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Esiste una città italiana dove si incontrano le streghe

L’Italia è un Paese che non smette mai di stupire, perché incredibili sono le meraviglie che si snodano lungo tutto lo stivale. Monumenti storici, siti archeologici, gioielli architettonici e poi, ancora, grandi città, borghi e villaggi che conservano tradizioni antiche e mai dimenticate tramandate cautamente nei secoli.

Arte, letteratura, poesia, cultura e paesaggi straordinari: questa è l’Italia che piace al mondo, la stessa che ogni giorno viene scelta dai viaggiatori che giungono nel BelPaese per un viaggio all’insegna della grande bellezza.

Ma l’Italia è anche il Paese delle storie. Quelle antiche, affascinanti e suggestive, quelle che affondano le radici in tempi antichissimi e mai dimenticati. Ed è proprio una storia che vogliamo raccontarvi oggi, per conosce il lato più misterioso di Benevento conosciuto in tutto il mondo come la città delle streghe.

Bentornati a Benevento

C’era una volta Malies, un insediamento popolato dalle comunità irpino-sannitiche. Poi sono arrivati gli antichi romani che hanno ribattezzato il territorio Maleventum e poi Beneventum. C’è ancora quella stessa città che oggi conosciamo con il nome di Benevento, il capoluogo dell’omonima provincia della Campania.

Un viaggio nel Sud dello stivale non può non includere una tappa in questa città. I motivi per visitarla sono tantissimi, a partire dal quel patrimonio storico, artistico e archeologico che conserva le testimonianze delle dominazioni e delle popolazioni che qui si sono insidiate nei secoli. Imperdibili sono anche la splendida chiesa di Santa Sofia, edificata nel 760, che è stata inserita nella lista del Patrimonio Mondiale dell’Umanità UNESCO, così come l’arco di Traiano, uno degli esemplari meglio conservati in Italia.

Ma c’è un altro motivo per visitare Benevento, e riguarda la sua storia. Non una qualunque, intendiamoci, ma una affascinante e suggestiva che stuzzica l’immaginario collettivo e che soddisfa la voglia di brivido e mistero che appartiene a tutti gli adepti del dark tourism.

Sì perché Benevento è conosciuta in tutto il mondo come la città delle Streghe. Scopriamo insieme perché e quali sono i luoghi leggendari assolutamente da raggiungere.

Port'Arsa, Benevento

Fonte: 123rf

Port’Arsa, Benevento

La città delle streghe

Tutto il mondo conosce la città delle streghe. Sono molte le persone che arrivano a Benevento proprio per scoprire i luoghi dove ancora vivono e sopravvivono le antiche leggende.

Uno dei primi a sostenere la presenza delle streghe in città fu Pietro Piperno nel suo libro De nuce maga beneventana, probabilmente influenzato dai riti pagani che i longobardi svolgevano nei pressi del fiume Sabato. Pare che proprio qui, dove è stato eretto il Ponte Leproso, un tempo sorgesse il noce, un albero dove le streghe si riunivano per compiere sortilegi e incantesimi. A rafforzare la credenza dell’esistenza delle streghe ci sono anche le storie legate alla tribù dei Samentes, adoratori della foresta che si riunivano di notte per celebrare riti e tradizioni.

Le credenze con il tempo non sono mai svanite e, anzi, si sono radicate nel territorio, con l’aggiunta di numerosi elementi, storie e leggende che oggi appartengono in tutto e per tutto alla cultura e al folclore locale. Ne sono un esempio anche i prodotti caratteristici della città e della provincia, come la mela stregata di Sant’Agata e il celebre liquore Strega.

Ma il mito delle streghe continua a vivere anche in alcuni luoghi che oggi sono considerati tappe imprescindibili per chi visita il territorio e vuole toccare con mano l’anima più magica di questo, come il Ponte Leproso e l’Obelisco egizio, ma anche la zona del Teatro Romano, quella infestata dalla Zoccolara. C’è poi il ponte delle Janare, appena fuori città, legato alla leggenda di Manalonga, una strega che, secondo le storie locali, attira i passanti e li trascina nei pozzi.

Per vivere tutta la magia di queste leggende, imperdibile è l’appuntamento annuale La notte delle streghe. Una manifestazione che celebra le janare e le storie e le leggende a queste legate.

