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L’Egitto continua a sorprenderci: scoperta una nuova tomba

L’antico Egitto, culla di una delle prime grandi civiltà del mondo, ha lasciato un’eredità culturale e architettonica senza pari e continua, ancora oggi, a sorprenderci. Sono appena stati scoperti due sarcofagi, uno dentro l’altro, ricoperti sia all’interno che all’esterno di geroglifici con rappresentazioni e riferimenti al viaggio nell’aldilà. La scoperta è stata fatta da un gruppo egiziano-tedesco di archeologi in una camera funeraria nella regione di Assiut, a 300 chilometri a nord di Luxor.

La proprietaria della tomba è stata identificata come una donna di nome Idy, unica figlia di Djefai-Hapi I, governatore di Assiut sotto Sesostri I. Secondo alcuni il faraone regnò nella seconda metà del XIX secolo a.C., dal 1960 al 1916 a.C. secondo altri studiosi, invece, dal 1956 al 1910 a.C.

La scoperta archeologica

È durante una missione archeologica egiziano-tedesca organizzata dall’Università di Sohag e da quella di Berlino che è stata fatta quest’ultima incredibile scoperta. I ricercatori erano intenti a ripulire la tomba del nomarca, famosa per essere la più grande tra quelle costruite all’epoca per chi non apparteneva direttamente alla famiglia reale. La figura del nomarca, infatti, era quella del governatore provinciale dell’Antico Egitto Djefai-Hapi, appartenente alla XII dinastia.

Durante i lavori di pulizia, gli archeologi hanno trovato una camera funeraria nascosta a una profondità di 15 metri permettendoci di approfondire ancora di più gli aspetti dell’antica civiltà dell’Egitto, i quali si sono rivelati molto particolari. All’interno della camera funebre sono state ritrovate due bare, una più piccola e una più grande, ben conservate una dentro l’altra. Esteticamente sono splendide perché sulle casse sono riportati i Testi dei Sarcofagi, i quali contengono le formule per il viaggio nell’aldilà collegati al Libro dei Morti.

Il tipo di sepoltura e la donna sepolta

La scoperta del sarcofago, che di per sé è un avvenimento importante, è resa ancora più speciale dalla tipologia di sepoltura alla quale è associata. Durante il Medio Regno non era pratica comune disporre un sarcofago dentro l’altro, soprattutto quando si trattava di tombe non reali. Bisognerà aspettare l’arrivo del Nuovo Regno per vedere diffondersi questa metodologia. Oltre alle bare, inoltre, gli archeologi hanno ritrovato anche il coperchio del sarcofago più piccolo, una scatola con i vasi canopi, in cui erano originariamente conservati gli organi mummificati della defunta, e delle statuette in legno.

Gli archeologi hanno effettuato alcuni studi preliminari, dai quali sono emerse diverse informazioni. A quanto pare la camera funeraria è stata anticamente derubata: i ladri hanno rimosso la mummia e distrutto i vasi canopi. Dai primi esami del cranio e delle ossa rimanenti, inoltre, sono arrivati alla conclusione che Idy sarebbe morta prima dei 40 anni e che avrebbe sofferto di un difetto congenito al piede.

Si tratta di un ritrovamento importantissimo che permetterà di scoprire non solo i dettagli sulla defunta e sul nomarca, ma anche sulla XII dinastia e sul periodo storico in cui vissero. In attesa di nuove ricerche e della pubblicazione delle scoperte vi consigliamo di immergervi nelle bellezze egizie organizzando un viaggio a Luxor, in passato Capitale dei faraoni nel loro periodo d’oro, oggi il museo a cielo aperto più grande del mondo.

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Overtourism, ecco l’index che lo misura

L’estate 2024 è stata segnata, nel settore del travel, dal termine “overtourism“. Così, parlandone e riparlandone, abbiamo appreso che questo si riferisce proprio al cosiddetto e finora conosciuto come tale, fenomeno del turismo di massa.

Infatti, destinazioni come Grecia, Croazia, Cipro e persino Mauritius, sono Paesi in cui è vero che il 25% del Pil gode del turismo, ma che oggi più che mai sono quasi vessati dallo stesso flusso di visitatori che da una parte è anche la loro fortuna. L’overtourism, infatti, minaccia l’equilibrio delle grandi città in termini di rapporto tra turisti e residenti, la qualità dell’aria per via di un maggiore inquinamento, nonché la godibilità stessa della vacanza per i viaggiatori che possono trovarsi di fronte a un ingente massa di turisti al punto da non riuscire nemmeno a visitare tutte le attrazioni che si erano dapprima promessi di non perdere.

L’Overtourism Index, cos’è

L’estate appena trascorsa è stata dunque contraddistinta da spiagge affollate e destinazioni dove i viaggiatori erano così tanti da non riuscire per niente a respirare la bellezza e l’atmosfera del luogo: è accaduto a Venezia, a Barcellona e in altre località, come anche a Santorini.

Sviluppato dalla piattaforma Evaneos, che si occupa di viaggi tailor-made, in collaborazione con la società di consulenza Roland Berger, l’Overtourism Index arriva per prendere in esame le varie tipologie di overtourism, analizzando un campione di 70 mete, classificate entro le prime 100 per numero di turisti.

In questa analisi per il tasso di overtourism, ciascuna di queste destinazioni riceve un posto da 1 a 5 in classifica, seguendo quattro criteri: densità la turistica per abitante, la densità turistica per chilometro quadrato, la stagionalità e la sostenibilità. Infatti, anche la sostenibilità come criterio di valutazione è rilevante soprattutto per considerare l’impatto che il turismo ha sulla comunità e sulle infrastrutture quali i trasporti, ad esempio.

Folla, La Rambla

Fonte: iStock

La Rambla piena di turisti a Barcellona

Tra le mete prese in esame, comunque, le conseguenze dell’overtourism sono di 3 tipi: troppi turisti nelle destinazioni di mare, troppa folla nelle capitali europee ed eccesso di viaggiatori nei centri urbani.

Le località di mare presentano infatti un indice medio di 4 su una scala di 5, con circa 3,2 fino a 9,9 turisti per 1 abitante, anche in aree piccole che arrivano a contare però fino a 8.000 turisti per km². Non sono da meno e non destano minore allarmismo anche le primarie capitali europee che vedono arrivare in estate circa il 43% di tutti i turisti dell’anno. Spagna (3,6), Italia (3,6) e Portogallo (3,6) hanno gli indici medi più alti, insieme alla Francia (3,3) durante il solo periodo che va da giugno ad agosto.

Nella top 3 degli indici medi più alti per i centri urbani ci sono invece la Danimarca con Copenaghen (3,8), seguita da Amsterdam (3,7) e Dublino (3,4). Ciò significa che qui i turisti tendono a visitare questi Paesi concentrandosi esclusivamente su una determinata città, tralasciando le altre della regione e i dintorni.

Quali sono le destinazioni in pericolo e quelle ancora “salve”

Le “destinazioni da tenere d’occhio” secondo l’Overtourism Index sono quelle che devono affrontare la sfida di prevedere e adottare misure preventive per gestire il turismo in eccesso. Queste mete mantengono un flusso turistico relativamente bilanciato durante l’anno (24-28%) con una media di 3/5 nell’indice di Evaneos. Tuttavia, poiché crescono in popolarità, è necessario gestire la densità turistica, sia per chilometro quadrato (54-240 turisti/km²) che per abitante (0,8 turisti per abitante). Questi Paesi, con un contributo medio al PIL del 9%, stanno raggiungendo una soglia critica: Marocco, Vietnam, Egitto e Islanda, quest’ultima particolarmente vulnerabile con 5,2 turisti per abitante.

Queste mete vantano anche una vasta estensione territoriale che aiuta a distribuire equamente i visitatori, con densità di 16-80 turisti/km² e 0,3-1 abitante per turista. La stagionalità, compresa tra il 24 e il 28%, contribuisce a evitare il sovraffollamento. Canada, Stati Uniti, Australia e Tanzania rientrano in questo gruppo con punteggi medi tra 1,5 e 2,3.

Con un punteggio di 4,2/5, la Grecia è tra le destinazioni più colpite dall’overtourism, specialmente durante l’estate. A Mykonos e Santorini, l’afflusso eccessivo ha causato disagi per la popolazione locale, con conseguenze come l’aumento dei prezzi, traffico intenso e problemi nelle risorse idriche. Per questo motivo, la piattaforma Evaneos ha deciso di non promuovere più queste isole nei mesi estivi, in collaborazione con le agenzie locali. L’obiettivo è ridurre la pressione turistica, spostando i flussi verso giugno e settembre.

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Viaggio in Madagascar: le migliori ricette da provare

Sei in procinto di partire per il Madagascar? Siamo certi che questa isola ti sorprenderà con tutto il suo fascino, la sua natura rigogliosa e il gusto dei suoi piatti tradizionali, frutto di un ricco mix di influenze diverse. La cucina malgascia infatti ha subito l’influenza delle popolazioni  provenienti da Arabia, Cina, Francia e India.  Preparati quindi a piatti piccanti con molto peperoncino, cipolla, aglio, zenzero, curry e pomodori. Per iniziare a parlare della gastronomia malgascia, partiamo dalla colazione. In questo Paese, la colazione tradizionale consiste in un piatto di riso con chorizo o uova fritte. Questo piatto è accompagnato da pane francese con burro e latte condensato. Di suciro, una colazione molto ricca, perfetta per esplorare questo Paese con un pieno di energia.

