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Benvenuti nella città greca dove non sembra di stare in Grecia

C’è sempre un buon motivo per organizzare un viaggio in Grecia in qualsiasi periodo dell’anno. Del resto le cose da fare e da vedere sono tantissime: le acque turchesi e cristalline che circondano tutto intorno le isole, i siti archeologici, storici e leggendari, e le tradizioni meravigliose che si tramando da secoli. La verità è che questo Paese non smette mai di stupire, affascinare e incantare i viaggiatori provenienti da ogni parte del mondo.

Eppure c’è un luogo qui che non ha nulla a che fare con quegli scenari da cartolina che ben conosciamo. Qui non ci sono le casette bianche o le cupole blu che tanto ci piace fotografare, non ci sono neanche le stradine acciottolate dove si affacciano botteghe, ristorantini e piccole chiese. Qui non c’è neanche il mare.

Eppure Ioànnina, così insolita e diversa, è una città straordinaria che merita di essere scoperta. Un luogo lontano dai sentieri più battuti dal turismo di massa che conserva una storia incredibile che vive e sopravvive in quelle ricchissime testimonianze che caratterizzano le strade e i quartieri, tutto il territorio. Pronti a partire?

Benvenuti a Ioànnina

Un viaggio a Ioànnina si traduce in un’esperienza al di fuori dell’ordinario, un’avventura sicuramente insolita che non assomiglia a nessun’altra. Questa città, immersa nella Grecia Continentale, ha una storia affascinante, seducente e suggestiva legata indissolubilmente alla figura di un eccentrico sovrano e dell’Impero Ottomano.

Lontano dalle Isole Cicladi, che distano da Ioànnina migliaia di chilometri, e dalla capitale del Paese, questa città non offre un’esperienza standardizzata come quelle che troviamo negli altri luoghi turistici, ma offre un itinerario storico e culturale, affascinante e seducente che ci catapulta in un mondo lontano e diverso da quello che conosciamo.

La città, come abbiamo anticipato, non è bagnata dal mare, ma sorge sulle rive del lago Pamvotida che crea uno scenario quasi fiabesco. Capoluogo della regione dell’Epiro, Ioànnina è circondata tutto intorno dalla natura che regna sovrana. L’azzurro delle acque lascia il posto al verde lussureggiante e selvaggio che si alterna a canyon, ai fiumi e ai laghi.

E a proposito di fiumi, da qui è possibile andare alla scoperta dell’Acheronte, il corso d’acqua che nella mitologia greca veniva attraversato da Caronte per trasportare le anime dei morti dell’aldilà.

Rovine della biblioteca ottomana, Ioànnina

Fonte: iStock

Rovine della biblioteca ottomana, Ioànnina

Cosa fare e cosa vedere

Ioànnina è legata indissolubilmente alla figura di Alì Pascià Tepeleni, politico e militare albanese che creò, tra Grecia e Albania, un regno quasi indipendente dall’Impero Ottomano. La sua fama era così tanta che furono molti i personaggi illustri che giungevano a corte, tra cui anche Napoleone. La sua figura è descritta anche nel romanzo Il conte di Montecristo.

Sotto il suo controllo Ioànnina conobbe il massimo del suo splendore, ma tanto era il potere del sovrano che il sultano Mahmud II decise di stroncare la sua ascesa. Ali Pascià fu così ucciso e la sua testa consegnata al sultano. I resti del suo corpo, oggi, sono conservati in città. A lui è dedicato anche un Museo sul vicino isolotto di Nissi.

La storia, suggestiva e anche un po’ tragica, ci porta quindi nel cuore di Ioànnina che oggi pulsa ancora all’interno della cerchia muraria. È qui che sono ospitati tutta una serie di tesori del passato come le rovine della biblioteca ottomana, l’antica sinagoga e le case storiche che sono state trasformate in boutique hotel.

Tutto intorno, invece, è possibile ammirare visioni straordinarie che offrono prospettive sul passato e sul presente. E a proposito di scorci meravigliosi, imperdibile è il lago Pamvotida che caratterizza l’intero panorama della città.

Il lago, che affonda le sue origini in oltre 20000 anni fa, offre degli scorci fiabeschi e incredibili che si possono ammirare passeggiando tra le strade che lo circondano. Lo stesso lago, però, si può anche attraversare per raggiungere la piccola isola di Nissi che ospita alcune dei monasteri bizantini più belli del territorio.

Moschea Fethiye, tomba di Ali Pasha. Ioànnina

Fonte: iStock

Moschea Fethiye, tomba di Ali Pasha. Ioànnina
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Per la prima volta è stata scavata una tomba legata a Re Artù

Quella che si ritiene un’antichissima tomba neolitica (risalente a 5 mila anni fa) è stata scavata per la prima volta nei giorni scorsi. Un luogo che si sostiene sia legato al leggendario Re Artù, a tal punto che è più comunemente conosciuta come la Pietra di Artù.

