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Viaggio ad Aphrodisias, la città perduta della dea dell’amore in Turchia

La Turchia offre un patrimonio archeologico eccezionale, poiché sorge in una zona del mondo la cui frequentazione iniziò già in età preistorica. Da un punto all’altro del Paese, sono dunque innumerevoli le testimonianze che ancora oggi si possono visitare e i luoghi di interesse che conservano tesori antichi e curiose leggende. Ne è un esempio lampante la bellissima Aphrodisias (o Afrodisia o Afrodisiad), antica città della Caria, regione storica nell’ovest dell’Anatolia, dedicata ad Afrodite, la dea greca della bellezza e dell’amore.

Un po’ di storia

La storia di Aphrodisias affonda le sue radici in epoche davvero molto lontane: i suoi primi insediamenti risalgono al III secolo a.C.. Fu nel VI secolo a.C., però, che i coloni greci decisero di fondare la vera e propria città, introducendo contemporaneamente il culto di Afrodite.

Nel corso del tempo Aphrodisias passò anche sotto il controllo dei Romani, che la trasformarono in un importante centro culturale e artistico arricchendola di diversi templi, teatri, bagni, fontane e così via. La città venne in seguito conquistata dai Bizantini, poi ancora dagli Arabi, dai Selgiuchidi e dagli Ottomani nel XIV secolo, fino a perdere di importanza e essere abbandonata.

Tuttavia, nonostante la sua storia antichissima, si è iniziato a sentir parlare più approfinditamente di questa meraviglia della Turchia solo tra il 1904 e 1905, quando partirono i primi scavi. Ci furono poi delle pause, fino alla ripresa dei lavori prima nel 1937 e poi nel 1961.

Oggi è uno dei siti archeologici più importanti della Turchia e, non a caso, è stata anche inserita nella lista dei patrimoni dell’umanità dell’Unesco nel 2017.

Sito archeologico di Afrodisia, Turchia

Fonte: iStock

Il sito archeologico visto dall’alto

Cosa vedere ad Aphrodisias

Camminare per le strade di Aphrodisias è davvero emozionante: sono esattamente le stesse che percorrevano i nostri antenati più di duemila anni fa. Molti dei suoi monumenti sono ancora in piedi, e si sviluppano tra pioppi d’epoca romana e verdi campi che le donano un’atmosfera tranquilla che lascia senza fiato. Pur essendo più grande della ben più famosa Efeso, è meno frequentata e questo rende l’esperienza di viaggio più autentica e speciale. Anche se, è giusto dirlo, per alcuni aspetti può sembrare un po’ più trascurata.

Teatro

Sontuoso e suggestivo è il Teatro di Aphrodisias, che rappresenta anche uno degli edifici meglio conservati di tutta l’antica città. Risale al I secolo a.C., ma l’arrivo dei Romani segnò per l’edificio un grande ampliamento, al punto che arrivò ad ospitare un massimo di 8.000 spettatori.

Utilizzato in principio per spettacoli teatrali, tragedie e commedie per poi divenire anche la sede per combattimenti tra gladiatori, fu una delle maggiori vittime del terremoto che devastò la zona nel VII secolo d.C., evento naturale che scatenò il crollo della parte superiore (che venne poi interrata). Quel che è certo, è che il visitatore ha l’opportunità di trovarsi al cospetto di uno degli esempi migliori di fusione tra il modello teatrale greco e le innovazioni romane.

Tempio di Afrodite

Decisamente affascinante è anche il Tempio di Afrodite, la dea dell’amore e della bellezza, che era anche la divinità protettrice della città. Costruito nel III secolo a.C. (per poi essere rimaneggiato in epoca romana), sfoggiava anche una bellissima statua della stessa Afrodite che oggi è possibile visitare nel Museo cittadino.

Le colonne del tempio sono ancora visibili, così come parte del santuario che lo circondava, e in passato era il vero e proprio simbolo del potere religioso e politico della città, noto per la sua rinomata scuola di scultura.

Tetrapylon

Lo straordinario Tetrapylon di Aphrodisias era un sontuoso portale che, all’epoca, rappresentava l’ingresso al santuario del Tempio di Afrodite. Si componeva di ben 16 colonne corinzie disposte in quattro file da quattro, ed era ornato da bassorilievi e fregi scolpiti con motivi floreali e figure mitologiche.

Crollato sfortunatamente a causa di terremoti, venne ricostruito in parte dagli archeologi tra il 1983 e il 1990, utilizzando i materiali originali ritrovati in questo stesso sito. Certo, non è bellissimo come un tempo, ma trasmette comunque il senso di quello che rappresentava: una “porta sacra”, che segnava il passaggio dal mondo profano a quello religioso.

Tetrapylon, Afrodisia

Fonte: iStock

Tetrapylon del Tempio di Afrodite ad Afrodisia

Stadio

Molto interessante è anche lo Stadio della città, anche perché è uno dei meglio conservati del mondo antico. Con una capienza di circa 30.000 spettatori, era uno dei più vasti dell’epoca grazie anche alle ben 22 file di sedili su ogni lato.

Qui venivano svolti giochi atletici, gare di corsa e competizioni sportive, simili a quelli delle Olimpiadi, ma a differenza dei classici circhi romani non era destinato alle corse di carri.

Agorà

Il cuore della vita pubblica, economica e sociale della città era chiaramente l‘Agorà, un’enorme piazza rettangolare circondata da colonnati e portici monumentali. In passato qui c’era persino una piscina decorativa, lunga circa 170 metri, che fungeva anche da bacino per la raccolta dell’acqua piovana (anche se, secondo alcuni studiosi, aveva anche un ruolo decorativo e di svago per i cittadini).

L’Agorà di Afrodisia era una delle più grandi del mondo antico, e per nostra fortuna è possibile visitarla anche al giorno d’oggi.

Portico di Tiberio

Una delle strutture più importanti dell’Agorà era il Portico di Tiberio, un lungo colonnato che offriva riparo ai cittadini durante il mercato e gli eventi pubblici. In passato si affacciava sulla grande piscina monumentale dell’Agorà, e attualmente possiede ancora alcune svettanti colonne e parte della pavimentazione.

Sebasteion

Questo imperdibile monumento risale a I secolo d.C. ed era un santuario dedicato alla dinastia imperiale romana e ad Afrodite. Dalla struttura a tre piani e lungo circa 90 metri, il Sebasteion vantava rilievi scultorei che senza ombra di dubbio possono entrare nella lista dei più belli e dettagliati dell’arte romana. Tali meraviglie sono ora conservate nel Museo di Afrodisia, perché quelle che si possono osservare nel sito archeologico sono solo delle copie (anche se assolutamente notevoli).

Sebasteion, Aphrodisias

Fonte: iStock

I resti dell’antico Sebasteion di Aphrodisias

Museo di Aphrodisias

Il viaggio ad Aphrodisias non può che terminare nel suo ricchissimo (e bellissimo museo), che si distingue per essere persino uno dei più importanti di tutto il Paese. È infatti la sede di una collezione straordinaria di sculture, rilievi e reperti provenienti dagli scavi della città antica. Una visita, quindi, è d’obbligo: aiuta a comprendere meglio l’arte e la cultura della città.

Oltre alle statue di Afrodite e i rilievi del Sebasteion, sono disponibili ritratti, busti romani, sarcofagi e decorazioni architettoniche. È bene sapere, inoltre, che l’architetto che ha progettato il museo ha fatto in modo di ricreare l’atmosfera della città antica, grazie anche all’ausilio di alcune statue esposte esattamente nel modo in cui erano originariamente collocate.

Che cos’è il marmo di Aphrodisias

Probabilmente vi è capitato di sentire parlare del marmo di Aphrodisias. Ma che cos’è? E perché è così famoso? In passato era noto a tutti per via della sua qualità straordinaria e il suo colore bianco puro con leggere venature grigie. Estratto dalle cave vicine alla città, con il passare del tempo fu riconosciuto come uno dei materiali più pregiati utilizzati per sculture e decorazioni in epoca romana.