Scopri la cucina malgascia

Una delle prime tappe del tuo viaggio sarà probabilmente Antananarivo, o meglio Tana, come viene affettuosamente chiamata la capitale dell’isola. Qui, oltre a scoprire cosa visitare della città, comincerà la tua esperienza culinaria e il tuo avvicinamento alla cultura gastronomica malgascia. Per preparare i piatti tipici del Madagascar si utilizza principalmente una base di riso, servita con qualche tipo di accompagnamento, con opzioni vegetariane e di carne. In entrambi i casi, i piatti sono sempre conditi con una salsa che contiene zenzero, aglio, cipolla, pomodoro, sale, vaniglia e curry in polvere. Nelle zone più aride del sud del Madagascar, le famiglie che sopravvivono grazie alla pastorizia, di solito sostituiscono il riso con la yucca. Accompagnano questo piatto con una cagliata di latte di zebù fermentato.

mercato tropicale

Fonte: iStock

Uno dei coloratissimi mercati tropicali di Antananarivo

Naturalmente, in tutta l’isola è presente una vasta gamma di frutta tropicale, come il tamarindo, il mango, la guava, il cocco, l’ananas o l’avocado. La produzione locale comprende succhi di frutta, caffè, erbe e tè nero, che sono ampiamente consumati. Un’altra sezione da considerare è quella delle bevande alcoliche, di cui parleremo alla fine. Scopriamo quindi i piatti tipici da mangiare in Madagascar che dovrai assolutamente provare durante il tuo viaggio.

Lasopy

Questa zuppa di verdure viene generalmente servita come antipasto e fa parte dei piatti da mangiare in Madagascar. Il brodo di questa zuppa è quello che viene quasi sempre utilizzato per bollire il riso ricorrente che è alla base di quasi tutta la sua cucina.

Pesce in salsa di cocco

Se ti piace il pesce, una cosa da provare in Madagascar è il famoso piatto di pesce in salsa di cocco che viene servito nelle zone costiere. Il pesce, generalmente grigliato, viene servito accompagnato da verdure e pasta, con la tipica salsa piccante del Paese.

Akoho

Questo piatto tipico del Madagascar consiste in pollo e riso. Per prepararlo si utilizza la carne magra del pollo, che viene arrostita con diverse spezie, soprattutto peperoncino e cipolla. Viene servito su una foglia di lattuga accompagnata da riso bollito. È una ricetta semplice ma gustosa.

Romazava

Forse la star dei piatti tipici del Madagascar, o almeno la più conosciuta. Consiste in uno stufato di carne di zebù tagliata a cubetti, cucinata con pomodori, cipolla, zenzero e bredes, un tipo di crescione piccante. Lo stufato viene servito, ovviamente, con riso bianco.

Romazava

Fonte: iStock

Il Romazava, piatto tipico malgascio che ti stupirà

Salsa Hena Kisoa

Un altro degli stufati da mangiare in Madagascar, se ti piace la carne, è questo piatto tradizionale a base di maiale. Per prepararlo, si utilizza lo stesso metodo della Romazava, ma si usa la carne di maiale al posto di quella di zebù.

Masikita

Conosciuto anche come Mosakiky, questo piatto della gastronomia malgascia consiste in spiedini di carne di zebù, accompagnati da riso.  La carne viene cotta alla brace e si aggiungono le tradizionali salse piccanti per insaporirla.

Sesika

Chi ama la carne si divertirà a provare questo piatto, un tipo di sanguinaccio che viene servito con fagioli bianchi e riso bollito. È piuttosto sostanzioso, sia per il sapore che per il mix di ingredienti.

Ravitoto

Uno dei piatti tipici del Madagascar è il ravitoto, che consiste in un purè di foglie di manioca accompagnato da carne di maiale o di zebù.  Naturalmente viene servito con riso e una salsa piccante a base di zenzero e peperoncino.

Ravitoto

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Il ravitoto, uno dei più popolati piatti tipici del Madagascar

Anguilla con carne di maiale

L’anguilla fa parte della gastronomia malgascia, soprattutto in alcune zone specifiche. Per la preparazione di questo piatto si utilizza carne di maiale, che viene cucinata con pomodori, erba cipollina, cime di cavolo e peperoni.  Viene ovviamente servito con riso bollito.

Piatti vegetariani in Madagascar

In Madagascar non mancano le verdure che crescono rigogliose. Basta dare un’occhiata ai suoi mercati. Sebbene molte famiglie malgasce mangino quasi sempre cibo vegetariano a casa perché la carne è molto costosa e preziosa, a volte si sente parlare poco di cibo vegetariano nei ristoranti, perché si presume che quando si esce si voglia mangiare carne. Ma non disperare. Ci sono diversi piatti vegetariani standard che si trovano quasi sempre nel menu. Oltre ai contorni come ravitoto e laoka, i vegetariani in Madagascar dovrebbero tenere d’occhio o chiedere i seguenti piatti:

Lasary

I vegetariani che viaggiano in Madagascar devono memorizzare questo termine. Il termine malgascio lasary significa essenzialmente verdura. Nei menu o sulla tavola, indica per lo più verdure in salamoia o verdure miste saltate in padella servite con il riso. Il lasary Voatabia è una delle versioni più popolari di lasary che troverai in tavola, tipicamente servito come contorno. Si tratta essenzialmente di una versione malgascia della salsa di pomodoro, ma condita con prezzemolo tritato. Sempre gustosa e fresca.

Fagioli del Madagascar

Anche se non vengono chiamati “fagioli del Madagascar”, nel menu troverai spesso un piatto a base di fagioli (tipicamente fagioli bianchi misti o fagioli di Lima del Madagascar). I fagioli sono spesso serviti cotti a fuoco lento e saporiti. Anche se spesso li troverai dosati in abbondanza sul piatto, ti consigliamo di ordinarli come contorno o di abbinarli ad altre verdure.

Minsao (Misao)

Il Minsao, come suggerisce il nome, è una fusione cinese-malgascia presente nella maggior parte dei menu dei ristoranti. Il Minsao è un altro buon piatto per i vegetariani che viaggiano in Madagascar, poiché si tratta essenzialmente di spaghetti ramen saltati in padella con verdure. I mangiatori di carne possono scegliere di aggiungere manzo, maiale o pollo.

Antananarivo

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Tramonto su Antananarivo

L’importanza del riso nella cucina del Madagascar

La maggior parte dei malgasci mangia riso due volte al giorno, a volte anche tre. Carne, verdure, fagioli e altri alimenti si accompagnano al riso, l’elemento principale della cucina del Madagascar. Non c’è da sorprendersi se si attraversa il Paese, e in particolare gli altopiani terrazzati per la coltivazione del riso, le famose rice terrace. L’espressione “mangiare un pasto” nella lingua malgasciasi traduce letteralmente con “mangiare il riso”. Nella cucina tradizionale malgascia il riso costituisce il centro del piatto. La carne, le verdure cotte o marinate e gli altri contorni vengono serviti con e intorno ad esso.

rice terrace madagascar

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Gli altipiani terrazzati per la coltivazione del riso in Madagascar

Salse piccanti del Madagascar

I piatti malgasci sono raramente serviti caldi o piccanti. Questo potrebbe sorprendere un po’, vista la varietà di spezie e peperoncini presenti nei mercati. Allora dove va a finire tutto quel piccante? Finisce come contorno o condimento.

Sakay

Se ti piacciono le spezie, dovrai chiederlo esplicitamente per nome, o chiederlo più genericamente come salsa piccante. Ogni ristorante dovrebbe avere la sua versione casalinga di sakay, la salsa piccante a base di peperoncino, zenzero e aglio di colore arancione. Senza eccezioni, tutte le versioni di sakay sono davvero infuocate. Da usare davvero con molta parsimonia!

Achard

Nella tradizione di ciò che alcuni riconoscono come sottaceti indiani, l’achard è caratterizzato da mango verde o verdure marinate in una miscela di spezie. Si dice che sia arrivato grazie alle influenze dell’isola di Rèunion, territorio d’oltremare francese. Si trova spesso nelle zone nord-occidentali del Madagascar.

La cucina francese in Madagascar

Il Madagascar è un’ex colonia francese, dunque non deve sorprendere come anche la cucina sia rimasta influenzata da quella dei nostri cugini d’oltralpe. Questo impatto sulla tavola malgascia si manifesta non solo con l’apparizione di panetterie che sfornano baguette e dolci francesi in tutto il Paese, ma anche con il fatto che molti ristoranti, in tutti i settori, servono variazioni di classici francesi salati.

Zebù au Poivre Vert

Molti ristoranti offrono salse di ispirazione francese come il poivre vert (pepe verde) o la salsa alla senape per accompagnare il filetto di zebù, entrambe molto gustose. Non dovrebbe essere una sorpresa. Quando visiterai i mercati locali, troverai mucchi e mazzi di baccelli di pepe verde fresco.

