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Firenze è in fiore: è più bella che mai

Organizzare un viaggio a Firenze è sempre un’ottima idea. Il capoluogo della Toscana, conosciuto anche come la Culla del Rinascimento, ospita alcuni dei più grandi e importanti capolavori artistici e architettonici che ogni giorno attirano migliaia di visitatori provenienti da ogni parte del mondo.

Le cose da fare e da vedere in città sono tantissime, e tutte sono destinate a incantare. Tra i luoghi imperdibili troviamo il il celebre Duomo, con la cupola progettata da Brunelleschi, la Galleria dell’Accademia che ospita la scultura del David di Michelangelo e l’iconica Galleria degli Uffizi, uno dei più importanti musei d’Italia e del mondo.

Raggiungere il capoluogo toscano, dicevamo, è sempre un’ottima idea. Ma farlo in primavera vuol dire conoscere il suo volto più bello, quello dipinto, plasmato e ricoperto dai suggestivi colori della natura e dai suoi inebrianti profumi. I giardini storici e gli scorci panoramici di Firenze sono adesso in fiore, e la città è bella come non lo è stata mai. Pronti a partire? Lo show è già iniziato.

Perché visitare Firenze in primavera è un’ottima idea

Tra i mesi di marzo e giugno Firenze sfoggia il suo abito più bello, quello cucito da Madre Natura. La città, infatti, si trasforma in un tripudio di colori e profumi che incantano la vista e inebriano i sensi. Basta una semplice passeggiata tra le iconiche strade del territorio per ammirare le bellezze del centro storico incorniciate tra fioriture cangianti e suggestive.

Durante la primavera, infatti, fioriscono le strade e le vie del, i parchi e anche gli splendidi e pittoreschi giardini che si nascondono tra i palazzi nobiliari alla stregua di tesori preziosi.

Se avete in mente di organizzare un viaggio a Firenze in primavera, dunque, non dimenticate di ritagliarvi del tempo anche per ammirare le fioriture cittadine: vi lasceranno senza fiato. Scopriamo insieme quelle più iconiche e imperdibili.

Dove ammirare le fioriture di Firenze

Il nostro itinerario alla scoperta della città fiorita comincia dal Giardino dei Semplici, l’Orto Botanico della città che si annovera tra i più antichi del mondo. Inaugurato nella metà del XVI secolo, oggi questo suggestivo giardino ospita oltre 9000 esemplari di piante, alcuni dei quali stanno dando spettacolo proprio adesso.

Altro punto d’interesse imperdibile, per chi visita la città in primavera, è il Giardino di Palazzo Corsini al Prato, un giardino rinascimentale che ospita anche un labirinto di siepi e una limonaia.

Se è un’esperienza romantica e suggestiva che volete vivere, allora il consiglio è quello di raggiungere Villa Bardini, conosciuta anche con il nome di Villa Belvedere. Situata in una posizione strategica, la dimora consente di ammirare uno dei panorami più incredibili della città. Proprio qui, tra diversi esemplari floristici che compongono la collezione avviata da Stefano Bardini, esiste un pergolato completamente ricoperto di glicini che consente alle persone attraversare un viale fiorito e caratterizzato da infinite sfumature di viola.

Al al piazzale Michelangelo, invece, è possibile passeggiare nel Giardino dell’Iris, un paradiso naturalistico che, come il nome stesso suggerisce, è completamente e interamente dedicato al fiore in questione. Tra aprile e maggio è possibile ammirare oltre 1500 esemplari di iris che provengono da ogni parte del mondo.

Ultimo, ma non per importanza s’intende, è il Giardino di Boboli, uno dei simboli di Firenze e dell’Italia intera. Questo parco, uno dei più celebri d’Italia, è uno scrigno di infinite meraviglie che si snodano su  un terreno di 45 ettari e che sono incorniciate da numerosi esemplari floristici. Il periodo migliore per visitarlo è tra aprile e maggio, quando fioriscono i glicini e tingono l’interno giardino mille sfumature di viola e di rosa.

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In Danimarca c’è una città fatta apposta per i bambini

C’era una volta un giovane che viveva in un paesino sull’isola di Fiona, in Danimarca. Quel ragazzo si dilettava scrivendo fiabe e ritagliando figurine di carta. Una volta grande, divenne famoso in tutto il mondo per le sue favole. Il paese era Odense e lui si chiamava Hans Christian Andersen.

Oggi, Odense non è più un paesino, ma una città fatta di quartieri molto moderni; tuttavia, conserva ancora un centro storico antico non molto diverso da come appariva agli occhi di Andersen.

Odense è la città delle fiabe ed è la meta perfetta per una vacanza con i bambini. Oltre ai luoghi legati al celebre autore di alcune delle fiabe più raccontate al mondo, è una città a misura di bimbi.
Molti sono i luoghi e gli itinerari legati ad Andersen che si possono fare a Odense. Alcuni sono luoghi al chiuso, come la sua casa natale, quella dove trascorse l’infanzia, l’Acciarino – una casa della cultura per bambini – e il nuovissimo museo H.C. Andersen Hus, mentre altri sono itinerari all’aperto tra gli antichi quartieri, seguendo le orme – nel vero senso della parola, visto che basta seguire le impronte rosse delle sue scarpe misura 47 in giro per la città – dello scrittore o cercando le sculture dedicate alle sue fiabe più famose: La sirenetta, Il brutto anatroccolo, La regina delle nevi, Il soldatino di stagno, La principessa sul pisello, La piccola fiammiferaia e tante altre ancora (ne scrisse 156) sono sparse per tutta la città.

Il tour sulle orme di Hans Christian Andersen comprende nove tappe tra luoghi della sua infanzia, piazze, statue, persino murales, e altri edifici a lui legati. La app gratuita Useeum consente di visitare tutti questi luoghi in completa autonomia.

I luoghi di H.C. Andersen: le tappe

La casa natale

La pittoresca casa d’angolo gialla dove nacque Andersen, all’inizio dell’Ottocento sorgeva nella zona più povera di Odense, e la gran parte degli abitanti del quartiere apparteneva alle classi meno abbienti della società. Nella sua casa natale abitavano a quei tempi fino a cinque famiglie. Vi si accede dal nuovo H.C. Andersen Hus.