Perché sono stati condotti questi scavi

Ci troviamo nell’Herefordshire, al confine tra Inghilterra e Galles, e proprio qui un gruppo di archeologi e volontari sta conducendo uno scavo che ha l’obiettivo di svelare i misteri di questa straordinaria tomba.

L’annuncio dell’avvio di questo interessante progetto è stato pubblicato sul sito dell’Università di Manchester il cui team di esperti sta collaborando con English Heritage per rimuovere l’erba cresciuta sul complesso neolitico, al fine di raccogliere i primi reperti e avere la possibilità di analizzarli e studiarli.

La scoperta di questo antico sito è tutto fuorché recente. Eppure, soltanto ora, si è deciso di scavare a fondo per comprendere meglio non solo uno dei siti preistorici più antichi del Regno Unito, ma anche uno dei luoghi più misteriosi e leggendari di tutto il Paese.

Al momento, infatti, non vi è nemmeno la certezza che questa pietra sia una tomba neolitica. A sostenerlo sono diversi esperti che ritengono che gli abitanti del luogo vi inumassero i defunti fino alla loro completa decomposizione, prima di estrarre le ossa. Supposizione che non si può dare per sicura poiché, fino ad ora, non è stato trovato nulla che lo dimostrasse, probabilmente a causa di furti e razzie.

Nel dettaglio: le ricerche condotte hanno rivelato che questo luogo potrebbe essere parte di un più grande complesso funerario e che tale cumulo di pietra, come gli altri rinvenuti a pochi chilometri di distanza, avrebbero sostituito un edificio in legno (camera dei morti) tipico dei cimiteri europei risalenti al Neolitico.

Considerando che nei siti adiacenti sono riemersi resti di scheletri umani, scaglie di selce, punte di freccia, ceramiche e altri manufatti, questi nuovi scavi potrebbero rivelare delle interessanti sorprese.

Il legame di questo sito con Re Artù

Ma perché questo sito è considerato legato al leggendario Re Artù? Le colline dell’Herefordshire sono sin da sempre un luogo ricco di storia poiché proprio qui si trovano alcuni dei monumenti preistorici più importanti e antichi di tutto il Regno Unito. Nel corso dei secoli si è fantasticato sulle leggende legate ai grandi condottieri, ma anche su alcune storie che riguardano Re Artù.

C’è una leggenda, infatti, che narra che proprio qui il sovrano uccise un gigante, dopo un durissimo scontro corpo a corpo. Pare che nel momento in cui questa enorme creatura esalò il suo ultimo respiro, a causa dei colpi inferti dal Re, lasciò un’impronta col gomito su una delle pietre creando, di conseguenza, un legame eterno tra Artù e questo posto misterioso e sacro.

Al di là di questi misteri, il progetto di scavo ha anche un altro scopo: avvicinare le persone alla storia e all’archeologia, provando a coinvolgerle in prima persona nelle attività degli studiosi.

Non resta che attendere l’evolversi di questi lavori di ricerca per capire se le ipotesi formulate fino a questo momento siano vere e per scoprire su questo straordinario sito molto altre informazioni in più.

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castelli Posti incredibili Viaggi

Questo castello è un piccolo gioiello nascosto tra i monti

L’Italia è un Paese pieno zeppo di castelli. Ce ne sono nei piccoli borghi medievali, nei centri storici delle città, lungo i confini. dappertutto. Alcuni sono molto famosi, altri quasi sconosciuti.

Solo in Alto Adige se ne contano all’incirca 800. Di questi, molti sono musei, altri hotel, altri ancora ristoranti. Ma ce n’è uno, piccolissimo, nascosto in una valle poco frequentata, che è un vero gioiello e che abbiamo visitato in esclusiva per voi.

Che qualcuno spalanchi l’antico portone di legno di un castello apposta per voi è una sensazione di privilegio unico e indescrivibile. Ed è quanto è accaduto quando abbiamo visitato, fuori orario, Schloss Welsperg, il Castello di Monguelfo, in provincia di Bolzano.

Questo delizioso castello medievale, con tanto di mura merlate, feritoie (alcune molto nascoste), torre e ponte d’accesso (un tempo c’era un ponte levatoio ma ora non serve più) costruito su uno sperone di roccia, spunta a ridosso della montagna in mezzo alla fitta vegetazione della Val Casies, una piccola valle laterale della Val Pusteria, lunga solamente una ventina di chilometri e che termina difronte a una montagna al di là della quale c’è già l’Austria.

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Fonte: ©TV Gsieser Tal Kamilla Photography

Schloss Welsperg, il Castello di Monguelfo

Brunhilde Rossi Agostini, la “castellana”, responsabile del Comitato del Castello di Monguelfo per conto del proprietario – il castello è infatti privato – è praticamente cresciuta tra le spesse mura di questo luogo ricco di storia, di fascino e anche di mistero, dove la madre era a servizio. Lo conosce come le sue tasche. Snocciola fatti, curiosità e persino racconti di fantasmi. Ma andiamo per ordine.

