di casa carnica, la Cort di Tarusç. Per entrare nel vivo delle tradizioni locali, vi basterà fare un giro per le botteghe, dove si possono scoprire i più tradizionali oggetti dell’artigianato carnico, dai mobili rustici alle scarpèts, le tipiche calzature del posto. Da non perdere, poi, una visita alla Mozartina, un museo privato che racchiude la preziosa collezione di strumenti musicali antichi e moderni del proprietario, Giovanni Canciani. Degno di nota è anche l’Ecomuseo “I Mîstirs”, dedicato ai mestieri tradizionali della valle. E di sicuro meritano una visita le numerose chiese che impreziosiscono il Villaggio degli Alpinisti friuliano (qui gli altri cinque in Italia).

Cosa fare e vedere a Paularo e dintorni

Anche i dintorni di Paularo sono ricchi di tesori da scoprire. Una bella sorpresa in cui ci si imbatte poco prima di arrivare in paese è la Cascata di Salino, spettacolare salto d’acqua di 30 metri, incastonato tra le rocce e una natura rigogliosa.

Il territorio è particolarmente amato per il suo paesaggio incontaminato, fatto di pascoli e foreste, e incredibili punti panoramici. A renderlo una meta rinomata è la varietà di offerta degli itinerari escursionistici sia di media montagna che in quota e nel fondovalle, oltre a percorsi scialpinistici e per ciaspolatori e vie di roccia per gli alpinisti. Insomma, da queste parti annoiarsi è praticamente impossibile.

Paularo Villaggio Alpinisti Friuli Venezia Giulia

Paularo, il villaggio degli alpinisti nel Friuli-Venezia Giulia

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La CNN racconta il borgo che vuole essere un Principato

In Italia esiste un piccolo borgo con un grande sogno: da anni, infatti, rivendica la sua indipendenza di Principato e la sua vicenda ha incuriosito anche la CNN che ne ha raccontato la bellezza e il desiderio.

Si tratta di Seborga, tra i borghi più caratteristici e ricchi di storia della Liguria, sulle alture della provincia di Imperia.

Poco più di 300 residenti, una posizione panoramica invidiabile con vista mozzafiato sulla Riviera di Ponente e sul Principato di Monaco, microstato più famoso del mondo e “fonte di ispirazione” per la continua ricerca di indipendenza del borgo imperiese, il valico di frontiera non ufficiale, con tanto di garitta dipinta con i colori della bandiera di Seborga: un’ambizione mai sopita che affonda le sue radici nel passato.

Il Principato di Seborga ha già una propria bandiera, un inno nazionale, passaporti, francobolli, valuta e, naturalmente, un monarca. Spera un giorno di ottenere il riconoscimento legale della sua sovranità, che ha cercato fin dagli Anni Sessanta.

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Panorama di Seborga

Una storia antica e un sogno sempre vivo

Il piccolo borgo immerso nella natura, che ha attirato e attrae la curiosità di persone da tutto il mondo inclusa la CNN, vanta una storia millenaria: le prime tracce di Seborga risalgono a un atto del 954 quando il Conte di Ventimiglia cedette il territorio ai monaci di San Onorato di Lerins, due isolette del Golfo di Cannes.

I monaci, il cui abate aveva il titolo di Principe Ecclesiale, fecero anche coniare monete d’argento e d’oro per commerciare con i mercati orientali e rimasero proprietari di Seborga fino al 1729 quando, dopo numerose contrattazioni, la vendettero al Re di Sardegna Vittorio Amedeo II.

Nel 1963, Giorgio Carbone, che gestiva una cooperativa locale di coltivatori di fiori, esaminò la storia del borgo e scoprì che qualcosa non andava: a suo dire, l’atto di vendita di Seborga al Regno di Sardegna non venne registrato e, di conseguenza, il borgo non entrò mai a far parte in maniera legittima dell’Italia.

Da quel momento, rivendicò l’indipendenza del Principato con il nome di Giorgio I Principe di Seborga e la “battaglia” continua ancora oggi grazie a Nina Döbler Menegatto, la prima donna a ricoprire il ruolo di Principessa del borgo.
Sia la Corte costituzionale italiana che la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo hanno già respinto la domanda di Seborga, ma la comunità che crede nell’indipendenza del Principato prosegue con l’idea di realizzare il proprio sogno.

