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La Valle del Tevere: un viaggio tra natura, borghi e storia

Nel cuore dell’Italia, tra le sinuose colline dell’Umbria e del Lazio, il Tevere scolpisce una valle di rara bellezza, un vero e proprio scrigno che custodisce tesori storici e naturalistici tutti da scoprire.

Qui, dove il fiume segna il ritmo lento della vita, il viaggio si trasforma in un’esperienza da assaporare senza fretta, per lasciarsi avvolgere dalla quiete della natura e dal fascino senza tempo di borghi arroccati su colline verdeggianti.

Le riserve naturalistiche: il polmone verde della Valle del Tevere

Chi visita la Valle del Tevere si ritrova immerso in un paesaggio che alterna dolci colline, boschi rigogliosi e specchi d’acqua che riflettono i colori del cielo. In particolare, due riserve spiccano per la loro unicità: la Riserva Naturale Nazzano Tevere-Farfa e la Riserva Naturale del Monte Soratte, che donano scenari indimenticabili e un incontro autentico con la biodiversità.

La Riserva Naturale Nazzano Tevere-Farfa

È il 1979 quando il Lazio istituisce la sua prima riserva naturale, scegliendo un’area unica nel suo genere: la Riserva Naturale Nazzano Tevere-Farfa che si estende tra le province di Roma e Rieti e tocca i comuni di Torrita Tiberina, Nazzano e Montopoli di Sabina.

Qui, dove l’acqua è regina, la natura ha trovato il suo equilibrio. Su una superficie di 700 ettari, in cui il Tevere, il suo affluente Farfa e il lago artificiale di Nazzano ricoprono quasi la metà del territorio, il clima e la conformazione del terreno offrono un rifugio ideale per numerose specie di uccelli. Il falco pellegrino, dal volo veloce e preciso, il nibbio bruno, signore dei cieli, e l’elegante airone cenerino sono soltanto alcuni degli abitanti della riserva. Osservarli nel loro ambiente naturale, magari durante una gita in barca lungo il Tevere, è un’emozione da vivere.

Prima di lasciare la riserva, una tappa al Museo del Fiume è d’obbligo. Ospitato negli antichi granai e nelle scuderie del Castello Savelli, propone un viaggio affascinante al cospetto della storia, della natura e dell’archeologia della zona, con esposizioni interattive che permettono di comprendere il rapporto millenario tra l’uomo e il fiume.

La Riserva Naturale Monte Soratte

A nord di Roma, isolato nel paesaggio pianeggiante della Valle del Tevere, il Monte Soratte svetta come un’isola di roccia calcarea, ricca di fascino e mistero. La sua conformazione geologica ha dato vita, nei secoli, a un intricato sistema di grotte e cavità, tra cui spicca la Grotta di Santa Lucia, custode di segreti antichissimi.

Ma il Monte Soratte non è solo un paradiso naturalistico. Fin dall’antichità, è stato considerato sacro e, nei secoli, ha accolto eremiti e monaci. Ancora oggi è possibile percorrere il suggestivo “Sentiero degli Eremi“, un itinerario che si snoda tra natura e spiritualità, passando per antichi luoghi di preghiera incastonati nella roccia.

I borghi della Valle del Tevere: gioielli di storia e tradizione

Meraviglioso borgo di Casperia

Fonte: iStock

Suggestivo panorama del borgo di Casperia, Lazio

Percorrere la Valle del Tevere significa conoscere un mosaico di borghi incantevoli, ognuno con una storia da raccontare e un’atmosfera senza tempo. Casperia, Stimigliano, Roccantica, Capena, piccoli scrigni di arte e cultura, solo per fare qualche esempio. E poi c’è l’Abbazia di Farfa, capolavoro dell’architettura religiosa.

Casperia: un viaggio nel cuore del Medioevo

Citata da Virgilio nell’“Eneide” e celebrata dal viaggiatore Ferdinand Gregorovius nell’Ottocento, Casperia è un autentica perla della Sabina, insignita della Bandiera Arancione dal Touring Club.

Il centro storico, dalla chiara impronta medievale, è un dedalo di vicoli lastricati e case in pietra che si arrampicano lungo il colle. Qui le automobili non possono entrare: l’unico modo per scoprire Casperia è a piedi, per godere di una vista spettacolare sulle dolci colline sabine.

Stimigliano: la sentinella della Sabina

Affacciato sul Tevere, Stimigliano assomiglia a un silenzioso guardiano della Valle.

Il borgo, caratterizzato dalle mura medievali e dal Castello Orsini che si erge fiero, è un ottimo punto di accesso alla Sabina. Una passeggiata lungo il centro storico rivela scorci da fiaba, mentre la Chiesa dei Santi Cosma e Damiano testimonia il profondo legame con la spiritualità e la tradizione.

Superato il ponte che scavalca il fiume, si arriva alla parte più moderna del paese, nata attorno a un’antica fabbrica di ceramica e alla stazione ferroviaria, segno del connubio tra passato e presente.

Roccantica: tra leggende e natura incontaminata

Chi arriva a Roccantica non può che restare incantato dalla sua posizione: un borgo che si sviluppa lungo i pendii della montagna, nell’abbraccio di boschi rigogliosi e avvolto da un’aura di mistero.

Qui si tramanda la leggenda della dolina di Revotano, un’enorme cavità nella terra che, secondo la tradizione, avrebbe inghiottito un antico villaggio.

Camminando tra le stradine medievali si incontrano chiese di epoche differenti e un castello che sembra appartenere al regno delle favole. Ma Roccantica è anche il luogo ideale per riscoprire sapori autentici, in cui la cucina locale diventa un viaggio sensoriale tra antiche ricette e i prodotti della terra.

Capena: arte e storia tra le colline laziali

Domina la Valle del Tevere dalla sua posizione strategica, tra la via Flaminia e la Tiberina. Capena è una città d’arte il cui cuore pulsante è Piazza del Popolo, dove si affacciano il Municipio e la maestosa Chiesa di San Michele, il Duomo cittadino.

Per scoprirne l’anima più antica occorre addentrarsi fino alla zona de “La Rocca”, con le sue suggestive testimonianze storiche. Poco lontano, il sito archeologico di Lucus Feroniae racconta il passato sabino della città e svela l’eredità di un’antica civiltà.

L’Abbazia di Farfa: un gioiello sacro immerso nella natura

Suggestiva Abbazia di Farfa

Fonte: iStock

Particolare dell’Abbazia di Farfa

Nel cuore della Sabina, in un paesaggio di uliveti secolari da cui nasce un prelibato olio extravergine d’oliva, sorge l’Abbazia di Farfa, uno dei monasteri più affascinanti d’Italia.

Dichiarata Monumento nazionale nel 1928, tale meraviglia architettonica affonda le radici nel VI secolo, ed è custode di secoli di storia e spiritualità. Il monastero e la basilica si distinguono per la straordinaria fusione di stili, testimoni dei diversi periodi storici che ne hanno contraddistinto l’esistenza.

Oggi, l’Abbazia di Farfa si presenta come un’oasi di pace e raccoglimento, dove il tempo sembra rallentare e la natura abbraccia con dolcezza il passato.

La Via Francigena e le escursioni nella Valle del Tevere

Attraversata dalla storica Via Francigena, la Valle del Tevere è una meta imperdibile per gli amanti del trekking e delle esperienze outdoor. Sentieri segnalati dal CAI conducono alla scoperta dei Monti Sabini, con itinerari che lambiscono cime panoramiche come il Monte Pizzuto e il Monte Tancia.

Per chi cerca un angolo di tranquillità, i Prati di Cottanello si rivelano la scelta migliore per una passeggiata a pieno contatto con la natura oppure per un picnic tra i profumi della campagna. Gli appassionati di arrampicata, invece, troveranno nelle falesie di Roccantica e Configli una sfida eccezionale, con pareti rocciose che si stagliano su scenari difficili da descrivere a parole.

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The Guardian omaggia Siena, un vero e proprio capolavoro artistico

Siena, con il suo fascino medievale intatto e la sua straordinaria eredità artistica, continua a incantare visitatori da tutto il mondo. Il quotidiano britannico The Guardian ha infatti recentemente dedicato un approfondimento alla città toscana, elogiandone il patrimonio artistico e consigliandola come meta ideale per gli amanti dell’arte.