Il Castello di Monguelfo

Il primo documento in cui si parla di Schloss Welsperg risale al 1126. Fu costruito dai Signori di Welsperg e rimase il loro castello per ben 800 anni. Aveva uno scopo amministrativo per tutte le terre di proprietà (ed erano moltissime) e di giudizio.

Nel primo decennio del 1900, quando la famiglia si estinse, il castello passò nelle mani dei Conti Thun-Hohenstein-Welsperg, tuttora proprietari di questo meraviglioso luogo.

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Fonte: @SiViaggia – Ilaria Santi

Il cortile interno del Castello di Monguelfo

Un gioiello in miniatura

Il Castello di Monguelfo sembra uscito da un libro di fiabe. Benché le dimensioni siano davvero ridotte, non manca nulla rispetto a ciò che ci si aspetterebbe di trovare in un castello. Una volta entrati, ci si trova in un piccolo cortile di pietra con la fontana dove, ancora oggi, si attinge l’acqua potabile che arriva direttamente dalle sorgenti della Val Casies. Il mastio, che rappresenta il cuore del castello, alto 40 metri, oltre essere una torre di vedetta, fungeva anche da segreta dove venivano rinchiusi i prigionieri. E’ la parte più antica.

Il piccolo castello in realtà è pieno di stanze, alcune anche molto grandi. C’è la grande cucina col tetto ancora nero di fuliggine dove veniva fatta affumicare la carne, la grande dispensa e quella piccola, che serviva per i prodotti freschi come latte, burro e formaggio, le cantine a ridosso della montagna, con la roccia a vista che si è formata circa 100mila anni fa.

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Fonte: @SiViaggia – Ilaria Santi

Gli interni del castello così com’erano nel Medioevo

Dal cortile, una piccola scala conduce alla cappella privata dedicata a San Giovanni, ricavata in un angolino del castello e quindi dalla pianta asimmetrica. Durante alcuni recenti lavori di restauro, sono venuti alla luce alcuni meravigliosi dipinti rimasti per secoli nascosti dietro l’intonaco bianco e risalenti al 1540 circa.

Il piano superiore dell’edificio ospita gli appartamenti privati con camere e salotti. La stanza più grande è la Sala dei cavalieri, dove i Signori incontravano gli ospiti e dove oggi si svolgono concerti, esposizioni e rappresentazioni teatrali. Poi c’è la “stube del Conte”, una stanza che esiste ancora oggi in molte delle antiche case altoatesine. Completamente rivestita di legno e con una grande stufa di porcellana a riscaldare l’ambiente, è sempre stato l’ambiente più caldo dove si raccoglieva la famiglia nei freddi inverni. E poi ci sono le camere da letto.

Dietro l’edificio si trova un grande giardino, che ospita anche un orto di erbe aromatiche e medicinali che tutt’oggi vengono raccolte per ricavarne creme e tisane. In questo ampio spazio all’aperto d’estate si organizzano concerti.

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Fonte: @SiViaggia – Ilaria Santi

Le mura merlate del Castello di Monguelfo

Quando è possibile visitarlo

Il castello non è sempre aperto, ma solo in certi periodi e per alcune occasioni speciali. Lo si può visitare tra luglio e la metà di settembre dalle 10 alle 16, la domenica dalle 14 alle 18, mentre è chiuso il sabato. Dal 5 al 16 settembre apre solo due ore al giorno, dalle 13.30 alle 15.30, mentre fino al 28 ottobre lo si può visitare solo il giovedì, sempre dalle 13.30 alle 15.30.

Nel periodo estivo vengono organizzati concerti serali a lume di candela, che creano un’atmosfera davvero suggestiva, riportando il visitatore indietro nei secoli. L’ingresso al castello, con la visita guidata in compagnia della signora Brunhilde che racconta non solo la storia ma anche tutti gli aneddoti legati al castello, costa 3 euro, mentre per prendere parte agli eventi il biglietto costa 10 euro.

I sentieri del castello

Si può raggiungere il Castello di Monguelfo in auto, ma merita anche una bella passeggiata che parte dalla cittadina di Monguelfo, la più grande della Val Casies. La valle è famosa per i suoi numerosi sentieri e quelli che portano al castello sono tra questi. I sentieri per arrivarci, infatti, sono due, il Grande giro del castello (lungo 6 chilometri) e il Piccolo giro del castello (2,5 km). Sono entrambi due anelli che fanno tappa al castello, ma sono l’occasione per scoprire questa valle, una laterale della più nota Val Pusteria, ancora poco conosciuta e frequentata dal turismo di massa.

Grande giro del castello

La passeggiata più lunga parte dall’ufficio turistico di Monguelfo, passa dal centro del paese e, oltrepassato il padiglione della musica, prosegue verso il ponte che attraversa il Rio di Casies. Seguendo l’indicazione “Grande giro del castello” non si può sbagliare. Dopo una breve salita e un giro tra i prati e il bosco si giunge a Schloss Welsperg. Lungo il cammino meritano una sosta anche i resti di un altro castello che fu distrutto da un incendio, il rudere Thurn. Il giro dura meno di due ore.