Vi basti pensare che i capolavori creati dagli scultori con il marmo di Aphrodisias vennero esportati in tutto l’Impero Romano e, grazie alla sua notevole abbondanza, nacque una vera e propria scuola scultorea apprezzata in tutto il Mediterraneo.

Dove si trova e come arrivare

L’affascinante sito archeologico di Afrodisia sorge nella provincia di Aydın, nei pressi della città di Karacasu. In sostanza si trova a circa 100 km di distanza dalla città di Denizli. L’aeroporto più vicino è infatti proprio il Denizli-Çardak Airport (DNZ), dove vi sono diversi voli giornalieri da e per Istanbul.

Da qui si può proseguire in auto o autobus, anche se Aphrodisias viene spesso visitata insieme a Pamukkale, che dista circa 1,5 ore in auto.

Orari e costi

Costi e orari possono subire variazioni. Per questo motivo, a prescindere da quanto riportato in questo articolo, prima di partire è molto importante fare sempre riferimento ai siti istituzionali. A livello generale il sito archeologico di Aphrodisias è aperto:

  • Estate (aprile – ottobre): 08:30 – 19:00;
  • Inverno (novembre – marzo): 08:30 – 17:00.

Il biglietto d’ingresso costa circa 150-200 TL, che corrispondono a più o meno 3-4 euro, e include anche l’accesso al bellissimo museo cittadino.

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L’oasi urbana di Osaka: la straordinaria magia del Nagai Botanical Garden

I viaggi ci portano alla scoperta del mondo, ci invitano a esplorare e a conoscere i luoghi cercando di carpire un po’ della loro anima. Ci sono alcuni posti, però, che più di altri sono affascinanti poiché tanto diversi per cultura, tradizioni e aspetto da quelli in cui viviamo noi.

Come il Giappone, che è una meta amatissima, che invita a essere vissuto e conosciuto in tutte le sue sfaccettature. Tra le location da raggiungere se si programma un viaggio ad Osaka, ad esempio c’è un giardino bellissimo, in cui passeggiare nel mezzo della natura e in una vera e propria esplosione di colori.

Si tratta del Nagai Botanical Garden, un grande spazio verde che è come una gemma preziosa incastonata nella parte meridionale del Parco Nagai, ovvero un’area in cui trovano casa alcune strutture sportive, un tratto di foresta locale e questo meraviglioso giardino, che è ricco di piante e che vale la pena raggiungere in ogni momento dell’anno. Tutto quello che devi sapere per visitarlo e conoscerlo.

Dove si trova il Nagai Botanical Garden

È una vera e propria oasi urbana, stiamo parlando del Nagai Botanical Garden che si trova in Giappone, nel quartiere Higashisumiyoshi a Osaka. Una città davvero grande, basti pensare che è la seconda in ordine di dimensioni del Paese, terza se si include Tokyo che però viene considerata una metropoli.

Un luogo importantissimo dal punto di vista economico e commerciale, ma anche per la buona cucina. Quindi perfetto per tutti coloro che ricercano un’esperienza gastronomica autentica.

In città vi sono alcune aree verdi, come il parco del Castello, oppure quello commemorativo dell’Expo e, ancora, nella zona sud della città, il Parco Nagai, perfetto per chi è alla ricerca di uno spazio in cui dedicarsi ad attività sportive senza dimenticare il relax. Ci sono campi e stadi, un anello dove correre o camminare intorno all’area e il Nagai Botanical Garden, con il suo suggestivo e placido laghetto.

Il giardino botanico si trova nella parte sud-orientale del parco e vi si possono ammirare alberi e fiori. E la buona notizia è che la visita si può pianificare in ogni stagione.

Cosa vedere nell’oasi urbana di Osaka: il Nagai Botanical Garden

Piante, fiori, la natura che esplode in tutta la sua meraviglia e che ci accompagna durante le quattro stagioni. Ma non solo: ci sono tantissime cose da vedere nel Nagai Botanical Garden nella bella e interessante città di Osaka, nella stessa area ad esempio merita una visita il Museo di Storia Naturale, luogo ideale per tutti coloro che vogliono approfondire e conoscere. Da marzo a ottobre è aperto dalle 9,30 alle 17, l’ingresso chiude alle 16,30, mentre da novembre a febbraio l’accesso è possibile dalle 9,30 alle 16,30, chiusura dell’entrata alle 16.

Poi vale la pena visitare il laghetto, con gli alberi che lo circondano e lo rendono una location di grande bellezza. Da non perdere, infine l’installazione del collettivo TeamLab: opere d’arte che si possono ammirare nel giardino, che lo impreziosiscono di luci e lo rendono ancora più magico.

Per visitare lo spazio verde sono suggeriti diversi percorsi in base alla stagione di riferimento, per poter assorbire pienamente lo straordinario potere della natura di creare scenari mozzafiato.

Cosa vedere al Nagai Botanical Garden a Osaka

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Cosa vedere al Nagai Botanical Garden a Osaka: le sue meraviglie

Quando andare nel giardino botanico

Come accennato, ogni stagione è quella perfetta per visitare il Nagai Botanical Garden, poiché questo luogo regala suggestioni e meraviglie in ogni momento dell’anno.

La struggente poesia dell’inverno, ad esempio, accoglie i visitatori sin dall’ingresso principale con i cipressi calvi e con le loro radici: intorno allo stagno nella Foresta Storica regalano uno scenario meraviglioso. Così come fanno gli altri alberi senza foglie. Non manca la fioritura di alcuni fiori, anche in questa stagione dell’anno.

Con la primavera (ma già da febbraio) il mondo torna a colorarsi delle tante varietà di fiori che si trovano nel parco, da visitare – ad esempio – il Giardino delle Camelie, il Giardino della Vita, oppure ammirare il verde che esplode nell’area del piccolo laghetto.

Da non perdere in estate i girasoli, ma non solo: anche gli alberi delle mele e tanto altro. In autunno, infine, il fascino dei colori ha la meglio e allora gli occhi non possono non rimanere estasiati da tanta meraviglia.

Sul sito ufficiale vengono segnalati gli itinerari consigliati per le diverse stagioni e mesi dell’anno, quindi vale la pena sperimentare un giro seguendo queti percorsi scanditi al ritmo della stagione in cui si visita questo affascinante Paese dell’Asia.

Osaka, quando andare al Nagai Botanical Garden

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Osaka, quando puoi visitare il Nagai Botanical Garden

Le info utili da sapere sul Nagai Botanical Garden

Se il Parco Nagai ha aperto i battenti nel 1944, il giardino botanico è arrivato 30 anni dopo in contemporanea al Museo civico di storia naturale: era il 1974 e da quel momento lo sviluppo di questo luogo ha caratterizzato gli anni a venire, fino a raggiungere nel 2024 i 50 anni dall’inaugurazione delle due realtà. Questo spazio verde si sviluppa lungo un’area di circa 24,2 ettari e ospita un numero impressionante di piante, circa 1200, oltre a numerosi giardini dedicati a specie ben precise.

È aperto da marzo a ottobre dalle 9,30 alle 17 (si può entrare, però, sino alle 16,30) e da novembre a febbraio dalle 9,30 fino alle 16,30 (ultimo ingresso alle 16). Le chiusure sono previste il lunedì, o il giorno successivo in caso di festività, e a Capodanno, dal 28 dicembre al 4 gennaio.

Tra le informazioni utili da conoscere per organizzare una visita vi è il fatto che si paga un biglietto di ingresso, ma per alcune fasce d’età l’accesso è gratuito. Il giardino botanico è facilmente raggiungibile con i mezzi pubblici, poi – in base alla fermata prescelta – si dovrà percorrere un tratto a piedi che varia dagli 800 metri al chilometro.

Raggiunto questo luogo, si potrà fare il pieno di bellezza e assaporare le tante sfumature e opere che la natura ci sa donare in ogni momento dell’anno.