L’articolo del quotidiano britannico, infatti, si focalizza sulla Storia dell’Arte nella città toscana e sottolinea come l’esperienza di Siena vada ben oltre la semplice visita ai musei: la città stessa è un “museo a cielo aperto”, dove ogni vicolo e piazza raccontano secoli di storia e bellezza, anche solo passeggiando nel suo centro storico, per l’appunto. Inoltre, l’articolo ha anche reso omaggio alla città evidenziando come, rispetto a Firenze, Siena offra un contesto più intimo e autentico, lontano dal turismo di massa che affolla il capoluogo toscano.

L’importanza di Siena nella storia dell’arte

Se Firenze è universalmente riconosciuta come la culla del Rinascimento, Siena ha svolto un ruolo cruciale nella formazione del linguaggio artistico europeo tra il XIII e il XIV secolo. La cosiddetta Scuola Senese ha infatti indubbiamente influenzato profondamente lo sviluppo della pittura, con artisti come Duccio di Buoninsegna, Simone Martini e i fratelli Lorenzetti, che hanno introdotto elementi di narrazione, espressività e uso del colore innovativi per l’epoca e ormai intramontabili.

Un esempio emblematico di questa grande tradizione è la Maestà di Duccio, conservata nel Museo dell’Opera Metropolitana, un capolavoro che rappresenta il passaggio dalla rigida iconografia bizantina a una pittura più dinamica ed emozionale. Anche il Duomo di Siena testimonia la grandezza artistica della città, con la sua facciata gotica ricca di dettagli e il magnifico pavimento a mosaico, definito da Giorgio Vasari “il più bello mai realizzato”.

Duomo di Siena

Fonte: iStock

Il magnifico Duomo di Siena

Sebbene la storia abbia visto il predominio di Firenze nel periodo rinascimentale, Siena ha lasciato un’impronta indelebile nel panorama artistico e tutta l’Italia dovrebbe andarne fiera. La sua influenza si estende ben oltre i confini italiani, come dimostra la mostra Siena: The Rise of Painting, 1300-1350 alla National Gallery di Londra, che oggi celebra il ruolo della città come catalizzatore del cambiamento artistico in Europa.

L’arte senese, pur mantenendo legami con il passato gotico e bizantino, ha saputo sviluppare un linguaggio espressivo unico, capace di ispirare generazioni di artisti. Passeggiare per le strade di Siena significa immergersi in un’epoca in cui la bellezza e la spiritualità erano parte integrante della vita quotidiana, un’eredità che ancora oggi rende questa città un gioiello senza tempo.

Siena, museo a cielo aperto

Oltre ai capolavori custoditi nei musei, Siena è un’esperienza artistica a 360° ed è proprio questa sua caratteristica e capacità di far sentire il visitatore avvolto nell’abbraccio dell’arte che il quotidiano britannico ha voluto enfatizzare. Le sue strade strette e tortuose, circondate da mura medievali perfettamente conservate, offrono scorci mozzafiato e dettagli architettonici che raccontano la sua lunga storia. La Piazza del Campo, con la sua forma unica a conchiglia, non è solo il cuore pulsante della città, ma anche un capolavoro urbanistico dove ogni edificio contribuisce a creare un’armonia visiva perfetta.

Un altro aspetto distintivo di Siena è la sua divisione in Contrade, i quartieri storici che ancora oggi animano la città con le loro tradizioni secolari. Ogni Contrada possiede un proprio museo, dove si possono ammirare trofei, dipinti e cimeli legati al celebre Palio di Siena, una competizione equestre che risale al Medioevo e che rappresenta uno degli eventi più iconici della cultura senese.

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Il villaggio dei mulini a vento di Zaanse Schans

Libri, film, serie televisive e racconti ispirano da sempre tutti i viaggiatori del mondo. Fanno sognare luoghi lontani e invitano ad esplorare città, villaggi e diversi borghi in giro non solo in Italia, ma anche in tutta Europa. Sono tutte località che sembra quasi di conoscere grazie ai più famosi romanzi, film o serie TV. Quale occasione migliore se non quella di trasformarsi nei protagonisti di questi racconti ed organizzare una nuova avventura?

Uno di questi luoghi, in Europa, riesce a regalare esperienze incredibili. Una di quelle località che tutti hanno immaginato almeno una volta nella vita, soprattutto leggendo uno dei romanzi più celebri della letteratura spagnola: le avventure di Don Chisciotte e Sancio Panza.

Si tratta di Zaanse Schans, paese dei mulini a vento, che in questo caso, però, non è quello che ha fatto da sfondo alle vicende del leggendario cavaliere errante, ma riesce a riportare comunque alla mente le sue avventure ed il suo meraviglioso mondo.

Zaanse Schans: il paese dei mulini a vento d’Olanda

Dunque, quando si pensa ai mulini a vento, appare quasi immediatamente la figura di Don Chisciotte che combatteva i mulini a vento nelle sterminate pianure della Castiglia-La Mancia, credendo fossero giganti. Tuttavia, nonostante questo valoroso condottiero sia ambientato da Miguel de Cervantes in Spagna, quello di Zaanse Schans è un altro luogo in Europa, altrettanto suggestivo, dove queste strutture secolari si stagliano sul paesaggio creando uno scenario fiabesco e incantevole.

Qui, tra canali, casette tradizionali e ampie distese verdi, il tempo sembra essersi fermato e dà la possibilità ai visitatori di immergersi nella storia e nella cultura dei Paesi Bassi.

Cosa vedere a Zaanse Schans

Questa bellissima località si trova a circa 20 chilometri dalla bellissima città di Amsterdam, capitale dei Paesi Bassi, e sorge sulla riva del fiume Zaan, nella parte settentrionale del Paese.

Una volta questo villaggio, che oggi conta appena 40 abitazioni, era il cuore pulsante dell’industria olandese, grazie alla presenza di oltre 700 mulini a vento utilizzati per segare il legno, macinare le spezie oppure produrre vernici ed oli. Le prime testimonianze storiche, che raccontano della presenza dei mulini, risalgono al Quattordicesimo Secolo, e nel 1731 il piccolo villaggio di Zaanse Schans contava già oltre 250 mulini funzionanti. Basti pensare che Amsterdam, la capitale, ne contava appena 30.

Con l’avanzare degli anni e l’industrializzazione, molte di queste strutture sono state demolite o sostituite da impianti produttivi più moderni e all’avanguardia. Ciò nonostante, alcuni dei mulini furono salvati e restaurati, trasformandosi in un’importante e affascinante testimonianza storica e culturale del passato industriale olandese.

Oggi è presenta una dozzina di mulini storici ancora in funzione, che attirano visitatori da tutto il mondo e che trasformando il villaggio in un vero e proprio museo a cielo aperto, in grado di attirare oltre 2 milioni di visitatori da tutto il mondo. È possibile visitare anche numerose botteghe artigianali, case tradizionali, un caseificio e un laboratori di zoccoli olandesi,

Oggi, una dozzina di mulini storici sono ancora in funzione e aperti al pubblico, trasformando Zaanse Schans in un museo a cielo aperto che attira ogni anno oltre 2 milioni di visitatori da tutto il mondo. Nel villaggio è possibile visitare non solo i mulini, ma anche botteghe artigianali, case-museo tradizionali, dove scoprire com’era la vita tra il Diciottesimo e Diciannovesimo Secolo, un caseificio, dove assistere alla produzione del formaggio Gouda, e un laboratorio di zoccoli olandesi, per un’esperienza autentica ed immersiva nella cultura locale.

I mulini più famosi ed ancora in funzione oggi sono il De Kat, che produce pigmenti per la vernice, e Het Jonge Schaap, utilizzato per la lavorazione del legno.

