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Ville, castelli e dimore: un itinerario da sogno

È un patrimonio dallo straordinario valore culturale e architettonico quello che custodisce il Veneto, plasmato da eleganti dimore, sontuose ville e notevoli castelli.

Oggi, dall’incontro dei proprietari di Ville Venete, Castelli e Dimore storiche, è nato il progetto turistico, unico al mondo, VilleCastelliDimore che offre ospitalità ed esperienze autentiche nel solco
della storia.

VilleCastelliDimore, una ricca offerta turistica ed esperienziale

La civiltà delle Ville Venete è un mondo tutto da scoprire” ha dichiarato l’assessore al turismo della Regione del Veneto Federico Canerperno attorno a cui una volta ruotava l’intero sistema sociale ed economico della Serenissima in terra ferma.
Sono simboli di arte, cultura ma anche di un virtuoso sistema che risulta straordinario per attrarre il turismo in luoghi che sono un grande tesoro della nostra terra. In un contesto di grande offerta, da quella vitivinicola all’esperienziale, attorniati da capolavori creati da architetti del calibro di Palladio e con opere di artisti come Veronese o Tiepolo.
Il progetto VilleCastelliDimore riunisce insieme eccellenze che sono autentici gioielli per offrire l’occasione di scoprire la grande ricchezza del territorio, The Land of Venice, compreso tra mare e laguna, colline e montagne, laghi e città d’arte”.

VilleCastelliDimore oggi si presenta al pubblico grazie a un portale dedicato dove è possibile conoscere la ricca offerta turistica ed esperienziale del gruppo di dimore e prenotare il proprio soggiorno per una vacanza all’insegna della bellezza, del relax, dell’enogastronomia e scegliere tra molteplici attività proposte come, ad esempio, assaggiare un vino d’eccellenza, la cui produzione risale a 1000 anni fa, comodamente seduti in splendide terrazze che si affacciano sui paesaggi UNESCO del Veneto.
Oppure passeggiare tra le splendide sale affrescate, accompagnati nella visita dal proprietario stesso, spesso discendente delle antiche famiglie patrizie della Serenissima.

Ma non è tutto: il portale accoglie anche i singoli desideri del visitatore, che possono spaziare dagli affitti in esclusiva per vivere momenti indimenticabili come matrimoni e cerimonie fino ad arrivare a eventi aziendali, team building e shooting.

Insomma, soggiorni, vacanze, arte, natura, cultura ed esperienze che spaziano dall’arte al relax, alle degustazioni di vini e prodotti del territorio per arrivare alle location più prestigiose per eventi grandiosi.

VilleCastelliDimore: “Esistiamo da sempre. È tempo di conoscerci”.

Il progetto d’eccellenza raccoglie 31 location di pregio a comporre una miriade di offerte turistiche che spaziano dal Delta del Po alle Dolomiti, dal Lago di Garda fino alla Riviera del Brenta, passando per i Colli Berici ed Euganei, fino alle Colline del Prosecco.

Le Dimore prescelte sono custodi di luoghi segreti, leggende di famiglia e racconti che si tramandano di generazione in generazione: durante la visita, infatti, potrete conoscere racconti di vita vissuta legati alle famiglie nobiliari che risalgono anche a mille anni fa.
O, ancora, antichi roseti, giardini segreti e leggende ricche di fascino e mistero.

Ecco alcune delle location esclusive da ammirare grazie a VilleCastelliDimore:

  • Serra di Villa Alpago-Novello a Frontin di Trichiana
  • Castello di Roncade nel silenzio della campagna veneta, ad appena mezz’ora di auto da Venezia
  • Villa Guerriera Rizzardi nel cuore di Bardolino
  • Parco Frasanelle gioiello sui Colli Euganei con villa cinquecentesca e la Grotta degli Innamorati
  • Villa Valmarana ai Nani a pochi minuti dal centro storico di Vicenza
  • Castello di San Salvatore nel cuore delle Colline del Prosecco
  • Villa Roberti a Brugine
  • Castello di San Pelagio a Due Carrare, Padova
  • Complesso di Valsanzibio a Galzignano Terme
  • Villa San Liberale a Feltre (Belluno)
  • Tenuta Ca’ Zen poco distante dal Parco del Delta del Po
  • Castello del Catajo a Battaglia Terme
  • Castelbrando a soli 50 minuti di auto da Venezia
  • Castello di Thiene tra Vicenza e Bassano del Grappa
  • Villa Tiepolo Passi alle porte di Treviso
  • Villa di Modolo a Belluno
  • Villa Stecchini a Romano D’Ezzelino
  • Tenuta Rechsteiner a Ponte di Piave
  • Villa Della Torre a pochi passi da Verona e dalle rive del Lago di Garda
  • Villa di Montruglio a Barbarano Mossano
  • Villa Foscarini Rossi sulle rive del Fiume Brenta, appena fuori dal centro storico di Padova
  • Palazzo Cortevigodarzere, a Padova
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Se vai a Cuba, non dimenticare di viaggiare su questi taxi

Viaggiare ha il pregio di regalare delle esperienze sempre differenti e di immergersi totalmente nella cultura locale. Essere in grado di accogliere quello che incontriamo di diverso da noi è di sicuro un modo per arricchirci. Ogni aspetto del viaggio può insegnarci qualcosa di nuovo, dal monumento, alle tradizioni, fino ad arrivare ai mezzi di trasporto. Sì, perché anche salire su un taxi ci consente di entrare in contatto con un aspetto caratteristico del luogo e se siamo a Cuba, molto probabilmente ci potremo imbattere nei Coco-taxi. Cosa sono? La versione locale dei taxi che ci scarrozzeranno tra le vie più caratteristiche e di sicuro ci faranno vivere un’esperienza fuori dal comune.

Un taxi a forma di cocco

L’isola di Cuba, situata tra il Golfo del Messico, il Mare dei Caraibi e l’Oceano Atlantico è una delle più caratteristiche della zona diventata tra le mete maggiormente ambite. Questa nazione, infatti ha conosciuto un vero e proprio boom, a seguito della caduta del blocco sovietico: proprio la presenza dei visitatori e la necessità di rendere più agevoli i trasporti, ha portato alla comparsa dei Coco-taxi. Introdotti per la prima volta negli anni ’90 a L’Avana, poco alla volta si sono diffusi anche nelle città di Veradero e Trinidad. La particolarità del taxi è quella di essere molto simile a un risciò, ma si contraddistingue per una forma sferica che ricorda una noce di cocco. Proprio questa caratteristica principale ha ispirato il suo nome, infatti “coco”, in cubano significa appunto cocco.