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Tempio di Kailasa, un’opera monumentale scolpita nel cuore della roccia

È tra i più grandi edifici scavati nella roccia, ma non è questo l’unico motivo che rende il Tempio di di Kailasa uno dei luoghi più incredibili da visitare in Asia. Molti lo conoscono con il nome di Kailasanatha e attira ogni anno tantissimi visitatori per il suo interesse religioso e artistico. L’opera, tra le più straordinarie del mondo antico, si trova all’interno del complesso delle grotte di Ellora nella zona occidentale dell’India. La sua particolarità? È scavato in un unico blocco di roccia basaltica e rappresenta il sacro monte Kailash, dimora del dio Shiva secondo la tradizione induista.

Storia e struttura del Tempio di Kailasa

Durante il regno del sovrano Rashtrakuta Krishna I, il tempio Kailasa ha iniziato a prendere forma. Siamo nel VIII secolo e rappresenta una delle più complesse strutture monolitiche mai create.

Si trova presso la grotta numero 16 del vasto complesso delle grotte di Ellora, sito riconosciuto dall’UNESCO come Patrimonio dell’Umanità in India. Il luogo sacro, inserito tra i must to see durante un viaggio in India, ha un’estensione senza paragoni: oltre 2 chilometri e comprende al suo interno 34 strutture rupestri di cui 17 induiste, 12 buddhiste e 5 giainiste. Ciascuna è in grado di testimoniare l’abilità artistica e la tolleranza religiosa che caratterizzano l’India fin dall’antichità. Il complesso è scavato interamente nel fianco di una collina, ma è importante sottolineare che tra le grotte di Ellora il tempio di Kailasa emerge tanto per la dimensione quanto per la perfezione nella realizzazione.

Cosa rende la costruzione così straordinaria? Sicuramente la tecnica costruttiva. Se negli edifici tradizionali si lavora a blocchi o mattoni, qui la struttura viene scolpita nella roccia. Gli artigiani hanno scavato dalla cima proseguendo poi verso il basso con la tecnica dello scavo verticale dando vita ad una struttura interamente monolitica con dettagli incredibilmente raffinati e una precisione geometrica sbalorditiva. Le stime parlano di circa 400.000 tonnellate di roccia rimosse nell’arco di meno di vent’anni, un’impresa che sfida ogni logica per l’epoca.

Tempio di Kailasa cosa vedere

Fonte: iStock

Visitare lo splendido Tempio di Kailasa, una struttura monolitica scavata nella roccia

La struttura del tempio dedicato a Shiva

Il Tempio di Kailasa fu concepito come un omaggio al dio Shiva, una delle divinità principali del pantheon induista. L’intera struttura simboleggia il Monte Kailash, considerato la dimora degli asceti e la sede spirituale di Shiva.

Il cortile del tempio, a forma di U, è circondato da un porticato a colonne disposto su tre livelli mentre al centro si trovano due elementi principali: il Mandapa (la sala esterna pilastrata) e il santuario centrale con il Linga, il simbolo fallico associato a Shiva. Di fronte al santuario è posizionata la statua di Nandi, il sacro toro cavalcato dalla divinità.

L’opera è gigantesca: si estende per circa 50 metri di lunghezza, 33 di larghezza e 30 di altezza. Alla base sono scolpiti elefanti in pietra che sembrano sorreggere la struttura regalandole un aspetto ancora più maestoso. Possiamo notare come l’architettura dravidica, tipica dell’India meridionale sia testimoniata dall’uso di torri a piramide, portoni decorati e bassorilievi complessi.

Dove si trova e come arrivare al tempio di Kalisasa

Il tempio di Kalisasa è situato all’interno del sito archeologico di Ellora e più precisamente presso la grotta numero 16. È una delle attrazioni più importanti del luogo ed è posto a circa 35 km da Aurangabad e 345 km da Mumbai. Dall’aeroporto di Aurangabad è possibile raggiungere il parco archeologico con un taxi privato, un autobus locale oppure aggregarsi ad un’escursione di gruppo con trasporto incluso.

Il tempio, considerato uno dei più alti del sud dell’India, è davvero suggestivo e non è difficile comprenderne il motivo guardando le foto. Visto dal vivo l’effetto wow è assicurato.

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Efeso, la città leggendaria dove la storia vive in ogni pietra

La Turchia ospita numerosi siti archeologici, alcuni dei quali sono di inestimabile valore storico. Ne è un esempio l’antica Efeso, che in passato fu la città più in vista dell’Impero Romano in Asia Minore e che oggi fa parte della lista dei patrimoni dell’umanità dell’Unesco, al punto da essere anche una delle mete culturali più rinomate di tutto il Mediterraneo.

Fondata più di 3.000 anni fa dagli antichi Greci per poi essere assoggettata da vari regni, ha ospitato molte culture differenti delle quali sono ancora ammirabili incredibili resti (quasi) perfettamente conservati, anche perché è stato sì un importante centro politico e commerciale, ma anche un rilevante centro religioso dell’antichità.

Perché è famosa Efeso?

Al giorno d’oggi Efeso è famosa per tantissimi diversi motivi, ma senza ombra di dubbio a renderla particolarmente nota è il culto di Artemide, dea alla quale gli abitanti dell’antica città chiedevano protezione. Alla stessa Artemide venne dedicato un tempio (di cui però oggi ci sono solo minimi resti), così decorato e sontuoso che venne considerato una delle Sette Meraviglie del Mondo Antico. Vi basti pensare che Plinio il Vecchio lo descrisse come “Il più meraviglioso monumento della magnificenza greca”.

Inoltre, in questo stesso luogo si trovano anche tracce del Cristianesimo. Secondo la tradizione, infatti, l’apostolo Giovanni visse e morì proprio qui e si ritiene che persino la Vergine Maria abbia trascorso i suoi ultimi anni di vita in questa stessa zona.

Biblioteca di Celso, Efeso

Fonte: iStock@dem10

La straordinaria Biblioteca di Celso

Cosa vedere a Efeso

Camminare per le strade di Efeso permette di comprendere più a fondo quanto un tempo, questa, fosse una città potente e rigogliosa. In passato infatti si componeva di lunghi viali di marmo (alcuni ancora visibili) che collegavano le diverse aree, impreziosite da sfarzosi monumenti che, in parte, si possono ammirare ancora oggi.

Odeon

La prima meraviglia che si incontra varcando l’ingresso di Efeso è l’Odeon, che un tempo era il luogo di incontro per la vita politica e religiosa della città. Costruito in epoca augustea, poteva contenere fino a 5.000 persone che qui si riunivano per presenziare alle riunioni cittadine.

Agorà

Al cospetto dell’Odeon c’è l‘Agorà, ovvero quella che in passato rappresentava la parte più importante della città, dove si concentravano le attività politiche e sociali. Presenta una pianta rettangolare e, stando ai documenti, era circondata da alcuni degli edifici più importanti di Efeso, oltre a essere la culla di un tempio dedicato ad Augusto il cui scopo era divinizzare gli imperatori romani.

Prytaneion

Molto interessanti sono anche i resti del Prytaneion, la sede del senato cittadino. Pare, infatti, che proprio qui fosse custodito il focolare sacro di Efeso difeso dalla dea Vesta, la protettrice del senato romano. La fiamma era tenuta sempre accesa, come fosse eterna, e ardeva al centro della sala cerimoniale. Qui, tra le altre cose, dagli archeologi sono state ritrovate anche due statue di Artemide, oggi esposte nel Museo di Efeso.

Tempio di Domiziano

Decisamente affascinante è anche quel che rimane del Tempio di Domiziano, ovvero un magnifico architrave sorretto da due splendide colonne e due cariatidi. Tale tempio porta il nome di Domiziano perché fu lui a farlo costruire, ma in realtà fu dedicato a suo padre Vespasiano per via della damnatio memoriae (una pratica usata nell’antica Roma per cancellare ogni traccia dell’esistenza di una persona caduta in disgrazia) pronunciata nei suoi confronti.

Con le sue dimensioni di 50 x 100 metri, era uno degli edifici più imponenti di Efeso e conteneva alcune statue colossali, una delle quali (alta circa 5 metri) risiede oggi nel Museo di Efeso.