Villaggio di Zaanse Schans ed i suoi mulini al vento al tramonto, a pochi chilometri da Amsterdam, Paesi Bassi

Fonte: iStock

Villaggio di Zaanse Schans: un museo a cielo aperto

Come arrivare a Zaanse Schans nel 2025

Zaanse Schans è facilmente raggiungibile da Amsterdam in diversi modi. Si può utilizzare il treno, che porta dalla stazione centrale di Amsterdam a Zaandijk Zaanse Schans in circa 15 minuti, da cui procedere a piedi verso il villaggio, oppure in bus, che impiega circa 40 minuti. Per chi, invece, preferisce godersi la splendida natura olandese ed i suoi paesaggi mozzafiato, si consiglia di raggiungere i mulini a vento di Zaanse Schans in bicicletta, lungo un percorso ciclabile di circa 20 km.

Zaanse Schans è una destinazione perfetta per chi desidera vivere un’esperienza fuori dal tempo, esplorando le radici della cultura olandese e scattare foto indimenticabili in un paesaggio da cartolina. Una gita fuori porta perfetta di un giorno, fuori dal caos cittadino di Amsterdam.

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Toscana: tre borghi da scoprire in Casentino

Nel 1818 il pittore tedesco Caspar David Friedrich dipinge il suo quadro più celebre, il Viandante sul mare di nebbia. Rappresenta un uomo, probabilmente lo stesso Friedrich, che osserva da un promontorio roccioso una vallata montana invasa da una coltre di nebbia, immersa in un’atmosfera romantica, malinconica e inquieta.

Le sensazione, ma anche la concreta esperienza dell’osservare un panorama che ci rimane nascosto, è tipica dei mesi invernali nelle vallate di collina e di campagna. Presto, però, arriverà la primavera a squarciare il velo della bruma, e torneranno a rendersi vivi i colori dei boschi e dei prati, a svettare in lontananza i crinali delle montagne, a stagliarsi contro l’orizzonte i merli e i campanili dei piccoli borghi che siedono sulle vette di morbide colline tornite.

Un passaggio di stagione che vale la pena vivere e scoprire in Casentino, una valle della Toscana situata tra Firenze e Arezzo, dove scorre il primo tratto dell’Arno e che confina con la Romagna, con la quale condivide i rilievi appenninici e il Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi.

Una valle rurale e verde, eppure densa di storia, in particolare medievale: dalla battaglia di Campaldino raccontata da Dante Alighieri ne La Divina Commedia fino al Santuario della Verna, il luogo dove Francesco d’Assisi avrebbe ricevuto le stigmate e che è diventato poi uno dei luoghi di culto chiave del francescanesimo.

Un territorio che è punteggiato, inoltre, di piccoli borghi autentici, ognuno con le sue peculiarità. Cittadine il cui centro è situato al vertice di una collina e che dominano da lì la lunga pianura casentinese, un po’ come lo spuntone di roccia di Friedrich rispetto al suo mare di nebbia.

Poppi, il borgo simbolo del Casentino

Quando si scende lungo le curve della lingua d’asfalto che dal Passo della Consuma, il valico che collega Firenze al Casentino, lo sguardo sulla vallata si posa inevitabilmente sugli svettanti merli del Castello di Poppi, che si staglia sulla sommità di una collina e domina la pianura ai suoi piede.

Si tratta di uno dei simboli del Casentino, e sono molteplici le vedute panoramiche sulla valle dalle quali si individua chiaramente la sagoma del fortilizio che emerge tra i tetti degli altri edifici di questo piccolo gioiello medievale.

Vista sul borgo di Poppi, in Casentino - Toscana

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Il Castello di Poppi è uno dei simboli del Casentino

Poppi è oggi divisa in due parti: una, contemporanea, adagiata in pianura e cresciuta in tempi moderni attorno al passaggio della strada che sale verso il succitato Passo della Consuma; l’altra, quella più interessante, è quella dall’animo storico, che si sviluppa sui fianchi di un colle, in vetta al quale sorge il magnifico Castello.

In cima al borgo, caratterizzato da antiche mura, vicoli stretti ed edifici in pietra, si può godere di un panorama eccezionale, sorseggiando un aperitivo al chiosco nel giardino esterno al mastio. All’interno del Castello ha oggi sede il comune di Poppi, ma nella parte visitabile della struttura potrete scoprire di più sulla mitica Battaglia di Campaldino, tenutasi l’11 giugno 1289 nella pianura che dal borgo si estende in direzione di Firenze. Lo scontro decise la supremazia dei Guelfi fiorentini, fra i quali militava Dante Alighieri, sui Ghibellini aretini.

Bibbiena, il Museo Archeologico e il Carnevale

Nella Battaglia di Campaldino Bibbiena si schierò dalla parte dei Ghibellini di Arezzo, quella che fu poi sconfitta. Ne derivò devastazione e rovina: i fiorentini saccheggiarono prima il mercato e la vecchia pieve, poi, dopo giorni di assedio, entrarono dentro le mura del castello, saccheggiando ulteriormente la città.

È per questo che oggi Bibbiena, una delle cittadine più grandi del Casentino, ha pochi residuati dell’epoca medievale, come alcune piccole porzioni di mura. Con un’impronta meno rurale e più metropolitana, la città offre una bella vista panoramica dall’elegante Piazza Tarlati, con la sua torre dell’orologio e i pittoreschi vicoletti di contorno, animati da palazzi gentilizi.

La vicina Chiesa di San Lorenzo ospita due pale in terracotta invetriata di Andrea della Robbia. Degno di una visita anche il Museo Archeologico del Casentino: in sei sale si svolge un percorso affascinante, dedicato alla storia della valle dalla preistoria ai romani, passando per le statuette votive ritrovate al Lago degli Idoli, uno stagno vicino alla sorgente dell’Arno oggetto della scoperta di tanti manufatti di origine etrusca.

La torre dell'orologio di Piazza Tarlati nel borgo di Bibbiena, in Casentino

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La torre dell’orologio di Piazza Tarlati a Bibbiena

Ogni anno, per il martedì grasso, a Bibbiena si svolge il Carnevale della Mea, una rievocazione storica legata a una leggenda locale: in una sorta di versione casentinese di Romeo e Giulietta, la giovane e bella lavandaia Mea si dice fosse contesa tra il ricco figlio del Conte Tarlati del rione Piazza e il povero tessitore Cecco del rione Fondaccio; la disputa, che minacciava di coinvolgere entrambi i rioni in una sommossa cittadina, venne risolta dal Conte e la nuova pace tra i due rioni celebrata bruciando in piazza il pomo della pace, un grosso ginepro.

La leggenda viene rievocata di anno in anno con costumi tradizionali, un corteo storico, giocolieri e sbandieratori che animano l’addobbato centro storico della cittadina, per poi ripetere il rituale del Bello Pomo alle cinque del pomeriggio del martedì grasso: si brucia un albero di ginepro e dalle fiamme sprigionate si cerca di intuire quali siano gli auspici per l’anno a venire.

Raggiolo, un’enclave corsa in Casentino

Il centro del borgo di Raggiolo, in Casentino

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Il centro di Raggiolo è tutto in pietra

Isolato tra i boschi alle pendici del Pratomagno, il monte che separa il Casentino dal Valdarno, si trova il borgo di Raggiolo, un luogo davvero unico.

Popolato da edifici completamente costruiti in pietra, a cui si accede solamente a piedi passando per le sue stradine lastricate, ha una storia straordinaria: nel Cinquecento una colonia di còrsi si stabilì nel paese, dando vita a una vera e propria enclave, chiamati a ripopolare l’antico castello distrutto nel secolo precedente.

Simbolo del paese sono le castagne, frutto prediletto data la posizione del borgo all’interno di un bosco predominato da tali alberi. A Raggiolo si trova anche l’Ecomuseo della Castagna, un percorso di scoperta del legame tra questo frutto, il territorio e la cultura contadina locale.

L’edificio chiave è la Chiesa di San Michele, che fa bella mostra di sé nel bel mezzo del borgo, costruita sulle rovine del precedente castello dei Conti Guidi. Malgrado si trovi in un piccolo borgo remoto, la Chiesa è decorata da un certo numero di opere d’arte all’interno.

Oggi Raggiolo ha uno sparuto pugno di residenti fissi e rischia di rimanere un borgo fantasma, ancor più di quanto non dia l’impressione camminare per le silenziose vie di questo borgo dove il tempo è davvero sospeso.