Piccolo giro del castello

Molto più corto e breve – dura meno di un’ora – è l’anello che parte sempre dall’ufficio del turismo di Monguelfo, attraversa le case e la scuola del paese e che sale leggermente fino a raggiungere il castello direttamente. Per tornare al punto di partenza, si superano alcuni tornanti, il bosco e il ponte sul Rio Casies.

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Fonte: ©TV Gsieser Tal Harald Wisthaler

Lungo i sentieri del castello
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Questo villaggio è l’Amalfi del Regno Unito. Ma per visitarlo devi pagare

Esistono luoghi del mondo così belli e suggestivi che sembrano quasi surreali. Spesso, però, ignoriamo la loro esistenza perché questi sono lontani dai radar turistici e dalle destinazioni più frequentate dai viaggiatori di tutto il mondo. E per questo motivo ancora più straordinari.

Ed è proprio in uno di questi luoghi che vi vogliamo portare oggi. Un villaggio pittoresco, straordinario e inaspettato situato a Devon, sulla penisola di Cornovaglia. Un luogo che ha stregato viaggiatori, avventurieri e scrittori come Wilkie Collins e Charles Dickens.

Il suo nome è Clovelly Village, e tanto è il fascino che gli appartiene che è stato ribattezzato l’Amalfi del Regno Unito. Un luogo dove non ci sono macchine, caos e traffico, dove i trasporti dei beni primari sono affidati agli asini. Un posto dove la vita scorre lenta seguendo solo il ritmo scandito dalle onde del mare. Ma prima di entrare, bisogna pagare.

Clovelly Village

Immerso in un paesaggio straordinario, che ha rubato alla natura i suoi colori più belli, troviamo Clovelly Village, un delizioso villaggio di appena 300 anime, situato nell’affascinante contea di Devon. È qui che, sulla costa settentrionale, si può ammirare questo luogo da cartolina, un piccolo paese con case antiche e strade acciottolate che sembra uscito da un libro di fiabe.

L’Amalfi dell’Inghilterra, lo chiamano, e in effetti il fascino e la suggestione che gli appartengono rimandano proprio alla città costiera italiana.

Perché Clovelly Village merita una visita ve lo spieghiamo subito. Il villaggio è posizionato a picco sul mare che, con le sue mille sfumature di blu, bagna la terra dove si adagiano le case dei pescatori. Tutto intorno, nel paese, ci sono vicoli e stradine sui quali si affacciano numerosi cottage bianchi risalenti al 1500 e che accompagnano la passeggiata dei visitatori fino all’antico porto dove galleggiano le barche colorate.

Qui non ci sono auto, né vie dello shopping. Non ci sono i brand di lusso, né il traffico cittadino. C’è la vita che scorre lenta e che viene condivisa dagli abitanti del luogo con la natura, con il profumo del mare e con gli scorci straordinari. Gli stessi che hanno stregato il cuore dei viaggiatori, quello di scrittori come Wilkie Collins e Charles Dickens e di artisti come William Turner. Gli stessi che incantano noi oggi.

Clovelly Village

Fonte: iStock/Aiselin82

Clovelly Village

Tutto quello che dovete sapere per visitare il villaggio

Se tutto quello che vi abbiamo detto su Clovelly Village, fino a questo momento, vi ha fatto venire voglia di organizzare un viaggio verso Devon, ci sono alcune cose che dovete sapere per organizzare al meglio l’avventura.

Nel pittoresco villaggio dei pescatori della Cornovaglia non ci sono auto. Le strade, infatti, sono così ripide da rendere difficoltosa la guida. Ma il paese è così piccolo e così suggestivo che sarà un piacere poterlo scoprire e attraversarlo a piedi.

Un’altra cosa che dovete sapere è che, per accedere a Clovelly Village, dovrete pagare. Il paesino, infatti, è di proprietà privata, l’unico di tutto il Paese. Sin dalla sua fondazione è appartenuto alla regina consorte d’Inghilterra Matilde di Fiandra, poi nel 1738 è stato acquistato dalla famiglia Hamlyn i cui membri vivono ancora in uno dei cottage. Il contributo richiesto per l’accesso serve alla manutenzione del villaggio stesso.

La visita, comunque, vale assolutamente la pena. Entrando qui avrete come l’impressione tornare indietro nel tempo potendo ammirare le antiche case che ancora dominano il paesaggio. Imperdibile è anche il monastero di Hartland Abbey, costruito nel 1200 e ristrutturato nei suoi interni nel 1800.

Clovelly Village ospita anche dei festival annuali durante la bella stagione, tutti dedicati al mare. Non perdete l’occasione di scoprire il paesino in festa, di conoscere la comunità e di vivere un’esperienza autentica e straordinaria.