Tempio di Domiziano, Efeso

Fonte: iStock

Veduta dei resti del Tempio di Domiziano

Via dei Cureti

La Via dei Cureti era la seconda strada più importante della città e, ancora adesso, sfoggia una splendida pavimentazione in marmo. Vi sono anche resti di sepolcri, terme e templi e serviva per collegare l’Agorà Superiore all’Agorà Civile, dove si svolgeva il mercato popolare. Tale arteria stradale era intitolata ai Cureti perché erano dei semidei della mitologia greca che, si narra, avrebbero assistito Latona durante la nascita di Apollo e Artemide.

Domus terrazzate

Quel che rimane della Domus terrazzate fa capire quanto fossero eleganti e belle le residenze nobiliari della città, che si affacciavano persino sui palazzi più suggestivi di Efeso stessa. Con terrazzi, affreschi e mosaici ben conservati, erano dotate anche di impianti idraulici, riscaldamento a pavimento e bagni privati.

Tempio di Adriano

Originariamente possedeva un raffinato tetto in legno. Oggi non c’è più, ma è ancora possibile notare il suo maestoso arco principale sostenuto da quattro colonne corinzie. Il fregio del Tempio di Adriano è ricco di raffigurazioni mitologiche, tra cui scene di divinità e sacrifici rituali ed è perfettamente in grado di dare un’idea della magnificenza di quello che era l’edificio in passato.

Biblioteca di Celso

La Biblioteca di Celso è probabilmente il monumento più sorprendente di Efeso, un capolavoro ottimamente conservato e che non può non lasciare a bocca aperta. Eretta nel 114 d.C. per ricordare Caio Giulio Celso Polemeano (era il suo luogo di sepoltura e infatti vi è ancora custodito il suo sarcofago), vi erano conservate ben oltre 12.000 pergamene, tanto da essere una delle più grandi biblioteche del mondo.

Attualmente presenta una facciata monumentale, con colonne corinzie, nicchie con statue e un grande portale, che è stata progettata per creare un particolarissimo effetto ottico: dà un senso di maggiore altezza.

Via di Marmo

Come dice il nome, Via di Marmo, è una strada totalmente caratterizzata da questa pavimentazione. Un tempo era molto frequentata, mentre oggi è ornata dai resti di statue e colonne. Vi è inoltre anche Ninfeo di Traiano, una fontana che ospitava la statua dell’imperatore.

Teatro

Non poteva di certo mancare il Teatro di Efeso, le cui gradinate sono costruite sulla pendenza naturale del terreno. In stile ellenistico, poteva contenere fino a 25.000 spettatori ed è stato citato nel Nuovo Testamento come il luogo in cui San Paolo predicò il Cristianesimo, scatenando la reazione dei seguaci di Artemide. Una piccola curiosità: anche oggi è utilizzato, in alcune particolari occasioni, per concerti ed eventi.

Teatro di Efeso, Turchia

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Tutta la bellezza del Teatro di Efeso

Dove si trova e come arrivare a Efeso

Efeso sorge a poca distanza dalla città di Selçuk, nella provincia di Smirne (İzmir), sulla costa occidentale della Turchia. L’aeroporto più vicino è quello di Izmir Adnan Menderes (ADB), e da qui si possono prendere treni o autobus per Selçuk (circa 1 ora), ma anche taxi o auto a noleggio.

Il sito è meraviglioso, ma essendo molto esposto al sole è sempre il caso di portarsi acqua e cappello. In più, occorre indossare scarpe comode per via della pavimentazione e mettere in conto una visita di almeno 2-3 ore.

Orari e costi

Il sito archeologico di Efeso è aperto tutto l’anno, ma gli orari variano in base alla stagione:​

  • Orario invernale (1 ottobre – 31 marzo): 8:30 – 18:30​;
  • Orario estivo (1 aprile – 30 settembre): 8:00 – 20:00.

Per evitare code è consigliabile acquistare i biglietti in anticipo online o presso rivenditori autorizzati. Va comunque specificato che il biglietto d’ingresso non prevede la visita delle Domus terrazzate, per le quali è disponibile un pagamento a parte o un ticket cumulativo. Tuttavia, si consiglia di verificare gli orari e i prezzi aggiornati prima della visita, poiché non possiamo escludere che possano subire variazioni.

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7 posti a dir poco incredibili da vedere durante un viaggio in Cina

La Cina è uno dei luoghi più gettonati per gli appassionati di viaggi in Asia, insieme al Giappone e alla Corea del Sud, ma spesso è conosciuta solamente per le sue grandi metropoli sfavillanti: da Pechino (dove la parte più antica è ancora rappresentata nella Città Proibita) a Shangai, la Cina oggi ha un volto estremamente moderno e avanzato, ma ci sono luoghi davvero incredibili da esplorare nel Paese, soprattutto nelle zone più rurali e naturalistiche.

Pronti a partire per un viaggio alla scoperta dei posti più assurdi da vedere in Cina? Scoprirete che la Grande Muraglia, per come la conosciamo, è solo una delle meraviglie della magnifica Terra di Mezzo!

Zhangjiajie: le montagne di Avatar

Se avete amato il film Avatar, allora dovete assolutamente visitare Zhangjiajie, un località montana nella provincia dell’Hunan. Qui, nel cuore della Cina più incontaminata – lontani dal tristemente noto smog di Pechino – possiamo infatti trovarci al cospetto delle famose montagne dalle cime sospese nel cielo che hanno ispirato il pianeta Pandora e che abbiamo già visto sul grande schermo. Il Parco Nazionale di Zhangjiajie è un vero paradiso naturale, un Eden con pinnacoli di roccia che sembrano quasi galleggino tra le nuvole. E per chi non soffre di vertigini – ricordatelo! – c’è il ponte di vetro più lungo e alto del mondo, che regala un panorama mozzafiato… E anche qualche brivido!

Zhangjiajie

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Le spettacolari montagne di Zhangjiajie

Inoltre, alcune di queste particolari formazioni rocciose hanno nomi molto poetici, come “Colonna del Cielo Meridionale” e “Ponte Fatato”. Il parco ospita anche una vasta biodiversità e non è strano poter avvistare rari esemplari di scimmie dorate e cervi.

Il deserto di Badain Jaran: le dune che cantano

Non tutti associano la Cina ai deserti, certamente, ma quello di Badain Jaran è qualcosa di unico. Situato nella zona della Mongolia Interna, questo è un vero e proprio oceano di sabbia con dune che possono raggiungere i 500 metri di altezza! Ma la cosa più incredibile, a dire il vero, è il suono che queste altissime dune producono quando il vento soffia: un vero e proprio canto della natura: pensate che la “Grande Duna Cantante” emette suoni a bassa frequenza, simili a un tamburo ogni volta che viene percorsa.

Badain Jaran, Cina

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I laghi in mezzo alle dune di Badain Jaran

In mezzo a questa distesa arida, i viaggiatori più intraprendenti troveranno anche misteriosi laghi d’acqua dolce che sembrano praticamente delle oasi incantate. Infatti, il deserto cinese ospita oltre 100 laghi d’acqua dolce, alcuni dei quali hanno colori che variano dal verde smeraldo al blu intenso.

Fenghuang: la città della fenice

Un salto indietro nel tempo vi porterà a Fenghuang, anche questa un’altra città antica situata nella provincia dell’Hunan. Questo villaggio sembra addirittura essere uscito da una fiaba: case in legno su palafitte, ponti di pietra e lanterne rosse che si riflettono nel fiume Tuojiang – sì, vi sembrerà proprio di essere sul set di un film di Zhang Yimou. La meta perfetta, dunque, per chi vuole immergersi nella Cina tradizionale, tra templi taoisti, stradine acciottolate e mercatini locali. Ma perché fenice? In cinese, il nome “Fenghuang” significa proprio “fenice”, simbolo di rinascita e prosperità nella cultura cinese, così come in quella occidentale. Una chicca? Questa città in Cina è stata la patria di molti scrittori e poeti famosi della Cina.

Le grotte di Longmen: i Buddha scolpiti nella roccia

Ci spostiamo nella provincia dell’Henan, dove si trova uno dei più impressionanti siti buddhisti del mondo: le Grotte di Longmen. Qui, oltre 100.000 statue di Buddha e divinità sono scolpite nella parete di una scogliera, creando un paesaggio sacro e spettacolare. Basti pensare, per stupirsi, che alcune di queste figure raggiungono anche i 17 metri di altezza! Le grotte risalgono a più di 1.500 anni fa e molte statue mostrano ancora tracce di pittura originale, mentre durante il tramonto, la luce che si riflette sulle sculture crea un’atmosfera quasi mistica.