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Un itinerario per scoprire le Mura Aureliane

Tra gli itinerari romani, un percorso a piedi – ovviamente gratuito – per scoprire lati inediti della città è quello che segue (e insegue) le Mura Aureliane. La cinta muraria fu costruita tra il 270 e il 275 d.C. dall’imperatore Aureliano: il suo scopo era – neanche a dirlo – quello di difendere l’allora capitale dell’Impero dai barbari.

Per secoli Roma aveva infatti vissuto un periodo di relativa tranquillità, messo in discussione dalle tribù barbare che attraversavano la frontiera germanica. All’epoca, l’urbe si teneva strette le sue Mura serviane – le prime mura di Roma, fatte costruire da Tarquinio Prisco nel VI secolo a.C. – ma la città si era ormai espansa al di là di esse, destando preoccupazione in Aureliano. Paradossalmente – ma questo l’Imperatore non poteva saperlo – erano gli stessi popoli barbari a non toccare Roma, terrorizzati con molta probabilità dalla fama feroce che la precedeva.

Quando tuttavia – nel 270 – Aureliano fermò a Piacenza l’ennesima invasione di Alemanni e Goti, si decise di accelerare il processo di costruzione della nuova cinta. La funzionalità delle Mura era esclusivamente militare e anche per questo si preferì costruirle in fretta, dando la priorità alla loro resistenza: è probabilmente uno dei motivi per cui sono ancora in piedi nonostante secoli di assalti e di restauri. Ad ogni modo, nessuno osò minarle fino al 408.

Mura Aureliane

Fonte: 123RF

Mura Aureliane

Le Mura Aureliane: curiosità

Oggi le Mura Aureliane sono ancora ben visibili – anche se in alcuni tratti sono estremamente rovinate – e si estendono per circa 19 km: sono tra le cinte murarie più lunghe e meglio conservate al mondo. Anche per questo visitarle lentamente – godendo dei panorami della città e magari in occasione del Giubileo – è la soluzione migliore per ammirarle nella loro totalità e scoprire anche qualcosa in più sulla storia di Roma.

Costruite in mattoni, le Mura Aureliane presentano – ogni 30 metri – una torre quadrata. Alte 6 metri e spesse 3,5, furono più volte restaurate e rinforzate. Gli imperatori Onorio e Arcadio – nel 401 e 402 – ne coprirono ad esempio i corridoi ed estesero la loro altezza. Recentissimo, invece, il lavoro di illuminazione svolto nel 2020 dal Comune di Roma e Acea che ha introdotto – nella cinta – 78 proiettori a incasso.

Nelle Mura Aureliane si contavano un totale di 18 porte (alcune delle quali oggi demolite), che presentavano due ingressi ad arco o archi semplici, in base anche all’importanza del varco. Un’altra curiosità riguarda infine gli inglobamenti di strutture preesistenti all’interno delle Mura: è il caso dell’accampamento dei Pretoriani, dell’anfiteatro Castrense, della Piramide Cestia e del cosiddetto Muro Torto.

Mura Aureliane: da Porta del Popolo a Porta Pinciana

Il nostro itinerario prende il via da Porta del Popolo, originariamente nota come Porta Flaminia (da qui esce tuttora, appunto, la via consolare Flaminia). Ci troviamo al confine tra Piazzale Flaminio e Piazza del Popolo, in una delle aree più trafficate e visitate di Roma. La Porta che vi trovate davanti è frutto di una ricostruzione risalente al ‘500 più che all’opera di Aureliano: per questo, in questo imponente capolavoro, ricorrono le firme di personaggi come Michelangelo e Bernini. Per correttezza, però, va sottolineato che la facciata esterna è opera di Nanni di Baccio Bigio (che si ispirò all’Arco di Tito), sui disegni dello stesso Michelangelo che gli passò l’incarico.

La facciata interna è invece opera di Gian Lorenzo Bernini: gli fu commissionata da papa Alessandro VII nel 1655, in occasione dell’arrivo a Roma di Cristina di Svezia. Le quattro colonne provengono dalla Basilica di San Pietro in Vaticano: tra loro spiccano le statue di Pietro e Paolo, opera di Francesco Mochi e rifiutate dalla Basilica di San Paolo fuori le mura.

Nei pressi della porta venne rinvenuta anche una delle pietre daziarie del 175: servivano ad individuare una sorta di confine amministrativo – dove si trovavano gli uffici di dogana – e probabilmente gli uomini di Aureliano le presero a riferimento proprio per costruirvi sopra le mura. Da qui imboccate via del Muro Torto fino a Porta Pinciana: potrete così ammirare il vecchio muro di età repubblicana inglobato nel III secolo nelle Mura Aureliane. Sono circa venti minuti di camminata, durante i quali potrete vedere anche il Pincio, la sua terrazza e i suoi busti.

Porta del Popolo

Fonte: 123RF

Porta del Popolo

Da Porta Pinciana a Piazza Fiume

Eccoci a Porta Pinciana. Ai tempi della costruzione delle Mura Aureliane, l’Imperatore optò per una posterula: fu Onorio, nel 403, a restaurarla, inserendo anche le due torri laterali. Ha un unico arco in laterizio e un’arcata in travertino, ancora esistente e visibile. Sul lato esterno della porta potete invece vedere le incisioni di una croce greca e di una croce latina: non è certo, ma si pensa siano legate a Belisario che qui – nel 537 – combatté e vinse contro Vitige. Inoltre, nella torre davanti a Via Po trovate una palla di cannone conficcata nel muro: sono i segni della battaglia del 1870 che segnò la fine del potere temporale a Roma. La Pinciana è una delle poche porte romane che si presenta nel suo aspetto originario, nonostante i restauri.

Da qui avete due opzioni: potete prenotare il percorso del camminamento nel tratto delle Mura Aureliane di via Campania, da Porta Pinciana a via Marche (è stato aperto al pubblico nel 2021) o percorrere Corso d’Italia fino a Piazza Fiume (13 minuti a piedi, meno di un chilometro).

Da Piazza Fiume a Porta Nomentana

Piazza Fiume è, di fatto, la piazza esterna all’antica Porta Salaria, demolita nel 1921 per questioni di viabilità. Aureliano la costruì all’interno delle Mura Aureliane per permettere il passaggio della via Salaria nova nella cinta muraria e far sì che si connettesse alla via Salaria vetus.

Ovviamente oggi non resta nulla di questa storica porta, che si rese protagonista nel 410 – suo malgrado – del Sacco di Roma ad opera di Alarico I: il re dei Visigoti trovò infatti la porta socchiusa, tanto che si sospetta la connivenza dell’Imperatore Onorio in tutta la vicenda.

A Piazza Fiume sono comunque visibili le Mura che – all’epoca di Aureliano – inglobarono il sepolcreto salario, venuto alla luce con la demolizione della Porta. Tra i resti ancora in essere, il cippo funebre di Quinto Sulpicio Massimo e una latrina, perfettamente incastonata nelle mura: è l’unica latrina sospesa preservata delle 260 presenti nella cinta muraria. Anche qui, infine, fu ritrovata una pietra daziaria risalente al 175. Da qui a Porta Nomentana avete appena 5 minuti di cammino attraversando piazzale di Porta Pia e Porta Pia (non aureliana, ma opera di Michelangelo nel 1565).

Da Porta Nomentana a Porta Tiburtina

Con una passeggiata di circa venti minuti, arriviamo da Porta Nomentana a Porta Tiburtina saltando un paio di porte ormai murate. Tra queste, spicca proprio Porta Nomentana, di cui non resta che un accenno. La trovate su viale del Policlinico, come recinzione dell’Ambasciata britannica: con la costruzione di Porta Pia, questa Porta divenne infatti sempre più ininfluente e Papa Pio IV decise di murarla nel 1564 (una targa ancora visibile ci ricorda questo evento). Sono ancora in piedi gli stipiti e l’arco in laterizio, oltre alla torre semicircolare di destra.