Un miraggio che fa bene al territorio

Il Principato fa parte della storia di Seborga e la favola di “principi e principesse” fa bene al territorio incrementando il turismo: i passaporti sono soltanto per divertimento e la moneta ufficiale del borgo, il Luigino, è sì accettata nei negozi ma rimane essenzialmente un souvenir.

La rivendicazione d’indipendenza, il folklore, la bandiera con nove strisce azzurre e nove strisce bianche orizzontali con a destra un quarto bianco con corona reale e scudo del 1760, sono un’attrattiva che, alla coltivazione dell’olivo e alla floricoltura, hanno aggiunto il turismo richiamando visitatori anche dal Giappone.

Seborga, non lontano dalla Costa Azzurra, è differente da Monaco: la vita è semplice, tranquilla, immersa nella natura e vocata all’accoglienza.

È l’unico paese ad avere, in contemporanea, un Principe e un Sindaco, ha un “governo” composto da soli nove ministri, oltre a un consiglio di cittadini nati e cresciuti a Seborga, e fa le sue leggi, anche se per ora non hanno alcun valore legale e il vero potere è nelle mani di un funzionario regolarmente eletto.

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Piazza Fontana a Seborga

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Valogno: il borgo dipinto che sembra uscito da un libro di fiabe

Esistono luoghi di una bellezza così indescrivibile che fatichiamo a credere che siano reali perché somigliano a quelli che fanno parte del nostro immaginario infantile. Borghi, città e territori che sembrano essere usciti da un libro di fiabe ma che in realtà sono a noi vicini, in attesa di essere esplorati.

Come il borgo di Valogno, una piccola frazione di Sessa Aurunca in provincia di Caserta che incanta al primo sguardo. Perché lì, sulle pareti delle case e degli edifici che si affacciano tra le strade e i vicoli del territorio, le opere d’arte dipinte sui muri fanno da sfondo a un itinerario pieno di fascino e suggestione.

Valogno è un borgo dipinto, una piccola galleria d’arte en plein air dove la fantasia e l’immaginazione diventano reali attraverso forme, colori e immagini che accompagnano il visitatore in un tour favolistico che fa sognare.

Valogno

Valogno

Valogno: come in un libro di favole

Come le pagine di un libro di fiabe da sfogliare, così è Valogno. Il piccolo borgo del parco regionale Roccamonfina-Foce del Garigliano, incastonato tra montagne e tufo vulcanico, è diventato il paese delle meraviglie. Lo ha fatto per colorare di gioia l’anima e lo sguardo delle persone, di chi qui vive e chi torna, di qui chi arriva e non vorrebbe mai andare a via.

A Valogno non ci sono supermercati, non ci sono i locali e neanche i pub. Ci sono tre chiese dove gli abitanti si recano ogni domenica per ascoltare la messa, e per fermarsi nel piazzale antistante per chiacchierare. Sono poche le persone che qui sono rimaste, meno di cento, tutti gli altri sono andati nelle grandi città a cercare fortuna.

Ma chi ha scelto di restare ha costruito da solo una nuova fortuna, cambiando quel destino che accomunava questo borgo a tutti quelli dimenticati nel nostro Paese. Una fortuna fatta di speranza e di bellezza, fatta di storie che ora sono narrate su quei muri segnati dal tempo, dalle esperienze e dagli abbandoni.

Così, attraverso l’arte, quel piccolo territorio arroccato a 400 metri sul livello del mare è rinato, trasformandosi in un borgo delle meraviglie dove le favole prendono vita.

Valogno

Valogno

La rinascita di un borgo mai dimenticato

Il destinato di Valogno, però, non era quello di essere dimenticato. Lo ha dimostrato Giovanni Casale che, lasciata la grande e caotica capitale italiana, si è trasferito proprio qui, alla ricerca di un nuovo inizio. Ed è stato proprio nel borgo che ha dato vita, nel 2008, all’Associazione culturale il Risveglio insieme alla sua famiglia. È nato così un vero e proprio laboratorio d’arte che ha richiamato all’attenzione tutti gli artisti del territorio italiano.