Grotte di Longmen, Cina
Le suggestive statue alle Grotte di Longmen

Il villaggio sommerso di Shi Cheng: l’Atlantide cinese

Nel profondo del Lago Qiandao, nella provincia di Zhejiang, giace un’antica città sommersa: Shi Cheng, conosciuta anche come “l’Atlantide della Cina”. Questo villaggio fu deliberatamente inondato negli anni ’50 per creare una diga, ma oggi è una meta incredibile per i subacquei. Le sue strade, templi e architetture risalenti alla dinastia Ming e Qing sono perfettamente conservate sott’acqua e le rovine, infatti, di Shi Cheng si trovano a circa 40 metri di profondità. Grazie alla scarsa presenza di correnti, però, le strutture sono rimaste incredibilmente intatte.

Il villaggio di Houtouwan: la città fantasma inghiottita dalla natura

Sull’isola di Shengshan, al largo della costa di Shanghai, si trova un villaggio abbandonato che sembra uscito da un film post-apocalittico. Houtouwan era un tempo un fiorente villaggio di pescatori, ma negli anni ’90 è stato lentamente abbandonato. Oggi, la natura si è riappropriata delle case: le mura sono coperte di edera, i tetti scompaiono sotto il fogliame e il silenzio regna sovrano. Un luogo suggestivo e un po’ inquietante, perfetto per gli amanti della fotografia: alcune case sono ancora accessibili e visitabili, con mobili e oggetti lasciati intatti dagli abitanti. Non è difficile credere, dunque, che Houtouwan sia diventato un set fotografico molto popolare sui social media per il suo aspetto surreale.

La Grande Muraglia di Jiankou: la versione più selvaggia

Se pensate di conoscere la Grande Muraglia, vi sbagliate… Aspettate di vedere Jiankou! Questa sezione, a differenza delle più turistiche Badaling o Mutianyu, è completamente non restaurata e piuttosto selvaggia. Adagiata tra montagne ripide e foreste fitte, questa parte di mura è perfetta per chi ama l’avventura e le escursioni impegnative. Questa sezione, non a caso, è nota per il “Nido dell’Aquila”, un tratto incredibilmente ripido e suggestivo.

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Chiang Dao, viaggio tra la natura e il misticismo di una Thailandia poco nota

La Thailandia è una destinazione molto nota, una terra amata a tutte le età e che ogni anno attira milioni di visitatori che desiderano scoprire quante più meraviglie possibili. Il Paese del sorriso, tuttavia, per fortuna conserva ancora dei luoghi che possiamo definire segreti, lontani dai circuiti di massa e per questo particolarmente misteriosi e autentici. Uno dei posti in questione si chiama Chiang Dao, e coloro che decidono di raggiungerlo hanno l’opportunità di fare un viaggio in una natura rigogliosa e ricca di misticismo, ma anche di tuffarsi in numerose (e interessanti) tradizioni antiche.

Dove si trova e come arrivare a Chiang Dao

Chiang Dao si trova nel Nord della Thailandia e, più precisamente, nella Provincia di Chiang Mai. Si tratta di una zona eccezionale, piena di montagne foreste, grotte, cascate e villaggi tribali. Qui, tra le altre cose, si produce un ottimo vino che, con i suoi poetici paesaggi, crea un connubio che le vale il soprannome di “Piccola Toscana della Thailandia”.

Pur essendo una zona del Paese non ancora invasa dai turisti, arrivarci è piuttosto semplice. I viaggiatori, infatti, hanno a disposizione diverse opzioni:

  • Auto o moto: la strada principale è la Highway 107 (Chiang Mai – Fang);
  • Autobus o minivan: partono dalla Chang Phuak Bus Station di Chiang Mai;
  • Taxi: prenotabili tramite applicazioni.

L’aeroporto più vicino è il Chiang Mai International Airport, ma a disposizione ci sono anche autobus notturni e treni in partenza da Bangkok.

Cosa fare a Chiang Dao

Chiang Dao in sé non è niente di sorprendente: se si cercano templi stravaganti o architetture pazzesche non è qui che si deve venire. Si raggiunge questa zona della Thailandia per avere un contatto intimo e profondo con la natura, per salire sui fianchi di montagne impervie e per avere a che fare in maniera ancora più profonda con lo spirito accogliente e gentile dei thailandesi. Aria fresca, pulita, e il silenzio sono gli ingredienti fondamentali di una sosta da queste parti, ma anche cieli stellati e privi di inquinamento luminoso.

Birdwatching (e non solo) al Doi Luang Chiang Dao

La bellissima località di Chiang Dao non sarà la più incredibile in fatto di strutture uniche nel loro genere, ma senza ombra di dubbio incanta per la sua imponente natura: è proprio qui che sorge la terza montagna più alta del Paese (circa 2270 metri), il Doi Luang Chiang Dao. Parte del Chiang Dao Wildlife Sanctuary, è l’ideale per gli amati del birdwatching, tanto che è uno degli spot più visitati della Thailandia grazie alla presenza di oltre 300 specie di uccelli, tra cui alcune piuttosto rare.

Doi Luang Chiang Dao, Thailandia

Fonte: iStock

Tipico panorama di Chiang Dao

È bene sapere, tuttavia, che l’accesso a questo gigante della natura  è consentito solo nella stagione secca, e non tutti gli anni. Per questo motivo, è importante informarsi sui siti ufficiali di riferimento e/o direttamente in loco. A disposizione ci sono anche diverse escursioni, tra cui:

  • Percorso Den Yah Chad-Ang Saloong: lungo circa 8,5 chilometri (e con un punto di sosta per la notte);
  • Percorso Pang Wua-Ang Saloong: con quasi le stesse identiche caratteristiche dell’altro sentiero ma con una lunghezza di 6,5 chilometri.

Trekking nel Parco Nazionale Sri Lanna

Il meraviglioso Parco Nazionale Sri Lanna è l’ottavo, in termini di grandezza, della Thailandia. Ospita animali selvatici, foreste lussureggianti e sorgenti d’acqua che ipnotizzano con il loro fruscio. Dedicandosi al trekking è possibile ammirare diverse meraviglie della natura, da scoprire con tutta la calma che si desidera perché al suo interno vi sono anche possibilità di campeggio.

Famoso per le sue foreste sempreverdi, i sentieri panoramici e la possibilità di esplorare la cultura delle tribù locali, richiede un paio di giorni minimo per essere visitato al meglio.

Scoprire i villaggi tribali

Nella zona di Chiang Dao si trovano alcuni villaggi tribali, in cinque dei quali dimorano sette delle principali minoranze etniche del Nord del Paese. Per la precisione sono Akha, Lisu, Lahu, Karen e Palong (Dara-Ang) e raggiungendoli si ha l’occasione di conoscere la loro antichissima (e particolare) cultura, i tessuti tradizionali, abiti tipici e persino partecipare a tour fotografici specializzati.

Andare in kayak sul Lago Mae Ngat

Il Lago Mae Ngat sorge all’interno del sopracitato Parco Nazionale Sri Lanna e si tratta di un bacino artificiale creato dalla costruzione della diga Mae Ngat Somboon Chon, nell’ormai lontano 1986. Attualmente è una vera e propria area ricreativa, dove si può andare in kayak, nuotare e anche soggiornare in curiose case galleggianti, simili a quelle che si trovano nell’altrettanto affascinante Parco nazionale di Khao Sok.

Lago Mae Ngat, Chiang Dao

Fonte: iStock

Casa galleggiante del Lago Mae Ngat

Fare un bagno nella piscina della Sticky Waterfall

Il nome, Sticky Waterfall, dice già tutto: la cascata scorre su una superficie di rocce calcaree che non è scivolosa, e che quindi consente alle persone di arrampicarsi senza rischiare di scivolare. Il suo nome può essere infatti tradotto come “Cascata Appiccicosa”, grazie alla composizione delle rocce abbastanza ruvide.

