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Dove è stato girato “I cacciatori del cielo” con Beppe Fiorello

È un omaggio all’“Asso degli assi” il docu-film della RAI “I cacciatori del cielo”, realizzato in collaborazione con Aeronautica Militare, che vede protagonista Giuseppe Fiorello nel ruolo del protagonista Francesco Baracca, il più grande pilota d’Italia considerato un eroe nazionale.

Per celebrare il Centenario della costituzione dell’Aeronautica Militare nel 2023, il film racconta la storia privata e le vicende militari del grande aviatore che ha combattuto nella Grande Guerra, conseguendo il maggior numero di vittorie aeree in assoluto, ben 34.

I luoghi di Francesco Baracca

Baracca era originario di Lugo di Romagna, una cittadina nella pianura tra Bologna e Ravenna, a pochi chilometri dal Mare Adriatico e dai primi rilievi dell’Appennino Romagnolo, al centro della Romagna Estense. Lugo è famosa per la Rocca Estense, l’imponente castello che domina la città dalla fine del 1200. Ma Lugo è ben conosciuta dai melomani per essere stata, per alcuni anni, anche la città di Gioacchino Rossini che si trasferì qui con la famiglia nel 1802. Proprio a Lugo, il giovane musicista iniziò a studiare i primi rudimenti di teoria musicale. Per ripercorrere la sua storia è possibile visitare la casa-museo della famiglia Rossini.

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Fonte: 123rf

Il monumento dedicato a Francesco Baracca a Lugo

Dicono che, se si sorvola la cittadina con un aereo, vista dall’alto, la pianta di Lugo ricalchi fedelmente il profilo di un aereo. Era quindi destino che proprio qui nascesse l’eroe dell’aria.

La sua città natale ha dedicato a Francesco Baracca un museo intero, dove sono state girate alcune scene del film. È stato ricavato nella sua casa natale, che si trova nel pieno centro storico di Lugo, e che conserva i cimeli e gli oggetti appartenuti all’eroe. Ospita anche il famoso Spad VII, l’aereo del 1917 appartenuto alla 91^ Squadriglia Caccia, comandata da Baracca sul quale conseguì la trentesima delle sue 34 vittorie col famoso emblema del cavallino rampante, noto in tutto il mondo per essere stato adottato, poi, da Enzo Ferrari come stemma per le automobili prodotte a Maranello, che dista poco più di un’ora d’auto. Una copia fedele dell’aereo è esposta anche nell’area partenze dell’aeroporto di Venezia.

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Fonte: Shutterstock

Il Castello di Lugo

Nella casa-museo c’è anche un simulatore di volo che ricrea il paesaggio storico con la mappatura sul modello digitale del terreno delle foto aeree di guerra italiane e austro-ungariche e consente di vedere dall’alto sia il paesaggio degli anni 1915-18 sia quello odierno.

Il museo è il punto di partenza di un itinerario sulle orme di Baracca che è stato creato a Lugo e che comprende anche il monumento dello scultore Domenico Rambelli, alla base del quale spicca il celebre cavallino rampante che lo stesso Baracca voleva impresso sulla fiancata del proprio velivolo. Il monumento a Francesco Baracca venne inaugurato nel 1936 dal Duca d’Aosta.

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Dell’itinerario fa parte anche la Cappella sepolcrale nel cimitero cittadino, al cui interno si può ammirare il maestoso sarcofago fuso col bronzo dei cannoni austriaci del Carso che ospite le spoglie dell’aviatore.

Le altre location del film

Il film parte dal 1915, anno in cui Baracca, Pier Ruggero Piccio, aviatore che poi divenne Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica Militare, e Bartolomeo Piovesan, meccanico di umili origini addetto alla manutenzione dell’aereo di Baracca, si ritrovano insieme nel campo di aviazione di Santa Caterina, vicino a Udine, sede del primo reparto aerei da caccia e del Comando Supremo. Ed è proprio in questa piccola frazione del Friuli-Venezia Giulia, quella dei cosiddetti “Cacciatori di Santa Caterina” a cui s’ispira il docu-film, che è nata l’aviazione da caccia italiana.

La disfatta di Caporetto porterà la squadriglia ad abbandonare Santa Caterina per trasferirsi nel Veneto, sul campo di aviazione di Quinto, vicino a Treviso, che fu ad uso esclusivo della 91^ Squadriglia. L’aeroporto comprendeva nove hangar-tenda mimetizzati, intorno ai quali c’era una serie di baracche in legno.

Le scene del film sono state girate nella Aviosuperficie Francesco Baracca a Nervesa della Battaglia, proprio in provincia di Treviso, dove si trova anche la Fondazione Jonathan Collection che ospita una replica volante dello Spad XIII, uno degli iconici aerei di Baracca. Qui si trova l’ultimo esemplare originale di hangar Bessoneau Tipo H della Prima guerra mondiale che sopita diversi velivoli d’epoca originali, dai primi del Novecento fino ai modelli degli Anni ’50, ancora perfettamente funzionanti e alcune repliche più recenti.

Tre le altre location del Veneto ci sono anche Villafranca di Verona, famosa per la Roccaforte degli Scaligeri e passata alla storia per la pace di Villafranca, che fu preludio all’unità d’Italia; Lonigo, in provincia di Vicenza, e il Museo Villa Lattes di Istrana, vicino a Treviso, una splendida palazzina settecentesca che si può visitare.

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Fonte: 123rf

Villafranca di Verona e la Roccaforte degli Scaligeri
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Viaggi zaino in spalla? Ora puoi fare slackpacking

Uno dei modi più suggestivi di viaggiare è il backpacking, quello che noi comunemente chiamiamo “zaino in spalla”: economico ed emozionante, permette di addentrarsi nel cuore di luoghi incontaminati e andare alla scoperta di paesaggi meravigliosi, altrimenti irraggiungibili. Certo, non è un viaggio adatto proprio a tutti. Per questo, negli ultimi anni si sta diffondendo sempre più lo slackpacking, un nuovo modo di fare escursioni. E presto potrebbe diventare il vero trend delle vacanze all’aria aperta. Scopriamo di che cosa si tratta.