La piazza

A Sortebrødre Torv sorgeva l’unico teatro permanente fuori da Copenhagen. Il mondo di fantasia e narrazione del teatro incantava H.C. Andersen. Essendo povero, non aveva la possibilità di assistere a molte rappresentazioni, ma raccoglieva le locandine e i programmi del teatro, sui quali fantasticava. Riuscì a entrare nel teatro come comparsa in una sola rappresentazione. La sua unica battuta alimentò il sogno di notorietà e di una vita sul palcoscenico, e poco tempo dopo, a 14 anni, se ne andò per il mondo in cerca di avventura, e di fortuna.

L’Ospizio dei poveri

Al primo piano dell’Ospizio dei poveri c’era la scuola che Andersen frequentò gratuitamente durante gli ultimi anni a Odense. L’insegnamento era carente e i libri erano pochi, il giovane Andersen passava la maggior parte del tempo a inventare nuove storie sulla base degli affreschi biblici che ornavano l’aula della scuola dei poveri. Andando a scuola, Andersen passava davanti alla tomba di suo padre, accanto alla cattedrale e al ginnasio, che sognava di poter frequentare.

Il lavatoio

Il lavatoio dove lavorava la madre di Andersen come lavandaia non esiste più, ma se ne può vedere uno tale nel centro di Odense. La madre morì nel 1833.

La statua

La grande statua di bronzo di H.C. Andersen si può ammirare nei giardini del castello di Rosenborg, Kongens Have, nei pressi del fiume di Odense. Ancora oggi Andersen scruta il punto più profondo del fiume, dove ai suoi tempi si credeva abitasse lo spirito del fiume. Quando qualcuno annegava in queste acque, si diceva che lo spirito pretendesse delle vittime affinché l’acqua non rompesse gli argini provocando gravi danni alla città. Quel luogo ispirò H.C. Andersen per la fiaba “Il gorgo della campana”.

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Fonte: 123rf

La statua di bronzo di H.C. Andersen nei giardini del castello di Rosenborg

La prigione

Quando la nonna di Andersen si sposò per la prima volta nel 1783, fu con un uomo che era stato nella prigione di Odense per aver sparato al cacciatore di un proprietario terriero. Anche Andersen vi entrò, ma solo come visitatore. I suoi genitori conoscevano il portiere e, in occasione di una ricorrenza di famiglia, la prigione di Odense rappresentò la cornice per i festeggiamenti. Ma il giovane Andersen aveva paura dei detenuti che facevano da camerieri alla festa e descrisse questo atroce istituto nel romanzo “O.T.”.

La casa dell’infanzia

Dall’età di due anni e fino ai 14 H.C. Andersen abitò nella casa di Munkemøllestræde. Oggi, insieme agli appartamenti adiacenti, è stata trasformata in un piccolo museo. Era una casa angusta e povera, ma Andersen le era molto affezionata.

La cattedrale

La cattedrale di Odense, la chiesa di S. Knud, rappresenta la cornice di tre avvenimenti nella vita di H.C. Andersen. Qui si sposarono i suoi genitori, solo tre mesi prima della sua nascita nel 1805. Lo spazio che oggi circonda la chiesa rappresentava allora il cimitero, e fu qui che il padre di Andersen fu sepolto a 33 anni, nel 1816. Tre anni dopo fu ancora qui che Andersen fu cresimato. Per il grande avvenimento aveva avuto in dono un paio di stivali di cuoio. L’emozione di questo dono venne raccontato nella fiaba “Le scarpe rosse”.

Il municipio

Nei sotterranei del municipio, la nonna di Andersen era stata rinchiusa a pane e acqua per aver avuto tre figli fuori dal matrimonio. Dalla finestra del primo piano di questo edificio Andersen il 6 dicembre 1867 ricevette l’omaggio della popolazione e la cittadinanza onoraria.

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Fonte: 123rf

Il centro storico di odense

Seguire le orme di Andersen

Non è soltanto un modo di dire. Davvero a Odense si possono seguire le orme di H.C. Andersen, basta guardare per terra e cercare le impronte rosse della misura 47 che segnano un itinerario lungo poco più di 3 km tra i luoghi legati allo scrittore di fiabe più famoso del mondo.

I luoghi sono 13 e naturalmente molti coincidono con il tour già citato. Ma ce ne sono anche altri: come Sortebrødre Torv (piazza dei Frati Neri) dove dal XII secolo a oggi si tiene il mercato due volte alla settimana, c’è la scultura di Andersen seduto su una panchina – con il quale scattarsi un selfie – nella piazza Claus Bergsgade, quella del soldatino di stagno all’incrocio di Overgade, la barchetta di carta del Soldatino di stagno nel parco, quella di I vestiti nuovi dell’imperatore a Vestegade e della Pastorella e lo spazzacamino a Kongensgade.

Il museo H.C. Andersen Hus

Inaugurato nel 2021, il nuovo museo dedicato ad Andersen è una delle tappe imperdibili per seguire le orme dello scrittore. L’edificio dal design moderno e realizzato con i maggiori criteri di sostenibilità dallo studio di architettura giapponese Kengo Kuma, ha pareti di vetro e legno e in parte si sviluppa sottoterra. tutt’intorno è circondato da un delizioso giardino aperto a tutti.

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Fonte: @R. Hjortshoj

Il nuovo museo dedicato ad Andersen a Odense

Si tratta di un museo adatto a grandi e a piccini e nei suoi 5.600 metri quadrati di spazi ospita installazioni interattive, effetti sonori e luminosi, ma anche scritti originali e figurine di carta intagliate dallo stesso Andersen per raccontare ai visitatori la sua vita e le sue opere ed entrare nel mondo fiabesco di H.C. Andersen.

Per i bambini, la fiaba non finisce qui. Un’ampia zona del museo ospita il magico mondo dei bambini, Ville Vau, dove tutto prende ispirazione dalle fiabe di Andersen. Ci sono costumi (di tutte le taglie) da indossare, per entrare davvero nei panni dei protagonisti delle favole, casette e negozi di legno a misura di bimbi dove ogni oggetto è fatto a mano all’uncinetto, ci sono strumenti per dipingere e un palcoscenico dove esibirsi o assistere a spettacoli e storytelling improvvisati.

Una città a misura di bimbi

Per chi viene con i bambini, Odense è una città perfetta, anche solo per trascorrervi un ponte o un long weekend. Sono moltissime le iniziative dedicate proprio ai più piccoli. Il museo di Andersen, per esempio, ha un grande spazio dedicato ai bimbi dove ciascuno può indossare i panni del personaggio preferito e giocare con oggetti di stoffa che replicano cibo e utensili di uso quotidiano o improvvisarsi attore protagonista di una fiaba salendo su un palco.