Ponte Leproso

Fonte: 123rf

Ponte Leproso
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Camper lifestyle: è questo il “mega-trend” dei viaggi

Sono 18 milioni i camperisti che oggi trascorrono le vacanze in Italia e non sono più quelli delle vacanze spartane di una volta. Oggi, chi sceglie questo tipo di soluzione richiede un comfort senza compromessi – tecnologie incluse – per godere al massimo del proprio tempo libero in qualunque momento dell’anno.

La pandemia, e l’esigenza di trascorrere vacanze all’aria aperta e con i propri famigliari, inclusi i propri animali domestici, ha accelerato un processo già in atto da qualche anno, attirando sempre più nuovi camperisti desiderosi di partire anche all’ultimo minuto, “camper in spalla” per un ponte o un weekend senza dover praticamente prenotare nulla se non l’area campeggio.

Ma non è tutto. Proprio la nuova situazione ha dato vita a un boom inaspettato di persone che hanno deciso di avvicinarsi a questo mondo: sono i cosiddetti nomadi digitali, che hanno scoperto un nuovo stile di vita, migliore nella qualità, ma senza dover rinunciare al proprio lavoro. Il camper lifestyle sta diventato così un “mega-trend” non soltanto in Italia, bensì in tutta Europa.

SiViaggia ha intervistato Simone Niccolai, presidente di Associazione Produttori Caravan e Camper (APC), che ha spiegato come sta cambiando il turismo dei camper.

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Fonte: 123rf

Un posto in prima fila

È cresciuto il turismo con il camper in Italia?

“Il turismo in camper in Italia sta crescendo costantemente, ormai da diversi anni, sia per quanto riguarda i camper immatricolati in Italia sia per quanto riguarda i camper provenienti dagli altri Paesi dell’Unione europea. L’andamento delle immatricolazioni di nuovi camper è infatti ormai costante. Il 2020 ha fatto segnare in Italia un aumento del 7,68% delle nuove immatricolazioni rispetto all’anno precedente. Nel 2021 si è registrato un ulteriore aumento dell’11,92% sull’anno precedente. I numeri erano comunque in crescita già dal 2015. E poi c’è il turismo in camper che arriva dagli altri Paesi europei. I camper circolanti in Europa sono oltre 2.600.000 e il parco circolante dei caravan, quelle che una volta si chiamavano roulotte, è di oltre 3.500.000 unità. Parliamo quindi di un volume di turisti itineranti pari a circa 18 milioni di persone. E l’Italia è una destinazione molto appetibile per i camperisti del Nord Europa”.

Quali sono le nuove esigenze di chi fa turismo en plein air?

“Prima di tutto, disporre di un livello di comfort di alto livello: è ormai passato il tempo in cui il turista itinerante si “accontentava” di una sistemazione semi-precaria, pur di muoversi in libertà. Oggi, le esigenze del turista itinerante sono quelle di un comfort di tipo domestico, quindi molto alto. Ad esempio, ogni camper ha il suo bagno completamente attrezzato, spesso con cabina doccia separata, una cucina dotata di tre/quattro fornelli, forno e frigorifero con freezer. I materassi sono ad alto spessore, multizonali, con doghe sottostanti in legno. Insomma, i camperisti di oggi – che sono spesso professionisti e manager – richiedono un comfort senza compromessi. Anche un alto livello di digitalizzazione è entrato nel mondo del camper; un altro esempio: se vuoi partire per il weekend in inverno, un dispositivo elettronico consente da remoto di accendere il riscaldamento in camper alcune ore prima, in modo che – quando si parte – il camper sia già ben riscaldato. Il camper, infatti, non è più solo lo strumento per le classiche vacanze, ma è uno strumento per il tempo libero. Si può decidere di partire anche il venerdì sera, all’ultimo minuto. Il turismo en plein air è caratterizzato da attività destagionalizzate; infatti, i camperisti si muovono tutto l’anno, non solo in estate. Pertanto, l’esigenza fondamentale dei turisti itineranti è quella di trovare approdi per la sosta 365 giorni all’anno”.

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Il camper è come una casa dotata di tutti i comfort

In quale modo il settore si è evoluto/adeguato?