Un Coco-taxi di Cuba

Fonte: iStock

Il Coco-taxi ricorda la forma di un cocco

Non è solo l’aspetto ad attirare l’attenzione sui Coco-taxi, ma anche il loro colore. Questi mezzi di trasporto spiccano tra le vie delle città per il telaio giallo realizzato in fibra di vetro. Mentre inizialmente erano soprattutto a pedali, nel corso del tempo sono diventati come dei veri e propri scooter con un motore a due tempi utile per affrontare le salite della città. La loro forma e le dimensioni ridotte, li rendono veloci e scattanti pronti ad affrontare in totale sicurezza le vie più affollate della zona vecchia dell’Avana o ideali per brevi gite a Malecon.

Scoprire Cuba a bordo di mezzi di trasporto particolari

Non è solo il colore, ma anche la modalità di trasporto a rendere unico il Coco-taxi. Il tre ruote, infatti, può trasportare solo due passeggeri alla volta oltre al guidatore ed è la soluzione ideale quando le temperature in città diventano più alte. Con questo mezzo di trasporto si possono scoprire i monumenti della capitale cubana rinfrescandosi con il vento tra i capelli. La praticità dei Coco-taxi è stata apprezzata talmente tanto dai cittadini del posto, che parallelamente si sono diffusi anche quelli ad uso personale che si distinguono dai modelli turistici dalla carrozzeria nera.

Un tour sul Coco-taxi

Fonte: iStock/Nikada

I Coco-taxi tra le vie de L’Avana

I Coco-taxi nati a l’Avana, non sono gli unici mezzi di trasporto pubblici da utilizzare in città. Oltre ai taxi e agli autobus, spesso pieni e scomodi, ci sono anche le coches de caballos, delle vere e proprie carrozze. Un’attrazione che permette di fare un tuffo nel passato, perché sono trainate da cavalli che accompagnano i turisti nei luoghi più caratteristici della città. È innegabile qualsiasi sia il mezzo di trasporto, l’importante quando si viaggia è riuscire a entrare in contatto con la cultura locale.

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L’itinerario dei fiori in Francia, spettacolo vero

La primavera è il periodo migliore per vivere un turismo lento a contatto con un territorio immerso nei colori e nei profumi seguendo incantevoli percorsi verdi e fioriti: in Francia sono molte le strade ideali per ammirare lo spettacolo del risveglio della natura.

Tourrettes sur Loup, il borgo della violetta

Tra Nizza e Cannes, a 14 chilometri dalla costa, il delizioso borgo medievale di Tourrettes sur Loup dalle alte case simili a bastioni, arroccato su uno sperone roccioso nell’abbraccio di una vegetazione generosa dove crescono spontaneamente aloe e fichi d’india, si fregia dell’appellativo “Città delle Viole” poiché, da quasi un secolo, si coltivano le violette, ancora oggi una delle principali attività del territorio.
A marzo viene organizzata una festa in loro onore con sfilate e battaglie di fiori.

Il borgo può essere scoperto passeggiando senza fretta lungo le sue graziose stradine, i passaggi a volta, le antiche facciate in pietra restaurate con gusto, le scale fiancheggiate da fiori, i quasi 30 laboratori, gallerie di artisti e artigiani creativi nella Grand’Rue.

Infine, non lasciate il villaggio senza aver fatto tappa al Castello di Villeneuve del XV secolo e la sua superba piazzetta.

Le mimose in fiore della Costa Azzurra

Ogni anno, da gennaio a marzo, la Costa Azzurra si tinge di giallo con la fioritura delle mimose, il simbolo della Riviera Francese, cui è dedicata la “Route della Mimosa“, 130 suggestivi chilometri da Bormes-les-Mimosas fino a Grasse, capitale del profumo.

Il percorso, tra splendidi paesaggi, parte dal villaggio medievale del XII secolo di Bormes-les-Mimosas, “uno dei più bei villaggi fioriti di Francia” le cui strade sono adornate fino a marzo dalle differenti varietà di mimose.
Il borgo ospita, inoltre, il Parc Gonzalez Jardin Austral dove insieme alle mimose si possono apprezzare più di 500 specie esotiche.

L’itinerario prosegue per i 15 chilometri del Royal Canadel-sur-Mer dove il verdeggiante Massiccio dei Maures si tuffa nell’azzurro del Mediterraneo: qui il celebre paesaggista francese Gilles Clement ha realizzato un magnifico spazio naturale protetto sulle rive del mare, il Domaine du Rayol.

Arriviamo poi alle porte del massiccio dell’Estérel, un paesaggio selvaggio plasmato da insenature rocciose, piccole spiagge, falesie che include la Corniche d’Or, favoloso tratto di strada costiera intagliata tra le rocce di colore rosso.
Le mimose sono parte integrante della zona: dal villaggio di Agay hanno inizio le escursioni guidate, con tema “Le mimosa dans l’Estérel”, che conducono ai laghi di Peguières.

“Capitale storica della mimosa” è Mandelieu La Napoule, bellissima località balneare della Costa Azzurra dove è possibile vedere l’unica cappella dedicata a Notre Dame des Mimosas, edificata nel 1927 nel quartiere Termes da parte degli abitanti che erano in gran parte coltivatori specializzati della mimosa.

Infine, da citare il villaggio di Pegomas, patria della coltivazione delle mimose insieme a vigneti, uliveti e alberi da frutto.
In particolare, la profumata pianta dai fiori gialli conobbe un grande successo commerciale all’inizio del XIX secolo.

La Valle della Loira e la Strada dell’Iris

La “Strada dell’Iris” è un coinvolgente itinerario circolare da percorrere in bicicletta che segue la fioritura dell’iris nel cuore della Francia, a sole due ore di auto da Parigi.

Si parte da Orleans, ricca di botteghe artistiche e artigianali, si attraversa Nevers e si approda a Tours, fiancheggiando le rive della Loira.