Clovelly Village

Fonte: Getty Images

Clovelly Village
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SiViaggia ti regala il numero 21 dello sfogliabile GATE

Ogni mese vi regaliamo il magazine di lifestyle GATE da scaricare e sfogliare. La rivista, scritta in italiano e in inglese, contiene articoli di viaggi, ma anche di moda e attualità.

A pagina 116-117 trovate un articolo di SiViaggia dedicato alla magnifica Islanda, la terra di fuoco e di ghiaccio, con tutte le dritte per chi decide di andarci ora, i tour consigliati e le esperienze insolite da fare. In più, alcune pillole con spunti per gite in Italia.

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linee aeree Notizie Viaggi

Quali sono le migliori compagnie aeree del mondo

Se avete avuto la fortuna di volare a bordo della Business Class di Qatar Airways potete capire perché ogni anno è lei a vincere il premio come migliore classe al mondo.

Perché è la migliore compagnia aerea

La Qsuite – perché si tratta di una piccola suite privata a tutti gli effetti -, brevettata dalla Qatar, non è una semplice poltrona di Business Class. È un ambiente nel quale ci si può rinchiudere, visto che c’è davvero una porta scorrevole che isola il passeggero dal resto del mondo, grazie al quale si ha l’impressione di viaggiare da soli su un aereo tutto per sé. Se non fosse che, di tanto in tanto, l’assistente di volo fa capolino per verificare che il viaggio sia confortevole e in sicurezza.

Per chi viaggia in compagnia, c’è la possibilità, ovviamente, di rimuovere il pannello che separa i due posti della fila centrale e di reclinare il sedile fino a trasformarlo in un vero e proprio letto, con tanto di topper e di piumino d’oca. Viene fornito in dotazione anche un bellissimo pigiama e delle comodissime pantofole.

Per tutte queste ragioni, ha appena vinto il premio assegnato da AirlineRatings come migliore Business Class del 2022.

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Fonte: @SiViaggia – Ilaria Santi

La Qsuite di Qatar Airways, la migliore Business Class del mondo

Ma questa è solo la punta dell’iceberg. La compagnia si è aggiudicata, per il secondo anno consecutivo, anche il primo premio come “Compagnia aerea dell’anno“, oltre a essere stata nominata “Miglior compagnia aerea del Medioriente”.

Gli altri premi assegnati

I premi di AirlineRatings vengono assegnati sulla base di rigorosi criteri di valutazione, decisi da professionisti del settore, con una vasta esperienza nel campo dell’aviazione.

I premi riguardano ogni aspetto del volo. La compagnia che offre la migliore First Class è, invece, la Singapore Airlines, mentre le migliori Economy – c’è anche la Premium, una versione più confortevole della classe economica – quest’anno sono quelle delle Air New Zealand.

Premi anche alle low cost. La migliore del 2022, così come lo era lo scorso anno, è stata giudicata easyJet.

La compagnia aerea con la maggiore attenzione all’ambiente è un’altra mediorientale, la Etihad, dell’Emirato di Abu Dhabi. Quella con il migliore intrattenimento a bordo è Emirates, famosa per il suo sistema Ice che offre ben 5mila canali di film, serie Tv, musica, notizie e giochi, anche on demand. In effetti, se avete mai volato con questa compagnia, concorderete che non si riesce nemmeno a chiudere occhio per tutti i film in anteprima e i programmi imperdibili.

Durante l’Expo di Dubai la compagnia di bandiera dell’Emirato ha anche presentato un sistema di entertainment nel Metaverso.

Infine, il migliore personale di bordo che, pare, si possa incontrare è quello della Virgin Australia. Bisognerà andare per vedere se è vero.

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Fonte: @Emirates

Una dimostrazione di intrattenimento nel Metaverso nel padiglione Emirates a Dubai Expo
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Calabria Idee di Viaggio itinerari culturali luoghi misteriosi musei parchi naturali vacanza natura Viaggi

Un parco artistico magico colora l’entroterra calabro

Nel cuore della Calabria, a Mammola, nella parte più a sud della provincia di Reggio Calabria e nascosto ai piedi dell’Aspromonte c’è MuSaBa, un parco museo a cielo aperto immerso nella vallata del Torbido e a circa una decina di chilometri dalle acqua cristalline del Mar Ionio. Un progetto nato nel 1969 per opera di due artisti visionari, Nick Spatari e Hiske Maas che, dopo diverse collaborazioni di pregio con personaggi di spicco del panorama artistico contemporaneo, tra cui Picasso, Sartre, Le Corbusier, Jean Cocteau, Max Ernst, ecc., decisero di donare una nuova vita a un posto abbandonato della Locride, sul versante Ionico della Calabria. Nel cuore di un’area dalle bellezze mozzafiato.

Un parco museo e laboratorio di arte contemporanea, nato intorno ai resti di un antico monastero del X secolo. E un luogo che unisce tra loro il moderno all’antico, in un turbinio di emozioni da vivere e in cui immergersi totalmente sperimentando in prima persona l’arte e l’universo di colori, materie, forme, tecniche e genialità creativa che lo caratterizzano.