Slackpacking, il nuovo trend di viaggio

Per capire che cos’è lo slackpacking, facciamo un passo indietro. Quando si parla di viaggi zaino in spalla, si intende un’escursione più o meno lunga (può durare persino qualche settimana!) durante la quale ci si incammina con un grande zaino contenente tutto quello di cui si può avere bisogno durante questa esperienza. Dal cibo al cambio di vestiti, passando per tenda e sacco a pelo: insomma, ci si carica sulle spalle l’intero bagaglio che dovrà bastare per tutta la vacanza. Anche perché, nella maggior parte dei casi, ci si addentra in luoghi in cui non è certo facile trovare altro che – se si è fortunati – un po’ di cibo aggiuntivo.

Il backpacking è dunque una vera e propria avventura, che però non è adatta a tutti. Occorrono un buon allenamento, tanta voglia di camminare e una capacità di adattamento non indifferente. Viaggi di questo genere non sono solitamente alla portata di chi ha qualche difficoltà di salute, o anche di chi si muove in famiglia e ha dei bambini con sé. Ci sono esigenze diverse che hanno spinto verso la nascita dello slackpacking, un nuovo modo di viaggiare zaino in spalla che permette ad un più vasto numero di turisti di sperimentare escursioni all’aria aperta.

Lo slackpacking altro non è che un viaggio “leggero” che prevede l’aiuto di un collaboratore (può essere un amico desideroso anch’esso di avventure, o più semplicemente qualcuno appositamente pagato per fare questo lavoro). Chi si mette in marcia porta con sé uno zaino piccolino, nel quale ha a disposizione tutto ciò che può servirgli durante la giornata: una buona scorta d’acqua, qualche pasto da consumare in viaggio e un cambio d’abiti per eventuali emergenze, oltre a piccoli strumenti come una torcia o un coltellino da campeggio. Al resto pensa il collaboratore: è lui ad attendere il viaggiatore in un punto di ritrovo concordato in precedenza, portando con sé (in genere in auto) attrezzatura pesante come la tenda, il sacco a pelo o il fornelletto da campeggio.

I vantaggi dello slackpacking

Lo slackpacking diventa così un viaggio avventuroso alla portata di quasi tutti, assolutamente da provare. Il peso caricato sulle spalle è molto più leggero, e alla fine di una lunga giornata all’aria aperta c’è qualcuno che ci aspetta con tutto l’occorrente per la notte, oltre a cibo e abiti puliti che non dovremo avere nel nostro zaino. Al mattino seguente, non dovremo far altro che preparare quello di cui avremo bisogno per la nuova giornata e lasciare che del resto si occupi il nostro collaboratore, che si farà trovare ancora una volta alla fine del nostro percorso quotidiano.

Questo nuovo trend di viaggio è l’ideale per chi ama fare trekking, anche se non ha un ottimo allenamento. Lo si può adottare anche per fare qualche tappa particolarmente difficile di un lungo itinerario a piedi, da adottare dunque in alternanza con il backpacking “puro”. E anche le famiglie possono cimentarsi in questa avventura, scegliendo naturalmente percorsi adatti anche ai ragazzini – e sempre avendo con sé tutto quello che può essere necessario per i più piccoli. Tutti pronti per partire verso una nuova, emozionante escursione?

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Perché dovresti visitare un Tea Garden almeno una volta nella vita

Ci mettiamo in viaggio per tantissimi motivi e ogni volta che ne abbiamo l’occasione. Lo facciamo per andare alla scoperta delle meraviglie che appartengono al mondo che abitiamo, quelle che portano la firma di Madre Natura e quelle che, invece, sono state realizzate dall’uomo. Lo facciamo per raggiungere opere d’arte e architettoniche che sono diventate iconiche, ma anche per toccare con mano le culture, le tradizioni e le usanze che appartengono a popolazioni lontane.

Qualunque siano i motivi che invitano a girare il globo in lungo e in largo abbiamo tutti una missione condivisa: quella di vivere esperienze uniche, straordinarie e incredibili, destinate a costruire i ricordi più belli di sempre.

E se è un’avventura così che volete vivere, allora il consiglio è quello di inserire nella lista dei luoghi da visitare almeno una volta nella vita un Tea Garden. Vi spieghiamo cosa sono, dove si trovano e perché dovreste raggiungerli al più presto.

Bere un tè in un giardino delle meraviglie: l’esperienza unica

Entrare in un Tea Garden è un po’ come indossare i panni di Alice nel Paese delle Meraviglie. In questi luoghi, infatti, tutto sembra magico e incantato e le fotografie che ritraggono i giardini non possono che confermarlo.

Cosa sono i Tea Garden è il nome stesso a suggerircelo, si tratta di giardini all’aperto, di grandi o piccoli dimensioni, all’interno dei quali è possibile passeggiare, rilassarsi, vivere e condividere giornate all’insegna della spensieratezza e, naturalmente, bere i migliori tè in circolazione.

Pare proprio che le origini di questi giardini sono collegate al Regno Unito, e questo non ci stupisce dato che in questo Paese quello di prendere un tè è diventato un vero e proprio rituale. Nei primi giardini ad accesso pubblico, infatti, mentre gli uomini si incontravano per bere vino o birra, le donne erano solite incontrarsi nelle zone designate per il tè.

Il termine Tea Garden, oggi, è utilizzato sia in riferimento a giardini e sale da tè all’aperto, sia alle piantagioni da tè, come quelle che si snodano in India o in Cina. Nella maggior parte dei casi, però, si tratta di luoghi accessibili a turisti e viaggiatori.

In questi giardini tutto è realizzato in maniera minuziosa. Da una parte ci sono le aree riservate alle piantagioni del tè, dall’altra, invece, percorsi pedonali per permettere agli ospiti di passeggiare all’interno di questi parchi dove la natura è assoluta protagonista. Non mancano quasi mai zone adibite alla degustazione del tè, raccolto e prodotto, per rendere l’esperienza ancora più straordinaria.