Per finire, non possiamo non citare i dolci, che, oltre a comprendere frutta fresca tropicale (tamarindo, mango, ananas, limone, guava, avocado e cocco), includono anche tutti i tipi di pasticceria francese, oltre al cioccolato. Per accompagnare il cibo, le bevande nazionali malgasce che si possono provare sono il Toaka Gasy o la Betsabetsa, entrambe bevande alcoliche ottenute dalla fermentazione del riso o delle canne da zucchero. Esiste anche una grande produzione di rum locale e una radicata tradizione di bere vino di palma o Trembo. Ora che sai cosa mangiare e cosa bere in Madagascar, scopri come ottenere il visto turistico e parti alla scoperta di un Paese incantevole, assicurandoti di provare ogni sapore durante il tuo viaggio.

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Museo Egizio de Il Cairo: i tesori più importanti da scoprire

Il Museo Egizio del Cairo espone, documenta, conserva e promuove manufatti e capolavori iconici dell’Antico Egitto dalla preistoria al periodo greco-romano, offrendo ai visitatori un’opportunità unica di approfondire oltre 5000 anni di cultura, arti, credenze, tradizioni e vita quotidiana egiziana. Sin dalla sua apertura nel 1902, il Museo Egizio del Cairo ha occupato una posizione storica unica tra i musei del mondo, grazie al suo status di primo museo appositamente costruito in Medio Oriente.
Con una collezione archeologica tra le più ricche del mondo, il museo rimane una risorsa preziosa per gli studiosi e un luogo di educazione per gli egiziani e i visitatori che arrivano in Egitto da ogni dove.

L’importanza del Museo Egizio de Il Cairo e la sua storia

Il Museo Egizio è il più antico museo archeologico del Medio Oriente e ospita la più grande collezione di antichità faraoniche del mondo. Situato a nord-est della centralissima Piazza Tahrir, quello che lo ospita oggi in realtà è il quinto edificio che custodisce le antichità egizie e ha avuto una storia lunga e illustre fino a oggi.
L’architetto della prima sede museale fu stato selezionato attraverso un concorso internazionale nel 1895, il primo del suo genere, vinto dal francese Marcel Dourgnon. Il museo è stato inaugurato nel 1902 ed è diventato un punto di riferimento storico nel centro de Il Cairo, ospitando alcuni dei più importanti capolavori del mondo antico, dal periodo predinastico all’epoca greco-romana.
L’idea di un museo delle antichità egizie in Egitto risale in realtà a quasi un secolo prima, quando Muhammad Ali Pasha, allora viceré d’Egitto, per porre fine all’esportazione di antichità, il 15 agosto 1835 emanò un decreto che portò alla creazione del primo museo egizio. Allo stesso tempo, lo sceicco Rifa’a al-Tahtawi, responsabile degli scavi e della conservazione dei monumenti egiziani, ordinò di non intraprendere ulteriori scavi senza il suo permesso. Annunciò che l’esportazione di manufatti dall’Egitto era severamente vietata e che tutti i reperti dovevano essere trasportati al neonato Museo di El-Ezbekia.

bara akhenaton

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Il sarcofago di Akhenaton conservato al Museo Egizio

Nel 1851, durante il regno di Abbas I, l’intera collezione fu trasferita da El-Ezbekia a una delle sale della Cittadella di Salah El-Din (Saladino), dove era accessibile solo ai visitatori privati. Tuttavia, nel 1854, la maggior parte degli oggetti fu donata all’erede al trono d’Austria, l’arciduca Massimiliano, che aveva mostrato grande interesse per questi oggetti durante la sua visita in Egitto. Oggi rappresentano una parte importante della collezione egizia del Kunsthistorisches Museum di Vienna.
Nel 1858, il viceré Said Pasha nominò l’egittologo francese Auguste Mariette direttore di un nuovo museo nella zona di Boulaq, sempre a Il Cairo. Mariette era stato inviato in missione in Egitto dal Museo del Louvre e aveva fatto rapidamente importanti scoperte, tra cui le catacombe del Serapeo di Saqqara. L’edificio del museo, che in origine ospitava la Compagnia di Navigazione del Nilo presso il porto di Boulaq, oggi si trova vicino all’edificio della Televisione di Stato e al Ministero degli Affari Esteri.
Nel 1859, dopo la scoperta del corredo funerario della regina Ahhotep a Dra’ Abu el-Naga a Tebe, il Pascià concesse i fondi per ampliare l’edificio. Tuttavia, il museo divenne presto troppo piccolo per ospitare tutti i manufatti che continuavano ad aggiungersi alla collezione originale, e nel 1869 l’edificio fu nuovamente ampliato. Le disastrose inondazioni del Nilo del 1878 causarono gravi danni al museo, che rimase chiuso al pubblico per le riparazioni, fino alla riapertura nel 1881. La possibilità di future inondazioni, insieme alla scoperta nel 1881 delle mummie reali a Deir el-Bahari, rese evidente che il museo aveva bisogno di nuovi locali. Nel 1890, le dimensioni complessive della collezione erano cresciute oltre la capacità del Museo Boulaq di contenere un numero sempre maggiore di oggetti. Per questo motivo, l’intera collezione fu trasferita nel Palazzo di Ismail Pasha a Giza, situato nell’area dell’attuale Zoo di Giza. Purtroppo il Palazzo di Ismail Pasha non era adatto a funzionare come museo, soprattutto per l’esposizione di sculture monumentali. La necessità di un nuovo museo divenne ancora più urgente quando, nello stesso anno, fu scoperto a Bab el-Gusus, a Deir el-Bahari, un insieme di bare della XXI dinastia e di mummie di sacerdoti e sacerdotesse di Amon. Il palazzo di Ismail Pasha non era né sicuro né abbastanza grande per ospitare le centinaia di oggetti che arrivavano regolarmente dagli scavi. Inoltre, il palazzo non disponeva di spazi per laboratori, biblioteca e uffici amministrativi, il che rendeva difficile la creazione di un’istituzione ben funzionante.

museo egizio edificio

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Vista dall’alto sul Museo Egizio de Il Cairo

Tra il 1893 e il 1895, poco dopo l’apertura del Museo del Palazzo di Ismail Pasha, un comitato ufficiale del Ministero dei Lavori Pubblici bandì un concorso internazionale per la progettazione di un nuovo Museo Egizio, assegnando al vincitore un premio di 1.000 sterline egiziane. Il museo doveva essere costruito nel centro della città, in Piazza Ismailia (l’attuale Piazza Tahrir), tra il Nilo e la caserma britannica di Qasr el-Nil. Furono presentate ottantasette proposte per il nuovo progetto di costruzione e alla fine fu scelto il progetto in stile neoclassico dell’architetto francese Marcel Dourgnon.
La prima pietra del Museo Egizio fu posata il 1° aprile 1897 e 3 anni dopo i primi reperti furono collocati nelle vetrine. Il nuovo museo occupava una superficie di 15.000 metri quadrati.

Cosa vedere nel Museo Egizio de Il Cairo

Tra le impareggiabili collezioni del museo vi sono le sepolture complete di Yuya e Thuya, Psusennes I e i tesori di Tanis, e la Paletta di Narmer che commemora l’unificazione dell’Alto e del Basso Egitto sotto un unico re. Il museo ospita inoltre anche le splendide statue dei grandi re Khufu, Khafre e Menkaure, i costruttori delle piramidi sull’altopiano di Giza. Una vasta collezione di papiri, sarcofagi e gioielli, tra gli altri oggetti, completa questo museo unico nel suo genere.
I manufatti del Medio Regno provenienti dalle tombe dei re e delle famiglie reali scoperte a Dahshur nel 1894 sono solo alcuni dei gruppi importanti degli oltre 120.000 manufatti esposti in questo museo, tra cui le tombe reali di Tuthmosis III, Tuthmosis IV, Amenhotep III e Horemheb. Pensa che i manufatti rinvenuti della tomba di Tutankhamon sono oltre 3.500, di cui solo 1.700 sono esposti nel museo (il resto è nei magazzini). L’area espositiva dedicata al faraone è una delle più popolari del museo.

maschera Tutankhamon

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La celebre maschera di Tutankhamon

Il Museo Egizio è suddiviso in diverse sezioni, ognuna con un proprio focus. La prima sezione è dedicata ai manufatti del periodo predinastico e protodinastico. Comprende ceramiche, utensili e gioielli di questo periodo. La seconda sezione riguarda l’Antico Regno, noto per le piramidi e le tombe. In questa sezione si trovano statue, rilievi e altri manufatti rinvenuti in questi antichi siti. Il Medio Regno e il Nuovo Regno presentano aree ricche di manufatti ancora più affascinanti. Tra questi, statue di faraoni, casse di tombe, mobili, giochi e molto altro ancora. Si potrebbero facilmente trascorrere ore in ogni sezione del Museo senza riuscire a vedere tutto. Ora avrai capito a cosa sia dovuta la fama del Museo Egizio de Il Cairo, e quindi ecco i nostri suggerimenti su cosa non devi assolutamente perdere durante la tua visita:

La Stele di Rosetta

È forse il manufatto più famoso del museo. Si tratta di una tavoletta di granito con iscrizioni in tre scritture diverse: geroglifico, demotico e greco antico, che ha aiutato gli studiosi a imparare a leggere i geroglifici.

stele di rosetta

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Così piccola e così importante: è la Stele di Rosetta

La sala delle mummie

Una delle sale più popolari del Museo, ospita oltre 25 mummie di diversi faraoni e periodi della storia dell’Antico Egitto. Il pezzo forte della sala è la mummia del re Tutankhamon, esposta in una teca di vetro. I visitatori possono vedere anche le mummie della regina Hatshepsut e di Ramses II. La sala delle mummie richiede un biglietto aggiuntivo che può essere acquistato all’ingresso del Museo.