La storia

MuSaBa, Parco Museo Laboratorio Santa Barbara, nasce sul finire degli anni ’60 inizialmente come associazione Museo Santa Barbara per poi diventare, nel corso del 2014, MuSaBa Fondazione Spatari/Maas. Un sogno che è stato reso reale dalla volontà di due giovani artisti, Nick Spatari, di origine calabrese e nato proprio a Mammola (scomparso a 91 anni nel 2020) e la moglie e artista olandese Hiske Maas, conosciuta nel periodo in cui i due vissero a Parigi.

Dopo qualche anno trascorso a Milano, dove aprirono la Galleria Studio Hiske, accessibile ad artisti e non, i due decisero di tornare al paese natale di lui, appunto Mammola e ritrovandosi immersi in un luogo in cui la natura aveva preso il sopravvento, piena di bellezza, energia e mistero. E fu esattamente qui che, ammaliati dal posto, decisero di stabilirvisi e di iniziare la realizzazione di un progetto visionario, audace ma carico dei sogni di entrambi, il Museo Santa Barbara, pensato per essere un mix tra parco-museo-scuola e laboratorio d’arte.

Un progetto che di fatto, riporta l’artista alle sue origini, nel luogo in cui si sviluppò la sua vena artistica che proprio qui si mostra in tutta la sua forza e creatività.

Il progetto

Inizialmente, quando i due giovani arrivano nel 1969, quello che trovarono non era altro che un insieme di resti abbandonati, testimonianza di un’epoca passata e, fino a quel punto, dimenticata. Un rudere, certo, ma carico di storia, di fascino e di magia.

Circondato dalla natura selvaggia ma anche di un’atmosfera magnetica e di straordinaria potenza di cui i due artisti si innamorano all’istante, decidendo di donare nuova vita alla zona e iniziando la promozione un progetto di recupero durato circa cinquant’anni. L’obiettivo era quello di realizzare delle iniziative culturali per la promozione del patrimonio architettonico e ambientale calabrese e che oggi si snoda all’interno di bellissimo parco di 7 ettari in cui poter ammirare le opere realizzate nel corso del tempo da Nik e Hiske e da altri artisti contemporanei internazionali.

Il tutto in un museo d’arte a cielo aperto dal fascino suggestivo e dall’alto valore artistico immerso in un contesto naturale di pura bellezza e tra i ruderi del monastero sul quale è nato.

Cosa vedere a MuSaBa

Un piano ampio, che si sviluppa in un concentrato d’arte a 360° e che, tra le altre, ha visto la creazione di opere e progetti volti all’arricchimento di tutti.

Come la foresteria, una delle opere più imponenti del MuSaBa, nata per assolvere alle diverse esigenze funzionali del parco museo. Un luogo realizzato ispirandosi alla vita monastica, in cui sono presenti delle stanze o “celle”, con ben 22 posti letto, decorate secondo il genio creativo dell’artista. Qui, nel chiostro della foresteria stessa, è possibile ammirare il Mosaico Monumentale ad opera dello stesso Spatari. Un produzione artistica carica di colori (segno distintivo dell’artista), architettura e geometrie, e che raffigura una serie di scene tratte dalla tradizione cristiana e alla civiltà sumera.

Un’opera magistrale e in cui le migliaia di piastrelle colorate utilizzate per la composizione del mosaico danno vita a uno spettacolo senza fine che vi rimarrà nel cuore per sempre.

Musaba mosaico

Fonte: Wikipedia

Il Mosaico Monumentale

All’interno del chiostro, poi, è possibile vedere anche L’Ombra della sera, una scultura alta ben 15 metri realizzata interamente in ferro che raffigura la sagoma di un uomo sottile, come una sorta di guardia posta a difesa del museo e dell’arte tutta.

Altra opera da non perdere e che rende MuSaBa un luogo carico di vitalità, energia, magia e avanguardia artistica, poi, è il laboratorio di sperimentazione artistica realizzato dal recupero dell’ex stazione ferroviaria Santa Barbara. Patrimonio per artisti e per chiunque voglia cimentarsi nell’arte e dar sfogo alla propria creatività. Ma non solo. Perché le opere da ammirare a MuSaBa sono davvero tante e una più affascinante dell’altra.

Come, per esempio, La farfalla, un’opera iconica posta all’esterno della foresteria, il Concetto universale che nelle forme richiama una piramide, così come la chiesa di Santa Barbara, dove fermarsi ad ammirare rapiti Il sogno di Giacobbe, opera di Spatari che ricopre quelle che un tempo furono l’abside e la volta della chiesa e la Rosa dei Venti, l’ultimo grande lavoro di Nik e Hiske che venne ultimata nel corso del 2013.