Procedendo lungo Viale del Policlinico – tra il Policlinico Umberto I e Porta Pia – potete ammirare anche i resti della Porta Pretoriana, di cui sappiamo poco o nulla: probabilmente fu la prima porta delle Mura Aureliane a essere murata. Fu chiusa da Costantino quando sciolse i pretoriani, che Aureliano aveva incluso – con il loro accampamento – nella cinta. Un altro stop è nei pressi di Via Mozambano, dove si trovano i resti di Porta Clausa o Porta Chiusa, anche questa molto presto murata e dimenticata. Come la precedente, fu frutto dell’inglobamento delle Mura dei Castra Preatoria. A noi interessa quindi arrivare a Porta Tiburtina, percorrendo Viale Pretoriano.

Da Porta Tiburtina a Porta Asinaria

Nota anche come Porta San Lorenzo, Porta Tiburtina incornicia l’uscita dalla città dell’omonima via. A causa – o per merito – dei numerosi restauri, l’aspetto architettonico della struttura è mutevole. L’arco fu invece eretto da Augusto ed è interamente in travertino. Porta Tiburtina risale di fatto a prima dell’opera di Aurelio, che inglobò una precedente cinta nelle sue imponenti mura. Anche per questo, procedendo a piedi e seguendo proprio la cinta muraria, potrete ancora ammirare accenni di vecchie abitazioni probabilmente espropriate e parte ormai dell’apparato difensivo.

In circa 15 minuti, raggiungete ora Porta Maggiore (o Porta Praenestina). Costruita nel 52 dall’Imperatore Claudio per far sì che l’acquedotto omonimo scavalcasse le vie Prenestina e Labicana, fu poi inglobata nel progetto murario di Aureliano. Onorio la fortificò nel 402 e la divise in due porte distinte: la Praenestina a destra e la Labicana a sinistra (chiusa subito dopo).

Nel 1838, anche papa Gregorio XVI mise mano alla porta, demolendo la struttura onoriana e ristabilendo l’assetto aureliano. Fu in quest’occasione che venne alla luce il sepolcro del fornaio M. Virgilio Eurisace e di sua moglie Atistia (di cui è visibile la targa).
Da qui potete seguire le Mura che inglobano l’antico Acquedotto Claudio, fino all’Anfiteatro Castrense, anch’esso inserito nelle mura. Superate Porta San Giovanni (del XVI secolo) fino alla Porta Asinaria. Inizia una nuova tappa.

Porta Asinaria

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Porta Asinaria

Da Porta Asinaria a Porta Latina

Unica porta antica di Roma a vantare torri cilindriche e torri quadrangolari, Porta Asinaria è celebre soprattutto perché i Goti di Totila la attraversarono – trovandola aperta – e saccheggiarono la città nel 546. Fu chiusa definitivamente nel 1574 – anche per l’apertura della vicina Porta San Giovanni – e riaperta nel 1956 solo per uso pedonale. Anche qui fu rinvenuta una pietra daziaria del 175. A questo punto proseguite costeggiando la Basilica di San Giovanni in Laterano, fino a Porta Metronia. La Porta – di cui è ancora visibile l’arco in laterizio – fu chiusa nel 1122 da Papa Callisto II, che la usò per il passaggio dell’Acqua Mariana. Da qui procedete fino a Porta Latina.

Da Porta Latina a Porta Ostiense

Ammirate Porta Latina: è tra le più imponenti e meglio conservate tra le porte originali dell’intera cerchia muraria. Curioso, considerando che fu l’unica porta ad essere ristretta da Onorio (da 4,20 m di larghezza agli attuali 3,73). Tra le cose da ammirare segnaliamo il monogramma di Costantino al centro dell’arco. Proseguite per circa 7 minuti lungo Via delle Mura Latine fino a Porta Appia (oggi Porta San Sebastiano). Anche Porta Appia è ottimamente conservata e deve il suo nome – neanche a dirlo – all’attraversamento della Via Appia.

Qui ci sono iscrizioni che potete fermarvi a leggere e studiare, ma – soprattutto – sorge il Museo delle Mura, dove potrete approfondire proprio la storia delle cinte murarie di Roma. Altri sei minuti, percorrendo Viale di Porta Ardeatina, e vi trovate al cospetto di Porta Ardeatina, chiusa in realtà già nell’VIII secolo. Ne rimangono i resti, ma anche un tratto di strada lastricata segnato dai carri e le tracce di una tomba inglobata dalla fretta di Aureliano.

Da qui proseguite lungo Viale di Porta Ardeatina seguendo le mura, finché non intravedete una piramide in lontananza. È la Piramide di Caio Cestio, inglobata nelle Mura accanto alla Porta Ostiensis.

Da Porta Ostiense a Porta Flaminia

Porta Ostiensis – così chiamata perché da qui ancora parte la via Ostiense – è forse il punto più bizzarro delle Mura Aureliane. Da un lato la Piramide e dall’altro il varco voluto da Aurelio e restaurato da Onorio (che aggiunse merli e finestre). Oggi Porta Ostiense – nota storicamente per la battaglia che decretò l’occupazione di Roma da parte dei tedeschi nel 1943 – ospita il Museo della Via Ostiense. Tra reperti e iscrizioni, qui si racconta la storia dell’antica via Ostiense, che da Roma arriva a Ostia.

Proseguite su viale del Campo Boario fino al Mattatoio, attraversando Ponte Testaccio. Qui le mura sono in parte scomparse, così come Porta Portuensis, che si trovava all’inizio di via Portuense prima di essere demolita e sostituita da Porta Portese, più a nord. I resti delle Mura ormai scarseggiano, ma anche le nostre Porte da ammirare sono quasi finite: restano Porta Aurelia – oggi Porta San Pancrazio – ricostruita nel nel 1854 (e dal 2011 sede del Museo della Repubblica Romana e della memoria garibaldina) e Porta Settimiana, che si apre su via della Lungara.

Infine, Porta Cornelia – la più settentrionale delle quattro porte sulla riva destra del Tevere – probabilmente nei pressi del Ponte Elio e oggi scomparsa.

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Spilimbergo, uno dei Borghi più belli d’Italia: come scoprirlo

È un paesaggio intimo e raccolto quello di Spilimbergo, la cui bellezza, storia e arte sono state riconosciute dalla prestigiosa rete de I Borghi più belli d’Italia di cui il paese entra ufficialmente a far parte. Un’opportunità di crescita turistica e culturale che permetterà al borgo di far conoscere i suoi scorci tranquilli, il suo passato storico tra Medioevo e Rinascimento e la sua propensione all’arte.

Spilimbergo, infatti, è noto anche come la “Città del Mosaico” perché vanta un patrimonio artistico e architettonico unico, impreziosito dalla presenza della rinomata Scuola Mosaicisti del Friuli. Se amate i borghi e le atmosfere sospese nel tempo, questa è la meta adatta a voi: qui vi diamo qualche consiglio su cosa vedere per scoprirla al meglio, regalandovi esperienze autentiche lontane dal turismo di massa.

Dove si trova il borgo di Spilimbergo

Spilimbergo si trova in Friuli-Venezia Giulia, nella provincia di Pordenone. Il borgo è situato sulla sponda destra del fiume Tagliamento. Può essere raggiunto facilmente con la propria auto e dista 30 chilometri da Udine e 33 chilometri da Pordenone.

Cosa vedere nel borgo di Spilimbergo

Spilimbergo è la meta ideale per chi vuole abbracciare una delle tendenze viaggio di quest’anno, la JOMO, acronimo di “Joy of missing out” che può essere tradotto con la volontà di scoprire una destinazione “perdendosi” tra le sue strade. Ed è proprio dalle strade del suo centro storico che cominciamo la nostra visita, in particolare da Corso Roma.

Corso Roma e il centro storico

Il centro storico è il punto di partenza ideale per scoprire questo borgo del Friuli-Venezia Giulia. Compatto e facilmente esplorabile a piedi, si sviluppa principalmente lungo Corso Roma dove si affacciano edifici storici dalle facciate color pastello, caratterizzati da architetture finemente decorate con affreschi. Per accedere a questa strada attraverserete Porta Nova, la torre occidentale con il leone marciano, facente parte di quella che un tempo rappresentava la terza cerchia muraria della città.

Dall’esterno si possono notare l’affresco di un leone marciano e un orologio, che le conferiscono un certo grado d’imponenza. Da qui raggiungerete la prossima tappa, Piazza Duomo, dove è presente il Duomo di Santa Maria Maggiore.