Ma ogni luogo qui tiene conto dei bambini. Anche i locali e i ristoranti. Poco lontano dal centro, per esempio, lo Storms Pakhus è un luogo d’incontro per adulti dove gustare dell’ottimo street food e bere una birra dopo aver lasciato i figli nell’area a loro dedicata dove alcuni animatori se ne prendono cura. E poi, con la bella stagione, Odense offre più di 120 parchi e 250 aree gioco oltre al famoso zoo, aperto nel lontano 1930 e considerato uno dei più belli d’Europa.

Gli eventi imperdibili a Odense

La maggior parte degli eventi e dei festival si svolgono durante la calda estate, ma imperdibili sono le festività natalizie a Odense quando tutta la città diventa una fiaba a cielo aperto.

Ogni anno, dal 2013, ad agosto si tiene l’Hans Christian Andersen Festival (nel 2023 si svolge dal 17 al 27), uno dei festival culturali più grandi della Danimarca, con circa 500 eventi in tutta la città, la maggior parte dei quali gratuiti. Si tengono spettacoli, concerti, illuminazioni, mostre d’arte, storytelling per le strade, nei parchi e negli edifici. Il claim di questo evento è “Tutto può succedere”.

Da più di trent’anni, ogni estate si tiene anche la Hans Christian Andersen Parade durante la quale 24 attori in costume raccontano 24 fiabe di Andersen in 24 minuti. Alcuni spettacoli sono in lingua inglese.

Da metà luglio a inizio agosto, invece, si svolge H.C. Andersen Plays con rappresentazioni teatrali delle fiabe di Andersen.

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Fonte: @24Copenhagen

Il centro storico di Odense
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Cascata dell’Eden, wild swimming e paradiso del canyoning

Un piccolo paradiso terrestre o almeno così è apparso a me, e non in sogno 😉

Si tratta della Cascata del torrente Palvico, sulla strada che collega il Lago di Ledro (e più a ovest quello di Garda) al Lago di Idro.

Un gioiello prezioso, accessibile attraverso un semplice itinerario di pochi minuti, prima su comoda strada e poi attraverso un sentiero attrezzato con una staccionata in legno (vedi Info Pratiche). 

Il sentiero per la Cascata dell'Eden
Il sentiero per la Cascata dell’Eden

Costeggiando il torrente Palvico, il percorso mi svela a poco a poco i suoi segreti, fino ad aprire le porte di un eden nascosto.

Qui una meravigliosa cascata, nota anche con il nome di Cascata di Pozza Malmerio, sgorga per 55 metri dalla parte finale di una spettacolare fenditura nella roccia che prosegue verso l’alto per altri 30 metri almeno. Una forra circonda quasi completamente questo angolo di paradiso. 

La fenditura è un vero e proprio canyon alto e strettissimo, creato dal millenario lavorio del torrente, cosa che ci fa presumere che il salto della cascata in passato raggiungesse i 90 metri di altezza.

Il torrente Palvico crea la Cascata dell'Eden
Il torrente Palvico crea la Cascata dell’Eden

L’acqua si accumula verde e cristallina in una meravigliosa piscina naturale con forma irregolare di ca 40 x 30 metri. Sotto la cascata il torrente ha scavato in profondità con almeno 2,5 metri di fondo.

I ragazzi più audaci si arrampicano nei pressi della cascata per cimentarsi in tuffi mozzafiato da 10-15 metri: attenzione, si tratta di una arrampicata in senso quasi letterale, la parete è sostanzialmente verticale.

In sinistra orografica una spiaggetta di ghiaia comoda completa un posto davvero mozzafiato!

La spiaggetta di ghiaia
La spiaggetta di ghiaia

Nuoto in questo paradiso, e l’incessante sound della cascata che buca la pozza Malmerio, è improvvisamente rotto da grida giubilanti. Ma non c’è assolutamente nessuno intorno a me: i gridolini hanno il sapore di un’avventura adrenalinica e, incredibilmente, arrivano dall’alto, dalla fenditura o comunque dalla forra che avvolge il torrente. 

Solo dopo scoprirò che si tratta di appassionati di canyoning, in procinto di approcciare l’ultimo, incredibile passaggio, ovvero proprio il salto del Palvico sopra di me (vedi Info Pratiche).

Info Pratiche

🚗 Provenendo da sud, al km 59,6 della SS237 prendiamo il bivio a destra per Riva del Garda (TN), indicazioni che seguiamo anche sulla SS240 mentre attraversiamo il paese di Storo (TN). Alla fine dell’abitato giriamo a sinistra seguendo per il Parco Comunale Alle Piane su Via Emilio Miglio, dove parcheggiamo dopo 200 metri nei pressi di uno stabilimento industriale (45.843089, 10.586613).

👣 Proseguiamo a piedi su Via Miglio, superando una sbarra e le vasche di un allevamento ittico. La strada gira a sinistra e poco dopo vi troverete una prima pozza che si accumula dopo un grazioso salto dell’acqua creato da un ponte in mattoni.

Il ponte di mattoni
Il ponte di mattoni

La strada termina con un sentiero in salita, attrezzato con una staccionata in legno e abbastanza semplice: prendetelo per arrivare rapidamente nei pressi del piccolo grande eden (45.843050, 10.593487), ci vogliono meno di 10 minuti dal parcheggio (Dislivello: 20 metri).

🚵‍♀️ I ciclisti possono percorrere senza problemi la quasi totalità del percorso, ovvero fino all’inizio del sentiero.

Alcuni operatori locali organizzano i canyoning sul Torrente Palvico, dove l’escursione culmina con la spettacolare discesa della Cascata di Pozza Malmerio. Il canyoning o torrentismo è un’attività meravigliosa da fare solo se accompagnati da guide professionali e con la necessaria attrezzatura.

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Alla scoperta del “balcone d’Italia”, panorama magico

Quanto è piacevole affacciarsi da un belvedere e ammirare un panorama che sembra uscito direttamente da un quadro? Il nostro Paese – per fortuna – è pieno di luoghi meravigliosi che permettono di scorgere paesaggi che sembrano dipinti dalle sapienti mani di un famigerato artista. Ma ne esiste uno che, dato lo spettacolo visivo che regala, è persino chiamato il “balcone d’Italia”.