Insieme hanno innescato la rigenerazione urbana del piccolo borgo che per anni ha subìto un forte spopolamento, attraverso la street art, coinvolgendo anche chi è rimasto, nonostante tutto, sul territorio. Da qui è iniziata quella che possiamo definire la rinascita del borgo che ha, inevitabilmente, attirato giornalisti, fotografi e viaggiatori provenienti da tutto il mondo e che oggi conta circa 100 installazioni artistiche tra murales e ceramiche.

Aldilà della bellezza delle opere d’arte, quello che incanta di Valogno è il desiderio di raccontare storie e di lasciarle impresse sui muri come un dialogo eterno tra passato, presente e futuro.

Valogno

Giovanni Casale, Valogno

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Borghi Viaggi Wanderlust

Perché Marzamemi ti farà innamorare (di nuovo)

Ci sono luoghi che forse non dovremmo mai visitare, non se non vogliamo rischiare di innamorarci e di lasciare lì il cuore. Tra questi troviamo sicuramente il piccolo borgo di Marzamemi, uno dei più belli, magici e suggestivi che appartengono al nostro straordinario Paese.

Ci troviamo in Sicilia, nella terra bagnata dal mare e baciata dal sole. È qui che, in provincia di Siracusa, e a pochi chilometri da Noto e Pachino, troviamo questa frazione marinara che stordisce per la sua bellezza. Lo fa con i colori che imitano perfettamente quelli della natura, lo fa con i ritmi di vita che nulla hanno a che fare con quelli caotici della città, e lo fa con la sua storia, con i racconti legati alla terra e con quegli scorci che lasciano senza fiato.

Ed è proprio tra queste meraviglie, che creano un’atmosfera che sembra sospesa nel tempo e dello spazio, che è facile innamorarsi, e poi farlo ancora, ogni volta come se fosse la prima. Perché Marzamemi è uno dei borghi più belli e suggestivi d’Italia.

Marzamemi

Marzamemi

Benvenuti a Marzamemi

In questo piccolo gioiello della Sicilia Orientale, tutto parla di una bellezza antica e mai sfiorita. Il borgo marinaro di Marzamemi – che deve il suo nome all’arabo Marsà al hamen – è legato indissolubilmente alla sua Tonnara e ai due suoi suggestivi porticcioli.

Sorto direttamente sulle splendide acque cristalline che bagnano questa parte di terra della Sicilia, il paesino ha mantenuto intatta l’identità sviluppata nel 1700 dalla famiglia Villadorata che ampliò la tonnara, costruì la chiesa di San Francesco di Paola e le suggestive casette dei pescatori caratterizzate da i colori del bianco e del blu che richiamano quelli delle nuvole, del cielo e del mare. Ed è proprio con la pesca che, il borgo siciliano, ha una lunga e antichissima storia d’amore che si perpetua ancora oggi.

Al centro di ogni storia, raccontata e conservata tra le abitazioni in pietra, c’è la splendida e suggestiva Tonnara. Anche se non è più attiva, è possibile percepire gli echeggi di una storia mai dimenticata che influisce, inevitabilmente, su quello che è oggi il borgo.

Marzamemi, oggi, ha un’impronta decisamente turistica. È qui che si recano migliaia di viaggiatori provenienti da tutto il mondo per una vacanza all’insegna della grande bellezza. Nonostante il borgo sia inserito negli itinerari turistici più battuti della regione Sicilia, a lui va il merito di aver preservato la sua autenticità, di aver mantenuto quelle caratteristiche che fanno di questo posto l’anima più vera del profondo sud.

Marzamemi

Marzamemi

Una vacanza lenta nel borgo più suggestivo d’Italia

La Tonnara e la sua chiesa, piazza Margherita e i due porticcioli: occorrono poche ore per visitare interamente il borgo di Marzamemi, eppure non bastano sicuramente per godere a pieno delle sue meraviglie. Perché questo luogo merita di essere vissuto, di essere guardato ogni volta con occhi nuovi, di essere ascoltato nelle sue storie, antiche e suggestive, mai dimenticate.

Una vacanza nel borgo siciliano si trasforma in un’esperienza lenta che non segue i ritmi del tempo, ma solo quelli scanditi dalle onde sinuose che bagnano la terra, quelle cavalcate dolcemente dalle barche colorate dei pescatori.