Duomo di Santa Maria Maggiore

Il Duomo di Santa Maria Maggiore rappresenta il principale luogo di culto di Spilimbergo. Fu costruito tra il 1284 e il 1359, ottenendo la consacrazione ufficiale nel 1453. All’interno sono custoditi alcuni tesori, come gli affreschi del Pordenone e quelli nel presbiterio, chiaramente derivanti da una lezione lasciata da Vitale da Bologna nel duomo di Udine. Scendendo le scale potete accedere alla cripta dove è presente un altare in pietra, alcuni affreschi e il sarcofago di Walterpertoldo IV, nobile spilimberghese del XIV secolo.

Spilimbergo

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La facciata dell’antico castello di Spilimbergo

Accanto al Duomo, inoltre, trovate anche la Chiesetta di Santa Cecilia, tra gli edifici religiosi più antichi di Spilimbergo.

Scuola Mosaicisti del Friuli

Se amate l’arte, la prossima tappa non può che essere la Scuola dei Mosaicisti. Operativa dal 1922, venne costruita nel primo dopoguerra per offrire opportunità di studio e di lavoro ai giovani della città. Le menti dietro questo progetto erano Lodovico Zanini, delegato della Società Umanitaria di Milano a Udine, ed Ezio Cantarutti, al tempo sindaco di Spilimbergo.

Oggi la Scuola dei Mosaicisti è un luogo professionale che ha come obiettivo quello di valorizzare l’antica arte del mosaico organizzando anche mostre e manifestazioni in giro per il mondo.

Il castello di Spilimbergo

Costruito per volere dei signori della città, gli Spengenberg, famiglia di nobili di origine carinziana, per sorvegliare uno dei principali guadi del fiume Tagliamento, il castello sostenne numerosi assedi nel corso delle guerre medievali tra i signori veneti e friulani. Quello che vediamo oggi, infatti, è il risultato di numerosi lavori di ricostruzione e ampliamento perché venne distrutto e demolito più volte.

Il Castello di Spilimbergo vanta diversi stili architettonici, dal Romanico al Gotico, oltre che gli affreschi apportati in epoca rinascimentale da Andrea Bellunello.

Castello Spilimbergo

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Dettaglio della facciata affrescata del Castello di Spilimbergo

La Chiesetta dell’Ancona

Chi è interessato agli edifici religiosi di Spilimbergo, può fare tappa anche alla Chiesetta dell’Ancona. Contraddistinta da un piccolo porticato sorretto da cinque colonne, è collegata a una strada che scende direttamente verso il greto del Tagliamento. Grazie alla sua posizione sopraelevata, da qui godrete di una vista privilegiata sul paesaggio circostante.

Cosa fare a Spilimbergo: la rievocazione storica della Macia

Se volete scoprire il borgo di Spilimbergo in modo unico, visitatelo ad agosto quando viene organizzata la tradizionale rievocazione storica della Macia. L’evento prende il nome dall’antica unità di misura riprodotta su un pilastro del Palazzo La Loggia in Piazza Duomo. Chiamata Macia, questa unità di misura (risalente al 1438) serviva come metro per la misurazione delle stoffe e corrisponde a 68,4 centimetri.

In quest’occasione il borgo diventa lo scenario perfetto in cui vengono organizzati spettacoli, ambientazioni storiche, figuranti, armigeri, mercatini storici, accampamenti, taverne e tanti divertenti tornei a tema storico.

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Numana, la perla della Riviera del Conero: cosa vedere e cosa fare

Immersa in un angolo di paradiso, dove il blu dell’Adriatico si fonde con il verde rigoglioso del Parco del Conero, Numana è una destinazione che conquista con il suo fascino autentico e la sua atmosfera rilassata.

Il suo antico nome, Humana, risale ai tempi dei Romani, quando era un fiorente villaggio di pescatori. Oggi, tra vicoli lastricati, case in pietra bianca e panorami indimenticabili, è conosciuta come “la Signora del Conero” ed è una meta perfetta per chi cerca una vacanza all’insegna di storia, natura e mare cristallino.

Dove si trova Numana

Numana si trova nel cuore delle Marche, affacciata sul mar Adriatico, in provincia di Ancona. Il suo territorio è incastonato nel Parco Regionale del Conero, un’area protetta di rara bellezza che si estende lungo la costa, caratterizzata da imponenti falesie, boschi profumati e da un mare dalle mille sfumature di blu.

Nella celebre Riviera del Conero, la città si sviluppa in due parti: Numana Alta, il borgo storico a picco sul mare, e Numana Bassa, più vicina alla spiaggia e al porto turistico.

Cosa vedere a Numana

Via La Costarella a Numana

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Particolare della Costarella a Numana

Con il suo borgo pittoresco e gli scorci panoramici, Numana offre un’esperienza ricca di storia, cultura e meraviglie naturali.

La Costarella

Uno degli angoli più suggestivi della città è la Costarella, una scalinata storica che collega Numana Bassa al centro del borgo.

L’antico percorso era usato dai pescatori per raggiungere le loro imbarcazioni all’alba e oggi regala una passeggiata incantevole tra le tipiche case in pietra bianca del Conero. La vista che si apre man mano che si sale è una vera cartolina: il mare brilla all’orizzonte, mentre il profumo della salsedine accompagna ogni passo.

Piazzetta del Belvedere

Se c’è un luogo da cui ammirare il panorama più spettacolare di Numana, è senza dubbio la Piazzetta del Belvedere. Da qui, lo sguardo si perde sul blu infinito dell’Adriatico e sulle imbarcazioni ormeggiate nel porto.

A rendere ancora più scenografico questo angolo di paradiso, svetta l’antico arco romano del Trecento, unico resto di una torre d’avvistamento costruita per difendere il borgo dalle incursioni dei pirati. Poco distante, nella Piazza della Torre, ecco poi la statua in bronzo del Pescatore, un omaggio alla tradizione marinara della città, realizzata dallo scultore Johannes Genemans.

L’Antiquarium Statale

Per chi ama la storia e l’archeologia, una tappa imperdibile è l’Antiquarium Statale di Numana. Aperto nel 1974, custodisce reperti di epoca picena e romana, provenienti dalle necropoli della zona.

Tra i tesori esposti spicca il corredo funerario della celebre “Tomba della Regina“, rinvenuto nei pressi di Sirolo. Si tratta di una sepoltura monumentale, circondata da oggetti preziosi e due antichi carri: una biga e un calesse, straordinaria testimonianza della civiltà picena che abitava la zona già nel IX secolo a.C.

Santuario del Crocifisso

In pieno centro, merita una sosta la Piazza del Santuario, dove si affacciano il Palazzo Vescovile, oggi sede del Municipio, e il cinquecentesco Santuario del Crocifisso: con la sua pianta a croce greca, custodisce opere d’arte di grande valore, tra cui due tele di Domenico Simonetti e affreschi attribuiti ad Andrea Lilli. Ma il vero tesoro è il Crocifisso ligneo bizantino, un’opera antichissima, forse proveniente dalla Terra Santa, che secondo la leggenda sarebbe stato donato da Carlo Magno a Papa Leone III.

Piazza Nova

A pochi passi dal centro si apre Piazza Nova, una terrazza naturale con una vista impareggiabile sul Monte Conero, la Spiaggia del Frate e il porto di Numana.

È il luogo perfetto per ammirare il tramonto, quando il cielo si tinge di rosso e il mare riflette gli ultimi raggi del sole. Non manca la celebre panchina dell’amore “ViviAmo Numana“, tappa romantica per scattare una foto ricordo con la persona amata.

Il porto turistico

Il porto turistico di Numana è uno dei più importanti della Riviera del Conero e rappresenta il punto di partenza ideale per esplorare la costa via mare.

Con le barche che riposano al sole, le piccole botteghe e i ristorantini affacciati sul blu, invita a passeggiare e respirare l’aria marina, magari gustando un piatto di pesce appena pescato.

Cosa fare a Numana

Numana non è soltanto un borgo affascinante da visitare, ma anche una destinazione perfetta per chi ama il mare e la natura.