Fiori di ciliegio nel Tea Garden a Longyan

Fonte: Getty Images

Fiori di ciliegio nel Tea Garden a Longyan

Ci sono, poi, i Tea Garden giapponesi che, come il nome stesso suggerisce, si ispirano allo stile e alla cultura del Paese del Sol levante. In questo caso non ci sono piantagioni da visitare, ma atmosfere fiabesche nelle quali gli ospiti sono invitati a immergersi per vivere e condividere l’esperienza della cerimonia del tè.

Tra i più celebri del mondo troviamo il Japanese Tea Garden, un angolo di paradiso situato nel cuore di San Francisco dove è possibile vivere un’avventura davvero unica. Situato all’interno del Golden Gate Park, il più grande parco della città, questa area nipponica è caratterizzata da un paesaggio suggestivo che ammalia e incanta. Ci sono i laghetti, i ponti e un tempio buddista. Non manca, ovviamente, una sala da tè incorniciata dalla natura lussureggiante.

Alla scoperta dei Tea Garden nel mondo

Come abbiamo anticipato, i Tea Garden si trovano in tutto il mondo. Tra i più celebri c’è il Jungpana Tea Estate, un giardino delle meraviglia incastonato nell’area dell’Himalaya e situato a un’altitudine che supera i 1000 metri. Si tratta di un vero paradiso per tutti gli amanti del tè che proprio qui possono vere una delle esperienze sensoriali più incredibili di una vita intera

Nella provincia indiana del Darjeeling, invece, troviamo uno dei più grandi giardini di tè al mondo. Si tratta del Phughuri Tea Estate che si estende su una superficie di 430 ettari e che produce, ogni anno, più di 100.000 chili di foglie della bevanda più amata dal mondo.

Elencare tutti i Tea Garden del mondo è una missione pressoché impossibile, quello che possiamo dirvi, però, è che i più suggestivi sono quelli che si snodano in Cina, gli stessi che durante la primavera si trasformano in capolavori d’arte dipinti da Madre Natura. Mentre i raccoglitori di tè, muniti di grandi cappelli di paglia, iniziano a lavorare tra le piantagioni e le colline, gli ospiti possono passeggiare in un paesaggio naturale d’immensa bellezza.

A Longyan, per esempio, esiste un giardino da tè incastonato tra le colline di Fujian che ospita centinaia di alberi di ciliegio che durante la primavera colorano tutto di mille sfumature di rosa. È possibile visitare le piantagioni, e le fioriture, anche a bordo di un trenino rosa. L’esperienza è così suggestiva che ogni anno questo luogo viene raggiunto da migliaia di viaggiatori provenienti da ogni parte del mondo.

Sempre in Cina, e più precisamente a Hangzhou, è possibile assaggiare il celebre tè Dragon Well, famoso in tutto il mondo, all’interno di un giardino lontano dai sentieri più battuti dal turismo di massa. Si tratta del Longjing Imperial Tea Garden, un parco situato nel piccolo villaggio di Longjing caratterizzato da terrazze idilliache e piantagioni di tè. All’interno del giardino, inoltre, è presente anche il tempio Song Guangfu, la pagoda Biancai e altri monumenti storici e culturali. Non mancano, ovviamente, anche sale da tè interne ed esterne per vivere un’esperienza sensoriale davvero unica.

A Fuzhou, invece, capitale della provincia cinese del Fujian, nonché uno dei più importanti centri della cultura del tè, le piantagioni si snodano tra le montagne ondulante che circondano il centro urbano e creano un paesaggio idilliaco. Qui non solo i viaggiatori possono visitare il Tea Garden, ma sono invitati al partecipare alla raccolta delle foglie da tè circondati e immersi in un panorama mozzafiato.

Ultimi, ma non meno importanti, sono i suggestivi giardini del tè che si snodano sulle isole del lago Qiandao. Ci troviamo a Lishang, nella provincia dello Zhejiang nella Cina orientale. Proprio qui, in primavera, migliaia di piante da tè esplodono in tutta la loro bellezza creando un paesaggio idilliaco e straordinario. Una visita qui, questo è chiaro, è un’esperienza unica che consente di immergersi e perdersi nella più autentica cultura del tè.

Tea Garden On Qiandao Lake

Fonte: Getty Images

Tea Garden, Qiandao Lake
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Dove andare a sciare a Pasqua: gli impianti (ancora) aperti

La Pasqua, quando arriva, porta con sé anche il cambio definitivo di stagione: segna il vero e proprio inizio della primavera e, in alcuni casi, detta l’arrivederci all’anno prossimo alla neve. Chi ama fare sport invernali sa che questo è il periodo finale in cui poterli praticare, ma il problema è che molti impianti sono già chiusi. Ad eccezione di alcuni, che ora vi andremo ad illustrare.

Pasqua in Valle d’Aosta

Pila, meravigliosa località che sorge a 1790 metri s.l.m. in Valle d’Aosta, regala una primavera davvero speciale: la neve c’è, le giornate sono luminose e miti, si può stare all’aperto a lungo, è possibile pranzare scaldati dal sole e prendere la tintarella di fine stagione.

Ma questo è anche il periodo perfetto per raggiungere altre mete della regione: grazie al collegamento con il centro di Aosta – in meno di 20 minuti – la vacanza può continuare permettendo di visitare la città, ricca di vestigia del passato. Utilizzando l’automobile si possono invece scoprire i borghi nelle vicinanze, ma anche trascorrere una giornata rilassante presso le terme di Pré-Saint-Didier.