La sala dei papiri

La Sala dei Papiri contiene oltre 11.000 pezzi di papiro, una carta ricavata dalle canne che crescevano lungo il fiume Nilo. Gli antichi egizi usavano il papiro per scrivere e dipingere. Alcuni dei rotoli di papiro presenti nel museo risalgono a più di 4.000 anni fa!

Papiro

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Uno degli antichi papiri conservati nel museo

La sala delle statue

La Sala delle Statue contiene molte statue e sculture di faraoni, dei e dee. La statua di Ramses II è uno dei pezzi più impressionanti della sala. La figura è realizzata in granito ed è alta più di 3 metri.

La galleria dei topi reali

Il Museo Egizio ospita molti oggetti unici e insoliti, ma forse nessuno più della galleria dei topi reali. Questi topi sono stati trovati nelle tombe della regina Hetepheres I e della regina Hatshepsut e si pensa che facessero parte del rituale di sepoltura di queste regine. I topi mummificati sono esposti nelle loro piccole teche di vetro, insieme ad altri animali come serpenti e gatti trovati nelle tombe reali.

Regole da rispettare durante la visita

Ci sono alcune regole che è importante conoscere prima di iniziare la propria visita al museo:
• Non usare il flash quando si scattano fotografie.
• Le borse di grandi dimensioni non sono ammesse nel museo.
• Mantenere il luogo pulito.
• Mantenere il silenzio nel museo.
• Non è consentito portare striscioni o slogan pubblicitari se non previa autorizzazione.
• È vietato portare cibo e bevande, ad eccezione di piccole bottiglie d’acqua.
• È vietato fumare in tutto il museo.
• Non è consentito l’uso di torce, puntatori laser o megafoni in tutto il museo.
• Si devono rispettare il percorso di visita e le indicazioni del personale del museo, soprattutto in caso di emergenza.
• Non è consentito portare con sé strumenti affilati o materiali pericolosi.
• Non sono ammessi animali domestici.
• Su richiesta, il personale del museo può ispezionare i documenti d’identità, le borse, il contenuto dei bagagli e i biglietti.
• I visitatori sono pregati di attenersi a un abbigliamento appropriato e di astenersi da un linguaggio o da azioni disordinate e offensive.
• Le fotografie e i video a scopo commerciale sono consentiti solo previa autorizzazione.
• Non è possibile eseguire alcun tipo di rituale se non nelle aree designate.

Orari di apertura e costi:

Il museo è aperto tutti i giorni dalle 9 alle 17, la biglietteria apre alle 8:30 e chiude alle 16:00. Il prezzo del biglietto è di 450EGP per gli adulti (circa 8 euro) e di 230EGP (4 euro) per gli studenti. L’ingresso per i bambini sotto i 6 anni è gratuito. Per utilizzare la macchina fotografica c’è da pagare un biglietto di 50 EGP (mentre non si paga per usare le fotocamere dei cellulari), per registrare un video 300 EGP. Data la sua popolarità e il numero di turisti che in ogni periodo dell’anno visitano l’Egitto, ti consiglio di acquistare i biglietti online in anticipo per evitare la fila all’ingresso. È inoltre possibile noleggiare una guida turistica privata all’arrivo al Museo, naturalmente a un costo aggiuntivo.

Come si arriva al Museo Egizio?

• In taxi:
I taxi sono abbondanti al Cairo e sono un modo relativamente economico e facile per spostarsi in città. Per raggiungere il Museo in taxi, occorre chiamare un taxi e dire all’autista dove si vuole andare. È utile avere l’indirizzo del Museo scritto in arabo, poiché la maggior parte dei tassisti non parla inglese. La tariffa dovrebbe essere di circa 10 EGP (sterline egiziane).

• In autobus:
Il Cairo dispone di una vasta rete di autobus pubblici che possono portarti ovunque in città. Per raggiungere Piazza Tahrir dal centro del Cairo, prendere l’autobus n. 26 dalla stazione della metropolitana Nasser. Il viaggio dura circa 20 minuti e costa 1,50 EGP. Una volta arrivati a Piazza Tahrir, il Museo Egizio sarà visibile dall’altra parte della strada.

GEM Il Cairo

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Il GEM, il nuovo Museo Egizio di prossima apertura a Il Cairo

Curiosità sul museo e la sua nuova sede

Fino al 1996 la sicurezza del Museo consisteva semplicemente nel chiudere le porte di notte. A causa dei numerosi furti, sono stati installati alcuni allarmi e migliorato il sistema di illuminazione. Durante la rivoluzione egiziana del 2011, l’edificio fu attaccato e alcuni reperti sono stati rubati. I civili hanno reagito rapidamente e coraggiosamente per evitare ulteriori furti. Hanno formato una catena umana intorno all’edificio per metterlo in sicurezza e hanno protetto con successo il Museo.
Quella attuale non sarà l’ultima sede del Museo. Nel 2020 infatti è iniziata la costruzione del nuovo Grande Museo Egizio (GEM), con una superficie di 500.000 metri quadrati, adatto ad ospitare tutto ciò che gli archeologi continuano a scoprire. Il nuovo Museo conterrà oltre 100.000 reperti e ci saranno anche un museo per bambini, una biblioteca, un centro conferenze e un auditorium da 3.500 posti per eventi speciali. Il nuovo Museo è stato progettato da Heneghan Peng Architects, uno studio di fama internazionale con sede a Dublino, in Irlanda. È stato definito come la “Quarta Piramide” e naturalmente offre una vista panoramica sulle famose costruzioni di Giza, da cui dista solo 2 km.
L’edificio del 1902 verrà lentamente ripulito e una volta che tutto sarà stato trasferito al GEM, si procederà a un’importante ristrutturazione. Il vecchio Museo ospiterà comunque una collezione di antichità di livello mondiale. Tuttavia, solo gli studenti, ricercatori e coloro che hanno un interesse più che passeggero per le meraviglie di questa antica terra potranno visitarlo. L’inaugurazione del GEM, già rimandata almeno un paio di volte, è prevista entro la fine dell’anno ma la data non è ancora stata ufficializzata. Al momento, il nuovo complesso offre visite limitate per testare la preparazione del sito e l’esperienza dei visitatori in vista dell’apertura ufficiale. L’accesso perciò è attualmente limitato alla Grand Hall, al Grand Staircase, all’area commerciale e ai giardini esterni.

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Cosa vedere a Luxor, antico miraggio d’Egitto

Sulla riva Est del fiume Nilo, nel Sud dell’Egitto, sorge una città che è un museo a cielo aperto, a sua volta costruita sull’antico sito di Tebe, che in un passato piuttosto lontano era la Capitale dei faraoni nel loro periodo d’oro, dal XVI all’XI secolo a.C. Parliamo di Luxor, località che per molto tempo è stata la città più venerata d’Egitto.

Luxor, informazioni utili

Situata sulla sponda orientale di uno dei fiumi più importanti del mondo, il Nilo, Luxor ancora oggi ospita alcuni dei monumenti più imponenti di tutto il pianeta, che sono la tangibile testimonianza del suo ricco e immutabile passato. Si tratta di una città preziosa e che riesce a colpire tutti, sia gli appassionati di storia e cultura in generale, sia coloro che viaggiano per cercare indelebili emozioni.

Un viaggio in Egitto senza fare tappa a Luxor è quasi interamente sprecato, poiché è proprio da queste parti che si entra davvero in contatto con la sua lunga storia, che ha certamente segnato quella del Paese intero (e non solo).

Concediti un giro in feluca sul Niro per ammirare da un punto di vista privilegiato le meraviglie di Luxor

Cosa vedere a Luxor

A Luxor c’è davvero l’imbarazzo della scelta, e la selezione di cosa visitare o meno dipende molto dal tempo che si ha a disposizione. Per ammirarla nella sua quasi totale interezza servirebbero almeno 2 o 3 giorni, altrimenti si è costretti a preferire alcune attrazioni rispetto ad altre.

Tempio di Karnak, Egitto

Fonte: iStock

Antiche rovine del Tempio di Karnak

Il tutto si può fare in autonomia, ma vista la tantissima storia, le molte persone che la visitano e le distanze tra un sito e l’altro, il consiglio è quello di acquistare online un tour con guida turistica, in modo da essere certi di non perdersi nemmeno un dettaglio. Se invece si preferisce il “fai da te”, ecco una selezione di luoghi imperdibili.