Il percorso, fiore all’occhiello di un turismo lento e floreale, va anche a unire due tra i vivai di iris più noti a livello internazionale e sette tra i Giardini più incantevoli del Paese, autentico patrimonio botanico e storico di Francia.

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Valparaìso: la città che sembra una galleria en plein air

Ci sono dei luoghi in cui l’arte e la cultura attirano l’interesse dei turisti, altri invece si fanno apprezzare per la bellezza della natura incontaminata, poi ci sono quei luoghi che si fanno amare senza un motivo razionale. Ciò che attira e li rende unici è inspiegabile, hanno in sé qualcosa di vibrante e vivace a cui è impossibile non cedere. Valparaiso con il suo mix di vecchio e nuovo a metà tra colline addormentate e un porto florido è una di quelle città nel mondo che si fa apprezzare dal primo momento. La città cilena, riesce ad esprimere in pieno la sua anima eclettica attraverso i murales che adornano i palazzi e che l’hanno trasformata in una galleria a cielo aperto, pronta a stupire il visitatore ad ogni angolo.

La città patrimonio dell’Unesco amata da Neruda

Una delle città più belle del Cile, Valparaiso viene considerata un vero e proprio gioiello all’interno del pacifico, tanto che nel 2003 il centro storico è stato considerato Patrimonio dell’umanità dall’Unesco. Inoltre, la città è stata una delle più amate da Pablo Neruda, che vi ha abitato per alcuni anni, tanto che la sua residenza “La Sebastiana” oggi è diventato un museo.

Un murales pittoresco di Valparaiso

Fonte: 123RF

Uno dei tanti murales di Valparaiso

Il suo stile colorato, quasi bohémien esce allo scoperto attraverso i suoi bellissimi murales. Proprio i disegni che campeggiano sui palazzi, ne hanno fatto la capitale della street art in Sud America. Valpo, come viene chiamata affettuosamente dagli abitanti del posto è riuscita a coniugare l’arte e la voglia di comunicare messaggi importanti. Molti dei murales che ricoprono le facciate di interi edifici, rendono unico uno scorcio o portano alla luce un vicolo nascosto, non sono semplicemente “bei disegni”. Sono un vero e proprio veicolo di cultura che riescono a tramandare la storia locale e messaggi politici importanti.

I murales più belli della città

La passione di Valparaiso per i murales risale agli anni Novanta quando uno dei colli che caratterizza la città, il Cerro Bellavista, è diventato un autentico museo a cielo aperto. Nel corso degli anni l’interesse di artisti di fama mondiale si è accresciuta sempre di più e ancora oggi si possono ammirare le loro opere tra le vie della città. Ad esempio a Cerro Alegre e Cerro Conception, Inti, uno degli street artist più famosi a livello internazionale ha reso unici i palazzi posizionati in strade tortuose con le sue opere audaci che si focalizzano sulla cultura indigena.

Uno dei principali murales di Valparaiso

Fonte: 123RF

Il murales “La Mamie de Valparaiso”

Un altro murale famoso, poi, si trova vicino alla Templeman Street ed è diventato un simbolo unico della street art di Valpo. Infatti qui campeggia una piccola scalinata dipinta da un collettivo britannico, su cui è possibile leggere la scritta “We Are Happy Not Hippies”. Anche a Concepción Hill è possibile ammirare una di queste attrazioni, una scalinata, i cui gradini rappresentano i tasti di un pianoforte realizzato dall’artista e musicista Chino Atonal.

Tra le opere più belle e cariche di significato c’è “La Mamie de Valparaiso” ad Allegre Hill. Il disegno rappresenta una nonna che posizionata all’angolo di una casa, simbolicamente veglia sulla città. Queste sono soltanto alcuni dei capolavori che rendono Valpo, un incredibile paradiso, come suggerisce il suo stesso nome, di arte e cultura.

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Molto più di una “collina scoscesa”: questa è la strada più ripida d’Europa

Viaggiare vuol dire scoprire paesaggi e posti incantevoli, alcuni facili da raggiungere altri difficili. In quest’ultimo caso la fatica e le difficoltà vengono puntualmente ripagate da uno spettacolo mozzafiato e da una vista che rimane impressa nella nostra mente e nel nostro cuore. D’altronde le strade difficili da scalare non esistono solo metaforicamente ma anche realmente e l’esempio perfetto in questo senso è la Hardknott Pass, una strada tortuosa e a un’unica corsia che taglia a metà il Lake District, una regione montuosa e un parco nazionale della Cumbria a nord-ovest dell’Inghilterra. Certo attraversarla non è semplice, ma l’esperienza intensa e la bellezza della natura che la circondano ne valgono sicuramente la pena almeno una volta nella vita.

Una strada ripida ma dai paesaggi incantevoli

Dolci e verdi pendii circondati della vegetazione: l’Inghilterra non è solo questo! Hardknott Pass, infatti è una delle strade più ripide del mondo e dell’Inghilterra stessa, tanto da contendersi il primato nel Regno Unito con Rosedale Chimney Bank, nel North Yorkshire. La strada con la sua pendenza che arriva fino al 33% prende il nome da “Hard Knott”, che significa letteralmente “dura collina scoscesa”. Una definizione che la rispecchia in pieno perché il percorso è formato da una serie di tornanti che mettono a dura prova le abilità dei guidatori. In effetti non è raro che ci si trovi alle prese con una visibilità ridotta a causa delle curve molto strette che caratterizzano il sentiero.

Hardknott Pass in Inghilterra

Fonte: iStock

Uno scorcio della Hardknott Pass

Una strada impervia, ma senza dubbio affascinante che non attira l’interesse solo degli automobilisti, ma anche degli appassionati delle due ruote, che si tratti di motociclisti o ciclisti. Sono in molti a decidere di salire in sella per essere puntualmente ripagati della fatica ammirando monumenti spettacolari come l’Hardknott Roman Fort, un sito archeologico che risale all’epoca romana. Tra le meraviglie del parco nazionale in cui si trova Hardknott Pass, tra una curva e l’altra, si arriva in cima e si rimane folgorati dalla vista che si staglia davanti agli occhi. Una volta raggiunta la vetta (che si trova a quasi 400 metri), si può ammirare nei giorni sereni l’incantevole Isola di Man.