Vivere la spiaggia

Veduta della Spiaggia del Frate a Numana

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Panorama della Spiaggia del Frate a Numana

Numana offre un litorale da fiaba, con sabbia dorata e acque cristalline che accarezzano con dolcezza la costa. Nella parte alta, due incantevoli baie protette dalla falesia accolgono chi è in cerca di un vero angolo di paradiso: la Spiaggiola e la Spiaggia del Frate.
Il mare è turchese brillante e il fondale basso e sabbioso, ottimo per le famiglie con bambini o per immergersi con tranquillità nelle acque calme dell’Adriatico.

Spostandosi a sud, la spiaggia di Numana Bassa si estende fino a Marcelli, per un’esperienza differente. L’arenile, più ampio e lungo, alterna sabbia dorata a ghiaia fine e piccoli ciottoli, disegnando un paesaggio variegato, e il fondale diventa profondo dopo pochi metri dalla riva.
Lungo tutta la costa si susseguono stabilimenti balneari attrezzati per ogni esigenza, dal relax totale al divertimento con sport acquatici. Infine, una pista ciclabile e pedonale costeggia il litorale per godersi il panorama in totale libertà.

Escursioni in barca e immersioni

Esplorare la Riviera del Conero dal mare è un’esperienza da non perdere. Le escursioni in barca permettono di ammirare dal largo le ammalianti scogliere a picco, le calette nascoste e le acque trasparenti che lambiscono la costa. Numerose imbarcazioni partono ogni giorno dal porto di Numana e offrono tour alla scoperta delle baie più spettacolari, come la celebre Spiaggia delle Due Sorelle, accessibile solo via mare.

Per chi desidera un contatto ancora più profondo con il mondo sommerso, Numana è un eden per le immersioni. I fondali del Conero sono ricchi di biodiversità e regalano attimi emozionanti  tra relitti di navi naufragate e formazioni rocciose popolate da banchi di pesci colorati. Le immersioni nel fango, in particolare, svelano un meraviglioso universo di nudibranchi dalle tinte sgargianti, paragonabili per bellezza alle creature tropicali. I centri subacquei locali, come il Centro Sub Monte Conero e il Seawolf, organizzano immersioni guidate adatte sia ai principianti che ai sub più esperti.

Sentieri e trekking

Ma Numana non è solo mare e relax: il suo territorio sa conquistare anche gli amanti del trekking e delle escursioni all’aria aperta. Il Parco del Conero, che avvolge la cittadina in una cornice di verde incontaminato, vanta una rete di sentieri che si snodano tra boschi di lecci, ginestre profumate e scogliere a picco sull’Adriatico.

I percorsi variano per difficoltà e lunghezza, permettendo sia passeggiate rilassanti che trekking più impegnativi. Uno dei sentieri più panoramici conduce sulla vetta del Monte Conero, laddove si gode di una vista senza eguali che spazia dal mare fino alle colline marchigiane. Altri itinerari portano a scoprire angoli nascosti della costa, come la Baia di Portonovo o la selvaggia Spiaggia dei Gabbiani.

Per chi preferisce la bicicletta, sono disponibili svariati percorsi adatti alla mountain bike e all’e-bike, che attraversano boschi ombrosi e punti panoramici da cui ammirare la costa dall’alto.

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Sanremo, 10 borghi da scoprire nei dintorni della città

Affacciato lungo la Riviera dei Fiori, il Comune di Sanremo è incorniciato tra le Alpi marittime e punteggiato tutt’intorno da deliziosi borghi che hanno ciascuno una storia da raccontare. Ecco i dieci più belli da visitare.

Perinaldo, arte, cultura e natura mozzafiato

Sarà per la sua storia millenaria, per il fascino senza tempo e per la bellezza che lo circonda che il borgo ligure di Perinaldo, nell’entroterra di Imperia, è tra i più amati dagli stranieri. Circa il 63% di chi è interessato all’acquisto di una casa nel nostro Paese lo ha cercato in rete. Tra arte, cultura e un paesaggio mozzafiato, è una meta da sogno, inserita tra i Borghi più belli d’Italia.

Dolceacqua, il borgo che ha ispirato Monet

In questa zona della Liguria, il luogo più famoso è senza dubbio l’affascinante borgo medievale di Dolceacqua, che conquistò e ispirò Claude Monet, tanto da averlo dipinto in diversi quadri. È da vedere per la bellezza che emana e i tesori che custodisce, tra storia, leggende, tradizioni, arte e cultura da scoprire. Uno scrigno di suggestioni uniche in ogni periodo dell’anno.

Apricale, gioiello ligure

Un’altra perla ligure non lontanma da Sanremo che conquista tanti turisti stranieri è Apricale, un borgo di pietra baciato dal sole, un gioiello immerso tra suggestivi boschi di ulivi e le imponenti Alpi marittime che fanno da sfondo a una destinazione da cartolina.

Seborga, un paese ricco di misteri

Tra i borghi più noti della Liguria troviamo sicuramente anche Seborga, dove si narra che, alla presenza di 23 Cavalieri Templari, Hugues de Pains, uno dei primi nove membri dell’Ordine, fu nominato Primo Gran Maestro. Inoltre, qui venne fatto anche voto di silenzio e un giuramento per mantenere il “Grande Segreto”, avvolto da tantissime leggende che vorrebbero questo mistero legato alle scoperte che i primi nove Cavalieri fecero in Terra Santa.

Dolcedo, la piccola Dolceacqua della Liguria

Nell’entroterra ligure, tra Sanremo e Arma di Taggia, c’è un borgo che ricorda la versione in miniatura di Dolceacqua. È Dolcedo e la somiglianza non riguarda soltanto il nome, ma anche l’architettura del borgo, caratterizzato da un antico ponte di pietra sul torrente Prino con cui si accede al paese e che è il suo simbolo.

Bussana Vecchia, il borgo dell’arte

Non lontano dal mare della Riviera dei Fiori, l’affascinante borgo medievale di Bussana Vecchia venne abbandonato a seguito del violento terremoto del 1870. Nel 1960 ha però ritrovato la vita grazie a una comunità di artisti – soprattutto stranieri – che, ancora oggi, lo rendono un museo a cielo aperto.

Pigna, il villaggio dalle acque termali

Tappa imperdibile in Liguria è il borgo di Pigna, abbarbicato tra le montagne dell’Alta Val Nervia. Oltre al suo centro storico di indubbia bellezza, il paese richiama moltissimi turisti per via della sua stazione termale piuttosto rinomata. Le sorgenti sulfuree di acqua calda sono molto antiche, e vengono sfruttate per offrire soggiorni wellness a chi ha solamente voglia di una vacanza in pieno relax.

Bajardo, un borgo tra storia e leggenda

In questo borgo ligure, il più alto della provincia di Imperia (900 metri), si incrociarono molte civiltà e convissero pacificamente liguri, celti, greci e iberici. Proprio qui si narra la storia dei druidi celtici che scelsero il borgo di Bajardo per la sua posizione privilegiata sulla valle. Ma il borgo sorge su un colle che leggenda vuole sia legato al grande condottiero Rinaldo, paladino di Francia, e al suo cavallo Bajardo. Pare, infatti, che il cavaliere si nutrì coi frutti dell’albero del tasso, conosciuto anche per essere l’‘albero della morte’.

Triora, il paese delle streghe

A circa 800 metri di altezza sorge Triora, anche conosciuto come il paese delle streghe o la Salem d’Italia. Fu proprio in questo borgo, infatti, che tra il 1587 e il 1589 ebbe luogo uno dei processi per stregoneria più famosi del nostro Paese. Una meta da non perdere, specie per una gita in famiglia, e da cui partire per vivere qualche giorno nella splendida cornice ligure.

Badalucco, il borgo dipinto

Il piccolo borgo di Badalucco è un delizioso abitato con le tipiche casette in pietra che si affacciano su stretti vicoli e caratteristici carruggi. Ma la sua particolarità sta nelle case con le facciate dipinte. Fin dal 1993, infatti, sono state create delle opere d’arte che animano i muri degli edifici e che colorano i vicoli del paese. I due splendidi ponti medievali che uniscono le due sponde del torrente Argentina, che fluisce placido nel centro storico del paese, lo incorniciano come una cartolina.