I magnifici templi di Luxor

Luxor, nel corso della sua storia, visse grande prosperità. Il merito è anche dell’enorme forza lavoro che aveva a disposizione, che con il passare del tempo diede vita a straordinarie opere architettoniche ancora oggi sono perfettamente visibili, come i templi:

  • Tempio di Karnak: ci vogliono ore per visitarlo per via delle sue notevoli dimensioni, in quanto è il più grande centro religioso dell’antichità (ma lo sforzo vale la pena). Si tratta di un complesso, uno dei monumenti più imponenti e meglio conservati della città, costituito da da diversi templi, cappelle e santuari;
  • Tempio di Luxor: da dove parte l’antico (ed emozionate) Viale delle Sfingi di Luxor. Situato nel cuore della città, era dedicato al dio Amun-Ra, ed è pieno di sculture, possiede un’imponente sala a colonne ed ospita anche il famoso Obelisco di Luxor;
  • Tempio di Hatshepsut: da molti considerato uno dei più misteriosi d’Egitto, è intitolato alla regina Hatshepsut, moglie di Tuthmosi II, ed offre un’architettura davvero unica nel suo genere poiché la struttura si innalza su tre livelli diversi, sfruttando il pendio naturale della valle sui cui sorge;
  • Tempio di Ramesseum (o Ramses II): situato a poca distanza dalla città, è uno dei più grandi edifici che si fa spazio sulla riva sinistra dell’antica Tebe. Imperdibili sono i dipinti sui muri che raffigurano i figli del faraone;
  • Tempio di Seti I: costruito in onore del dio Amun-Ra, permette di visitare ancora oggi due grandi cortili e frammenti delle sfingi che sorvegliavano l’ingresso del tempio.
Tempio di Hatshepsut, Luxor

Fonte: iStock

L’incredibile Tempio di Hatshepsut

Valli, tombe e siti archeologici

Luxor viene definita oggi come “ il museo a cielo aperto più grande al mondo”, e che vi mette piede non può che confermare quanto appena detto. Ecco tantissime altre meraviglie da non perdere:

  • Valle dei Re: si sviluppa nel bel mezzo del deserto, ad ovest del Nilo, e per gran gran parte del periodo faraonico (dal XVI all’XI secolo a.C.) venne utilizzata per le sepolture di re, nobili o membri della famiglia reale (per ora ne sono state rinvenute una sessantina). È proprio qui, infatti, che è stata scoperta la tomba di Tutankhamon con il suo prezioso tesoro (online è possibile acquistare un affascinante tour guidato);
  • Valle delle Regine: suggestiva necropoli delle mogli reali, e non a caso vi sono emerse sepolture di varie dinastie, come la tomba di Nefertari, moglie preferita del faraone Ramses II;
  • Valle dei Nobili: antico luogo di sepoltura, possiede circa 415 tombe attribuite ai membri più importanti della corte dei faraoni;
  • Tombe di El-Assasif: seppur poco conosciute, meritano assolutamente una visita per via del loro ottimale stato di conservazione, che prevede anche i resti di alcune antiche pitture;
  • Colossi di Memnone: due gigantesche statue, che rappresenterebbero il faraone Amenhotep III, alte più di 18 metri ciascuna.
Valle dei Re, Egitto
Tomba di Ramesse VI nella Valle dei Re

I musei di Luxor

Molti dei tesori che nel corso degli anni sono stati rinvenuti a Luxor sono oggi visitabili presso i bellissimi musei della città:

  • Museo della Mummificazione: seppur non eccessivamente grande, riesce ad essere incredibilmente sorprendente grazie alle mummie di esseri umani, ma anche di gatti, pesci e coccodrilli e per via della presenza di oggetti utilizzati per le tecniche di mummificazione;
  • Museo di Luxor: una tappa da fare assolutamente poiché qui è conservata una delle collezioni più impressionanti di antichità egizie al mondo.

Le altre attività da fare a Luxor

È bene sapere che Luxor è il punto di partenza (o di arrivo se si sale a bordo dell’imbarcazioni ad Assuan) di tantissime crociere sul Nilo. Oltre a ciò, questo museo a cielo aperto d’Egitto offre anche la possibilità di far avverare i desideri: vi si può fare un giro in mongolfiera osservando tutte le sue meraviglie antiche (e non solo) da un punto di vista più che privilegiato.

Infine, vale la pena fare anche un giro tra i vicoli della città, per scoprie la vita di tutti i giorni ed anche il suo ricchissimo souk, il mercato pieno di prodotti tipici.

Mongolfiere sul Nilo, Luxor

Fonte: iStock

Gite in mongolfiera a Luxor
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Qual è il periodo migliore per visitare Antananarivo

Antananarivo, la vibrante Capitale del Madagascar è un luogo di contrasti, cultura e colori. Immersa nel cuore dell’isola tra colline e vallate, Tana come viene affettuosamente chiamata dai local, offre una combinazione unica di fascino antico misto a modernità. Che ci si senta attratti dai mercati vivaci dai palazzi storici  o dagli autoctoni calorosi, Antananarivo offre qualcosa di indimenticabile ad ogni viaggiatore. Prima di partire però, è fondamentale conoscere il clima, la temperatura e scegliere il momento giusto per visitare questa affascinante destinazione, scoprile insieme a noi.

Clima di Antananarivo, una capitale tropicale

Antananarivo gode di un clima tropicale di alta quota, grazie alla sua posizione a circa 1280 metri sul livello del mare; questo significa che nonostante la sua vicinanza all’Equatore, le temperature sono generalmente miti tutto l’anno. La città è caratterizzata da due stagioni principali: una stagione umida e calda, una stagione secca e fresca. La stagione umida va da novembre ad aprile, durante questi mesi il clima di Antananarivo è influenzato dai Monsoni. Le piogge sono abbondanti e spesso accompagnate da temporali. Le temperature medie oscillano tra i 18 e i 28 gradi, rendendo di fatto l’aria calda e umida. Nonostante a volte le piogge siano intense, la città è viva e dinamica con paesaggi rigogliosi e verdeggianti. La stagione secca va da maggio a ottobre, in questo periodo il clima è molto più secco e piacevole. Le temperature sono più fresche con medie che variano dai 10 ai 22 gradi. Questo è il periodo ideale per esplorare la città e i suoi dintorni, il cielo è spesso limpido e l’aria fresca, ideale per le passeggiate e le visite turistiche senza il fastidio delle piogge.

Quando andare: il periodo migliore per visitare Antananarivo

Quando visitare Antananarivo, dipende dalle preferenze personali, molti viaggiatori preferiscono raggiungere la città e i suoi dintorni durante i mesi da maggio ad ottobre; ovviamente questo è il periodo migliore in cui le condizioni climatiche sono più favorevoli per esplorare la capitale del Madagascar, con temperature miti e pochissime piogge. Il paesaggio, anche se meno verde rispetto alla stagione delle piogge è altrettanto affascinante. Non ci sono dubbi: il periodo migliore consigliato per la visita di Antananarivo è quello che copre i mesi da maggio ad ottobre, soprattutto se non ami la pioggia. Le temperature sono fresche e piacevoli, così da darti modo di passeggiare e fare escursioni senza affaticarti troppo. Se però non ti dispiacciono le piogge, allora anche il periodo che va da novembre ad aprile è ideale per scoprire Antananarivo, i paesaggi in questi mesi diventano estremamente rigogliosi e verdi e la città si riempie di vivacità, tieni conto però di qualche temporale di troppo e ad una elevata umidità.

Temperature medie di Antananarivo

Le temperature ad Antananarivo variano in base alla stagione, ma rimangono generalmente piacevoli durante tutto l’anno. Grazie alla sua altitudine Antananarivo non è mai eccessivamente calda, anche nei mesi più afosi. Tra novembre ed aprile le temperature oscillano tra i 18 e i 28 gradi, questi mesi sono caratterizzati dal clima caldo e umido con piogge frequenti tra gennaio e marzo. Tra maggio e ottobre, le temperature di Antananarivo si abbassano con le minime intorno ai 10 gradi e le massime che raramente superano i 22 gradi. Questo però è il periodo del clima fresco e secco, ideale per tutte le attività all’aperto.

 

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Perché la tua prossima meta di viaggio deve essere Il Cairo

Il Cairo, capitale dell’Egitto, è una città dove ancora oggi passato e presente convivono in un affascinante blend di storia, cultura e modernità. Il Cairo è infatti la destinazione ideale per chi cerca un’esperienza di viaggio unica che attraversa i millenni, tra maestose piramidi e una vivace vita urbana.

Ma c’è una nuova opportunità che rende Il Cairo ancora più appetibile come meta di viaggio, soprattutto per i turisti italiani: è l’iniziativa di Egyptair che con il suo visto di transito gratuito incoraggia gli stop over nella capitale egiziana.

Egyptair e il nuovo visto di transito gratuito

Egyptair, la compagnia di bandiera egiziana, ha da pochissimo tempo introdotto un’interessante novità per i viaggiatori: un visto di transito gratuito, valido da 8 a 96 ore, per chi sceglie di fare scalo al Cairo. Questa iniziativa, volta a promuovere il turismo in Egitto, offre un’ottima occasione per visitare la città anche solo per un breve periodo, trasformando un semplice stop-over in un’opportunità per scoprire una delle capitali più affascinanti del mondo.

Tempio di Karnak, Il Cairo
Il Tempio di Karnak al Cairo

Il visto di transito è disponibile direttamente all’arrivo all’aeroporto internazionale de Il Cairo. I viaggiatori italiani, presentando il loro biglietto aereo Egyptair all’ufficio di transito, possono facilmente ottenere questo lasciapassare che consente di esplorare la città durante una pausa di viaggio o un weekend lungo. Questo incentivo, unito alla possibilità di esplorare la città senza le classiche complicazioni burocratiche, rende Il Cairo una scelta perfetta per chi desidera un’avventura fuori dal comune.