L’intero borgo è pedonale, i rumori del clacson e dei motori lasciano spazio al chiacchiericcio della gente che ha scelto di vivere qui, e di tutte quelle persone che tornano a Marzamemi per innamorarsi ancora. Lo fanno seduti ai bar e ai ristoranti che circondano la tonnara, lo fanno seduti sulla riva di quelle che sono le spiagge più belle della Sicialia, come La Zotta, San Lorenzo e la Spiaggia Calamosche.

A questa atmosfera quasi fiabesca, fanno da cornice i due splendidi porti: La Fossa e La Balata, che ogni anno estate si trasformano nel palcoscenico naturale di eventi suggestivi e straordinari.

Marzamemi

Marzamemi

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Borghi fiori Viaggi

Il borgo dei fiori torna a incantare: succede in Italia

A pochi chilometri da Foligno, incastonato come un tesoro prezioso tra le valli sinuose dell’Umbria, troviamo un luogo di incredibile bellezza capace di inebriare e travolgere i sensi. Si tratta di Spello, il borgo dei fiori annoverato già tra i più belli d’Italia. Ci siete mai stati?

Spello è piccolo borgo umbro, che sorge ai piedi del Monte Subasio, e che conserva origini antichissime. La sua bellezza è riconosciuta da tempi immemori, l’Imperatore Augusto, infatti, lo aveva ribattezzato la Splendidissima Colonia Julia. Ieri come oggi, questo piccolo territorio, ci regala un paesaggio meraviglioso, inedito e straordinario.

Scorci pittoreschi e ritmi lenti scanditi da nuove regale caratterizzano in maniera univoca il borgo. Ma sono i fiori, colorati e profumati, a stordire i sensi e a incantare, attirando così numerosi viaggiatori da tutto il mondo.

Spello, il borgo dei fiori

Spello: il borgo dei fiori

Inserito già nella lista dei borghi più belli d’Italia, Spello è riconosciuto all’unanimità come il villaggio dei fiori. Un soprannome, questo, che non è dato di certo a caso. Passeggiando per le viuzze di questo luogo, infatti, si attraversa un’atmosfera magica e quasi fiabesca, un paesaggio scandito dalla presenza di fiori che spuntano dai vasi in terracotta, che arricchiscono i lati delle strade e che decorano porte, finestre e balconi.

Tutti gli spazi urbani, nel periodo che va da maggio ad agosto, vengono sapientemente addobbati con fiori ed erbacee di ogni genere che trasformano il borgo in uno spettacolo incantato. Tutto merito della manifestazione Finestre, Balconi e Vicoli fioriti che invita i cittadini del borgo a cimentarsi in una competizione gentile a suon di fiori e colori.

La manifestazione, che si ripete ogni anno da oltre una decade, ha l’obiettivo di valorizzare l’ambiente e il legame che esiste tra storia, natura e territorio. Ma questa storia d’amore tra il borgo e i fiori non si limita solo alla competizione in questione, perché annualmente Spello ospita anche la meravigliosa Infiorata.

Spello, il borgo dei fiori

Spello, il borgo dei fiori

Dalle vie fiorite alle Infiorate

Nel mese di Giugno sulle strette viuzze di Spello si accendono i riflettori: si tratte delle artistiche infiorate del Corpus Domini. Per questa occasione, gli infioratori del paese lavorano tutto l’anno per creare spettacoli visivi di immensa meraviglia.

Ecco che Spello si trasforma in un dipinto, viene ricoperta totalmente di tappeti e quadri che colorano e improfumano le vie del centro storico snodandosi in oltre 1500 metri. Questi capolavori d’arte sono un omaggio alla festa religiosa del Corpus Domini che viene celebrata proprio attraverso la realizzazione floreale di scene della natività o la riproduzione di opere famose.

L’usanza di utilizzare i fiori per adornare le strade che ospitano le processioni religiose è in realtà molto antica, ma è solo nel XX secolo che questa tradizione si è trasformata, grazie a questa sublime forma d’arte, nella manifestazione annuale delle Infiorate.

I fiori, lo abbiamo detto, sono i protagonisti assoluti di questo borgo umbro e rappresentano, in qualche modo, anche la sua identità. Ma sono anche la cornice straordinaria e magica di un paese tutto da scoprire, quello fatto di chiese millenarie, di monumenti iconici e medievali e di palazzi secolari che conservano la storia di uno dei borghi più belli d’Italia.