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Alla scoperta della Romagna Autentica tra borghi, vigneti e trekking

La Romagna vanta alcune delle persone più ospitali d’Italia, alcune delle terre più produttive e un panorama gastronomico estremamente appagante, tutte qualità racchiuse nel progetto “Romagna Autentica”. Presentata alla BIT 2025, l’iniziativa coinvolge otto vallate solcate dai fiumi Lamone, Rabbi, Senio, Montone, Bidente, Tramazzo, Savio e Rubicone, venticinque comuni, borghi e rocche, oltre che tanti chilometri di itinerari fra riserve naturali e cammini storici.

Il progetto “Romagna Autentica” racchiude eventi, esperienze e itinerari pensati per valorizzare il territorio e renderlo una meta turistica ricca di opportunità per ogni tipo di viaggiatore: da chi ama la vacanza attiva a chi predilige il turismo slow, fino a chi vuole regalarsi una vacanza all’insegna del benessere e del relax. Quali sono le valli coinvolte e le esperienze da non perdere? Prendete appunti, qui troverete tutte le informazioni di cui avete bisogno.

Il progetto “Romagna Autentica”

“Romagna Autentica” è il progetto presentato alla BIT 2025, ideato per aiutare i viaggiatori a scoprire i luoghi meno conosciuti del territorio romagnolo. Colli punteggiati da vigneti, suggestivi borghi medievali e imponenti castelli carichi di storia, secolari foreste, laghi e cascate immerse nel verde, oltre che sentieri per il trekking e itinerari per ciclisti.

Le opportunità di scoperta sono davvero tante, arricchite da una componente imprescindibile per chiunque visiti la Romagna: il cibo. L’offerta enogastronomica è varia tanto quanto le altre esperienze! I visitatori potranno assaporare i veri piaceri della tavola romagnola gustando un menù di prodotti tipici e certificati Dop e Igp come l’olio Evo, il Fossa Dop e lo Squacquerone Dop, la fragrante piadina romagnola Igp e l’irresistibile pasta fresca fatta a mano e tirata con il mattarello.

Le valli della Romagna coinvolte nel progetto

Sono otto le valli raccontate nel progetto “Romagna Autentica”, destinazioni di viaggio ideali per coppie, famiglie con bambini, giovani, per chi ama viaggiare a qualsiasi età e per chi si sposta con il camper. Qui, i camperisti troveranno camping attrezzati e molteplici aree di sosta proposte dai diversi Comuni che stanno investendo in maniera diffusa in questa tipologia di turista, in costante crescita.

Nel dettaglio, le valli coinvolte nell’iniziativa sono la Valle del Bidente, del Senio, del Montone, del Rabbi, del Lamone, del Savio, del Tramazzo e del Rubicone. Queste valli possono essere scoperte in diverso modo, anche a passo lento.

Le otto vallate, infatti, sono attraversate da diversi cammini, come il Cammino di Dante, di San Vicinio, di Assisi o della Misericordia. Si tratta di un prodotto turistico sempre più attrattivo, soprattutto considerando i nuovi trend che danno sempre più spazio a un modo di viaggiare sostenibile e che permette di conoscere le abitudini, i sapori e i valori delle popolazioni incontrate intraprendendo cammini e trekking.

Progetto Romagna Autentica

Fonte: Ufficio Stampa

La Valle del Savio nel progetto Romagna Autentica

Le esperienze proposte

Il nuovo progetto comprende esperienze di ogni tipo che verranno proposte nel corso del 2025, consultabili online sul sito ufficiale. Tra queste citiamo le cooking class per imparare a preparare la piadina e il tortello in un agriturismo tipico, la ricerca del tartufo, bene immateriale riconosciuto Patrimonio UNESCO, i trekking estivi lungo i corsi d’acqua delle vallate e le degustazioni di vino, conserve, formaggi e salumi della tradizione.

Non mancano le esperienze nei birrifici artigianali, le visite alle fosse di stagionatura del formaggio in compagnia di un mastro infossatore, cavalcate nel verde, percorsi slow per famiglie o più impegnativi per giovani sportivi.

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Itinerario della Bellezza: un modo unico per scoprire le meraviglie delle Marche

Dimenticate la confusione dei grandi centri urbani, il territorio delle Marche ha molte meraviglie da mostrare ai viaggiatori che vogliono immergersi in atmosfere intrise di cultura, natura e archeologia. A valorizzarle ci pensa Confcommercio Marche Nord/Pesaro e Urbino che, in occasione dell’ultima edizione della BIT, la Borsa Internazionale del Turismo, ha presentato il nuovo Itinerario della Bellezza.

Si tratta di un progetto di promozione e valorizzazione turistica nato nel 2018 dall’organizzazione di 5 Comuni che, al 2025, sono arrivati a essere ben 28. Quest’anno, sono entrati a far parte dell’itinerario i borghi di Corinaldo, Monte Grimano Terme, Monte Cerignone e San Costanzo. Scopriamo insieme le caratteristiche del progetto e quali sono gli itinerari di viaggio che ci aiuteranno a conoscere le Marche in un modo unico e autentico.

Il progetto “Itinerario della Bellezza”

Alla BIT 2025 sono state presentate le ultime novità del progetto “Itinerario della Bellezza” promosso da Confcommercio Marche Nord/Pesaro e Urbino. L’obiettivo dell’iniziativa è quello di aumentare le presenze
turistiche nel territorio delle Marche in modo sostenibile valorizzando le meraviglie storiche, naturali e archeologiche della zona.

È partendo da questo presupposto che sono stati creati degli itinerari tematici studiati per promuovere la
destinazione e sviluppare un modello economico alternativo a quello tradizionale industriale manifatturiero,  basato sulla valorizzazione della bellezza. Gli itinerari sono pensati per i viaggiatori italiani e stranieri che desiderano avventurarsi in territori puri e incontaminati, tra città d’arte, borghi di grande fascino, teatri storici e chiese.

I percorsi infatti, sviluppati su tutto il territorio marchigiano, uniscono il mare alle montagne, le colline (segno caratterizzante delle Marche) alle città d’arte, fino ai borghi fortificati e alle aree archeologiche.

Gli itinerari tematici

L’Itinerario della Bellezza, nato per promuovere i luoghi che l’uomo ha saputo valorizzare e conservare per essere mete esclusive di una vacanza che rigenera il corpo e lo spirito, coinvolge 28 borghi. Questi sono stati inseriti in percorsi turistici creati per permettere ai visitatori di scoprire il territorio delle Marche attraverso le sue peculiarità storiche, archeologiche ed enogastronomiche. Durante l’edizione del 2024, dall’Itinerario della Bellezza sono nati altri itinerari, ossia: l’Itinerario Archeologico, l’Itinerario Romantico, l’Itinerario delle Rocche di Francesco Di Giorgio Martini, l’Itinerario della corte del Duca Federico e l’Itinerario del Silenzio e della Fede.

Nel prossimo periodo verranno presentati i nuovi itinerari, come quello dedicato al Rinascimento, da Gubbio a Urbino, dove viene approfondita anche la storia dei Montefeltro e delle Rovere, con una visita alle rocche realizzate da Francesco Di Giorgio Martini per difendere il Ducato di Urbino. Martini fu l’architetto senese che Federico da Montefeltro chiamò alla corte di Urbino nel 1477 e che realizzò capolavori assoluti dell’architettura militare e civile del Rinascimento.

Un altro itinerario, invece, è legato all’enogastronomia di qualità dove vengono valorizzati ingredienti importanti per il territorio come il prosciutto di Carpegna, la casciotta di Urbino e il Cartoceto DOP olio d’oliva. Inoltre, ricordiamo che nelle Marche si trova la capitale italiana del farro, San Lorenzo in Campo, e la patria del biologico, Isola del Piano-Urbino.

Infine, l’ultimo itinerario che verrà presentato è dedicato all’archeologia. Le Marche e la provincia di Pesaro e Urbino sono ricchissime dal punto di vista archeologico e conservano rilevanti testimonianze della storia e della cultura materiale dell’uomo dal Paleolitico fino al Rinascimento, passando per l’epoca romana.