E per chi vuole sciare qui ci sono ben 15 impianti di risalita e 70 km di piste che si possono utilizzare fino al 15 aprile. Altri impianti aperti in Valle d’Aosta sono a Cervinia, dove la chiusura è prevista il 7 maggio 2023, mentre nel resto della Valtournenche il 10 aprile. A La Thuile la skiarea è aperta sino al 16 aprile e, durante il fine settimana di Pasqua, sono previsti diversi appuntamenti come la 46esima edizione della Gara di Slalom e LTH SPRING MUSIC FESTIVAL, 2 giorni di divertimento con una rassegna musicale per festeggiare l’arrivo della primavera.

Dolomiti Bellunesi: la stagione è ancora aperta

Se in molte località d’Italia i 20 gradi centigradi fanno venire la voglia di mare, sulle Dolomiti Bellunesi la stagione della neve è tutt’altro che agli sgoccioli: al Faloria di Cortina si continua a sciare fino al primo maggio, a Porta Vescovo si chiude il 25 aprile, mentre al Pordoi l’ultima data utile per una discesa è il 16 aprile.

Gli ultimi a fermarsi il giorno 1 maggio saranno invece la sciovia Tondi di Faloria, le seggiovie Vitelli, Rio Gene, Plan de Ra Bigontina e la funivia Faloria del comprensorio di Cortina dove al momento sono operativi 27 impianti su 36 con 95 chilometri di piste su 120.

Mantre poco prima (tra il 16 e il 25 aprile) lo stop ad Arabba (con 118 chilometri di piste su 120 aperte). Tutti gli altri — Tofana, Alleghe, 5 Torri, Col Gallina, Le Pale e Marmolada, per citarne alcuni — lasceranno passare Pasqua e il lunedì dell’Angelo per dichiarare finita la stagione.

Sciare in Lombardia

A Pasqua è ancora possibile sciare anche nelle splendida regione Lombardia. Se le piste del bresciano hanno quasi tutte chiuse i battenti per via del caldo, diversa è la situazione a Livigno, il Tibet d’Italia, che darà la possibilità di sciare fino al 1° maggio.

Sotto controllo anche la situazione nel resto della Valtellina grazie agli impianti di innevamento presenti in ogni località, una condizione che ha permesso a tutte le stazioni sciistiche di affrontare più o meno tranquillamente questo finale di stagione.

L’11 aprile sarà invece il giorno di chiusura a Bormio, così come le cose non cambiano a Santa Caterina Valfurva. La situazione è buona anche a Madesimo, in Valchiavenna, dove la chiusura è prevista per il giorno 11 aprile.

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Questo piccolo atollo remoto è il luogo da raggiungere per le tue vacanze

Esiste un posto, situato dall’altra parte del mondo, che incanta per le sue forme e per i suoi colori, per quella natura lussureggiante, autentica e primordiale che ha dipinto di meraviglia ogni centimetro di questo piccolo lembo di terra. Un vero e proprio paradiso terrestre, selvaggio e straordinario, dove la vita scorre lentamente e diversamente dai ritmi frenetici e caotici che scandiscono le nostre giornate.

Questo luogo sembra un sogno a occhi aperti, e invece è reale e per questo ancora più straordinario. Per scoprirlo dobbiamo volare verso le Isole Tuamotu, nella Polinesia Francese e nel cuore dell’Oceano Pacifico. È proprio qui che, incastonato nella più grande catena di atolli nel mondo, sorge Tikehau, una piccola isola remota che vi permetterà di vivere l’esperienza di viaggio più bella di una vita intera.

Tikehau: l’atollo selvaggio e paradisiaco nel cuore dell’oceano

Si chiama Tikehau, e tradotto letteralmente vuol dire “Atterraggio Pacifico”. Il nome fa riferimento al fatto che l’isola è da sempre considerata come uno dei luoghi più pescosi del pianeta. L’atollo, infatti, è un punto di riferimento per il mercato ittico di Papeete.

I motivi per raggiungere questo lembo di terra nell’Oceano Pacifico sono tantissimi, e tutti sono destinati a incantare. Del resto basta guardare le fotografie che lo ritraggono per intuirli tutti.

Tikehau è un vero e proprio paradiso terrestre, un eden selvaggio e solitario dove vivere e condividere esperienze all’insegna di pace, relax e bellezza. Tra spiagge di sabbia rosa, vegetazione rigogliosa e ricca fauna locale, questo microcosmo delle meraviglie è la destinazione perfetta per chiunque sente l’esigenza di staccare da tutto e da tutti e di allontanarsi dai ritmi caotici della città.

L’isola è situata a poco più di 300 chilometri da Tahiti ed è raggiungibile in volo sia da Papeete, in circa un’ora, che da Rangiroa, in appena 20 minuti. A Tikehau vivono appena 400 anime, per lo più pescatori, ma quelle bastano a far conoscere ai viaggiatori la vera essenza dell’isola, la sua anima.

Se avete in mente di organizzare un viaggio qui, il consiglio è quello di alloggiare all’interno delle guest house in stile tahitiano per perdersi e immergersi nei colori, nei profumi e nella quotidianità di quest’isola e vivere così un’esperienza genuina e autentica.

Una vacanza in un paradiso terrestre

Non ci sono traffico, smog e caos, sull’atollo di Tikehau, ma ci sono i colori, quelli utilizzati da Madre Natura per dipingere uno dei luoghi più belli del pianeta. C’è il blu dell’oceano però, caratterizzato da tante sfumature turchesi, che circonda tutto intorno questo lembo di terra. Ci sono gli squali pinna bianca, le tartarughe e le mante, quelle che hanno ali che superano i 3 metri e che sono soprannominate “Diavoli di mare”.

Ci sono poi diversi esemplari di volatili. Sono tantissime, infatti, le colonie di uccelli che si rifugiano sull’atollo di Tikehau e con il loro canto giornaliero creano la perfetta colonna sonora di una vacanza indimenticabile.

Ci sono il cielo e il mare che si riflettono uno dentro l’altro e che insieme si perdono all’orizzonte. E c’è la natura, rigogliosa e straordinaria, che si trasforma nella cornice ideale di un’esperienza di pace, calma e serenità che tutti ci meritiamo.