Cosa fare al Cairo durante uno stop over

Il Cairo può essere visitato tutto l’anno, ma il periodo autunnale a cui andiamo incontro adesso è particolarmente piacevole grazie alle temperature miti che permettono di godere appieno delle meraviglie della città senza soffrire il caldo estivo. Le giornate tra settembre e ottobre sono perfette per visitare le Piramidi di Giza, esplorare i bazar del Khan el-Khalili, oppure perdersi nelle sale del Museo Egizio, che ospita una delle più grandi collezioni di antichità faraoniche al mondo.

Se vi trovate al Cairo durante uno stop over, dunque, da ora in poi avrete un’opportunità unica per esplorare questa magnifica città, anche con poche ore a disposizione: potrete scoprire alcuni dei tesori più celebri al mondo e vivere un’esperienza indimenticabile pur godendo di poco tempo.

Una visita alle Piramidi di Giza è d’obbligo. Questo luogo iconico, situato a circa 40 minuti dall’aeroporto, vi permetterà di ammirare da vicino le imponenti piramidi e la leggendaria Sfinge. Se il tempo ve lo consente, inoltre, vi suggeriamo anche di esplorare l’interno della Piramide di Cheope o di fare un giro in cammello, respirando l’atmosfera millenaria che permea l’area e scattando fotografie che resteranno ricordi preziosi.

Il Museo Egizio è un’altra tappa imperdibile, soprattutto per gli appassionati di storia antica. Situato proprio nel cuore del Cairo, questo affascinante museo ospita una delle più vaste collezioni di antichità faraoniche al mondo, con tesori a dir poco meravigliosi, come la maschera d’oro di Tutankhamon.

Per un’esperienza autentica e colorata, condita con i profumi delle spezie locali, non potete perdervi una passeggiata nel bazar di Khan el-Khalili. Come già accennato, questo antico e storico mercato è un dedalo di negozi e bancarelle dove potrete acquistare spezie, tessuti, gioielli fatti a mano e souvenir tipici. Fermatevi poi in una delle storiche caffetterie per gustare un tè alla menta o un caffè arabo e assaporare l’atmosfera più autentica del luogo.

Mercato Khan Al-Khalili, Il Cairo

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Il suggestivo Mercato di Khan Al-Khalili

Se volete godere di una vista panoramica della capitale, la Cittadella di Saladino è un’attrazione imperdibile. Al suo interno, potrete ammirare la Moschea di Muhammad Ali, una delle più belle del mondo islamico, nota soprattutto per la sua imponente architettura e la sua storia che risale a secoli e secoli fa.

Se il vostro stop over include anche trascorrere a Il Cairo una sera, potreste concedervi una rilassante e romantica crociera sul Nilo. Diversi tour operator, inoltre, offrono mini-crociere che includono cena e spettacoli tradizionali, come la danza del ventre.

Infine, se cercate un’esperienza più tranquilla e spirituale, il quartiere copto del Cairo vi offre l’occasione di visitare antiche chiese cristiane, tra cui la celebre Chiesa Sospesa e la Chiesa di San Sergio, luoghi in cui potrete realmente scoprire una parte meno nota, ma non per questo meno affascinante, della storia egiziana.

Per chi è appassionato di architettura islamica, infine, la Moschea di Al-Azhar è un capolavoro di arte musulmana da non perdere. Fondata nel 970 d.C., questa spettacolare moschea è uno dei più antichi e prestigiosi centri di studi religiosi del mondo islamico.

Durante il vostro stop over al Cairo, infine, sarà importante pianificare bene il tempo a disposizione. Se avete meno di 8 ore, vi consigliamo di concentrarvi esclusivamente su una o due di queste attrazioni principali, mentre se avete a vostra disposizione un giorno intero, potrete esplorare più luoghi (anche tutti quelli da noi citati) senza troppa fretta.

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Cosa vedere ad Antanarivo: guida alla scoperta della capitale del Madagascar

Se ami viaggiare ti sarai informato sul Madagascar che è sicuramente una delle mete top del periodo; la tua vacanza qui non può che partire da Antananarivo, la sua capitale. Ma quali sono le migliori attrazioni, i monumenti, i musei e i luoghi cult che non dovresti perdere? Scopriamolo insieme in una guida completa su Tana, perché è proprio così che la città viene chiamata più frequentemente.

Il palazzo della regina

Dopo esserti procurato il visto per il Madagascar non ti resta che pianificare il tuo viaggio alla scoperta di Antananarivo. Tra i simboli che rappresentano la città c’è il palazzo della regina, conosciuto ai più con il nome di Rova di Antananarivo. In una posizione dominante sulla collina di Analamanga, il complesso elegante racconta il passato glorioso della città e in modo particolare il periodo in cui è stato la residenza ufficiale dei sovrani del Regno di Merina, una delle dinastie più influenti nella storia del Madagascar. La sua costruzione risale al XVII secolo e al suo interno comprende il palazzo reale, templi e tombe reali. Seppur un incendio nel 1995 ne abbia danneggiato e distrutto una parte, le opere di restauro sono iniziate ed è sicuramente un must. Il mio consiglio? Dal Rova potrai scattare foto suggestive grazie ad una vista mozzafiato su tutta la città. Prenota una visita guidata così potrai avere maggiori dettagli storici e approfondire leggende e tradizioni.

Il parco zoologico e botanico di Tsimbazaza

Vuoi visitare il Madagascar esplorando a fondo la biodiversità? Nel tuo itinerario non dovrà mancare una visita al parco zoologico e botanico di Tsimbazaza. Perfetto con i bambini, ma non solo, dà modo di vedere vicino diverse specie endemiche del territorio tra cui i lemuri, i camaleonti, le tartarughe di terra giganti e tanti uccelli esotici. Oltre alla fauna, il parco ospita anche un ricco giardino botanico con tantissime tipologie di piante endemiche del Madagascar, molte delle quali sono uniche al mondo. Non molti lo sanno ma al suo interno è anche custodito un piccolo museo etnografico che fornisce uno spaccato interessante sulla cultura e le tradizioni delle diverse etnie malgasce.

Analakely market

Se ami la cultura local e vuoi fare shopping o acquistare souvenir unici non perdere una visita all’Analakely market. Si tratta del mercato principale della città, dove potrai trovare di tutto, dai prodotti freschi locali, come frutta tropicale e spezie, fino a oggetti di artigianato, tessuti e souvenir. Oggi è considerato a tutti gli effetti una vetrina autentica della quotidianità e offre un’occasione unica per interagire con la popolazione locale, assaporare cibi tipici e acquistare oggetti tradizionali malgasci.

Il lago Anosy

Un’altra attrazione che non puoi assolutamente perderti è il lago Anosy; diversamente da quanto solitamente accade non dovrai allontanarti dalla città poiché si trova proprio in centro. Sì, perché si tratta di un lago artificiale, oggi circondato da alberi di jacaranda che in primavera si tingono di una splendida tonalità violacea, è un luogo di tranquillità in mezzo al caos cittadino. Al centro sorge un monumento dedicato ai soldati malgasci caduti durante la Prima Guerra Mondiale, e un ponte lo collega alla riva, rendendolo un punto panoramico ideale per una passeggiata rilassante. Ti consiglio di raggiungerlo al tramonto, perché la luce è incredibilmente suggestiva.

Lago Anosy a Antanarivo

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Lago Anosy nel cuore della capitale del Madagascar

Il palazzo di Ambohitsorohitra

Tra le tappe must in città c’è il palazzo di Ambohitsorohitra, la residenza ufficiale del Presidente del Madagascar. Lo riconoscerai: è un edificio in stile coloniale francese ed è circondato da giardini ben curati e rappresenta uno degli edifici più importanti dal punto di vista politico del paese. Ricorda che però non è aperto al pubblico, potrai solamente goderti la vista esterna.

La cattedrale di Andohalo

Un altro punto di interesse religioso e storico ad Antananarivo è la cattedrale di Andohalo, costruita dai missionari cattolici francesi nel XIX secolo; è un imponente edificio in pietra che rappresenta uno degli esempi più significativi dell’architettura coloniale religiosa della città. La cattedrale offre una splendida vista su Antananarivo e, se sei appassionato di storia o di architettura, vale la pena visitarla per ammirare i suoi interni decorati e conoscere meglio la storia del cristianesimo nell’isola.

Il palazzo di Andafiavaratra

Se sei un appassionato di storia dovrai assolutamente visitare il museo Andafiavaratra. Oggi sede museale, il palazzo coloniale è stato un tempo del primo ministro Rainilaiarivony. La collezione al suo interno ospita oggetti legati alla storia della monarchia del Madagascar, molti dei quali sono stati recuperati dal Rova dopo l’incendio del 1995. Tra le proposte in mostra ci sono gioielli, abiti reali, antichi manufatti e strumenti tradizionali.

La collina sacra di Ambohimanga

Se hai modo di spostarti poco fuori dal centro, ti suggerisco di raggiungere in circa 20 km la collina sacra di Ambohimanga. Si tratta di un sito patrimonio dell’UNESCO ed è anche uno dei luoghi più venerati e storicamente significativi del Madagascar; per secoli considerata il cuore spirituale e politico del Regno di Merina, ospita antiche tombe reali, mura di pietra e i resti di un antico villaggio reale. Circondata da una vegetazione rigogliosa, ha un significato storico importante che ancora oggi non viene trascurato dai locali.