Oltre alle innumerevoli opere dei due creatori del luogo e di altri numerosi artisti del panorama internazionale. Che nel corso degli anni hanno visitato, abitato e donato il loro contributo, lasciando al parco museo opere e interventi artistici di puro splendore e che potete trovare disseminate in tutto il parco.

Un viaggio nella bellezza, che racconta la storia d’amore vissuta dai due artisti e l’amore e totale devozione verso l’arte, in ogni sua forma, colore o dimensione. E di cui, grazie al MuSaBa e alla determinazione di chi ne ha consentito la nascita, è possibile godere in un’esperienza emozionale e visiva a 360°. Lasciandosi trasportare dalle sensazioni che solo il connubio armonioso tra arte e natura sanno suscitare. Il tutto unito dallo spirito libero di entrambe e dalla magia della terra che le ospita.

Non resta che correre a vistare questo luogo dai tratti surreali.

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Consigli Viaggi

Prima parti e poi paghi: viaggiare non è mai stato così facile

Le vacanze, alle volte, sono una croce e delizia per via del costo che hanno. Ma per fortuna, c’è un nuovo modo di viaggiare che permette prima di partire e poi di pagare. Un metodo semplice e ricco di vantaggi per correre a esplorare quello che più si ama e che, nel profondo del nostro cuore, abbiamo sempre desiderato.

La formula di pagamento in questione è meglio conosciuta come “Buy now, pay later”, e noi siamo qui per spiegarti come funziona e come usufruirne, dal momento che è offerta da una FinTech tutta italiana che ha trasformato il mondo dei pagamenti online e in-store.

Come funziona e tutto quello che devi sapere

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Leader italiano dei pagamenti “Buy now, pay later”, con pochi click puoi scegliere il viaggio dei tuoi sogni per poi pagarlo in tre momenti diversi: la prima non appena procedi all’acquisto, la seconda a distanza di un mese e la terza 30 giorni dopo ancora, tutto automaticamente addebitato sulla carta che hai usato per acquistare.

Ma non è finita qui: comprare con Scalapay vuol dire anche non aver nessun costo aggiuntivo in termini di interessi o commissioni.

Perché vale la pena comprare un viaggio in questo modo

Oltre a poter scegliere la meta che hai sempre desiderato, usare i servizi di Scalapay vuol dire acquistare un viaggio nella totale trasparenza, grazie a un semplice e preciso piano di pagamento che non presenta asterischi e costi nascosti.

Attenzione, ciò non implica che dovrà essere un’avventura dal prezzo inaccessibile. Questo sistema, infatti, ti consente di acquistare a rate, e con estrema chiarezza e semplicità, anche esperienze che richiedono importi molto piccoli.

Ma c’è un aspetto che, probabilmente, è molto più interessante di tutto quello che è stato appena detto: il pagamento così dilazionato è anche sinonimo di diversi vantaggi come, per esempio, un upgrade di camera, dei servizi alla spa, la possibilità di prolungare il tuo soggiorno e molto altro ancora.

Insomma, paghi con tutta la calma del mondo senza interessi o commissioni, ti fai un viaggio che di certo non dimenticherai, e in più avrai anche la possibilità di migliorare la tua esperienza con i servizi che vorrai aggiungere. Va da sé che questo modo di viaggiare è forse il migliore che ti potesse capitare.

Il ricco catalogo di Scalapay

Ma arriviamo al dunque: cosa offre Scalapay? Quali sono le mete che puoi raggiungere e le esperienze che puoi fare approfittando di questo metodo di pagamento?

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Le vacanze degli italiani saranno all’aria aperta

Negli ultimi due anni, la pandemia ha costretto gli italiani a cambiare atteggiamento nei confronti della vita, vacanze incluse. Sempre più connazionali scelgono un tipo di vacanza in cui poter stare il più possibile all’aria aperta.

Lo studio

A dirlo è un’indagine condotta da Enit e Human Company in collaborazione con l’Istituto Piepoli. Secondo le previsioni dell’estate 2022, su 25 milioni di italiani che andranno in ferie quest’anno, uno su cinque ha programmato una vacanza outdoor e l’88% di essi (+3% rispetto al 2021) sceglierà come meta l’Italia.

Le mete top

Le destinazioni più richieste da chi ha deciso di trascorrere una vacanza a contatto con la natura sono la Puglia, la Toscana e la Sardegna, ma molto gettonate sono anche Lazio, Calabria e Sicilia.

Mare, mare, mare

Naturalmente, al mare. Il 58% di chi pianifica una vacanza outdoor sceglierà infatti una meta di mare, il 17% in montagna e il 14% in città e nelle località d’arte, prevalentemente nei mesi di luglio (42%) e agosto (46%).

“Le nuove prospettive offerte dall’outdoor”, ha commentato Roberta Garibaldi, Amministratore delegato dell’Enit “consentono di vivere pienamente e in modo nuovo spazi inattesi. Il contesto storico ci ha educato a vivere l’esperienza di viaggio con modalità rivisitate, rispondendo anche all’esigenza di rafforzare il senso di rispetto per l’ambiente naturale e consentendo di potenziare la fruizione dell’esperienza di viaggio. Il turismo all’aria aperta pone le basi per consolidarsi sempre di più negli scenari turistici attuali”.