Un percorso che affascina fin dai tempi degli antichi romani

Hardknott Pass con la sua salita che dura pochi ma intensi chilometri, forse non proprio per le sue altitudini, ma per la straordinaria pendenza, era già nota ai romani con il nome di Decima Strada. Considerata uno degli avamposti più solitari dell’Impero Romano, i sudditi dell’imperatore l’avevano costruita per collegare le terme di Ravenglass ai presidi di Ambleside e Kendal. Caduta in rovina dopo l’abbandono dei romani della Gran Bretagna, da quel momento la strada è stata utilizzata per il trasporto di merci con i carri e gli animali da traino.

Resti del forte romano a Hardknott Pass

Fonte: iStock

I resti del forte romano a Hardknott Pass

Nonostante il trascorrere dei secoli, il fatto che sia rimasta inaccessibile è diventato il suo punto di forza. Hardknott Pass infatti è la meta prediletta da chi vuole misurarsi con le sue abilità e i suoi limiti in quello che è un piccolo scorcio d’Inghilterra in cui il tempo sembra essersi fermato.

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È l’anno di Perugia, e vi sveliamo il perché

Perugia, città Best in Travel 2023 di Lonely Planet, gioiello architettonico dove si respira arte e storia a ogni passo nonché vivace polo culturale, è una delle mete da inserire nella lista delle vacanze in ogni momento.

Ma, per il 2023, c’è una ragione in più: dal 4 marzo all’11 giugno, in occasione del V centenario della sua morte, la Galleria Nazionale dell’Umbria celebra con una grande mostra Pietro Vannucci (1450 ca.-1523), detto Perugino, il più importante pittore attivo negli ultimi due decenni del Quattrocento.

“Il meglio maestro d’Italia”. Perugino nel suo tempo

La mostra Il meglio maestro d’Italia”. Perugino nel suo tempo, curata da Marco Pierini, direttore della Galleria Nazionale dell’Umbria, e Veruska Picchiarelli, conservatrice del museo, è l’evento di punta delle celebrazioni del centenario del Maestro, assoluto protagonista del Rinascimento.

Il progetto espositivo, che consta di una settantina di opere, propone dipinti del Perugino antecedenti al 1504, l’anno in cui lavorava a due commissioni che segnano il punto più alto della sua straordinaria carriera: la “Lotta fra Amore e Castità“, ora al Louvre di Parigi, e soprattutto lo “Sposalizio della Vergine per la cappella del Santo Anello del Duomo di Perugia, oggi al Musée des Beaux-Arts di Caen (Francia).

La mostra riflette, nella maniera più completa possibile, i passaggi fondamentali del suo percorso artistico: dalle prime collaborazioni nella bottega di Andrea del Verrocchio alle imprese fiorentine che fecero la sua fortuna (come ad esempio le tre tavole già in San Giusto alle Mura, oggi nelle Gallerie degli Uffizi, o la Pala di San Domenico a Fiesole); dagli straordinari ritratti alle monumentali pale d’altare, quali il Trittico Galitzin, ora alla National Gallery di Washington, e il Polittico della Certosa di Pavia, in gran parte alla National Gallery di Londra e ricomposto per l’occasione in via del tutto eccezionale.

I luoghi di Pietro Vannucci a Perugia

Pietro Vannucci detto Perugino, di fama internazionale già a i suoi tempi, è senza dubbio il rappresentante più illustre della pittura umbra.

Nato a Città della Pieve, visse a lungo a Perugia dove ebbe bottega e realizzò alcune delle opere più grandiose: visitare la città nel 2023, oltre alla Mostra a lui dedicata, può essere l’occasione per andare alla scoperta dei luoghi che ne portano tuttora la fulgida impronta.

Su Corso Vannucci, a lui intitolato, il Nobile Collegio del Cambio (antica sede dei cambiavalute) ospita, presso la Sala delle Udienze, i pregevoli affreschi del Maestro che ricevette l’incarico ufficiale di dipingere la Sala nel 1499: partendo dalla volta, eseguì “Allegoria della Fortuna” con il “Trionfo di Apollo” e i pianeti accompagnati dai segni dello Zodiaco.
Lungo le pareti, dipinse il “Trionfo delle Virtù” con la rappresentazione delle quattro Virtù Cardinali e le Tre Teologali, queste ultime accompagnate dalla “Natività” e “Trasfigurazione” di Gesù e da “L’Eterno con Profeti e Sibille”.

A destra dell’ingresso, “Catone Uticense” introduce il ciclo di affreschi e vi è anche un quadretto en trompe-l’œil con l’autoritratto del Perugino.

Ancora in Corso Vannucci, la Galleria Nazionale dell’Umbria custodisce la più vasta collezione al mondo delle opere dipinte dall’artista rinascimentale e dai suoi seguaci mentre Palazzo Baldeschi al Corso conserva l’olio su tela “San Girolamo penitente” e l’olio su tavola “Madonna con Bambino e due cherubini”.

In Piazza Raffaello, la Cappella di San Severo si fregia dell’affresco “Trinità e santi” commissionato in origine a Raffaello nel 1505 dai monaci camaldolesi; egli, dopo aver realizzato una Trinità, dal 1508 è impegnato a Roma e non porta a termine l’opera.
Dopo la sua morte nel 1520, viene chiamato il Perugino a completare l’affresco e lo fa dipingendo sei santi legati all’ordine benedettino: San Girolamo, San Giovanni Evangelista, Santa Marta, San Gregorio Magno, San Bonifacio e Santa Scolastica.

Presso il Monastero di Sant’Agnese, in Via Sant’Agnese, spicca l’opera “Madonna delle Grazie tra due committenti” eseguita per il monastero delle clarisse di Sant’Agnese, comunità di clausura tuttora attiva, mentre la Chiesa di Sant’Agostino, in Piazza Domenico Lupatelli, preserva le copie dello smembrato “Polittico di Sant’Agostino”, le cui tavole originali vennero disperse durante le spoliazioni napoleoniche e oggi si trovano in vari musei del mondo.