“Dal punto di vista dei prodotti, il settore è ormai molto evoluto e in continua progressione, grazie anche alla tecnologia e all’innovazione messe in campo dalle case costruttrici. Si può dire che i nuovi camper si sono pienamente adeguati alle richieste di un alto livello di comfort. La sicurezza è sempre garantita, anche grazie ai numerosi ADAS (Advanced Driver Assistance Systems) di cui sono dotate le meccaniche di base, come lo sono anche le auto di ultima generazione.

La richiesta di personalizzazione dei clienti viene pienamente soddisfatta: ogni produttore ha a catalogo centinaia di diverse versioni e chiunque può trovare il camper che si adatta perfettamente alle proprie esigenze familiari e di viaggio: numerose disposizioni interne e lunghezze diverse, dai 5,50 metri in su. La domanda sta prendendo due filoni specifici: chi cerca un veicolo versatile, da utilizzare anche come seconda auto, e quindi si orienta su un camper di non oltre 6 metri e chi cerca un camper versione “luxury”, generalmente un motorhome intorno ai 7 o 8 metri di lunghezza, per godere di altissimo comfort anche in occasione di viaggi lunghi molte settimane”.

Sono cambiate rispetto al periodo pre-Covid?

“Gli italiani, e gli europei in generale, hanno “scoperto” che il camper è un modo per viaggiare sicuri e godere del proprio tempo libero anche quando, come abbiamo visto durante la pandemia, le restrizioni per gli altri tipi di turismo sono state purtroppo importanti. E hanno scoperto che viaggiare in camper non è una forma turistica di “ripiego” ma – anzi – offre opportunità di svago e turismo di primo livello.

Diciamo che le esigenze dei camperisti sono un po’ cambiate rispetto al periodo pre-Covid in quanto, in parte, sono cambiati e stanno cambiando i camperisti. Prima, c’era sostanzialmente uno “zoccolo duro” di appassionati. Con la pandemia, il mondo del camper è stato scoperto da persone che – fino ad allora – non avrebbero forse mai pensato di interessarsi al camper. E sono persone con aspettative di comfort e di performance piuttosto alte”.

È cambiato il modo di fare vacanza degli italiani?

“Certamente. Come in molti altri campi, anche la vacanza ha assunto dei contorni molto meno definiti e direi quasi “liquidi”, tanto che il termine “vacanza” sarebbe ormai da sostituirsi con la locuzione “tempo libero”. Ovvero: vacanza non è più solo il classico periodo di 2 o 3 settimane di vacanza estiva bensì anche i weekend, i ponti, i break autunnali e primaverili sono “vacanza”.

Proprio grazie a questo nuovo concetto di tempo libero, il camper risulta il mezzo perfetto per assolvere al meglio questo compito: non sono necessarie prenotazioni, si parte quando si vuole, anche all’ultimo minuto la sera del venerdì, si cambia meta e percorso quando si vuole. E si può mangiare ciò che si vuole anche in viaggio, ad esempio per chi ha esigenze gastronomiche specifiche, anche legate alla salute, ad esempio nei casi di celiachia.

Il turismo en plein air è decisamente caratterizzato da attività destagionalizzate: i camperisti si muovono tutto l’anno e questo rappresenta anche una grande risorsa per i territori che riescono ad attirarli. E poi, chi fa vacanza in camper normalmente predilige mete “lontano dalla pazza folla”, come i borghi, i parchi naturali, le sagre ed i festival nelle piccole cittadine, spesso portandosi a casa – grazie alla disponibilità di spazio dei camper – quantità ingenti di specialità enogastronomiche locali come vini, formaggi, insaccati, tartufi e olio, da condividere poi con gli amici”.

Qual è l’identikit ideale del camperista?

“Questa è una domanda da un milione di dollari (ride). Un identikit vero e proprio non c’è. Perché il camperista fa parte dei cosiddetti “target trasversali” ovvero i camperisti non si lasciano ricondurre ad una categoria ben definita. Però qualcosa si può certamente dire per provare a crearne un profilo.

In primo luogo, il camperista ha una capacità di spesa medio/alta e alta: chi acquista e viaggia in camper, contrariamente a vecchi luoghi comuni, è una persona che gode di un certo benessere economico. Non si va certo in camper per risparmiare. Anzi, uno studio della più importante rivista europea di settore, la tedesca Promobil, indica che un equipaggio di due persone a bordo di un camper spende in una settimana 1.060 euro, escluso gasolio e pedaggi autostradali: questo significa andare al ristorante, acquistare prodotti locali, visitare musei, ecc.