“All’aperto, conveniente, italiana. L’identikit della vacanza degli italiani per l’estate del 2022 è piuttosto definito”, ha spiegato Livio Gigliuto, Vicepresidente dell’Istituto Piepoli. “Gli italiani cercano soprattutto località di mare, le cercano in Italia, e cercano ampi spazi all’aperto per sfuggire ai rischi del contagio. La propensione all’open air, che sembrava solo una risposta alla pandemia, è diventata in fretta un nuovo punto fisso delle vacanze italiane e probabilmente resterà abitudine anche per gli anni a venire”.

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Scoperta incredibile: ritrovati i resti della nave di un celebre film

Quando la realtà e la fantasia si mescolano, non può che nascere una vera magia: è quanto accaduto di recente, lungo una splendida e selvaggia distesa di sabbia dorata lambita da acque turchesi che hanno riportato alla luce un grande mistero. Gli archeologi marini hanno studiato a lungo i bizzarri resti che sono giunti su questa spiaggia, e hanno infine scoperto che appartengono ad una nave resa famosissima da un film degli anni ’80.

Oregon, scoperta la misteriosa nave dei Goonies

Sette ragazzi partono alla ricerca di un misterioso galeone che, secondo la mappa da loro ritrovata, dovrebbe contenere il ricchissimo tesoro di un leggendario pirata. E, tra mille avventure, riescono davvero nell’impresa. Che tuttavia fallisce miseramente per colpa di alcuni malviventi, pur permettendo a questi giovani coraggiosissimi di “riscattare” la loro vita quotidiana con quel briciolo di gioielli portati in salvo. Ai più, questa trama non è certo sconosciuta: si tratta di un vero capolavoro del cinema, che ha conquistato ragazzi in tutto il mondo. I Goonies, questo il titolo del film, trarrebbe spunto da una storia vera, che coinvolge un’antica nave affondata ormai secoli or sono.

Si tratta della Santo Cristo de Burgos, un vascello spagnolo salpato nel 1693 dal porto di Manila e diretto verso Acapulco con un preziosissimo carico di materiali (all’epoca) di gran lusso. Il galeone, dopo aver virato fuori rotta, scomparve per sempre tra i flutti dell’oceano Pacifico. Ma si sa, il mare è sempre foriero di sorprese incredibili. E questa volta non è stato da meno: il mistero che da tanto tempo avvolge una bellissima spiaggia dell’Oregon ha finalmente trovato risposta – e, guarda caso, coinvolge proprio questa antichissima nave.

Da tantissimi anni, lungo il selvaggio litorale di Nehalem Bay – che sorge alla foce dell’omonimo fiume – bagnanti e turisti rinvengono periodicamente pezzi di porcellana blu e bianca e blocchi di cera d’api. È apparso chiaro sin dall’inizio che questi fossero i segni di un naufragio avvenuto nelle sue vicinanze, ma nessuno aveva pensato alla Santo Cristo de Burgos. D’altra parte, il vascello seicentesco era partito da ben 11mila km di distanza ed era diretto dall’altra parte del continente. Proprio da questo misterioso relitto sarebbe stato ispirato il regista de I Goonies. Anche se non si conosceva ancora la verità sul suo conto.

Emersi i resti della Santo Cristo de Burgos

Negli ultimi tempi, i continui ritrovamenti lungo la costa dell’Oregon hanno spinto alcuni esperti a studiare la questione più a fondo. Il primo ad interessarsene fu Scott Williams, archeologo dello Stato di Washington: assieme ad alcuni suoi colleghi, decise di fondare la Maritime Archaeologic Society. La società studiò a lungo i frammenti di porcellana e i blocchi di cera d’api, scoprendo l’origine cinese dei primi e alcuni segni spagnoli sui secondi. Ma la storia non si conclude certo così. C’erano bisogno di prove più consistenti per parlare del ritrovamento della Santo Cristo de Burgos.

La svolta è arrivata nel 2019: Craig Andes, grandissimo appassionato de I Goonies, aveva deciso di battere le spiagge dell’Oregon sperando di trovare anch’egli un misterioso tesoro. Rinvenne invece alcuni pezzi di legno all’interno di una grotta marina, e comunicò la sua scoperta a Williams. Gli archeologi marini iniziarono ad indagare, trovando (dopo due anni di lunghissimi sforzi) altre travi di legno databili a 3 secoli fa. E finalmente il mistero è stato svelato. Per Williams non ci sono più dubbi: “Abbiamo tronchi di legno duro tropicale asiatico portati a riva circa 300 anni fa, con lati quadrati e buchi di spine. Siamo convinti che provenga da quel naufragio”. Un altro relitto è dunque stato identificato.