Infine, uno sguardo all’Abbazia di San Pietro in Borgo XX Giugno: qui, il museo del monastero ospita “San Mauro, Santa Scolastica, San Pietro Vincioli, Sant’Ercolano e San Costanzo, tavolette appartenenti alla predella che era parte della grande macchina d’altare della chiesa di San Pietro.

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Ora puoi vivere in maniera interattiva un’incredibile foresta

La foresta incantata esiste davvero e aprirà i battenti il 1 maggio 2023.

Dream Forest Langkawi, grazie a projection mapping, illuminazione sofisticata e paesaggi sonori ipnotizzanti, trasformerà un sentiero di 1,2 chilometri e una foresta preistorica di oltre cento milioni di anni in un’esperienza coinvolgente e interattiva che racconta il folklore di Langkawi (paradiso tropicale della Malesia) attraverso la magia della tecnologia multisensoriale.

Il fiabesco progetto innovativo che fonde natura secolare e modernissima tecnologia

Dream Forest Langkawi era iniziato nel 2019 subendo, subito dopo, l’interruzione della pandemia.

Si trattava, però, di un progetto molto differente, parte del piano per rivitalizzare il bellissimo ex Kampung Buku (Villaggio del libro) dell’isola di Langkawi, ideato per essere vissuto nel segno di storie separate raccontate attraverso vari mezzi tecnologici in padiglioni singoli.

Con i fatti del 2020, invece, è diventato chiaro che l’industria del turismo e le attrazioni dovessero adattarsi a una nuova normalità: il mondo è cambiato, il modo in cui le persone viaggiano e consumano intrattenimento è mutato, e la sostenibilità culturale e ambientale è diventata un tema ancora più urgente.

Così, Puan Sri Tiara Jacquelina, Presidente e Chief Dream Maker dell’Enfiniti Academy of Musical Theatre and Performing Arts, ha riunito un team tutto malese di talenti creativi e tecnici ripensando il concetto di viaggio e come il percorso di scoperta del viaggiatore potrebbe essere migliorato ed elevato mediante l’uso della tecnologia e dell’automazione, utilizzando il paesaggio forestale naturale nel modo più responsabile e rispettoso possibile.

Il paese delle meraviglie

Alle pendici del maestoso Gunung Raya, il monte più alto dell’isola, la Dream Forest è un autentico paradiso di biodiversità che non dorme mai.

Durante il giorno, infatti, i visitatori hanno l’opportunità di compiere rigeneranti passeggiate nella natura per partecipare all’immersione nella foresta millenaria e trovarsi al cospetto di animali unici come il rospo di Sumatra, i lemuri volanti, le scimmie e numerose specie di bucefari che hanno fatto della foresta di Lubuk Semilang la loro dimora.

Ed è al tramonto che la foresta si trasforma, come per magia, e diventa uno spazio teatrale naturale dove Sang Gedembai, la guardiana della foresta dei sogni, insieme a Eli, Coco e Terra, tre helicopter seeds (particolare specie di albero che produce semi con le ali) ospitano i visitatori, danno il benvenuto per sperimentare e interagire con storie raccontate grazie a magnifiche proiezioni.

La prima storia è “La leggenda di Zigolo di Tasik Dayang” in cui la principessa delle fate Mambang Sari si innamora di Mat Teja, un principe mortale: i visitatori potranno scoprire come la loro storia d’amore agrodolce abbia modellato il paesaggio di Tasik Dayang Bunting come lo conosciamo oggi.

La seconda è “Il racconto di Merong Mahawangsa“: guerriero decorato e principe venerato, Merong Mahawangsa fu incaricato di scortare il figlio dell’imperatore romano in un viaggio per mare per sposare la principessa della Cina. La sua flotta fu intercettata dal temibile e focoso Garuda, determinato a interrompere l’alleanza tra queste due potenze giganti.

Infine, la terza storia, “La leggenda del Giganti di Langkawi” narra che, nei tempi antichi, i giganti vagavano a Langkawi. Due titani muscolosi, Mat Chinchang e Mat Raya erano cari amici, ma un malinteso al matrimonio dei loro figli si trasformò in una vera e propria rissa che quasi decimò l’isola.

Dream Forest Langkawi lavorerà anche a stretto contatto con i principali attori dell’industria turistica malese, tra cui Tourism Malaysia, Langkawi Development Authority (LADA) e associazioni turistiche come Malaysian Association of Tour and Travel Agencies (MATTA), Malaysian Inbound Tourism Association (MITA), compagnie aeree, agenzie di viaggio (OTA) e altri canali di distribuzione a livello locale e internazionale.
Ringraziando Tourism Malaysia, Puan Sri Tiara Jacquelina ha dichiarato: “Sono molto felice di aver ricevuto un forte sostegno anche dalle autorità statali e dalle agenzie governative. Credo che più lavoreremo in tandem e più riusciremo a sviluppare attrazioni entusiasmanti, Langkawi ha il potenziale per essere una delle destinazioni turistiche più popolari in questa regione”.
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Valle Anzasca, il giacimento d’oro che oggi è un sito turistico

In Italia prende vita una valle assolutamente affascinante ma anche unica dal punto di vista culturale: nella parte bassa è predominante la tradizione latina, mentre in alta valle sopravvivono ancora le usanze degli antichi Walser. Il luogo in questione è la Valle Anzasca, nelle province di Verbano-Cusio-Ossola, che era uno dei giacimenti d’oro più grandi d’Europa, oggi riconvertito in sito turistico.

La storia della Valle Anzasca

La storia di questo giacimento d’oro non è delle più allegre: nel febbraio del 1961 quattro minatori italiani morirono in un incidente sul lavoro per l’esplosione delle cariche di dinamite che stavano trasportando. Fu così che terminò l’estrazione dell’oro nella Valle Anzasca, ai piedi del Monte Rosa. Un giacimento enorme: era di almeno 20 chilometri quadrati, per circa 60 chilometri di gallerie.

Da quel momento in poi le miniere sono state dismesse e usate per lo più come sito turistico in quanto sono luoghi di interesse perché insegnano uno spaccato della storia di questa parte d’Italia.

Secondo la tradizione, i primi a ricavare oro dai filoni minerari dell’Alta Valle Anzasca sono stati i Romani, soprattutto dai fiumi e nei terrazzamenti. Nei secoli successivi l’attività mineraria crebbe, aumentando l’interesse degli investitori. Ma è solo con l’arrivo di capitali stranieri, nell’Ottocento, che divenne una vera e propria attività industriale.