Come età, si parte da 35 anni e si va fino a oltre 75. Gli equipaggi sono composti sia da coppie che da famiglie con bambini. Si stima che quasi il 40% di chi viaggia in camper, porti con sé il proprio animale domestico. Il camper, infatti, è una soluzione ideale per non lasciare mai a casa Fido e portarlo sempre con sé”.

In cosa è diverso fare vacanze in camper rispetto ad altri modi (hotel, barca, resort, casa-vacanza)?

“La libertà assoluta è il primo elemento di diversità rispetto all’hotel: in camper non ci sono orari, si fa come si vuole. Rispetto alla barca, che ha – ovviamente – il limite di poter essere usata solo per mare o lago, il camper consente viaggi senza frontiere: si arriva dovunque e in qualsiasi stagione. I camperisti, infatti, viaggiano tutto l’anno e anche le amministrazioni locali stanno cominciando a comprendere che la destagionalizzazione del turismo offerta dal turismo itinerante è un elemento che produce sviluppo economico dei territori.

Poi c’è anche l’aspetto ambientale. Uno studio della tedesca Dwif, commissionato dalla European Caravan Federation, ha evidenziato come una vacanza in camper produca meno CO2 di quanta ne produca una vacanza in aereo+hotel o auto+hotel o addirittura treno+hotel, proprio perché – una volta in stazionamento – il livello di CO2 prodotto da un camper è bassissimo e compensa ampiamente la CO2 prodotta durante la marcia”.

Cosa ne pensa del fenomeno dei nomadi digitali?

“È un fenomeno molto interessante e certamente in crescita. Molti nomadi digitali vivono in un camper anche molti mesi all’anno. La versatilità di un camper – e il livello di comfort raggiunto dai nuovi camper – consente di godere di una qualità di vita eccellente, lavorando “normalmente” e con il vantaggio di potersi svegliare ogni mattina con un panorama diverso: mare, monti, campagna, borghi, parchi. Sempre un’esperienza diversa che rende molto meno netta la divisione dei tempi lavoro/vita.

Al Salone del Camper, che si svolge ogni anno a Parma in settembre – e che quest’anno è stato visitato da oltre 110.000 persone – abbiamo visto molti nomadi digitali affollare gli stand in cerca del proprio camper ideale. Sono liberi professionisti e manager che hanno deciso di far fare alla propria vita un salto di qualità. Il camper lifestyle si delinea quindi come un mega-trend in tutta Europa”.

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Danimarca Europa luoghi misteriosi Notizie Viaggi

Questo paradiso della Danimarca è a rischio

Suggestivo paradiso immerso nelle acque del Mar Baltico, l’isola di Bornholm è un luogo che sembra uscito da un libro di fiabe. Tutto, qui, ricorda il passato, che potrebbe essere messo a rischio.

Ammirando i suoi panorami mozzafiato e passeggiando lungo le strette stradine dei villaggi, pare di compiere un viaggio indietro nel tempo, in un’epoca lontanissima dalla nostra.

L’isola di Bornholm, in Danimarca

L’isola fa parte dell’arcipelago di Ertholmene e appartiene amministrativamente alla Danimarca, benché si trovi a pochissimi chilometri dalle coste svedesi. Ed è la meta perfetta per chi ama la natura, dal momento che qui regna ancora sovrana.

La natura incontaminata di Bornholm è diversa rispetto a quella che si trova nel resto della Danimarca. Le vaste pianure danesi sono sostituite, qui da, colline e da una costa rocciosa, caratterizzata a Nord da alte scogliere e, a Sud, da spiagge e dune.

Come la spiaggia di Dueodde, 30 km di arena bianca così fine che un tempo veniva usata nelle clessidre, il regno della tranquillità. Del resto, sull’isola vive solo qualche migliaio di abitanti, sparsi tra i pochi villaggi: Rønne, il più grande, Nexø, e poi i villaggi di pescatori di Hasle e di Gudhjem, e infine Aakirkeby, che si trova, invece, nell’entroterra.