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Bloomsbury, il quartiere londinese amato da Virginia Woolf

Se avete in programma un viaggio a Londra, non perdete di visitare il quartiere di Bloomsbury. Si trova in centro e fa parte del borgo di Camden.

È uno dei quartieri londinesi più storici, amatissimo da Virginia Woolf che, insieme ad altri intellettuali, fondò il Bloomsbury Group di cui restano ancora oggi delle tracce, ma anche di Charles Dickens e di Darwin.

Il quartiere storico di Bloomsbury

Bloomsbury era il nome dal proprietario terriero di origini normanne William de Blemund, che acquistò questa zona nel 1201. Fino alla metà del XVII secolo, rimase in gran parte agricola, ma dopo il 1660, il conte di Southampton costruì quella che sarebbe diventata l’attuale Bloomsbury Square, al centro della quale oggi si trova un bellissimo giardino frequentato dalla Londra “bene”.

Questa piazza è stata al centro di molte vicende storiche e letterarie e ha tante storie da raccontare. Ancora oggi affacciata su Bloomsbury Square si trova la casa dove viveva il conte (Southampton House, poi Bedford House e oggi Bedford Place). Al civico 6 c’è l’edificio che ospitò lo scrittore Isaac D’Israeli, padre del Primo ministro britannico Benjamin Disraeli, tra il 1817 e il 1829. Al numero 17 nel 1880 venne fondata la Società Aristotelica che ancora oggi organizza convegni nelle più prestigiose università britanniche.

A oggi, poche delle case settecentesche sono sopravvissute, ma ci sono edifici dell’Ottocento e del Novecento dove un tempo si era trasferita la borghesia londinese e che oggi ospita diversi uffici.

Virginia Woolf e Bloomsbury

Da sempre, però, Bloomsbury è associato alle arti, agli studi universitari e alla medicina ed è considerato il quartiere letterario e artistico londinese. Vi hanno sede molte facoltà e strutture dell’Università di Londra. Ma soprattutto, vi si trova il British Museum (Great Russell Street), aperto al pubblico nel lontano 1759 a Montague House, nel cuore di Bloomsbury. Il museo è gratuito.

Bloomsbury è anche il quartiere delle librerie. Ce ne sono tantissime e vale la pena visitarle per respirare l’atmosfera del quartiere che ha ispirato così tanti intellettuali nel corso della storia. È in una di queste, ubicata a Lamb’s Conduit Street, che è stato ambientato il recente romanzo “Le ragazze della libreria Bloomsbury” di Natalie Jenner racconta di quanto, attraverso il microcosmo della libreria Bloomsbury, forte sia il potere dei libri e della letteratura.

Il Bloomsbury Group, un circolo ristretto a cui apparteneva Virginia Woolf nei primi anni del XX secolo era solito riunirsi nelle case private della zona. La stessa scrittrice affermò: “Tutte le persone che rispetto ed ammiro di più sono appartenute a Bloomsbury”. La Woolf incontrò il marito Leonard proprio nel Bloomsbury Group. Insieme alla sorella Vanessa, che faceva la pittrice, e a suo marito Cliff Bell, un pittore post-impressionista, e al critico d’arte Roger Fry, contribuirono a far accettare le loro idee e la loro arte in tutta la Gran Bretagna.

Se si osserva con attenzione, si possono ancora scorgere molte tracce delle vite di questi Bohémien. Le targhe blu sulle facciate degli edifici indicano i luoghi in cui vissero i membri del gruppo. Alcuni abitarono per qualche tempo nella vicina Gordon Square. Bertrand Russell – che fondò la vicina Russell Square che fa parte sempre del quartiere di Bloomsbury – visse al numero 57, Lytton Strachey al 51, Vanessa e Clive Bell, Keynes e la famiglia Woolf al numero 46. Strachey, Dora Carrington e Lydia Lopokova (moglie di Keynes) vissero per qualche tempo al numero 41 e anche Virginia e Leonard abitarono al 29 della vicina Fitzroy Square per quattro anni.

Da Dickens a Bob Marley

Molti sono stati gli artisti, studiosi e intellettuali che hanno vissuto nel quartiere di Bloomsbury. Lo scrittore Charles Dickens, autore di libri come “Le avventure di Oliver Twist”, “David Copperfield” e di molti altri classici della letteratura inglese, visse a Tavistock House, in Tavistock Square, un palazzo ancora oggi ben riconoscibile per la targa blu apposta sulla facciata. Qui scrisse alcune delle sue opere più famose. Non lontano da qui, a Doughty Street, in quella che per qualche anno fu la sua abitazione, si trova invece il Museo di Dickens, che ospita alcuni dei suoi racconti e oggetti personali.

Charles Darwin, padre della teoria dell’evoluzione, visse al numero 115 di Gower Street, a due passi da Gordon Square. Anche in questo caso una targa blu indica il luogo ai visitatori.

Il quartiere vide tra gli abitanti più recenti anche Bob Marley, padre della musica reggae, che nel 1972 visse nell’appartamento di una palazzina in stile vittoriano al 34 di Ridgmount Gardens a Bloomsbury per circa sei mesi (venduto nel 2021 per 2 milioni di euro), prima di trasferirsi nella casa definitiva al 42 di Oakley Street a Chelsea. Ma questo è un altro viaggio.

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L’Arabia Saudita è la nuova meta low cost

Se l’Arabia Saudita è da qualche anno una delle mete più ambite, ora che sta per diventare anche low cost sarà presa letteralmente d’assalto dai turisti. Wizz Air ha inaugurato il primo volo per Jeddah, in partenza dall’aeroporto Marco Polo di Venezia, che va ad aggiungersi ai voli che la compagnia già opera da qualche mese da Milano a Jeddah e da Roma a Riyadh.

La nuova rotta sarà attiva tutto l’anno e servita da voli bisettimanali. Ma la notizia più interessante è che i prezzi dei biglietti partono da 49,99 euro. I nuovi operativi daranno un forte impulso al settore turistico saudita, che sta crescendo a vista d’occhio, contribuendo al programma chiamato “Vision 2030”, che prevede di triplicare il traffico di arrivi nel Paese entro il 2030.