La Valle Anzasca oggi

La Valle Anzasca oggi è un ricco connubio di storia e paesaggi mozzafiato. Si sviluppa per 30 chilometri a Ovest della Val d’Ossola con un dislivello di più di mille metri che culmina con il Monte Rosa. È una zona affascinante e che ancora conserva i suoi aspetti rurali e una natura selvaggia e incontaminata.

Valle Anzasca piemonte

Fonte: iStock

Veduta della Valle Anzasca

Non a caso sono tantissimi i percorsi escursionistici a disposizione dei viaggiatori, come altrettanti sono i centri da visitare che lasciano senza fiato. Ma al di là di tutto questo, c’è anche la possibilità di conoscere il suo importante passato per l’attività mineraria. Attualmente, infatti, è possibile visitare la miniera d’oro della Guia, nei pressi di Macugnaga, prima miniera d’oro delle Alpi e prima miniera-museo in Italia.

Cosa vedere in Valle Anzasca

L’incantevole Valle Anzasca si incunea nelle Alpi Pennine e, in particolare, separa la Catena dell’Andolla (a nord) dai Contrafforti valsesiani del Monte Rosa (a sud), mentre la parte alta della valle si affaccia direttamente sul Massiccio del Monte Rosa. Per facilitare l’accesso alle vette e l’escursionismo di alta quota la valle è dotata di alcuni rifugi e bivacchi. Sono 6, invece, i comuni che ne fanno parte e sono uno più bello dell’altro.

Piedimulera, un luogo di notevole importanza

Piedimulera è un piccolo borgo di poco più di 1000 abitanti che sfoggia un centro storico caratterizzato dalla presenza di numerosi edifici risalenti al Sei-Settecento che testimoniano che questo luogo era un centro di commerci tra le genti ossolane e quelle della Valle Anzasca.

Di particolare interesse è il Palazzo Testoni con ricchi saloni decorati con stucchi e pitture. Molto particolare anche la Parrocchiale dei Santi Giorgio e Antonio Abate, un edificio organizzato in una navata unica di stile classico. Al suoi interno sono conservati interessanti dipinti, opera del pittore Lorenzo Peretti, fra cui un affresco raffigurante il Martirio di San Giovanni Nepomuceno.

Piedimulera ha anche delle frazioni di notevole interesse. Una di queste è Cimamulera che si sviluppa su una roccia. Da queste parti è presente un’antica torre recentemente trasformata in abitazione civile.

Piedimulera piemonte

Fonte: iStock

Veduta di Piedimulera

Calasca-Castiglione, due borghi in un unico comune

L’altro comune che fa parte della Valle Anzasca è Calasca-Castiglione. In realtà sono si tratta di due borghi che vennero riuniti in un’unica entità amministrativa nell’ormai lontano 1928. Nonostante questo, conservato la loro fisionomia originale di distinti villaggi di montagna.

Degna di nota è anche la frazione di Antrogna dove si trova la Parrocchiale di Sant’Antonio Abate, un edificio a tre navate sormontato da una grande cupola e, nella sua facciata, composto da cinque arcate e da un massiccio pronao. La sua caratteristica principale? Possiede delle dimensioni inconsuete per essere una chiesa di montagna: per questo motivo è pubblicizzata come la “cattedrale tra i boschi”.

Nel territorio di Calasca è molto particolare il Santuario della Madonna della Gurva, una chiesetta eretta nel 1641 sopra un enorme masso a strapiombo su una forra del torrente Anza. Poi ancora Villa Belli, dimora di un’illustre famiglia calaschese ricordata per aver dato i natali al fisico Giuseppe Belli. Colombetti, a sud di Castiglione, è invece un  borgo che si distingue per essere un modello esemplare di nucleo rurale in pietra ossolana ancora conservato. Ospita un ecomuseo all’aperto per valorizzare le sue belle abitazioni caratterizzate da logge e muri ad arco.

Macugnaga, il fiore all’occhiello

Macugnaga è un comune italiano sparso che senza ombra di dubbio è il fiore all’occhiello della Valle Anzasca. Si tratta di uno splendido borgo walser dominato dall’imponente parete est del Monte Rosa che si staglia sull’intera vallata con i suoi 4.634 metri di quota.

Cultura e tradizioni walser ancora caratterizzano Macugnaga: l’architettura tipica delle sue abitazioni, i tradizionali costumi indossati dalle donne del paese per le occasioni spaciali e ancora la lingua Titsch parlata dagli anziani o il tipico “Dorf”, piccolo nucleo abitativo del 1200.

Macugnaga valle anzasca

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Un angolo di Macugnaga

Da non perdere da queste parti è la Casa Museo Walser nella frazione di Borca. Si sviluppa su tre piani e ospita una permanente collezione di riproduzioni, antiche stampe, fotografie e reperti inerenti alla vita quotidiana della colonia Walser di Macugnaga.

Macugnaga è un luogo adatto per soggiorni turistici sia durante l’inverno, grazie ai suoi  35 chilometri di piste, due anelli di fondo, uno snowpark e numerosi tracciati per le ciaspole, sia in estate per fare passeggiare tra i boschi, escursioni alla scoperta degli alpeggi e dell’Oasi Faunistica e praticare alpinismo di alto livello sulle cime del Monte Rosa.

Bannio Anzino, dagli incantevoli scorci

Il comune di Bannio Anzino è costituito da due paesi distinti, Bannio e Anzino. Il primo è la Capitale millenaria della Valle Anzasca e regala diversi luoghi di interesse come la chiesa parrocchiale di San Bartolomeo che testimonia la trasformazione del tempio preesistente, in stile lombardo avvenuta nel 1644, pochi anni dopo l’ultimazione dell’elegante campanile, monumento nazionale e datato 1592.

Anzino gode invece una certa notorietà per la devozione degli abitanti a sant’Antonio da Padova. Proprio qui, infatti, è conservato un quadro di pregevole fattura situato nell’omonimo santuario. Inoltre, è paese d’origine di importanti personaggi, tra cui Ludovico Quaroni, architetto romano del Novecento.