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Fonte: 123rf

L’ex villaggio di pescatori di Gudhjem di Bornholm

Cosa vedere sull’isola

Per andare alla scoperta dell’isola di Bornholm il consiglio è di partire proprio da Rønne. La città fu gravemente danneggiata dai bombardamenti della Seconda guerra mondiale e la Svezia decise di contribuire alla ricostruzione donandole 175 case di legno rosso, fra le quali si può passeggiare ancora oggi. Sono comunque rimasti in piedi anche molti degli edifici antichi, che hanno permesso a Rønne di conservare il proprio fascino.

Gudhjem è una delle mete estive più amate. Questo pittoresco borgo, perfetto per le vacanze, ha un delizioso centro le cui viuzze portano fino al vivace porto cittadino.

L’isola di Bornholm è anche un piccolo paradiso climatico, tanto da essere chiamata “l’isola del sole“. Basti pensare che vi crescono persino delle essenze mediterranee come il fico, il gelso e la vite, insieme alla tipica flora nordica che si può scoprire nell’entroterra.

Ad Aakirkeby si trova l’unico vigneto dell’isola, dove si possono assaggiare i vini del posto. Inoltre, si possono ancora ammirare le rovine dell’antico millenario castello di Hammershus, le più grandi dell’Europa settentrionale, da dove si può ammirare lo splendido panorama dell’intera isola di Bornholm e del Mar Baltico.

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Fonte: 123rf

Il castello di Hammershus a Bornholm

Una storia travagliata

Bornholm è sempre stata molto contesa, per via della posizione strategica all’imbocco del Mar Baltico. Svezia e Danimarca la fecero loro per molti secoli, un po’ di qua e un po’ di là, ma l’isola subì anche l’occupazione tedesca durante la Seconda guerra mondiale. Con il trattato di Roskilde del 1658, venne ceduta alla Svezia, ma si ribellò e tornò sotto il dominio danese col trattato di Copenhagen del 1660.

Durante l’occupazione tedesca, i russi cercarono di liberare l’isola attraverso attacchi aerei che danneggiarono gravemente le principali città, in particolare Rønne e Nexø.

Ancora oggi, questa piccola e apparentemente insignificante isola è balzata alle cronache per la questione della guerra del gas e del conflitto tra Russia e Ucraina. Sotto il mare, proprio a pochi metri dall’isola, infatti, corre il gasdotto Nord Stream 2 che ha subìto dei danni – forse per un attacco – rilasciando nell’acqua gas metano.

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Amsterdam Europa fiori Idee di Viaggio mercatini Viaggi

Il mercato di fiori galleggiante che sembra uscito da un sogno

Organizzare un viaggio ad Amsterdam è sempre una buona idea. Le cose da fare e da vedere qui sono tantissime, a partire dalla meravigliosa rete di canali sui quali si affacciano gli edifici simbolo dell’epoca d’oro della città. E poi ci sono gli scorci, che incantano e meravigliano, i musei radunati in un unico e grande quartiere che permette di osservare e contemplare i più grandi capolavori artistici.

C’è la bicicletta che è il simbolo della città intera, nonché il mezzo di trasporto preferito dai cittadini e dai viaggiatori per spostarsi da una parte all’altra di Amsterdam.

La capitale dei Paesi Bassi, questo è certo, non smette mai di sorprendere. E se è un viaggio qui che avete in mente di programmare, allora, non potete non inserire nel vostro itinerario di viaggio il Bloemenmarkt, il mercato di fiori della città. Non uno qualsiasi, intendiamoci, ma un mercato galleggiante che sembra un sogno.

Il mercato più bello d’Europa

Se c’è una cosa che i nostri viaggi ci hanno insegnato è che i mercati rappresentano in tutto e per tutto la parte più autentica di un territorio, l’anima della città e dei suoi abitanti. Ed è proprio un mercato che vogliamo raggiungere oggi, un luogo affascinante e incredibile che con gli anni è diventato una vera e propria attrazione turistica, nonché uno dei posti più celebrati in tutta Europa.

Stiamo parlando del Bloemenmarkt, il mercato dei fiori di Amsterdam, una tappa imperdibile per tutti i viaggiatori che giungono fino qui. Non vederlo è impossibile, basta lasciarsi guidare dall’odore inebriante dei fiori che conducono direttamente tra Muntplein e Koningsplein, nei pressi del canale Singel.