Qui è possibile fare anche un bagno, poiché l’acqua è piuttosto pulita. In più, durante la stagione secca non ci sono forti correnti. È sempre importante tenere a mente, però, che occorre fare molta attenzione alle condizioni meteorologiche a quelle del terreno.

Rilassarsi alle “terme” di Chiang Dao

Chiang Dao offre anche la possibilità di rilassarsi nelle sue sorgenti termali, con acque ricche di minerali, che si dice abbiano effetti benefici per la pelle e per la salute generale. Anche qui serve molta prudenza, perché in alcune zone la temperatura dell’acqua può raggiungere persino gli 80°C . Dotate di strutture turistiche, è presente anche un’area per il picnic e sono anche il punto di partenza ideale per fare escursioni o trekking nelle vicinanze, godendo di una vista sontuosa sulle montagne.

Cosa vedere a Chiang Dao

Come accennato in precedenza, Chiang Dao è la meta ottimale per chi desidera fare esperienze a contatto con la natura, ma non mancano di certo alcuni punti di interesse che vale la pena conoscere.

Wat Tham Chiang Dao

Se cercate fascino e spiritualità non dovete assolutamente perdervi il Wat Tham Chiang Dao. Si trova ai piedi del Doi Luang Chiang Dao, e colpisce per la sua posizione spettacolare e per l’atmosfera mistica che lo circonda.

Sorge infatti all’interno di un complesso di grotte naturali che si estendono lungo la montagna, utilizzate dai monaci per la meditazione e per pratiche spirituali. La cavità principale è la culla di una grande statua del Buddha, ma anche di stalattiti e stalagmiti che creano un’atmosfera davvero sorprendente.

Wat Tham Chiang Dao, Thailandia

Fonte: iStock

Il bellissimo Wat Tham Chiang Dao

Wat Tham Pha Plong

Non lontano dal tempio precedente sorge il Wat Tham Pha Plong. Si trova in cima a una collina dalla quale si gode di una vista affascinante, e per arrivarci è necessario salire una lunga scalinata (impreziosita da statue di draghi e altre decorazioni religiose) attraverso una fitta vegetazione di foresta tropicale.

Costruito in uno stile tradizionale, con statue di Buddha e ornamenti che riflettono la spiritualità della scuola Theravada, è anch’esso noto per essere un centro di meditazione, tanto da rappresentare uno dei luoghi migliori per trovare tranquillità e pace interiore.

Wat Phra That Doi Mon Ching

C’è poi il Wat Phra That Doi Mon Ching, un altro tempio interessante (non molto facile da raggiungere) che incanta per la presenza di una “roccia d’oro”: è simile alla celebre Golden Rock della Pagoda Kyaiktiyo in Myanmar.

Wat Mae Eed

Poi ancora il Wat Mae Eed, con una splendida vista sulla montagna e sulla città, dove prende vita il particolarissimo Giardino del Purgatorio che raffigura il destino di coloro che non seguono le cinque principali regole del Buddismo. Parliamo perciò di un’area riflessiva e simbolica, il cui scopo è quello di invitare i visitatori a riflettere sul loro comportamento e sulle conseguenze karmiche delle loro azioni.

Mercato del martedì mattina

Se vi trovate a Chiang Dao il martedì mattina non saltate una visita al suo mercato settimanale: è frequentato da persone di diversi gruppi etnici, ed è quindi l’occasione ideale per conoscere (e magari acquistare) i loro prodotti tipici e osservare i loro coloratissimi abiti tradizionali.

Tribù Chiag Dao

Fonte: Getty Images

Alcuni abiti tradizionali

Phra That Doi Chiang Dao

Infine il Phra That Doi Chiang Dao, un tempio molto venerato dalla popolazione locale. Per raggiungerlo è necessario percorrere una strada stretta e ripida (sì, serve un po’ di impegno, ma i panorami fanno passare in secondo piano la fatica).

Dalle origini molto antiche, sfoggia un chedi dorato che ospita una reliquia sacra e una statua enorme che raffigura il Phra Narasabho Mahathera, un monaco che ha avuto un ruolo fondamentale nella diffusione del Buddismo.

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Son Doong, la cattedrale segreta della Terra che contiene persino una Grande Muraglia

Nel comune di Son Trach, in Vietnam, sorge un posto eccezionale e che da anni attira visitatori e studiosi che desiderano conoscerne le bellezze e i tanti misteri. Il posto in questione si chiama Son Doong Cave, il cui nome significa “la caverna con i fiumi e le montagne”, ed è stata creata dai 2 ai 5 milioni di anni fa dall’erosione dell’acqua di un fiume. Attualmente è conosciuta come la grotta naturale più grande del mondo grazie ad una larghezza di più di 200 metri, altezza di 150 e una lunghezza di circa 9 km. Vi basti pensare che per la sua estensione potrebbe persino contenere un intero villaggio, anche perché dotata di un microclima con ecosistemi autonomi, o una flotta di Boeing 747. Un vero e proprio capolavoro della natura, che possiamo definire la “Cattedrale della Terra”.

Dove si trova e come arrivare alla Grotta di Son Doong

Come accennato, la Grotta di Son Doong sorge nel comune di Son Trach, in Vietnam e, più precisamente, all’interno del magnifico Parco Nazionale Phong Nha-Ke, che sua volta ospita circa 200 km in lunghezza di grotte e formazioni naturali, molte delle quali ancora sconosciute e da mappare.

Arrivarci non è facile, perché questa immensa caverna si fa spazio proprio nel bel mezzo della foresta pluviale, tanto che il suo ingresso è ricoperto dalla vegetazione della giungla, quasi come fosse il portale di un altro mondo. Bisogna quindi partire da Son Trach e poi dedicarsi a un trekking (è necessario avere esperienza, essere flessibili e sapersi adattare) di almeno 4 giorni, passando le notti di viaggio in tenda. L’aeroporto più vicino, invece, è quello di Dong Hoi che si trova a circa 500 km di distanza da Hanoi.

Come visitare la Grotta di Son Doong

Son Doong potrebbe risalire a milioni e milioni di anni fa, ma la realtà dei fatti è che se ne è venuti a conoscenza in tempi molto recenti: è stata scoperta solo nel 1991. L’esplorazione, quindi, è ancora “circoscritta” in quanto si stima che i suoi passaggi vadano oltre la sua lunghezza totale.

Vi basti sapere che il primo team che ha avuto l’opportunità di addentrarsi al suo interno si è dovuto fermare dopo due chilometri e mezzo a causa di un muro di fango calcareo alto 200 metri. Un anno dopo, questa sorta di “Grande Muraglia del Vietnam” (è proprio così che l’han chiamata), è stata scavalcata da coraggiosi esploratori che si sono ritrovati poi al cospetto di stalagmiti alte come palazzi e di meraviglie indescrivibili.

Inoltre, l’accesso a questa posto incredibile è destinato a circa 1000 persone all’anno, a date fisse ed esclusivamente possibile tramite un unico operatore autorizzato. In molti casi, infatti, è necessario prenotare persino con un anno di anticipo. Occorre anche essere consapevoli che le opportunità di vedere questo capolavoro naturale dipendono soprattutto dalle condizioni meteo. Per questo motivo, durante la stagione dei monsoni (da novembre a gennaio) è praticamente chiusa al pubblico.

Cosa vedere

Attualmente, grazie ai molti fiumi e laghi sotterranei, è concesso nuotare nella Grotta di Son Doong che presenta acqua molto pulita e fresca, ma sempre seguendo le istruzioni della guida. Si possono anche fare tantissime foto e passare le notti in campeggi all’interno della stessa cavità, tutti nel bel mezzo di veri e propri miracoli della natura.