Vanzone con San Carlo, con insediamenti umani già in epoca romana

In questo comune sono stati trovati numerosi reperti databili attorno al I secolo d.C., rinvenuti in seguito a scavi archeologici di fine Ottocento. Un comune antico e interessante che nacque nel 1875 dalla fusione di San Carlo d’Ossola e Vanzone.

Oggi di particolare interesse è la chiesa parrocchiale di Santa Caterina d’Alessandria che sfoggia un’artistica porta in noce massiccio con scolpito, nelle due formelle centrali, il martirio di Santa Caterina. Non da meno è la torre di Battiggio, detta “dei Cani”, costruita in pietre locali squadrate: una caratteristica della Valle Anzasca.

Infine, la miniera d’oro, abbandonata nei primi anni del novecento, nota come la miniera dei Cani insieme a sorgente di acqua minerale, ricca soprattutto di ferro e di arsenico che ha caratteristiche curative e terapeutiche, conosciute fin dal Medioevo.

Ceppo Morelli, minor comune anzaschino

Pur essendo il minor comune della Valle Anzasca, Ceppo Morelli regala al visitatore un certo patrimonio storico e culturale. È impossibile non pensare, per esempio, alla chiesa di San Giovanni Battista che ospita un pulpito risalente al Settecento.

La frazione di Mondelli, invece, è il posto in cui scoprire la cosiddetta Casa degli Specchi, una dimora signorile nella quale le pareti della sala da pranzo sono interamente ricoperte da specchi.

Ceppo Morelli piemonte

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Veduta di Ceppo Morelli
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La villa più bella del Lago di Como è pura magia

Il Lago di Como è puntellato di splendide ville lungo tutta la costa. Antiche dimore sorte nel corso dei secoli a testimonianza della ricchezza e dell’opulenza dei proprietari che le hanno volute.

Ma ce n’è una fra tutte che spicca per la sua magnificenza, per l’opulenza del suo parco e per la posizione unica a invidiabile che la rende la più bella villa del Lago di Como. Talmente unica da aver ispirato scrittori e registi che ne sono stati ispirati per creare capolavori.

Stiamo parlando della Villa del Balbianello, nel Comune di Lenno, sulla sponda occidentale del lago, dove inizia la zona costiera denominata Costa della Tremezzina. Con il suo splendido giardino e la vista mozzafiato che offre, Villa del Balbianello è una delle più spettacolari dimore del Lago di Como.

Come arrivare alla Villa del Balbianello a Lenno, sul Lago di Como

Fonte: 123rf

Villa del Balbianellovista dal Lago di Como

È una villa costruita sulla punta della penisola di Lavedo, e proprio per questo è visibile da ogni punto del Lago di Como. È una delle più scenografiche dimore d’epoca che disegnano il profilo del Lario. Donata al FAI da Guido Monzino, suo ultimo proprietario, nel 1988, Villa del Balbianello fu voluta dal Cardinal Angelo Maria Durini alla fine del Settecento e fu costruita sul luogo dove un tempo si trovava un monastero francescano.

Luogo di poeti, scrittori e registi

Quando la villa passò in eredità dal Cardinal Durini al nipote Luigi Porro Lambertenghi questo invitò nientemeno che lo scrittore Silvio Pellico, l’autore di “Le mie prigioni”, come precettore dei suoi figli. Pellico era solito gustare il proprio sigaro sulle rive del lago ed è qui che s’intrattenne con il patriota Piero Maroncelli per parlare dell’Italia e della rivoluzione. Secondo alcuni, fu proprio in questi anni che i loro discorsi vennero intercettati dalla ronda austriaca che perlustrava le coste.

Successivamente, la Villa del Balbianello fu acquistata da Giuseppe Arconati Visconti, che ospitò nel proprio salotto personaggi come Giovanni Berchet, Giuseppe Giusti e persino Alessandro Manzoni.

In seguito, la proprietà venne abbandonata in stato di degrado a causa del declino della casata, finché l’ufficiale statunitense Butler Ames se ne innamorò, decise di acquistarla nel 1919 e la restaurò. Monzino, collezionista d’arte e appassionato viaggiatore (fu il primo italiano ad arrivare in cima all’Everest), acquistò la villa nel 1974, per farne custode dei ricordi delle sue imprese. Ricordi che ancora oggi riempiono le stanze: le mappe, i libri, gli strumenti di viaggio, i cimeli delle sue note alpinistiche sono racchiusi nel Museo delle Spedizioni.

Il contesto in cui si trova la villa ha fatto innamorare oltre ai letterati anche artisti e registi: nel giardino e nelle sale sono state girate scene di molti film, da “La Certosa di Parma” nel 1947 a “Jackpot” nel ’92 con Adriano Celentano a saghe famosissime, come quella di Star Wars con “Episodio II – L’attacco dei cloni” di George Lucas nel 2002 e quella di 007 con il film “Casino Royale” nel 2006.

Il Bene FAI più visitato d’Italia

Dal 1988 si prende cura della villa e dello splendido parco il Fondo Ambiente Italiano e lo fa in modo eccellente evidentemente, visto che è da anni ormai il Bene FAI più visitato d’Italia con circa 150mila turisti l’anno). E non soltanto dagli italiani, ma anche da turisti stranieri provenienti da tutta Europa, Stati Uniti e persino dall’India. Viene spesso richiesta come location per matrimoni: solo nel 2022 ne sono stati celebrati ben 200.

Quest’anno la stagione di apertura della villa è stata estesa; quindi, i visitatori saranno ancora più numerosi. Non soltanto, quindi, da aprile a ottobre, ma sarà visitabile a partire dall’11 marzo e per buona parte dell’inverno, consentendo così di destagionalizzare il turismo lungo tutto il Lago di Como e di godere del fascino del lago in ogni stagione. L’autunno, per esempio, è la più affascinante per le immagini, i panorami e i colori del lago.

Cosa vedere a Villa del Balbianello

Decisamente il punto forte della villa è il suo enorme giardino. Le potature ardite, come quella a ombrello del grande leccio, sono un vero spettacolo. E poi la Loggia Durini, la monumentale struttura ad arco decorata da una rosa dei venti intarsiata e abbracciata da un Ficus Repens (dove è stata girata la celebre scena del bacio in Star Wars tra Anakin Skywalker e la bellissima Padme), e la Darsena, il porticciolo ricavato nelle rocce (chi ha la fortuna di giungere a Villa del Balbianello a bordo di un’imbarcazione potrà provare un’esperienza davvero esclusiva).