Sighignola, il panorama più bello che c’è

Il posto in questione si chiama Sighignola ed è una montagna delle Prealpi Luganesi che svetta nel cieli limpidi con i suoi ben 1.320 metri di altezza. Sorge sul confine italo-svizzero, tra il comune italiano di Alta Valle Intelvi e quelli svizzeri di Arogno e Lugano. Un balcone diviso a metà, direte voi, ma la verità è che il belvedere prende vita nel nostro territorio, anche se è ovviamente possibile raggiungerlo dai versanti di entrambi i Paesi.

La meravigliosa Sighignola, infatti, rappresenta il culmine dell’altrettanto affascinante Valle Intelvi, una zona vallivola montuosa della provincia di Como che ha molto da regalare ai suoi visitatori.

Valle Intelvi cosa vedere

Fonte: iStock

Un angolo della Valle Intelvi

Come raggiungere il “balcone d’Italia”

Per raggiungere il “balcone d’Italia” e ammirare un panorama che inevitabilmente conquista il cuore di tutti i suoi ospiti, bisogna partire da Lanzo d’Intelvi, località in cui sorge persino l’unico impianto sciistico della provincia di Como.

Da qui, se si vogliono utilizzare auto o bici, bisogna intraprendere una strada di 5,5 km che è stata costruita nel 1913 da Vittorio Bertarelli, uno dei padri fondatori del Touring Club Italiano. Ma la buona notizia è che, soprattutto durante la bella stagione, è possibile attraversare un percorso a piedi gestibile persino con i bambini.

Il tragitto è segnalato da un grande cartello e percorrendolo si arriva dritti al magnifico “balcone d’Italia” in circa 20 minuti. Una volta giunti sulla cima della Sighignola, si potrà visualizzare un piazzale detto, per l’appunto, “balcone d’Italia” dove è posto anche un cartellone che racconta la storia della funivia che da Campione d’Italia doveva portate alla Sighignola. Un progetto che, purtroppo, è rimasto incompiuto.

Se invece vi trovate sul versante svizzero ma volete comunque raggiungere questo spettacolare belvedere, sappiate che per arrivarvi dovrete approfittare di un percorso dai profili completamente differenti rispetto a quelli che si trovano nel nostro lato.

Ma a prescindere dal versante che sceglierete, una volta arrivati sul “balcone d’Italia” al vostro cospetto avrete un paesaggio dalla bellezza così autentica che vi risulterà persino difficile descriverlo. Sotto ai vostri piedi ci sarà la placidità del Lago Ceresio, poi ancora quello di Lugano e, nelle giornate limpide, persino le infinità del Lago Maggiore.

Sighignola panorama

Fonte: iStock

Parte del panorama che si può scorgere dalla Sighignola, il “balcone d’Italia”

Ma non solo: si potrà ammirare anche l’elegante città svizzera di Lugano, poi ancora le linee sinuose del Monte Rosa e quelle magnetiche del Cervino. Insomma, è un vero e proprio balcone che permette di avere una visuale davvero eccezionale e unica nel suo genere, qualcosa che difficilmente si può trovare altrove.

Sulla cima della Sighignola, tra le altre cose, svetta fiera una piccola cappella che è stata edificata in memoria degli alpini caduti durante la Prima Guerra Mondiale. E se con voi avrete dei bambini, niente paura: in prossimità della balconata è stata ricavata una zona di svago proprio per loro con alcuni giochi con cui divertirsi e un’area picnic in cui concedersi un pasto mentre si ammira un panorama di sconfinata bellezza.

Inutile sottolineare che ogni stagione è in grado di regalare panorami diversi impreziositi dai colori tipici e gli eventi atmosferici classici del periodo.

Cosa vedere presso la Valle Intelvi

Se si decide di visitare il fantastico “balcone d’Italia” non si può non approfittare di questa occasione per conoscere più a fondo le tante meraviglie che racchiude la poetica Valle Intelvi.

Tra le attrazioni più peculiari ci sono, senza ombra di dubbio, i tanti piccoli borghi. Lo stesso Lanzo d’Intelvi è una vera bomboniera che, oltre a ospitare un piccolo comprensorio d’impianti di risalita per lo sci e lo snowboard e una pista per lo sci di fondo, è puntellato anche di edifici da non perdere.

Uno di questi è il Santuario della Madonna di Loreto che al suo interno conserva un seicentesco paliotto in scagliola che raffigura la Madonna di Loreto, oggetto sacro che è rappresentato anche da una statua situata alle spalle della mensa eucaristica che, a sua volta, protegge un’ulteriore opera a cui la popolazione locale è devota.

Non da meno è Villa Turconi che sfoggia particolari decorativi di notevole interesse e una serie di simboli davvero peculiari. Tra questi non si possono non nominare il serpente e la mela di Adamo ed Eva, il melograno, il cardo e la lumaca.

Un altro borgo che vale la pena visitare presso la Valle Intelvi è Pigra, luogo in cui vivono poco più di 200 anime. Si tratta di un paesino aggrappato a una montagna dove, oltre ad ammirare un panorama da sogno, si può visitare la Chiesa Parrocchiale di Santa Margherita che custodisce alcune interessanti opere d’arte, decorazioni in stucco, tele seicentesche e settecentesche e un paliotto in scagliola risalente al XVIII secolo.

Degna di nota è anche la sua piazzetta di San Rocco dove si specchiano alcune dimore con eleganti decorazioni risalenti al Settecento.

Un altro borgo che vale la pena visitare è Claino che, come purtroppo tante altre realtà del nostro Paese, è un luogo afflitto dal fenomeno dello spopolamento. Per contrastare questa problematica, due cittadine nel 2015 hanno proposto dell’amministrazione Comunale di creare un “borgo dipinto”, tanto che oggi il visitatore ha la possibilità di ammirare una sorta di museo a cielo aperto.

Le opere sono oltre 60 e si trovano in quasi la completa lunghezza del paesino. Da visitare, inoltre, è la Chiesa parrocchiale di San Vincenzo che conserva una Pietà del 1492, i dipinti delle volte di Vincenzo de Bernardi e molto altro ancora.

Infine, salutate la Valle Intelvi e le sue meraviglie da un posto davvero speciale: la panchina gigante. Sorge in località Bolla e, grazie alla sua posizione altamente suggestiva, permette di ammirare un panorama che lascia intravedere anche i profili del Lago di Como.