Visitare la Collina Reale di Ambohimanga

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Perché vedere la Collina Reale di Ambohimanga in Madagascar

Il Lemur’s Park

Se non hai abbastanza tempo per esplorare le foreste del Madagascar ma desideri vedere i lemuri in un ambiente più naturale, una visita al Lemur’s Park è una valida alternativa. Si trova a soli 22 km dalla città e si tratta di una riserva in cui convivono nove diverse specie di lemuri in libertà, garantendo agli animali un ambiente sicuro e protetto. Il parco offre visite guidate che permettono di osservare i lemuri da vicino e conoscere meglio le specie endemiche dell’isola. Si tratta di una tappa must per le famiglie che viaggiano con bambini ma non solo.

Il museo dei pirati

Se si viaggia con bambini ma non solo, una delle tappe imperdibili è il museo dei pirati. Si trova non lontano dalla stazione e dà modo di scoprire quello che era un tempo un pericolo effettivo: quello dei pirati. Se per molte nazioni erano un nemico, bisogna sapere che proprio qui hanno avuto una base segreta e hanno custodito i propri tesori.

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Vacanze in Tanzania: cosa vedere e quale periodo scegliere

Sono luoghi che sembrano appartenere a un altro mondo, quelli che caratterizzano la Tanzania. Un Paese dove i colori si fanno più vividi ed il paesaggio è un incantevole unione tra terra e mare, ma anche tra uomo, animali e natura incontaminata.

Se il vostro viaggio dei sogno prevede di raggiungere queste incantevoli terre dell’Africa Orientale, qui trovate alcuni consigli che possono chiarire i principali dubbi sulla programmazione della vacanza: qual è il clima e il periodo migliore per andare in Tanzania? E quali luoghi valgono veramente la pena di essere visti (e vissuti)?

Tanzania: clima e temperature

Chi ci è stato ha assicurato di aver provato quella nostalgia che viene chiamata “mal d’Africa“, al proprio ritorno, proprio come cantava Franco Battiato tra le note di una sua celebre canzone. Meravigliosa e suggestiva la Tanzania è un mondo di tesori da scoprire, che offre una diversità di ambienti e di climi che la rendono ancor più attrattiva, anche se è bene informarsi prima della partenza per scegliere il periodo e il luogo migliore in base al tipo di viaggio che si ha intenzione di intraprendere.

La Tanzania, affacciata sull’Oceano Indiano in corrispondenza dell’arcipelago delle Seychelles e a nord delle Isole Comore, si trova poco più a sud dell’Equatore e tra i due tropici. È per questo che presenta un clima tropicale, influenzato però dall’altitudine. Alcune aree, infatti, sono più elevate di altre, presentando così temperature diverse: gli altipiani (come il Parco Nazionale di Ngorongoro) e le zone di montagna (come il Kilimanjaro), godono di temperature più basse rispetto alla media nazionale, toccando anche i 10° in inverno, oltre a un tasso di umidità inferiore rispetto a pianure, zone costiere ed isole.

Le stagioni in questo territorio africano sono differenti da quelle a cui siamo abituati in Europa, ovvero l’estate opposta all’inverno. La distinzione principale qui è tra la stagione verde (da metà novembre a metà maggio) e la stagione secca (da metà maggio a metà novembre, con temperature che si attestano attorno dai 25°C ai 31°C). Ma anche al loro interno presentano periodi piovosi che spezzano tali stagioni, creando quindi quelle che vengono chiamate la stagione delle piogge breve e la stagione delle piogge lunga. La prima, chiamata Vuli, va generalmente da metà ottobre all’inizio di dicembre, con rovesci deboli e poco frequenti, mentre la seconda, la stagione delle piogge lunga (Masikatra) va da fine marzo ai primi di giugno ed è quella soggetta ai monsoni, grandi a frequenti rovesci soprattutto nelle ore pomeridiane.

Alla scoperta dei grandi parchi nazionali della Tanzania

La Tanzania è la patria dei parchi nazionali: se ne contano ben sedici in questo Paese in cui il 30% del territorio è tutelato all’interno di aree naturali protette. I parchi nazionali più famosi? Il Parco del Serengeti, la riserva naturale di Ngorongoro, il Tarangire National Park e il Parco Nazionale del Kilimangiaro.

Il Parco Nazionale del Serengeti permette di assistere, nei mesi che vanno da fine dicembre a marzo, allo spettacolo della Grande Migrazione, la transumanza della fauna selvatica che si sposta verso sud. Si possono ammirare anche gli spostamenti degli gnu tra maggio e settembre, o ancora le nascite vicino alle pianure Ndutu, a febbraio.

Parco nazionale del Serengeti, in Tanzania

Fonte: iStock

Parco nazionale del Serengeti, Tanzania

Anche la Riserva naturale di Ngorongoro merita una visita (durante tutto l’anno). Sorge vicina al Kilimangiaro e presenta un grande cratere vulcanico al cui interno si trova un lago, ed è la casa di elefanti e rinoceronti neri. Tanti non rinunciano anche a fare percorsi naturalistici sui pendii della montagna più alta dell’Africa, ovvero il Kilimangiaro.

Non mancano poi i safari al Parco nazionale del Tarangire, nella Tanzania settentrionale, caratterizzata da secolari baobab e popolata da branchi di elefanti e, durante la stagione secca, anche da bufali, giraffe, gazzelle, leoni e ghepardi.

Altri preziosi parchi nazionali protetti sono: Lake Manyara National Park, Riserva di caccia del Selous, Ruaha National Park e Mikumi National Park. Nella regione occidentale del Paese si trova anche il Parco nazionale del Gombe Stream, fondato per la tutela e lo studio degli scimpanzé.

Cratere Ngorongoro, parco della Tanzania

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Riserva naturale Ngorongoro, Tanzania

Zanzibar e le altre spiagge della Tanzania

Non si può nominare la Tanzania senza che la mente vada subito a Zanzibar. La costa di questa perla africana è un tripudio di spiagge paradisiache e isolette altrettanto splendide in cui trascorrere piacevoli momenti di puro relax in ambientazioni dalle mille e una notte.

Zanzibar, tra queste, è la regina indiscussa: splendide spiagge con acque turchesi e sabbia bianchissima, caratterizzata da un pittoresco centro storico. Il luogo perfetto per immersioni subacquee, per fare snorkeling e per nuotare insieme ai delfini.

Zanzibar, paradiso terrestre in Tanzania

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Zanzibar, Tanzania

Ma ci sono altre isolette che non hanno nulla da invidiare alla più celebre Zanzibar (che in realtà si chiama Unguja e che prende il nome dall’arcipelago di Zanzibar essendo quella principale): sono le isole di Mafia, angolo di paradiso a soli 25 km dalla costa del continente africano, e Pemba, il cui entroterra è ricco di piantagioni di chiodi di garofano e noci di cocco.

Altre località frequentate dai numerosi turisti che scelgono la Tanzania come meta per le loro vacanze sono Dar Es Salam, corrispondente alla città principale del Paese, Bagamoyo, di fronte a Zanzibar, e più a nord Pangani, meno conosciuta ma formata da finissima sabbia candida, pochi affollamenti turistici e resort tranquilli in cui soggiornare.

Altri consigli utili prima di partire per la Tanzania

Programmando la prossima vacanza in Tanzania è bene tenere a mente che è necessario presentare un visto d’ingresso per poter visitare il Paese. Il documento deve essere richiesto per tempo seguendo una procedura esclusivamente online gestita dal Consolato Onorario di Milano. Inoltre per entrare nel Paese è necessario che il vostro passaporto abbia almeno sei mesi di validità residua. Per evitare spiacevoli imprevisti controllate quindi per tempo i vostri documenti facendo bene i conti con il programma del viaggio e le date di validità del passaporto.

Secondo quanto riportato dalla Farnesina, è obbligatorio inoltre stipulare prima della partenza, sia per la Tanzania che per Zanzibar, una “Certificazione Internazionale di Assicurazione Sanitaria”, che copra le spese mediche e l’eventuale rimpatrio aereo sanitario del paziente.

Per ogni altra informazione in merito ad eventuali vaccinazioni e ai luoghi in Tanzania nei quali la sicurezza non è garantita, è importante informarsi tramite il sito ufficiale ViaggiareSicuri della Farnesina.

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Viaggio in Namibia, esplorando il Fish River Canyon

Orizzonti lontani, spazi infiniti, paesaggi con pochi eguali al mondo e la vivacità dell’Africa che ti arriva dritta al cuore: stiamo parlando della Namibia. Terra di armoniosi contrasti i cui scenari sembrano appena usciti da un dipinto. I colori predominanti del rosso della terra e dell’azzurro dei cieli tersi africani si mischiano insieme regalando una fotografia di straordinaria bellezza. Tra l’incredibile quantità di bellezze naturali che questo Paese ha da offrire ce n’è una che non può essere lasciata fuori dal proprio itinerario di viaggio: il Fish River Canyon, secondo al mondo per grandezza superato solo dal Grand Canyon degli Stati Uniti. Con un’estensione di circa 160 km e una profondità che può superare i 500 metri è davvero una tappa imperdibile che vale il viaggio. Con questa guida potrai ottenere tutte le informazioni che ti servono per scoprire come visitare il Fish River Canyon.