Perché fare un viaggio in Arabia Saudita

L’Arabia Saudita è una terra ricca di storia e di cultura, di bellezze naturali e di luoghi ancora incontaminati. Ma è anche un Paese che sta evolvendo velocemente e sono tantissimi i progetti futuristici in fase di realizzazione. È il sogno di molti, ma finora è stata poco accessibile ai turisti.

Una terra antica

Tra i luoghi più iconici c’è il sito di AlUla, monumenti di straordinaria bellezza che affiorano dalla sabbia del deserto. Un museo a cielo aperto di tombe conservate, crocevia di antiche civiltà e di una storia che affonda le sue radici in tempi lontani. Hegra, oggi conosciuta come Mada’in Salih, era la principale città del regno: qui sono state costruite alcune delle più spettacolari tombe monumentali. E qualcuno l’ha già soprannominata “l’altra Petra”. Qui antico e moderno convivono alla perfezione.

Nel bel mezzo del deserto, tra dune di sabbia, rocce scolpite dal tempo e resti dell’antica civiltà si vedono spuntare installazioni ultramoderne come Maraya, un cubo di specchi realizzato nel 2017, il più grande del mondo, tanto da essere entrato nel libro dei Guinness, che riflette il paesaggio e di cui a malapena si scorge la presenza. È in realtà una sala concerti, ma che ospiterà anche eventi e spettacoli.

L’Arabia Saudita è anche la patria della Mecca, il luogo di nascita del Profeta Maometto e, da sempre, meta di pellegrinaggio anche tra i turisti di religione musulmana, visto che, secondo quanto scritto nel Corano, ogni fedele ha il dovere religioso di visitarla almeno una volta nella vita. Nel periodo di Ramadan sono milioni le persone che si recano nella città più sacra dell’Islam.

Una terra ultramoderna

Come anticipato, l’Arabia Saudita è in grande espansione e sono tanti i nuovi e avveniristici progetti che stanno nascendo e che la rendono una meta incredibilmente desiderabile. Uno degli edifici altrettanto iconici del Paese sta per sorgere nella Capitale Riyadh.

Mukaab sarà un grattacielo a forma di cubo dall’inconfondibile design mediorientale grande quanto 20 Empire State Building, ispirato all’architettura Najdi, quella delle tribù beduine che vivono nel deserto. Sorgerà nel nuovo quartiere di New Murabba nella downtown cittadina. Il principe saudita Mohammad bin Salman bin Abdulaziz, figlio dell’attuale re, l’ha definita “la più grande e moderna downtown del mondo”.

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Fonte: @pif.gov.sa

L’edificio New Murabb a Riyadh, in Arabia Saudita

Natura incontaninata

Il deserto saudita di Rub’al-Khali è tra i più grandi deserti di sabbia al mondo e ricopre la parte più meridionale della Penisola araba che, oltre all’Arabia, comprende anche il sultanato dell’Oman e gli Emirati Arabi Uniti. Ma le dune di sabbia non sono l’unico deserto, c’è anche quello roccioso.

Tabuk è considerata la porta settentrionale della Penisola arabica. Secondo la tradizione, Maometto trascorse tra queste vallate a dir poco spettacolari dieci giorni durante il nono anno dell’Egira. Da non perdere, il Wadi Disah, un canyon di roccia rossa nella quale è cresciuta una rigogliosa oasi ricca di palme.

Questo eccezionale Paese pullula di luoghi isolati e poco conosciuti. Uno di questi è il cratere Al Wahbah, uno dei crateri vulcanici più grandi del pianeta, con pareti alte fino a 250 metri e un diametro di 2 km. Tra i luoghi da vedere assolutamente in Arabia Saudita c’è anche Jebel Fihrayn meglio conosciuto come The Edge of the World. Il soprannome “confine del mondo” è stato creato per sottolineare l’incredibile paesaggio che si può ammirare e che dà la sensazione di essere davvero su un altro Pianeta.

The Edge of the World arabia saudita

Fonte: iStock

The Edge of the World in Arabia Saudita

Il Mar Rosso saudita

Un viaggio in Arabia Saudita non può di certo prescindere da una sosta al mare tra le Isole di Farasan. Situate a circa 50 chilometri dalla costa, al largo della città di Jizan, si tratta di un arcipelago che comprende oltre un centinaio di isole, accarezzate dalle acque limpide e ricche di coralli del Mar Rosso.

E proprio lungo la costa saudita, a Nord di Jeddah, sta sorgendo una nuova meta mare che è destinata a diventare la più cool dei prossimi anni. Il progetto si chiama The Red Sea e si potrà andare a breve grazie a un nuovo aeroporto internazionale che sarà inaugurato nei prossimi mesi. Sarà la più grande destinazione turistica del mondo completamente alimentata da energie rinnovabili ma il cui obiettivo principale sarà anche la rigenerazione ambientale, attraverso un impatto positivo sul territorio, sulla società e sull’economia.

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Fonte: @The Red Sea

Sul Mar Rosso saudita sorgerà uno degli hotel di lusso, il Ritz-Carlton Reserve

Sarà un progetto enorme: 28mila km quadrati che comprenderanno un arcipelago di 90 isole (22 delle quali ospiteranno i 50 resort che sono in fase di realizzazione, mentre nove sono state identificate come riserve naturali), una delle più grandi barriere coralline del mondo con tartarughe marine, delfini coralli, vulcani spenti, un meraviglioso deserto di dune dorate, canyon e montagne e persino dei siti storici. Siete pronti a partire?