La Valle Intelvi con il suo “balcone d’Italia” e le altrettante attrazioni che offre – naturali e non – è un vero angolo-capolavoro del nostro Paese.

Sighignola percorso balcone italia

Fonte: iStock

Il “balcone d’Italia” in autunno
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Questo paradiso terrestre ti farà vivere un’esperienza gastronomica unica

Organizzare un viaggio in Grecia, in ogni periodo dell’anno e in tutte le stagioni, è sempre un’ottima idea. Lo è perché il Paese è caratterizzato da un patrimonio culturale, storico e naturalistico senza eguali che si snoda tra le città, i villaggi e le numerose isole sparse tra il Mar Egeo e lo Ionio.

Non è un caso che migliaia di visitatori, ogni anno, giungano da ogni parte del mondo per esplorare il territorio. Lo fanno per andare alla scoperta della culla della civiltà occidentale, per visitare la capitale, Atene, e tutte le testimonianze straordinarie di un passato grandioso, ma anche per trascorrere del tempo tra le meravigliose spiagge delle isole bagnate da un mare turchese e cristallino.

Le isole della Grecia, infatti, sono tra le mete più popolari dei vacanzieri, e i motivi sono pressoché intuibili. Le cose da fare e da vedere sono tantissime, tra queste anche quella di concedersi qualche peccato di gola. La cucina greca, infatti, è una delle più apprezzate di tutto il mondo, e in questo paradiso terrestre è possibile vivere una delle esperienze gastronomiche più incredibili di sempre. Benvenuti a Límnos.

Límnos, il paradiso selvaggio che in pochi conoscono

Come abbiamo anticipato, sono molte le persone che scelgono la Grecia, e le sue isole, per trascorrere vacanze all’insegna della grande bellezza. Santorini, Mykonos, Creta, Rodi e Corfù sono solo alcune delle destinazioni più gettonate dai turisti. Ma è proprio all’ombra di queste che si nasconde il volto più autentico del Paese, quello conservato dalla piccola isola di Límnos.

Conosciuta anche con il nome di Lemno, quest’isola è situata nell’arcipelago dell’Egeo Nord-Orientale, dove sorgono spiagge straordinarie, rocce vulcaniche, villaggi tradizionali e golfi protetti e circondati da un mare bellissimo.

Fuori dai radar del turismo di massa, Límnos è un lembo di terra affascinante e suggestivo, caratterizzato da un paesaggio frastagliato e incontaminato che permette ai viaggiatori di scoprire il volto più autentico del Paese lontano dalla folla.

Le cose da fare e da vedere qui sono tantissime, e tutte sono destinate a incantare. L’isola, infatti, è un luogo pregno di storia, di cultura e di bellezze naturali tutte da scoprire a ritmo slow. Ma c’è qualcos’altro che i viaggiatori possono fare una volta giunti su questo lembo di terra poco conosciuto: un’esperienza gastronomica unica e autentica. Indimenticabile.

Formaggio bianco Kalathaki

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Formaggio Kalathaki

L’esperienza gastronomica più straordinaria di sempre

Non è solo un’isola da ammirare in tutto il suo splendore, Límnos infatti è una terra fertile che ha permesso alla gente locale di produrre alcuni prodotti genuini che vengono utilizzati per ricreare le ricette della tradizione culinaria del Paese.

Dalle coltivazioni locali, infatti, nascono prodotti come formaggio, olive, miele e vino, ingredienti preziosi che soddisfano le esigenze di tutti i buongustai che non vogliono rinunciare a deliziare il palato quando sono in viaggio.

Impossibile resistere all’ampia selezione di formaggi locali. Tra quelli da provare ci sono il melichloro e il kalathaki che accompagnano la più celebre e conosciuta feta.

Il pesce è grande protagonista delle tavole di tutta la Grecia, e l’isola di Límnos non fa eccezione. Al polpo, ai calamari e ai gamberoni si affiancano anche i più caratteristici piatti di carne come il souvlaki di maiale, meglio ancora se accompagnato dall’iconica salsa tzatziki.

Prendetevi tutto il tempo per gustare lentamente tutte le portate: l’esperienza culinaria, qui, è davvero sorprendente. Il vostro palato vi ringrazierà.

Ristoranti con vista mare a Myrina, Límnos

Fonte: iStock

Ristoranti con vista mare a Myrina, Límnos
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Il Paese di Oz esiste davvero e si trova nella campagna inglese

Esistono alcuni luoghi che da sempre occupano un posto speciale nell’immaginario collettivo. Si tratta dei paesaggi onirici e surreali che hanno fatto da sfondo alle nostre fiabe preferite, gli stessi che ci hanno spinto in lungo e in largo alla ricerca di destinazioni che, grazie a Madre Natura o all’intervento dell’uomo, gli somigliassero in qualche modo.

Tra questi c’è anche il Paese di Oz, il regno immaginario creato da L. Frank Baum che ha fatto da sfondo agli omonimi libri e a tutte le opere derivate. Un luogo formato da quattro regioni, distinte per colori differenti e governato da quattro streghe, due buone e due cattive.

La storia del mago di Oz la ricordiamo tutti, così come conosciamo la Città di Smeraldo, dove tutto è colorato di un verde cangiante, e la regione popolata dai Vermiglioni che, invece, è caratterizzata da infinite sfumature di rosso. Quello che non tutti sanno, però, è che il Paese di Oz esiste davvero e si trova nel cuore di Buckinghamshire.

Benvenuti nella magica terra di Oz

È successo tutto all’improvviso e inaspettatamente negli scorsi giorni: la magica terra di Oz è comparsa nel bel mezzo della campagna del Buckinghamshire lasciando attoniti cittadini e viaggiatori. A differenza di quanto si può pensare, però, nessun incantesimo è stato lanciato nella contea inglese, ma anche se c’è una spiegazione la visione è comunque incantata e straordinaria.

Per ammirare il vero Paese di Oz dobbiamo recarci nel territorio dell’Inghilterra sud-orientale, nel bel mezzo della campagna del Buckinghamshire e più precisamente nel villaggio di Ivinghoe. È qui che da qualche giorno è possibile osservare una magica cittadina caratterizzata da minuscoli cottage disposti uno al fianco dell’altro e contraddistinti da tetti di paglia colorati.