Infiorata di Spello

Infiorata di Spello

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Il borgo semi abbandonato della Lombardia che sta per rinascere

Siamo abituati a trovarli nel Meridione d’Italia, quei borghi storici che, a un certo punto, venivano abbandonati dai propri abitanti che erano costretti a trasferirsi altrove, il più delle volte al Nord, per andare alla ricerca di un lavoro, nella speranza di fare fortuna.

Anche nel Settentrione, però, non sempre le cose andavano bene e di borghi svuotati nel tempo ce ne sono stati anche qui. Ce un borgo in provincia di Brescia, però, che sta per rinascere. Si chiama Livemmo e si trova nel Comune di Pertica Alta, a una quarantina di chilometri da Brescia e circa 130 dalla metropoli di Milano.

Il progetto di rinascita di Livemmo

Questo borgo, che oggi conta all’incirca 500 abitanti, sparsi su un territorio diffuso in Valle Sabbia, è stato individuato dalla Regione Lombardia per un progetto pilota del valore di 20 milioni di euro che ha lo scopo di rigenerarlo dal punto di vista culturale, sociale ed economico.

Il progetto prevede in particolare la riqualificazione degli spazi pubblici, la ristrutturazione di un immobile abbandonato che diventerà un’area per attività culturali e turistiche, la creazione di alcune piste ciclopedonali e degli interventi sull’antico forno fusorio, rinvenuto solo nel 2004 grazie ad alcuni scavi guidati da un team di archeologi dell’Università di Padova che ha riportato alla luce la struttura che, dai documenti, risulta essere stata utilizzata partire dalla fine del 1500 e fino alla metà dell’800 e che ha portato benessere al paese per secoli.

Questo sistema economico nel XIX secolo però entrò in crisi e la lavorazione del ferro si spostò principalmente nelle fucine del fondo valle, così le zone montane furono abbandonate.

Il borgo di Livemmo

Ancora oggi sono ben visibili gli edifici dell’antico abitato, fatto di case grandi e signorili, con portali di pietra lavorata, fregi e sottotetti decorati da affreschi.

A 620 metri di quota, sulla sponda del torrente Tovere, i resti del Forno Fusorio sono raggiungibili attraverso una mulattiera che scende da Livemmo. L’impianto, anticamente adibito alla prima lavorazione del ferro estratto nella Val Trompia, riveste oggi grande rilevanza per l’archeologia industriale ed è visitabile liberamente e in autonomia grazie a una segnaletica che ne descrive storia e funzione. Questa attività era così florida perché la Valle Sabbia era ricca di boschi che fornivano il combustibile del carbone di legna.

Le Valli Resilienti bresciane

La Valle Sabbia (o Valsabbia) è una valle della Lombardia poco esplorata ma che merita di essere considerata come meta di vacanza in media montagna, in una dimensione intima. Insieme alla vicina Valle Trompia, sulle Prealpi bresciane, fa parte delle cosiddette Valli Resilienti, che comprendono 25 Comuni e che offrono l’opportunità di trascorrere del tempo in un paesaggio immerso nella natura, lontana dal clamore della città e immersa nel verde, scoprendo al tempo stesso itinerari insoliti e ancora poco battuti e un’offerta gastronomica autentica e genuina.

Queste valli incontaminate danno l’occasione di vivere l’alta montagna, stando però a due passi dalla città, di fare esperienze nella natura, passeggiare e degustare prodotti tipici, fare trekking a passo d’asino o pedalare in sella a una bicicletta. Proprio un paio di anni fa è stata inaugurata anche la Greenway delle Valli Resilienti, un bellissimo itinerario da percorrere in bicicletta che collega Brescia con la Valle Trompia e che ha lo scopo di promuovere un turismo slow ed ecosostenibile in una zona poco conosciuta e anche poco turistica.

Livemmo

Il borgo di Livemmo in provincia di Brescia

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In Italia esiste un borgo attraversato da un fiume di latte che appare e scompare

Quel ramo del lago di Como che volge a mezzogiorno ha incanto il mondo intero e non solo per la minuziosa descrizione che appartiene ai versi di Alessandro Manzoni nei Promessi Sposi, ma anche per la magia che sprigiona questo specchio d’acqua nostrano da qualsiasi prospettiva lo si guardi.