All’interno della villa, oltre al Museo delle Spedizioni, ci sono anche numerose collezioni: oggetti d’arte primitiva, carte geografiche, stampe ottocentesche con vedute del Lario, tappeti e rari dipinti su vetro del XVIII secolo.

Info utili

La Villa del Balbianello è aperta tutti i giorni tranne lunedì e mercoledì (non festivi), dalle 10 alle 18. Ultimo ingresso per visitare solo il parco alle 17 e ultima visita guidata agli interni della villa alle 16.30. A partire dal mese di novembre entrerà in vigore l’orario ridotto con apertura al pubblico dalle 10 alle 17. In questo periodo, l’ultimo ingresso al giardino sarà alle 16 mentre nella villa l’ultima visita guidata partirà alle 15.30.

A dicembre le aperture sono solo nei giorni 1, 2, 3, 5, 8, 9, 10, 12, 15,16,17, 19, 22, 23, 26, 29, 30, 31. A gennaio 2024 la villa sarà aperta solo i giorni 2, 5, 6 e 7. È sempre consigliata la prenotazione al massimo 24 ore prima. La visita del parco costa 12 euro (9 euro il biglietto ridotto), mentre con la visita guidata della villa che dura tre quarti d’ora costa 23 euro (15 euro il ridotto). Inoltre, il FAI organizza anche aperture speciali, come le Giornate di primavera, ed eventi durante tutto il corso dell’anno.

Villa del Balbianello

Fonte: Marianne Majerus Garden Images

Il parco della Villa del Balbianello
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Chaco Canyon, una delle prime metropoli della storia

Il mondo d’oggi è costellato di metropoli che sono una più intrigante dell’altra, ovvero quelle città che nell’accezione moderna hanno notevoli dimensioni, specie se caratterizzata da una dinamica vita sociale, economica, culturale. Ma quale è stata la prima in assoluto?

Le opinioni degli esperti su questo argomento sono un po’ dibattute. C’è chi ritiene che sia stata Roma antica che superò il milione di abitanti. Ci sono altrettanti studiosi che sostengono che la prima metropoli della storia fu Catalhoyuk, in Turchia, che risale a 9500 anni fa. Poi ci sono gli esperti che invece sono convinti che Alessandria d’Egitto fu la prima metropoli cosmopolita al mondo. E poi ancora dei conoscitori che dichiarano che ad esserlo sia stato Chaco Canyon, nel Nord America, ed è proprio di quest’ultimo che vi vogliamo parlare.

Un po’ di storia su Chaco Canyon

Chaco Canyon è forse il più importante mistero archeologico del Nord America ed ed è legato alla storia degli Anasazi, una civiltà nativa che ha lasciato moltissime tracce prima di scomparire completamente. Oggi è un prestigioso sito archeologico che si trova negli Stati Uniti, e precisamente a Four Corners County, l’unico punto dove si incontrano quattro Stati del Nord America: il New Mexico, l’Arizona, il Colorado e lo Utah.

Attualmente è una zona arida e abbandonata, ma fino circa 800 anni fa era fertile e abitata da questa popolazione che visse tra il VII secolo e la fine del XIII secolo. Anche se a dire la verità vi sono tracce dei loro antenati risalenti al 1500 a.C., ma questa vera e propria civiltà si sviluppò propriamente nel X secolo.

Un’area che, nel 1250, venne in gran parte abbandonata, anche se un recente studio ha stabilito che questa tribù nativa, come successe per i Maya, non sopravvisse alla siccità causata dal riscaldamento globale, finendo per estinguersi. Altrettanti studiosi sostengono che la violenza e la guerra hanno spinto questa popolazione al cannibalismo: sono stati ritrovati corpi smembrati. Insomma, quel che è certo è che l’origine e il declino di questa popolazione è ancora in discussione.

Il Chaco Canyon oggi

Il Chaco Canyon oggi è una raccolta di quasi 3.600 siti archeologici e anche un monumento nazionale americano divenuto poi National Historical Park. Classificato persino patrimonio mondiale dell’UNESCO, è il più importante sito archeologico precolombiano del Messico settentrionale .

Molte delle costruzioni presenti sono allineate secondo i cicli solare e lunare, il che indica un certo grado di avanzamento di questa civiltà per le osservazioni astronomiche e l’architettura. Sfortunatamente, però, i siti culturali sono fragili e il rischio di erosione causato dai turisti ha portato, per esempio, alla chiusura al pubblico di Fajada Butte, una collina che, nonostante non ci sia una fonte d’acqua, conserva rovine di piccole abitazioni rupestri.

I luoghi del Cacho Canyon sono considerati sacri da tempo immemore e si trovano tra il Canyon Centrale, che contiene i più grandi complessi di questo sito, e gli Esterni dove sorgono alcune delle più interessanti Grandi Case.

Le Grandi Case sono degli enormi complessi che rappresentavano il fulcro dello stile architetturale e religioso del popolo. Molti complessi del Chaco Canyon possiedono una media di 200 case ognuno, con punte di 700. Dimore ben progettate e che spesso raggiungevano i quattro o cinque livelli. C’erano poi le strutture religiose, note come kiva, che venivano costruite in proporzione al numero delle abitazioni di un pueblo (termine con cui i primi esploratori spagnoli identificavano lo stile di vita degli Anasazi).

Decisamente interessante è il complesso del Pueblo Bonito (“Bel Villaggio”) che copre quasi 8000 m², include 650 case ed è la più spaziosa delle Grandi Case.

In sostanza, il Chaco Canyon con i suoi enormi edifici e la sua dimensione metropolitana ha attirato per decenni le curiosità della comunità scientifica. Per questo in molti si chiedono come hanno fatto le popolazioni a superare i vari ostacoli naturali e a trasportare i materiali necessari alla costruzione della città. Stando alle recenti rivelazioni di alcuni esperti provenienti dalla Colorado University, avrebbero utilizzato delle ingegnose cinghie legate al cranio.