Se quello che gli occhi vi restituiscono è un’immagine familiare non vi state sbagliando, perché si tratta proprio del villaggio dei Mastichini ricreato minuziosamente per diventare il set cinematografico del film “Wicked”.

Il Paese di Oz è comparso come per magia nel cuore della campagna inglese

Fonte: http://www.SplashNews.com 2023/ IPA

Il Paese di Oz è comparso come per magia nel cuore della campagna inglese

Wicked: il set cinematografico in Inghilterra è straordinario

I produttori di Wicked, adattamento cinematografico dell’iconico musical di Broadway, hanno scelto il villaggio di Ivinghoe per trasformarlo in un regno incantato che assomiglia, per forme, lineamenti e colori al Paese di Oz.

Le prime fotografie diffuse mostrano un set caratterizzato dall‘iconica strada di mattoni gialli che attraversa il villaggio colorato dei Mastichini.

Proprio lì nelle prossime settimane si susseguiranno le riprese del film Wicked, prodotto dalla Universal Pictures e interpretato da Ariana Grande che indosserà i panni di Glinda. La pellicola che riprende in parte il Mago di Oz di Frank Baum racconterà la storia dal punto di vista delle streghe.

In attesa di correre al cinema per guardare il film, e lasciarsi suggestionare da una delle storie più celebri che ci ha tenuto compagnia quando eravamo solo dei bambini, i cittadini e i viaggiatori che giungeranno a Buckinghamshire nei prossimi mesi, e fino al 4 agosto, potranno ammirare il villaggio di Oz. E davanti a quello tornare a sognare.

Il magico paese di Oz campagna del Buckinghamshire

Fonte: http://www.SplashNews.com 2023/ IPA

Il magico paese di Oz si trova nel cuore della campagna del Buckinghamshire

 

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In Italia è stato scoperto quello che si crede essere un antico castello

Alcune scoperte avvengono per puro caso, e sono sempre le più sorprendenti: proprio in questi giorni, durante dei normali lavori di ristrutturazione all’interno di una chiesa, sono emersi dei resti che potrebbero appartenere ad un antico castello. Tutto ciò è avvenuto in Sardegna, e gli esperti stanno studiando le rovine appena tornate alla luce per fare chiarezza sulla questione. Vediamo di che cosa si tratta.

Sardegna, trovati resti di un antico edificio

Doveva essere una normalissima ristrutturazione, ma si è trasformata nel teatro di una sensazionale scoperta che non ha precedenti. A Cabras, grazioso borgo della Sardegna che sorge lungo la costa occidentale dell’isola, sono stati trovati i resti di un edificio che potrebbe essere un antico castello. Nelle ultime settimane, hanno avuto inizio i lavori presso il cantiere aperto all’interno della Chiesa di Santa Maria Assunta, capolavoro barocco del XV secolo situato nel centro storico del paese. Secondo quanto previsto dal progetto di riqualificazione, gli operai hanno rimosso il pavimento delle cappelle laterali per sostituirlo con il marmo. Durante questa operazione, tuttavia, si sono accorti che sotto le mattonelle si nascondeva la base muraria di un edificio molto più antico.

I lavori si sono immediatamente fermati, e gli esperti stanno ora cercando di capire a che struttura appartengano questi resti. Il comune ha infatti chiesto subito l’intervento della Soprintendenza, che dal primo sopralluogo ha ipotizzato qualcosa di sorprendente. “Durante i lavori di rifacimento della pavimentazione lungo le cappelle laterali della chiesa sono emersi alcuni allineamenti murari concentrati nel settore settentrionale dell’edificio. Una delle nuove strutture individuate sembra essere pertinente ad una fase edilizia antecedente ai grandi e profondi interventi di rifacimento otto-novecenteschi” – ha spiegato l’archeologa Maura Vargiu – “Ora si procederà a documentare le murature emerse in modo da acquisire tutte le informazioni utili a chiarire la cronologia”.

Scoperto (forse) l’antico castello degli Arborea

Quello che hanno trovato sotto il pavimento della Chiesa di Santa Maria Assunta potrebbe essere l’antico castello degli Arborea. A chi sarebbe appartenuto? I giudici d’Arborea furono i sovrani dei territori sardi centro-occidentali, e una delle figure di spicco fu Eleonora d’Arborea. Nata in Catalogna, si presume che trascorse tutta la sua vita tra Spagna e la Sardegna, ma non si è mai saputo con certezza quali fossero le sue residenze principali. A Oristano, probabilmente visse in una casa-fortezza situata nel luogo dell’ex carcere della città. Numerose altre fonti, tuttavia, fanno riferimento ad un’abitazione a Cabras. Potrebbe trattarsi di quello che, storicamente, viene chiamato il castello di Masone de Capras.

I suoi resti sarebbero presenti proprio nei pressi della chiesa – che, a questo punto, potrebbe essere la cappella stessa del castello. Secondo alcune testimonianze, qui Eleonora avrebbe passato le sue estati. Ma resta ancora da dimostrare che le mura emerse nel corso dei recenti lavori siano davvero appartenenti a questo misterioso castello. Per il momento, gli esperti non possono fare che ipotesi. E il cantiere rimane fermo: “In generale viene prima verificata l’entità della scoperta venuta alla luce, per poi capire se continuare a scavare oppure mettere in sicurezza il bene e garantire la fruibilità dell’edificio” – ha dichiarato la soprintendente Monica Stochino.

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Fosse Dionne, il mistero del “pozzo senza fondo” in Francia

Ci sono luoghi al mondo che hanno assunto un’atmosfera quasi magica, circondati da un alone di mistero e da tantissime leggende (spesso inquietanti e drammatiche): uno di questi è Fosse Dionne, una sorgente sotterranea naturale che ha dato vita ad un vero e proprio “pozzo senza fondo”. In Francia è diventata un’attrazione molto popolare tra i turisti, cosa che ha senza dubbio giovato al piccolo villaggio presso cui si trova questa polla d’acqua. Ma le sue origini sono ancora avvolte nelle nebbie, aumentando così il suo fascino.