È qui che un tripudio di colori esplode davanti alla vista di chi guarda: ci sono i tulipani che riempiono i banchi, e che sono accompagnati da narcisi e da esemplari di ogni genere. Ci sono anche le piante e le composizioni floreali, così come non mancano i souvenir dedicati alla città.

Ma quello che stupisce per davvero, e che rende il Bloemenmarkt uno dei mercati più belli d’Europa, non è solo l’aspetto colorato e folcloristico, ma anche e soprattuto il fatto che questo è l’unico mercato di fiori galleggiante nel mondo.

Bloemenmarkt, il mercato dei fiori galleggiante

Fonte: iStock/momo11353

Bloemenmarkt, il mercato dei fiori galleggiante

Bloemenmarkt: il mercato galleggiante

Ci troviamo sul canale Singel, tra Muntplein e Koningsplein. È qui che nel 1862 è nato quello che oggi è considerato uno dei mercati più belli d’Europa.

Un tempo, proprio tra le acque del canale, i mercanti facevano una sosta dai viaggi, mettendo in mostra fiori colorati e rari su grandi chiatte per consentire ai cittadini di ammirarli. Questa tradizione del passato è stata conservata e perpetuata fino ai giorni nostri dando vita a un luogo incantato e affascinante che è diventata una vera e propria attrazione turistica.

Oggi il Bloemenmarkt ospita fioristi, negozi di giardinaggio e piccole boutique di souvenir che galleggiano su grandi zattere disposte in fila sul Singel. La sensazione, vista dall’esterno, è proprio quella di una strada variopinta e profumata che galleggia sulle acque e che rende magica l’atmosfera.

Un giro all’interno del mercato galleggiante di Amsterdam è una vera e propria esperienza sensoriale che evoca in maniera sorprendente le tradizioni del passato. Qui è possibile ammirare tantissimi fiori di diverse specie che fanno capolino tra i numerosi tulipani, che sono il simbolo della città. Non mancano composizioni floreali, semi, bulbi e fiori secchi che vengono sostituiti nel periodo di Natale con grandi e scintillanti alberi.

All’interno del Bloemenmarkt non mancano neanche i caratteristici prodotti di Amsterdam che possono essere acquistati come souvenir o come ricordo di un’esperienza incredibile.

Bloemenmarkt

Fonte: iStock/arkanto

Bloemenmarkt, Amsterdam
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In Francia esiste un albero straordinario: si donano vestiti per guarire

Viaggiare non vuol dire solo staccare la spina e organizzare una fuga dalla quotidianità, anche se non possiamo negare che farlo fa bene al corpo e alla mente, ma è molto altro. Vuol dire concedersi una possibilità per esplorare il mondo, per arricchire il bagaglio personale e per scoprire i popoli, le culture e i territori che ci circondano.

Ma vuol dire anche crescita, opportunità e coraggio, vuol dire riconoscere i propri limiti, affrontarli e superarli. Vuol dire aprirsi in maniera totale e assoluta a un’esperienza, a volte ignota, che ci permette di condurre un duplice viaggio, quello verso il mondo e quello dentro noi stessi. Ecco perché ogni partenza può trasformarsi in una terapia per l’anima.

E se è vero che ogni avventura, vicina o lontana che sia, ci insegna sempre qualcosa, è altrettanto vero che esistono luoghi incredibili che ci costringono a metterci a nudo. Che ci invitano ad andare oltre il visibile e a connetterci con lo spirito, prima che con il corpo. Hasnon è uno di questi, perché è qui che esiste un albero, situato ai margini della foresta, dove i pellegrini giungono per donare i loro abiti in cambio della guarigione.

Hasnon, l’albero della guarigione

Il nostro viaggio di oggi ci porta lontano dai sentieri più battuti dal turismo di massa, in un comune francese di appena 3000 abitanti situato nel dipartimento del Nord della regione dell’Alta Francia.

Hasnon è una piccola cittadina incorniciata da paludi, boschi e salici, dove la vita scorre a ritmo lento tra passeggiate tra i negozi, circa una ventina, sport e attività outdoor. Non ci sono molti turisti qui, se non quelli che giungono durante la stagione invernale, e nel periodo natalizio, per ammirare le luci e i presepi, per vivere la magica atmosfera dell’Avvento.