Ed è proprio nel Lago di Como che, un piccolo fiume, si tuffa come fanno tanti altri. Eppure questo corso d’acqua porta con sé una serie di misteriose leggende e di suggestioni dovute sia alle sue origini che al suo particolare colore che ricorda proprio il bianco del latte.

Il suo nome è Fiumelatte, il corso d’acqua più breve d’Italia che attraversa e taglia in due l’omonimo borgo situato in provincia di Lecco, già annoverato tra i paesi d’Italia con i nomi più bizzarri. Un piccolo gioiello nascosto, alla stregua di un tesoro prezioso, nel comune di Varenna tutto da scoprire.

Vista sul borgo di Fiumelatte, Varenna

Vista sul borgo di Fiumelatte, Varenna

Fiumelatte, il piccolo borgo di Lecco

Il suo nome è Fiumelatte ed è un piccolissimo borgo bagnato dall’omonimo fiume dal quale prende il nome. Passeggiare tra questo micro agglomerato di case, un tempo abitazioni di pescatori oggi diventate per lo più dimore di turisti e villeggianti, è una vera e propria esperienza surreale.

Questa frazione di Varenna, che si specchia delle limpide acque del lago di Como, si aggrappa ai piedi del monte Fopp ed è conosciuta soprattutto per il fiume che lo attraversa tagliandolo letteralmente in due.

Ed è proprio qui, da quel ponticello che si affaccia proprio su quell’acqua rigorosa e bianca, che comincia la magia, quella conservata tra le leggende e i misteri del fiume bianco come il latte.

Fiumelatte, Varenna

Fiumelatte, Varenna

Il fiume dal colore del latte e le sue leggende

Incastrato tra le vecchie abitazioni che formano il piccolo borgo, si trova quello che l’amministrazione locale ha definito il fiume più breve d’Italia, come recita anche il cartello situato sul ponte che lo attraversa e che funziona da belvedere.

Sul fatto che sia il più breve d’Italia, in molti hanno dei dubbi, ma che il suo corso sia decisamente fugace lo confermano i suoi soli 250 metri di sviluppo. Fiumelatte, che prende il suo nome proprio dalla caratteristica colorazione che assume l’acqua, nasce da una grotta situata sulla cima del paese e nascosta dalla fitta vegetazione e si tuffa, come d’incanto, nello splendido Lago di Como.

Ma non è solo la brevità del suo corso a renderlo particolarmente interessante, e neanche quel colore biancastro dato dalla schiuma dell’acqua in superficie, ma il fatto che questo fiume compare e scompare più volte durante l’anno.

Fiumelatte, infatti, inizia a scorrere con l’arrivo della primavera, e più precisamente il 25 marzo, per poi smettere di farlo il 7 ottobre. Il motivo? Ancora non è stato svelato così come nonostante le numerose spedizioni negli anni, nessuno sia riuscito a individuare la sorgente e quindi a spiegare il fenomeno intermittenza. L’ipotesi più accreditata è che il fiume provenga da una sorgente carsica naturale del Moncodeno, ma di fatto nessuno lo ha mai confermato.

Così ecco che con gli anni nuove storie e fantasiose leggende hanno provato a spiegare tutto il fascino e la suggestione che per natura appartengono a questo corso d’acqua. Nel paese si narra che un tempo qui viveva una fanciulla molto bella che aveva tre pretendenti, se uno di loro fosse riuscito a svelargli la sorgente di Fiumelatte sarebbe diventato suo marito.

I tre giovani innamorati, quindi, decisero di avventurarsi nella grotta del fiume per scoprire le sue origini e in quella rimasero per settimane. Una volta tornati, con un aspetto invecchiato e trasandato, cominciarono a raccontare quel che avevano visto nell’antro.

Uno disse di aver conosciuto una sirena, di aver visto un luogo che sembrava un paradiso, ma che d’improvviso si trasformò in un antro senza via d’uscita. Il secondo ammise di essersi ritrovato in un luogo luminoso e scintillante popolato da bellissime donne, ma anche quello di trasformò in un cunicolo abitato da spaventose creature notturne. Del terzo pretendente, invece, si dice che egli fu così sconvolto da ciò che vide che una volta tornato nel villaggio non volle mai più parlare della grotta.

La grotta di Fiumelatte

La grotta di Fiumelatte