Fosse Dionne, il “pozzo senza fondo”

Siamo a Tonnerre, un piccolo borgo francese situato tra le campagne della Borgogna: qui i turisti possono ammirare Fosse Dionne, una sorgente carsica alimentata dalle acque piovane che scendono dalle colline circostanti, le quali si infiltrano tra gli strati calcarei dell’altopiano carsico su cui si trova il villaggio, per poi riemergere all’interno del pozzo. C’è inoltre almeno un fiume sotterraneo ad aggiungere la sua acqua alla sorgente risorgiva, sebbene su questo non si sia ancora fatta chiarezza. In effetti, le origini di Fosse Dionne sono tutt’oggi un mistero inesplorato.

Sappiamo che un tempo il pozzo veniva considerato sacro: il suo stesso nome è l’evoluzione di “Divona”, che significa divino. In epoca romana, la sorgente veniva utilizzata per rifornire d’acqua l’Oppidum di Tornodurum, e solo in seguito attorno ad essa si è sviluppato l’insediamento che sarebbe poi stato chiamato Tonnerre. Secondo alcune testimonianze, uno dei primi riferimenti a Fosse Dionne risale attorno al 600 d.C., quando San Jean de Rèome giunse in loco per ripulire quella che all’epoca era solamente una palude inutilizzabile, per rendere la sua acqua potabile.

Nei periodi successivi, il pozzo venne trasformato in un lavatoio: nel 1758, Louis d’Éon vi costruì attorno un lavabo circolare dal diametro di 14 metri, ma anche una galleria rivestita di piastrelle e sostenuta da piccole colonne scure, affinché le lavandaie fossero protette dalle intemperie durante il loro lavoro. Vennero poi aggiunti anche dei piccoli camini, per fornire la cenere necessaria alle lavandaie (ai tempi, così si faceva il bucato). Nel 1920, Fosse Dionne venne dichiarato monumento storico e ancora oggi attira tantissimi visitatori in Francia.

Le misteriose leggende di Fosse Dionne

Il mistero attorno alle origini di questa sorgente ha portato inevitabilmente alla nascita di numerose leggende. C’è chi, in passato, riteneva che fosse una sorta di passaggio verso un altro mondo, e si narra persino che San Jean de Rèome vi condusse una lotta epica contro il basilisco che ne abitava le profondità, riuscendo infine a sconfiggerlo e a bonificare il pozzo. Al di là della presenza di serpenti giganti che si nasconderebbero tra le sue acque, Fosse Dionne rimane comunque un’incognita. Nessuno sa quanto la sorgente sia profonda, né dove conduca realmente.

La fossa si apre in una camera sommersa, il cui ingresso è visibile dalla superficie. La grotta è stata esplorata in diverse occasioni, sebbene si tratti di un’impresa difficilissima: stretti passaggi e sifoni profondi, che richiedono abilità nelle immersioni e svariate soste di decompressione, hanno messo alla prova anche i più esperti. La prima spedizione di cui abbiamo testimonianza è stata effettuata nel 1955, e in seguito numerosi altri esploratori ci hanno riprovato, alcuni non facendo più ritorno. Dopo questi incidenti mortali, le immersioni sono state rigorosamente regolamentate.

L’ultimo ad aver tentato la missione è stato il sommozzatore francese Pierre-Éric Deseigne, che si è tuffato nelle acque di Fosse Dionne nel 2019: in quell’occasione è riuscito a raggiungere una profondità di quasi 80 metri, senza però avvistare alcuna traccia di un fondale. Nonostante abbia così superato il precedente record di immersione, detenuto dal collega Patrick Jolivet, non si è minimamente avvicinato a svelare il mistero di questo pozzo senza fondo.

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Si torna a viaggiare, ma il problema ora è (di nuovo) l’overtourism

Prima che scoppiasse la pandemia, erano già parecchi i luoghi colpiti dal fenomeno dell’overtourism, l’eccesso di visitatori che rende un posto difficile da visitare e da godere. Per circa tre anni non eravamo più abituati a stare in mezzo alla folla, ma ora che la paura del Covid è praticamente finita, i turisti sono tornati a riversarsi in massa in alcune località.

Lo abbiamo visto in occasione del primo ponte dell’anno, quello delle vacanze di Pasqua, quando migliaia di turisti hanno riempito i piccoli borghi delle Cinque Terre, si sono ammassati alle stazioni ferroviarie dei trenini che collegano Manarola, Vernazza, Monterosso e Corniglia e ne hanno affollato i vicoletti. Stessa situazione nelle città d’arte, da Venezia a Firenze per molti è stato incubo. E lo è anche per gli abitanti, che di turismo non vivono, ma che ne devono pagare le conseguenze.

Le possibili soluzioni

Era meglio prima allora? Basterebbe trovare il modo di contenere i flussi. C’è chi pensa a un ticket d’ingresso come ha fatto il Comune di Venezia per disincentivare la massa ad andare in un luogo o a un numero chiuso con tanto di preregistrazione online, come accade su molte spiagge della Sardegna. In entrambi i casi, c’è chi storce il naso perché tutti hanno diritto di muoversi liberamente senza sentirsi rifiutati e quindi con un effetto controproducente per i Comuni.

C’è chi chiede a gran voce una legge speciale per frenare l’overtourism, tornato in maniera prepotente nel weekend pasquale e che potrebbe ripresentarsi in occasione dei prossimi ponti (25 aprile, 1° maggio, 2 giugno), quando la bella stagione invoglierà molti a mettersi, giustamente, in viaggio.

A Portofino, per esempio, saranno istituite due zone rosse per i pedoni, nelle quali sarà proibito stazionare se non scattare una foto velocemente, pena una multa salata (fino a 275 euro).

Il punto di vista delle istituzioni

Sul campo è scesa il ministro al Turismo Daniela Santanché che vorrebbe risolvere la questione in modo diverso, senza alcun numero chiuso nei centri più affollati, proponendo di alzare i prezzi per alcuni beni culturali e musei facendo così una selezione sulla base delle disponibilità economiche. In un’intervista rilasciata al Messaggero avrebbe spiegato che “L’overtourism è un problema globale e le persone che si muovono stanno aumentando in maniera esponenziale. Le località da visitare in Europa sono più o meno sempre le stesse. Penso alle città d’arte, a Roma, Venezia, Firenze, ma non solo. Si è sempre pensato al numero di teste per dare i dati del turismo, oggi dobbiamo pensare invece alla spesa media di ogni visitatore. E su questo i nostri numeri sono più bassi di altri Paesi europei. Ecco perché dico che bisogna alzare l’asticella, lo standard dei servizi. Personalmente non trovo che il numero chiuso possa essere una soluzione per salvaguardare le città d’arte mentre è giusto quello che sta facendo il ministro della cultura Gennaro Sangiuliano che sta alzando i prezzi per alcuni beni culturali e musei. Non può essere che la Torre di Pisa costi meno della Tour Eiffel o che gli Uffizi costino meno del Louvre, vista anche la voglia che c’è di Italia”.