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Viaggio a Tràng An, il complesso paesaggistico patrimonio Unesco

Un patrimonio mondiale dell’umanità che emoziona anche solo a immaginarselo. Situato alla sponda meridionale del delta del fiume Rosso, regione immensa del Vietnam, il complesso paesaggistico di Tràng An è uno spettacolo di picchi carsici calcarei e valli, molte delle quali parzialmente sommerse e circondate da ripide scogliere quasi verticali. Ciò che lo rende straordinario non è soltanto lo scenario che strega lo sguardo, al punto da far fatica a distinguere la realtà dalla fantasia, ma anche la storia che l’attraversa e che fa di questi luoghi un regno di scoperte uniche: basti pensare che vi sono presenti tracce di insediamenti umani risalenti ad almeno 30.000 anni fa.

L’antichissima e affascinante storia di Tràng An

Dove ci troviamo esattamente? L’area di pregio paesaggistico di Tràng An, patrimonio Unesco, è situata presso Ninh Bình, città capitale dell’omonima provincia nella regione del delta del fiume Rosso, nel Vietnam settentrionale, a poco meno di 100 chilometri a sud di Hanoi (ecco nove cose da fare quando ci andrete).

L’esplorazione di grotte a diverse altitudini ha rivelato tracce dell’attività umana per oltre 30.000 anni. Ci sono prove che dimostrano come i primi gruppi di cacciatori e agricoltori si siano adattati ai cambiamenti del paesaggio e a quelli climatici più estremi della storia recente del pianeta. Si può intuire come si siano sviluppate le abitudini delle popolazioni locali nei secoli grazie alla presenza di trenta siti archeologici disseminati nell’area, a pitture rupestri e a una incredibile varietà di strumenti in pietra primitivi.

Non sono solo le grotte e i loro tesori antichissimi a regalarci un viaggio indietro nel tempo. La storia millenaria dell’interazione tra esseri umani e natura selvaggia è racchiusa nelle pagode, nei templi e nei villaggi, ma soprattutto nei resti della città di Hoa Lu, la prima capitale del Vietnam indipendente, dopo i precedenti mille anni di dominazione cinese, stabilita strategicamente qui nel X e XI secolo d.C. A dimostrazione di come Tràng An abbia svolto un ruolo centrale nella storia politica della regione. Hoa Lu fu la capitale per 41 anni, fino al 1010, quando prese il suo posto come centro del potere politico la Cittadella imperiale di Thang Long, sede della corte reale fino al 1810. In seguito, la dinastia Trần trasformò quest’area in un centro religioso ed educativo dei membri reali e, da allora, è stata la culla della cultura e del buddismo del Vietnam fino ai giorni nostri.

Un paesaggio eccezionale che strega chiunque

Tràng An è di importanza mondiale per il suo paesaggio tropicale a dir poco eccezionale, con una varietà di coni e torri carsiche e un intricato sistema di corsi d’acqua sotterranei, alcuni dei quali navigabili. Le montagne spettacolari, le grotte segrete e i luoghi sacri di questo patrimonio paesaggistico e culturale creano uno scenario di una calma e bellezza surreali, tanto da ispirare le persone che lo hanno abitato per innumerevoli generazioni.

Tutte queste caratteristiche contribuiscono a creare un’esperienza multisensoriale per il visitatore, accentuata da colori contrastanti e sempre diversi: il verde intenso delle foreste, il grigio delle rocce calcaree e delle scogliere, il blu e smeraldo delle acque e l’azzurro brillante del cielo, cui si aggiungono quelli delle aree utilizzate dall’essere umano, tra cui le risaie dalle inconfondibili tonalità verdi e gialle. I visitatori, trasportati sui sampan – le tradizionali imbarcazioni di legno del posto – condotti da guide locali, sperimentano un’intima connessione con l’ambiente naturale e un rilassante senso di serenità e sicurezza. Semplicemente, un paradiso.

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Populonia, meraviglia toscana, è il miglior sito archeologico d’Italia

È stato eletto miglior sito archeologico d’Italia, battendo luoghi anche più famosi, in occasione della prima edizione del premio GIST ACTA, Archeological & Cultural Tourism Award assegnato a Firenze durante “TourismA”, l’annuale salone dell’archeologia e del turismo culturale che si svolge a Firenze, patrocinato dal ministero della Cultura.

A vincere il prestigioso riconoscimento è stato inaspettatamente il Parco Archeologico di Baratti e Populonia, in Toscana, l’antica città etrusca affacciata sul mare. Il sito comprende l’area dove sorgeva la città etrusca e romana di Populonia, nota fin dall’antichità per l’intensa attività metallurgica legata alla produzione del ferro. Un luogo di grande fascino, immerso in un paesaggio naturale unico, con le sepolture dei princìpi guerrieri affacciate sul golfo, la macchia mediterranea che nasconde tombe etrusche scavate nella roccia, fino a giungere sull’acropoli, con i suoi edifici sacri affacciati sulle isole dell’Arcipelago Toscano.

Populonia, il più bel sito archeologico d’Italia

Antichissima città etrusca, Populonia si erge sulla punta Nord del promontorio di Piombino, con una bellissima vista mare. Circondata dalla natura, questa località era una dei 12 centri della Dodecapoli, città-Stato che facevano parte dell’Etruria, l’unica a sorgere sulla linea di costa. Ancora oggi racchiude moltissimi tesori, anche di diverse epoche.

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Fonte: 123rf

Una tomba etrusca a Populonia

A iniziare dalla Rocca, situata in cima alla collina. Sorta sull’acropoli dell’antica “Pupluna” e poi edificata nella prima metà del XV secolo, la fortezza s’impone tra le viuzze strette e lastricate del centro storico, dove oggi si alternano antiche botteghe, bar e negozietti.

Qui il tempo sembra essersi fermato in un’epoca passata e, ancora oggi, si possono ammirare i resti della città antica, tra mura etrusche, antichi edifici d’epoca romana e medievale, tra cui la torretta che regala, una volta raggiunta, una splendida vista a 360 gradi.