Tra le cose più suggestive da vedere segnaliamo:

  • La stalagmite più alta del mondo: ben 80 metri;
  • Fiume sotterraneo: con piccole cascate lungo il percorso che creano forti rimbombi;
  • Fossil Passage: sezione della caverna caratterizzata dalla presenza di antichi fossili incastonati nelle pareti rocciose;
  • Dolina 1: grande apertura (un lucernario) che è il punto in cui il fiume sotterraneo scompare e che nei giorni di sole, tra le 11:00 e le 13:00 (soprattutto tra gennaio e marzo) si caratterizza per la penetrazione di enormi fasci di luce solare;
  • Dolina 2: con una foresta primordiale che cresce a 200 metri di profondità;
  • Perle di grotta: si formano dalle gocce d’acqua che cadono dal soffitto e hanno dimensioni e forme diverse;
  • Passaggio di Passchendaele: serve per attraversare uno splendido lago di colore verde giada a bordo di zattere o barche;
  • La “Grande Muraglia del Vietnam”: un vero e proprio gigantesco flusso di calcite.
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Wat Rong Khun, il Tempio Bianco (e stravagante) della Thailandia

La Thailandia è la terra delle spiagge da sogno, della natura rigogliosa e della gentilezza, ma forse in molti non sanno che è anche un Paese altamente spirituale: ci sono ben 40.717 templi buddisti, di cui 33.902 utilizzati attivamente ogni giorno. Molti di questi sono bellissimi, altri un po’ anonimi e altri ancora incredibilmente stravaganti, al punto che osservandoli sembra persino che provengano da altri pianeti. È il caso del Wat Rong Khun, anche conosciuto con il soprannome di “Tempio Bianco della Thailandia”.

La storia del bizzarro (ma bellissimo) Wat Rong Khun

Il Wat Rong Khun, situato a poca distanza della città di Chiang Rai, più che un unico tempio è un complesso templare sorprendente e caratterizzato da uno stile architettonico eccezionale. La sua non è una storia millenaria, poiché risale al 1997 e quindi non ha nemmeno 30 anni. Anzi, ad esser del tutto onesti risulta ancora un’opera incompiuta (come la Sagrada Família di Barcellona, per intenderci), e si presume che potrebbe essere terminato nel (lontanissimo) 2070. Tuttavia, si è già distinto da tanti altri edifici del Paese fino ad essere diventato uno dei punti di riferimento per chi decide di esplorare la Thailandia del Nord.

Il merito è certamente del suo ideatore, Chalermchai Kositpipat, un noto architetto locale che ha deciso di dedicarsi alla realizzazione di questa opera colossale con un obiettivo ben preciso: dare vita al tempio più bello del mondo. Ci è riuscito? Probabilmente no (anche perché, come accennato, non è ancora ultimato), ma di sicuro questo complesso rientra a pieni voti tra i più dettagliati, profondamente simbolici, brillanti e stupefacenti dell’intero globo.

Cosa vedere al Wat Rong Khun

Quando si arriva al cospetto del Wat Rong Khun è impossibile non rimanere colpiti dalla brillantezza quasi accecante che emana: è dovuta al colore bianchissimo e a una serie di specchietti, presenti nell’intonaco, che luccicano con i raggi del sole. Entrambi non sono stati di certo scelti a caso, perché il colore bianco è lì a simbolizzare la purezza del Buddha, mentre gli specchietti ne rappresentano la saggezza.

Passo dopo passo, quindi, il visitatore si sente catapultato in una sorta di mondo dei sogni, o quantomeno di quello del suo autore che regala una visione piuttosto surreale degli insegnamenti buddhisti, rivisitati in chiave moderna e originale. Ogni dettaglio del tempio, infatti, ha un suo preciso e distintivo simbolismo che desidera spingere chiunque si trovi da queste parti a riflettere sugli insegnamenti del Buddha per non cadere in tentazione.

Il Ponte del Ciclo delle Rinascite

Questo nome, Ponte del Ciclo delle Rinascite, sembra quasi poetico e rasserenante ed effettivamente è così, anche se per raggiungerlo occorre quasi meritarselo: prima bisogna attraversare l’Inferno. Tale ponte, che conduce all’edificio maggiore, al suo principio presenta infatti tantissime sculture di mani protese in diversi gesti, che sono state messe lì come simbolo della sofferenza del mondo e dei desideri che prendono il sopravvento sugli esseri umani.

Ponte del Ciclo delle Rinascite, Tempio Bianco

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Il Ponte del Ciclo delle Rinascite del Tempio Bianco

Bisogna quindi superare questa prima zona della struttura in modo da riuscire a lasciarsi alle spalle tutto ciò che è “impuro”, per poi avvicinarsi al mondo di Buddha. L’architettura ha perciò lo scopo di invitare a concentrarsi sul proprio mondo interiore per trovare la pace, e raggiungere nella piena consapevolezza e serenità la porta (del Paradiso) che si trova proprio in fondo al ponte stesso, mentre si è attentamente sorvegliati da due notevoli Kinnaree, creature mitiche del Buddismo per metà umane e metà uccello.

Una piccola curiosità: il ponte ha questo nome perché per il buddismo tutti gli esseri viventi sono soggetti ad un ciclo continuo di morte e rinascita, che termina solo con il raggiungimento della felicità eterna (Illuminazione).

La Porta del Paradiso

Si trova sul lato opposto dell’Inferno e si presenta altissima, bianchissima e brillantissima ma, come già accennato, controllata da due statue di creature mitiche che sono state erette per intimorire e far comprendere agli esseri umani se sono davvero pronti a varcare la soglia del mondo illuminato, oppure tornare indietro per reincarnarsi in una nuova vita.

Ubosot

L’Ubosot è la struttura principale del complesso, quindi l’edificio in cui si entra varcando la straordinaria Porta del Paradiso. Dalla classica architettura thailandese (tetto a tre livelli impreziosito da un abbondante uso di serpenti Naga), tra le sue mura nasconde tantissimi elementi decisamente sbalorditivi: il bianco incontaminato viene, in alcuni casi, sostituito da murali che raffigurano fiamme arancioni e volti di demoni, poi ancora idoli e persino supereroi occidentali, come Michael Jackson, Neo di Matrix, Batman, Spiderman e molti altri ancora.

Ci sono poi immagini di guerre nucleari, attacchi terroristici (come quello alle Torri Gemelle del 2001), e poco più in là Harry Potter e Hello Kitty. Niente di tutto ciò, chiaramente, si trova al suo interno in maniera fortuita perché la morale che l’Ubosot vuole raccontare è sempre e solo una: le persone sono crudeli, e c’è una continua lotta tra il bene e il male.

Ubosot del Wat Rong Khun

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Il bellissimo Ubosot del Wat Rong Khun

Edificio Dorato

Un altro dei punti di interesse del Wat Rong Khun è l’Edificio Dorato, costruito con questo colore – in totale contrasto con il bianco candido – per rappresentare il desiderio per i beni materiali dell’uomo, completamente opposto al simbolismo di purezza dell’animo e della mente simboleggiato dal bianco.

Crematorio

Del tutto candido è anche il Crematorio, che si mostra pure abbastanza imponente e con uno stile architettonico molto elaborato. La solennità della struttura è stata scelta come dimostrazione che alla morte, gli uomini, non possono sottrarsi anche perché, secondo il buddismo, è una sorta di fase di transizione tra una vita e l’altra, che può poi terminare esclusivamente con il raggiungimento dell’Illuminazione, quindi attraversando la bellissima Porta del Paradiso.

Dove si trova e come arrivare al Wat Rong Khun

Il Wat Rong Khun sorge a circa 15 km di distanza dalla città di Chiang Rai, nel Nord del Paese. Per arrivarci ci sono varie soluzioni, che possiamo riassumere in:

  • Tuk-tuk: probabilmente il mezzo più veloce se si soggiorna a Chiang Rai;
  • Bus: partono dalla stazione vecchia dei pullman (Old bus station), sempre di Chiang Rai;
  • Taxi: prenotabili tramite applicazione;
  • Escursioni organizzate: private e comprensive di altre tappe di questa affascinante zona della Thailandia.

Info generali: orari e costi d’ingresso

La Thailandia è un Paese in cui le regole cambiano piuttosto velocemente, e per questo il consiglio è quello di verificare sempre sui siti ufficiali prima di organizzare le proprie attività da fare. A livello generale possiamo però dire che il Wat Rong Khun è aperto tutti i giorni dalle 08:00 alle 18:00, e che il costo del biglietto è di 100 bath a persona (circa 3 euro).