Il gigante della Namibia: caratteristiche del Fish River Canyon

Prima di scoprire come visitare questa splendida riserva è fondamentale conoscere la storia geologica del Fish River Canyon e di come quelle che oggi sono le rocce più antiche della Namibia abbiano visto la luce. Per farlo, dobbiamo tornare a circa 650 milioni di anni fa, quando una possente catena montuosa venne plasmata da fenomeni erosivi. Protagonista di questi fenomeni è proprio il Fish River che, all’epoca, portava ingenti volumi d’acqua. Oggi, invece, il bacino idrico resta secco per la maggior parte dell’anno. Il Canyon adesso si presenta come un’enorme distesa rocciosa capace di togliere il fiato a chiunque si appresti ad ammirarne la vastità. Inoltre, il Fish River Canyon ospita una ricchissima fauna di mammiferi, rettili e uccelli.

Visitare il Fish River Canyon in Namibia: come organizzarsi

Il Fish River Canyon, oltre alla straordinaria bellezza, mette a disposizione dei suoi visitatori molte cose da fare o da vedere tra cui anche il celebre Fish River Trail, un percorso escursionistico che attira ogni anno moltissimi esploratori. È dunque fondamentale pianificare in anticipo questa splendida esperienza. Ecco tutto quello che devi sapere su questa imperdibile perla nel cuore dell’Africa.

Periodo migliore per visitarlo

Il clima del Canyon è di tipo semi-desertico con temperature che variano molto tra l’estate all’inverno. Le minime e le massime sono così distribuite:

  • Estate: le temperature massime durante il giorno possono arrivare anche a 48 gradi centigradi, mentre quelle notturne arrivano anche a 30 gradi centigradi.
  • Inverno: le temperature restano alte durante il giorno oscillando tra i 20 e i 28 gradi centigradi mentre, durante la notte, possono scendere anche di parecchio sotto lo zero.

Dunque, il momento maggiormente consigliato per visitare il Fish River Canyon è quello che va da maggio a settembre. In questo periodo le temperature sono più fresche e rappresentano la condizione ideale per le escursioni, inoltre, quando le temperature sono più miti, è più facile osservare gli animali che popolano il canyon.

Come raggiungere il Canyon

Il Fish River Canyon si trova in una zona abbastanza remota a nord della Namibia, pertanto questa perla è spesso fuori dalle rotte dei turisti che si concentrano maggiormente nelle zone più celebri di questa regione. Per raggiungerlo devi sapere che non ci sono mezzi pubblici, quindi puoi scegliere tra tre opzioni:

  • Partire da Windehoek, capitale della Namibia, con un viaggio in auto di circa 8 ore.
  • Partire da Swakopmund, con un viaggio in auto dalla durata di circa 10 ore.
  • Aderire a un tour guidato, in questo caso potrai affidarti completamente alle guide esperte che ti porteranno direttamente al Fish River Canyon.

Il consiglio è quello di noleggiare un 4×4 in modo da affrontare tranquillamente anche i tratti di strada più scoscesi. Qualunque sia il punto da cui decidi di partire, durante il viaggio ti troverai davanti a scenari suggestivi e, in alcuni casi, incontrerai anche piccoli villaggi e centri abitati. Una volta arrivato nella zona del canyon potrai scegliere tra due punti d’accesso: quello settentrionale di Hobasil più facile da raggiungere – o quello di Ai-Ais a sud.

Come visitare il Canyon: trekking e punti panoramici

Cartello per la partenza del Fish River Trail in Namibia

Fonte: iStock

Punto di partenza del Fish River Trail, il trekking in Namibia

Ci sono due modi per esplorare il Fish River Canyon, uno più turistico e uno più per esploratori esperti delle attività outdoor. Che tu scelga di esplorarlo come visitatore o come viaggiatore esperto, non importa… in qualunque caso resterai a bocca aperta.

Esplorare il Fish River Canyon come visitatore

Se fai parte della prima categoria, ciò che devi sapere è che puoi tranquillamente lasciarti incantare da questa meraviglia naturale osservandone la maestosità dal suo bordo e fermandoti nei suoi punti panoramici. Per farlo, il punto migliore da cui partire è Hobas, dove dovrai acquistare un pass di 24 ore per poter guidare all’interno della riserva. Partendo da qui puoi scegliere tra vari punti panoramici:

  • Main View Point: principale punto panoramico del parco. Qui la Hell’s Bend, una delle anse scavate dal fiume Fish, si apre alla vista in tutta la sua spettacolarità. In quanto punto principale è anche quello più affollato.
  • Hikers Viewpoint: poco distante dal Main Viewpoint c’è l’Hikers Viewpoint, un punto panoramico la cui bellezza fa venire i brividi. Il punto è raggiungibile sia in auto che a piedi ed è da qui che parte il celebre Fish River Trail.
  • Sulphur Spring Viewpoint: si trova nella zona a sud del parco e offre una vista spettacolare – soprattutto all’alba – sulla Sulphur Spring, una sorgente termale naturale che si trova sul fondo del canyon.
  • Eagles Rock: sempre a sud del Fish River Canyon, questo viewpoint è famoso per gli avvistamenti di aquile che nidificano sulle pareti del canyon. L’Eagles Rock è raggiungibile solamente con un’auto 4×4.

Esplorare il Fish River Canyon come viaggiatore esperto

Se appartieni alla categoria dei viaggiatori esperti e ami cimentarti nei trekking e nelle attività outdoor, allora il consiglio è quello di dedicare a questo canyon almeno 4-5 giorni per provare l’esperienza unica del Fish River Trail, un percorso di circa 85 chilometri che parte dall’Hikers Point e termina ad Ai-Ais attraversando il parco in tutta la sua grandezza. Prima di cimentarti in questa magnifica avventura ci sono però delle cose che devi assolutamente tenere a mente poiché questo trekking non è per niente facile e lo può fare chi è veramente allenato e abituato a lunghi percorsi.

  • Quando: il Fish River Trail è aperto solo dal 1 Maggio al 15 Settembre, durante il resto dell’anno, a causa delle temperature elevate, non è possibile accedervi.
  • Prenotazione: possono intraprendere il trail un massimo di 30 persone al giorno, pertanto è obbligatorio prenotarsi e il consiglio è di farlo largo in anticipo. Per prenotare devi contattare gli uffici NWR di Windhoek telefonando o mandando un’e-mail.
  • Costo: l’escursione costa circa 25 dollari a persona e va saldato entro 30 giorni dal trekking.
  • Obblighi: oltre alla prenotazione e al pagamento, è obbligatorio presentare ai ranger del parco un certificato medico che attesti attesti la buona salute.
  • Rischi e difficoltà: una volta iniziato il trekking, non è possibile uscire dal canyon, dunque è fondamentale avere un’assicurazione di viaggio che copra anche da eventuali infortuni. Qualora dovesse essere necessario abbandonare il percorso, l’unico modo per farlo è richiedere l’intervento dell’elisoccorso. Inoltre, all’interno del Canyon, non ci sono punti di ristoro, dunque è fondamentale equipaggiarsi con cibo, acqua e medicinali che possano coprire 5 giorni.

Cosa aspettarsi dal Fish River Canyon

Che tu abbia scelto di esplorare il Fish River Canyon come visitatore o come viaggiatore esperto, quello che ti troverai davanti lascerà un segno indelebile nel tuo cuore. Le viste panoramiche sulle rocce del canyon sapranno sorprenderti da qualsiasi angolazione e potrai avvistare moltissimi animali che popolano il canyon tra cui:

  • Mammiferi: le rare Zebre di montagna saranno l’avvistamento più fortunato di tutto il viaggio ma ci sono anche altri mammiferi che puoi incontrare come il kudu maggiore, i babbuini chacma e le Springbok.
  • Rettili: il parco fa da casa a molti varani del deserto, gechi e lucertole.
  • Uccelli: paradiso per gli amanti del birdwatching, il Fish River Canyon ospita molte aquile nere, corvi bianchi e, alle volte, anche struzzi.

Ma Il canyon non offre solo grandi camminate e splendidi paesaggi, qui potrai anche rilassarti alle terme di Ai-Ais, le cui acque calde sapranno rigenerarti completamente, soprattutto dopo aver intrapreso il lungo trekking.

Il Fish River Canyon è una meraviglia naturale che conquista i cuori di chiunque abbia la fortuna di esplorarlo. Le sue dimensioni imponenti, i paesaggi mozzafiato e la sfida del trekking, rendono il canyon un’esperienza unica da provare almeno una volta nella vita, soprattutto se sei un amante delle attività all’aria aperta. Tuttavia, è fondamentale ricordare che affrontare il canyon con il suo celebre Trail non è per tutti poiché richiede un’ottima preparazione fisica ma, soprattutto, mentale. Pertanto, l’accurata pianificazione di questo viaggio è necessaria e ti invitiamo a controllare sempre il sito ufficiale del canyon e dell’ente turistico della Namibia per avere informazioni sempre aggiornate. Ora che sai tutto quello che devi sapere per affrontare questo incredibile viaggio, non ti resta che caricarti lo zaino in spalla e lasciarti conquistare da un’esperienza che va oltre la semplice scoperta di un paesaggio, per abbracciare una profonda scoperta di sé stessi nel cuore di una splendida terra chiamata Namibia.