Castello di Populonia

Fonte: iStock

Il Castello di Populonia

Il panorama da qui è davvero meraviglioso e riporta anche al Golfo di Baratti, che si apre all’estremità Sud-orientale del Mar Ligure. Qui c’è una spiaggia libera, preceduta dalle pinete, ma anche moltissime testimonianze etrusche che si estendono tra il Parco Archeologico di Baratti e Populonia, in cui si possono ritrovare i resti dell’antica città. Diviso tra parte alta e bassa, il parco mostra due necropoli di fase etrusca, le cave e gli antichi quartieri industriali dove si lavorava per produrre il ferro, oltre a templi, edifici, capanne e mosaici ricavati lungo le mura e risalenti alla fase romana.

Alla scoperta del Parco Archeologico di Baratti e Populonia

Non solo storia e archeologia. In questa zona si possono percorrere sentieri o fare trekking, magari seguendo le antiche mura, all’interno del parco, oppure salendo lungo il sentiero boscoso di via delle Cave fino al Belvedere, per ammirare dall’alto la baia di Baratti. Per gli amanti dell’aria aperta e dello sport non ci sarà proprio da annoiarsi: diversi sono gli itinerari per scoprire questi bellissimi luoghi, seguendo le strade rivestite di roccia, attraversando i boschi o, ancora, attraversando la macchia mediterranea.

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Fonte: 123rf

Il sito archeologico di Populonia in Toscana

Dalla città antica alle insenature, ci si può spingere anche verso i ruderi del monastero benedettino di San Quirico, complesso ecclesiastico situato alle pendici del Poggio Tondo. Per poi tornare giù, verso il mare e le spiagge rossastre, colorate così per via dei residui minerali legati all’estrazione del ferro in epoca etrusca. Godersi il panorama, seduti in riva al mare, con alle spalle la natura, sarà davvero fantastico, così come immergersi nei fondali cristallini del Golfo, certamente ancora ricchi di tesori.

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Fonte: iStock

Il Golfo di Baratti visto da Populonia
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Eclissi solare e Luna Rosa: il cielo di aprile è sorprendente

Aprile è un mese sorprendente. Lo è perché siamo nel pieno della primavera, e ci ritroviamo quindi circondati da tutti quei meravigliosi paesaggi dipinti sapientemente da Madre Natura, ma anche perché il cielo si trasforma, durante queste settimane, nel palcoscenico ideale di spettacoli destinati a lasciare senza fiato.

Luna, pianeti e stelle, congiunzioni ed eclissi, diventano protagonisti assoluti delle nostre notti di primavera, popolando un calendario ricco di appuntamenti imperdibili da seguire a testa in su.

Il consiglio, come sempre, è quello di raggiungere parchi, giardini, spiagge, montagne e, più in generale, tutti quei luoghi dove l’inquinamento luminoso è ridotto al minimo, per ammirare gli spettacoli del cielo in una condizione privilegiata. Mettetevi comodi: lo show ha inizio.

Luna piena Rosa: la magia nel cielo di aprile

Che questo 2023 sarebbe stato un anno sorprendente, lo avevamo già annunciato tempo fa, con l’elenco di tutti gli spettacoli previsti nel cielo in questi 12 mesi. Stelle cadenti, Superlune, congiunzioni e danze dei pianeti, e poi, ancora, la rara e attesissima eclissi solare ibrida.

Il mese di aprile, come annunciato, è uno dei più ricchi dal punto di vista degli eventi celesti. Uno dopo l’altro, infatti, si susseguiranno show mozzafiato da ammirare con le teste rivolte verso il cielo. Tutto inizierà il sesto giorno del mese, quando dopo il crepuscolo farà capolino la meravigliosa Luna piena Rosa, situata nella costellazione della Vergine.

In realtà il nostro satellite naturale non si tingerà davvero di rosa, ma non per questo la visione sarà meno bella del solito. La prima Luna di primavera, infatti, sarà caratterizzata da un particolare bagliore che illuminerà di magia le notti della stagione. Il nome Luna Rosa, o Pink Moon, è stato scelto dai nativi americani in onore della fioritura della Phlox subulata che esplode proprio in questo periodo.

Il 16 aprile, sarà di nuovo la Luna a essere protagonista di un evento celeste, e così sarà per tutto il mese. Insieme a lei anche Saturno che sarà più vicino che mai al nostro satellite naturale per una delle più attese congiunzioni dell’anno che sarà visibile anche a occhio nudo, condizioni meteorologiche permettendo.

Dopo Saturno toccherà a Mercurio danzare verso la Luna. L’appuntamento è previsto il 21 aprile nella costellazione di Ariete. Il 23 aprile, invece, sarà Venere ad avvicinarsi al nostro satellite naturale.

Il cielo di aprile regalerà una sorpresa anche ai più romantici. A partire dalla metà del mese, infatti, a illuminare le notti di primavera ci saranno le stelle cadenti appartenenti allo sciame meteorico delle Liridi. Il picco massimo è previsto il 23 aprile nella costellazione della Lira. Pronti a sussurrare i desideri?

Eclissi solare ibrida: l’appuntamento più atteso dell’anno

Il cielo di aprile ospiterà uno degli eventi più attesi degli ultimi anni, stiamo parlando dell’eclissi solare ibrida, un fenomeno tanto straordinario quanto raro. Affinché si verifichi, infatti, il Sole, la Luna e la Terra devono essere perfettamente allineate tra loro. Quando questo succede l’ombra del nostro satellite naturale passa sulla superficie terrestre oscurando completamente il disco solare.

Quella di aprile, in realtà, non sarà un’eclissi solare totale, ma ibrida. Un fenomeno, questo, ancora più raro che permetterà di assistere a una copertura totale e anulare. Dobbiamo avvisarvi, però, che l’avvistamento sarà impossibile per chi resta in Europa. L’eclissi, infatti, si paleserà nei cieli dei territori bagnati dall’Oceano Indiano e in quello Pacifico.

L’appuntamento è previsto per giovedì 20 aprile e, come abbiamo anticipato, l’Oceano resta il posto migliore per ammirare il grande spettacolo dell’anno. E se fosse questa l’occasione di organizzare un bel viaggio per andare dall’altra parte del mondo?