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La statua più alta del mondo è in India

La Statua dell’Unità (“Statue of Unity”) è la statua più alta del mondo, un capolavoro d’ingegneria e un simbolo di unità nazionale per l’India. Situata nello stato del Gujarat, questa imponente struttura dedicata a Sardar Vallabhbhai Patel, uno dei leader più importanti nella storia dell’India indipendente, attira milioni di visitatori ogni anno. Con i suoi 182 metri di altezza, supera di gran lunga monumenti iconici come la Statua della Libertà e il Cristo Redentore.

Inaugurata il 31 ottobre 2018, in occasione del 143° anniversario della nascita di Patel, la statua è stata fortemente voluta dal primo ministro indiano Narendra Modi, allora capo del governo del Gujarat, come tributo al leader chiave nel processo di unificazione dell’India dopo l’indipendenza nel 1947. Ma cosa rende questa statua così straordinaria? Scopriamolo insieme.

La Storia dietro la Statua dell’Unità

Patel, noto come il “Bismarck dell’India“, fu determinante nell’unire oltre 560 stati principeschi, gettando le basi per l’attuale nazione. L’idea di costruire un monumento in suo onore è stata annunciata nel 2010, con la posa della prima pietra avvenuta nel 2013. Il progetto è stato completato in soli cinque anni, grazie all’impegno di oltre tremila lavoratori e 250 ingegneri. Da allora, la statua è diventata una delle principali attrazioni turistiche dell’India, anche se fuori dagli itinerari turistici più tradizionali.

Qualche dettaglio tecnico

Con un’altezza complessiva di 182 metri, che arriva a 240 considerando il basamento, la Statua dell’Unità domina il paesaggio circostante. Realizzata in bronzo, acciaio e cemento armato, pesa oltre 67.000 tonnellate. L’opera è stata progettata dall’architetto e scultore indiano Ram V. Sutar, con un costo complessivo di circa 420 milioni di dollari. La statua è orientata simbolicamente verso la diga di Sardar Sarovar, una delle più grandi dell’India, per sottolineare il progresso e lo sviluppo del Paese. L’espressione determinata del volto di Patel, unita alla posizione delle braccia lungo i fianchi, riflette la fermezza con cui guidò l’unificazione dell’India.

La Statua dell'Unità in India

Fonte: iStock

La passeggiata per avvicinarsi alla statua

Cosa rende la Statua dell’Unità unica

Oltre a essere la statua più alta del mondo, questa meraviglia ingegneristica offre un’esperienza straordinaria ai visitatori. Al suo interno si trova un ascensore che conduce fino a 153 metri di altezza: qui una piattaforma panoramica regala una vista mozzafiato sulla valle del fiume Narmada. Alla base della statua, un museo interattivo racconta la vita e le imprese di Sardar Patel, arricchito da esposizioni multimediali e una galleria fotografica.

Tutta l’area circostante è stata trasformata in un moderno complesso turistico, con un centro di accoglienza, giardini curati, un parco per bambini e una zona dedicata a spettacoli di luci e suoni notturni.

Una curiosità dal punto di vista ingegneristico? La struttura è stata progettata per resistere a venti di oltre 180 km/h e a terremoti di magnitudo 6.5.

Come arrivare alla Statua dell’Unità

La Statua dell’Unità si trova nei pressi della città di Kevadia, nello stato del Gujarat, ed è facilmente raggiungibile dai principali centri urbani dell’India. L’aeroporto più vicino è quello di Vadodara, situato a circa 90 chilometri di distanza, da cui è possibile proseguire con taxi o autobus. Anche la stazione ferroviaria di Kevadia, inaugurata nel 2021, facilita gli spostamenti verso questa destinazione. Per chi viaggia in auto, la statua dista circa 200 chilometri da Ahmedabad e 150 da Surat, attraversando un suggestivo percorso panoramico tra colline e la diga di Sardar Sarovar.

Informazioni utili per la visita

La Statua dell’Unità è aperta tutti i giorni dalle 8 alle 18. Il costo del biglietto varia in base alle aree visitabili: il ticket base parte da 150 rupie (circa due euro), mentre per accedere alla piattaforma panoramica è necessario acquistare un biglietto da 380 rupie (circa quattro euro e mezzo). È bene verificare le informazioni di prezzi e aperture prima del viaggio. Il periodo migliore per visitarla va da ottobre a marzo; mentre da evitare se possibile la stagione monsonica, quando le abbondanti piogge e gli allagamenti rendono difficili gli spostamenti e le visite in tutto il Paese.

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Le cascate color rosso sangue esistono e si trovano sull’Isola di Hormuz

L’Isola di Hormuz, adagiata proprio nel cuore del Golfo Persico, in Iran, è un luogo di straordinaria bellezza naturale, caratterizzato da spiagge e formazioni rocciose dai colori surreali, ma non solo: tra i fenomeni più affascinanti che si possono osservare in questa destinazione, infatti, vi sono le cascate rosso sangue, un evento naturale che ha recentemente catturato l’attenzione del web grazie a spettacolari video diventati virali.

Ma cosa causa questo straordinario effetto visivo in questo splendido angolo di natura? Scopriamolo insieme.

Cosa sono le cascate rosso sangue dell’Isola di Hormuz

Le cascate rosso sangue dell’Isola di Hormuz non sono veri e propri corsi d’acqua permanenti, bensì flussi temporanei di acqua piovana (proprio per questo, dunque, non sempre osservabili) che assumono una peculiare colorazione rossastra. Questo fenomeno si verifica quando le precipitazioni scorrono sulla terra che in quel luogo è oltremodo ricca di ossidi di ferro, dilavando il terreno e tingendo l’acqua di un intenso rosso rubino. Il risultato è un effetto visivo sorprendente, che richiama l’immagine di un fiume di sangue che scorre lungo la superficie dell’isola in Iran.

L’isola di Hormuz è infatti definita come un diapiro di sale, una formazione geologica che si distingue per la presenza di antichi depositi di roccia sedimentaria e di un nucleo di salgemma. Oltre agli ossidi di ferro, responsabili come già detto della colorazione rossa del suolo e delle acque, il territorio presenta anche una varietà di minerali che contribuiscono alla sua particolare conformazione.

Dove si trovano le cascate rosso sangue

L’Isola di Hormuz si trova nel sud dell’Iran, all’ingresso dello Stretto di Hormuz, una delle rotte marittime più strategiche al mondo. Con una superficie di circa 42 km², l’isola appartiene alla provincia di Hormozgan ed è celebre per i suoi paesaggi spettacolari, tra cui le celebri Spiagge Rosse, che condividono la stessa origine geologica delle cascate rosso sangue.

Dall’alto, l’isola appare come una macchia colorata immersa nel blu del Golfo Persico, con sfumature che vanno dal rosso intenso al bianco del sale e al giallo dorato delle sue rocce. Il contrasto tra la terra e il mare crea uno scenario mozzafiato che attira ogni anno viaggiatori e fotografi da tutto il mondo.

Il fenomeno delle cascate rosso sangue

Come già accennato, dunque, il processo alla base delle cascate rosso sangue è del tutto naturale e trova la sua spiegazione nella composizione del suolo di Hormuz. Gli ossidi di ferro presenti nelle rocce e nella sabbia si dissolvono nell’acqua piovana, conferendo alla corrente il tipico colore rosso vivo. Questo fenomeno non è esclusivo dell’Iran: un caso simile si verifica anche in Antartide, dove le celebri Blood Falls presentano un effetto visivo molto simile, generato dall’acqua ricca di ferro che sgorga dai ghiacciai.

Oltre ad avere un impatto visivo straordinario, il terreno ricco di ossidi di ferro dell’Isola di Hormuz ha trovato applicazione in diversi ambiti. L’ocra rossa locale, chiamata golak, viene utilizzata per scopi industriali, cosmetici e persino alimentari. Tuttavia, alcuni studi hanno evidenziato la presenza di metalli pesanti nel suolo, sottolineando la necessità di monitorarne l’uso per garantire la sicurezza alimentare.