Per discutere di overtourism e di turismo sostenibile si è tenuto di recente un vertice in Albania in collaborazione con l’Organizzazione Mondiale del Turismo, dove si sono incontrati i delegati di 40 Paesi, tra cui l’Italia con la nostra Agenzia Nazionale del Turismo (ENIT) e capire come migliorare l’impatto dei flussi turistici. Tra le ipotesi, un contingentamento dei flussi e l’accesso al patrimonio artistico culturale oltre alla valorizzazione di aree meno note e al potenziamento delle infrastrutture.

Un problema globale

Ma il problema non è solo in Italia. Prima della pandemia avevano chiuso al turismo alcuni luoghi simbolo in tutto il mondo. Basti pensate alla celebre Maya Bay, la spiaggia della Thailandia dove è stato girato il film con Lonardo DiCaprio “The Beach” sulla quale, a un certo punto, si era arrivati a contare milioni di persone che vi si riversavano. O all’isola di Komodo, uno dei luoghi più caratteristici dell’Indonesia che accoglieva migliaia di turisti ogni anno. Nel 2020, grazie a un provvedimento emanato dal governo indonesiano, il sito era stato al pubblico per tutelare il famoso varano, il “drago” di Komodo. O ancora, Uluru (Ayers Rock) in Australia, il monolite di arenaria dal caratteristico colore rosso che spunta nel deserto, considerato un luogo sacro per la popolazione aborigena e che ha vietato ai turisti di scalarlo come erano soliti fare prima. O ancora, per tornare in Italia, in nostro Lago di Braies, divenuto famoso per essere stato il set di una seguitissima fiction Tv, che d’estate è accessibile a un numero limitato auto e che ha organizzato, da qualche anno, un servizio di navette per raggiungerlo.

Potrebbe essere quest’ultima la soluzione migliore, offrendo un servizio comodo e puntuale per consentire a tutti di godere di un luogo? Secondo noi sì.

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Puoi entrare in un’opera d’arte e attraversare l’arcobaleno

Sono scrigni delle meraviglie, sono i protettori di tesori, oggetti, capolavori e storie che riguardano le culture e le tradizioni di città, Paesi e popolazioni, dell’umanità intera, sono i luoghi sacri alle Muse, le protettrici delle arti e delle scienze. Sono i musei del mondo, luoghi da conoscere e da esplorare.

Indipendentemente dalle dimensioni, dalle origini e dalle destinazioni, vale sempre la pena inserire una visita a un museo nei nostri itinerari, perché sono proprio questi a raccontarci l’anima dei luoghi che visitiamo. Alcuni edifici, poi, sono così straordinari, per forme, lineamenti e collezioni, che valgono da soli il viaggio.

Tra i musei da visitare almeno una volta nella vita c’è sicuramente l’ARoS Aarhus Kunstmuseum situato nella città di Aarhus in Danimarca. Non solo perché è uno dei più grandi musei di tutta Europa ma anche perché è qui che si può vivere una delle esperienze più incredibili di sempre: entrare in un’opera d’arte e attraversare l’arcobaleno.

Your Rainbow Panorama

I musei, dicevamo, non solo solo spazi espositivi che ospitano mostre permanenti o temporanee, ma sono dei veri e propri gioielli da conoscere e da esplorare. Dei capolavori artistici e architettonici da contemplare, conoscere e attraversare.

L’ARoS Aarhus Kunstmuseum è uno di questi. Fondato nel 1985, il museo ha inaugurato la sua nuova e attuale sede nell’aprile del 2004, mostrandosi al mondo intero con un edificio grandioso che si snoda su una superficie di oltre 20.000 metri quadrati e che ospita ben 10 piani. Progettato dallo studio di architettura Schmidt Hammer Lassen, l’ARoS Aarhus Art Museum è oggi considerato uno dei più grandi e importanti musei d’arte moderna di tutto il nord Europa.

Al suo interno sono ospitate numerose mostre, permanenti e temporanee. Non mancano un negozio d’arte, una caffetteria e un ristorante. La vera attrazione dell’edificio però, come lo sguardo stesso può confermare, si trova in cima alla struttura. Nel 2011, infatti, è stata aggiunta una passerella sospesa e circolare, si tratta di Your Rainbow Panorama, un’installazione firmata dall’artista Ólafur Elíasson, che rende l’esperienza all’interno del museo davvero unica.

Your Rainbow Panorama

Fonte: 123rf

Your Rainbow Panorama

Un arcobaleno da attraversare: l’esperienza da sogno

Una visita all’ARoS Aarhus Kunstmuseum, dicevamo, è qualcosa che tutti dovremmo concederci almeno una volta nella vita. Non solo per ammirare i tesori conservati, ma anche perché è qui che è possibile entrare all’interno di un’opera d’arte e attraversare l’arcobaleno.

Your Rainbow Panorama, infatti, è proprio questo. Un arcobaleno circolare e sospeso, situato a 50 metri d’altezza che offre la possibilità di vivere un’esperienza mozzafiato. L’installazione, caratterizzata da una vetrata circolare formata da pannelli di colori differenti, affaccia direttamente sulla città consentendo ai visitatori di ammirare gli scorci più spettacolari di Aarhus che si aprono passo dopo passo.

Camminando all’interno dell’opera, e guardando verso l’esterno, si ha come l’impressione di trovarsi proprio dentro un arcobaleno. E se l’esperienza è incredibile a ogni ora del giorno, è di notte che diventa magica. Quando il sole lascia spazio al crepuscolo, infatti, i soffitti bianchi si illuminano rendendo il complesso un arcobaleno fluttuante che annulla i confini visibili tra gli interni e gli esterni. È in quel momento che i visitatori possono diventare i protagonisti di un’opera d’arte effimera e straordinaria.

Your Rainbow Panorama, l'installazione permanente all'ARoS Aarhus Kunstmuseum

Fonte: iStock/Jens-Jensen

Your Rainbow Panorama, l’installazione permanente all’ARoS Aarhus Kunstmuseum