Non ci sono molti turisti, dicevamo, ma ci sono i pellegrini che arrivano ad Hasnon per raggiungere la foresta di Raismes Saint Amand Wallers. Non lo fanno solo per un’immersione totale nella natura, o per avvistare gli animali che popolano l’area, ma per raggiungere l’albero della guarigione.

Immerso nella natura, e avvolto in un mistico silenzio, questo albero situato nei pressi di una piccola cappella viene raggiunto ogni giorno da persone di ogni età, e provenienti da ogni parte del Paese. Si tratta di pellegrini che donano capi d’abbigliamento con la speranza di guarire una malattia o una ferita.

Albero della guarigione, Hasnon

Fonte: IPA

Albero della guarigione, Hasnon

Un viaggio dell’anima

Quello di Hasnon non è l’unico esempio di albero della guarigione. L’usanza di appendere capi d’abbigliamento e parti di questi sui rami affonda le sue origini in una tradizione celtica, tanto antica quanto affascinante che è ancora vivida in molte parti del mondo, come in Francia, in Irlanda, in Scozia e in Inghilterra.

Le persone che arrivano nei pressi dell’arbusto, che si trova quasi sempre vicino a una fonte o a un pozzo sacro, appendono abiti o parti di essi con l’intendo di donarli all’albero, invocando con una preghiera lo spirito del bene. Lo fanno con la speranza di ottenere una cura, di guarire da una malattia o una ferita, ma anche come buon auspicio per il futuro.

Così l’albero, immerso in un silenzio mistico e spirituale, si riempie di lembi di stoffa che svolazzano al vento e che conservano e preservano la speranza di viaggiatori e dei pellegrini provenienti da ogni parte del mondo.

Albero della guarigione, Hasnon

Fonte: IPA

Albero della guarigione, Hasnon
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La straordinaria scoperta avvenuta nella nostra Capitale

Che la nostra Capitale sia una delle città più belle del mondo è certamente risaputo, così come che al di sotto delle sue strade si nascondano tantissimi tesori ancora inesplorati. Ma ciò che sorprende particolarmente è che ogni volta che viene fatta una scoperta questa ha dell’incredibile, come nel caso del ritrovamento avvenuto pochi giorni fa.

Ritrovato il manto originale di 2300 anni fa dell’antica via Latina di Roma

In via di Campo Barbarico, presso l’area di Tor Fiscale a Roma sud, in una zona della città che fa parte dello straordinario Parco archeologico dell’Appia Antica, nelle ultime 3 settimane sono tornati alla luce tesori di inestimabile valore: oltre cinque metri lineari di antica via Latina risalenti a 2300 anni fa.

Una scoperta che ha dell’eccezionale perché, come dichiarato dall’archeologo Stefano Roascio e riportato dal Messaggero, l’antica via Latina è riaffiorata in un punto in cui nessuno se lo poteva aspettare. Fino a questo momento, infatti, si pensava che questa strada fosse coperta da via di Campo Barbarico, mentre in realtà grazie ai vari scavi si è compreso che è molto più spostata verso l’asse degli Acquedotti.

Ma non solo. I segni dei carri fanno ben comprendere che si tratta di un pezzo di strada originale, che però non è stata più solcata nei millenni successivi. Molto interessante è che si è potuto osservare anche una sorta di rattoppo, probabilmente tardo antico, utilizzato per colmare una buca lungo la strada.

Sul lato destro della via, inoltre, sono riemersi due metri di un antico marciapiede acciottolato che dimostrerebbero che un tempo questo era un sistema di viabilità significativo di via consolare.

Del resto, la via Latina è una delle strade più antiche. Fino ad ora si conoscevano i tratti certi delle tombe Latine e del parco degli Acquedotti, ma grazie a questi ultimi interventi diretti dal Parco archeologico dell’Appia Antica si sono aggiunti un tratto in prossimità della villa dei Sette Bassi e quest’ultimo del Campo Barbarico.

Le dichiarazioni degli addetti ai lavori

Aver riportato alla luce questo tratto di Via Latina consentirà agli studiosi di capire meglio il monumento del Mausoleo di Campo Barbarico e di connetterlo con il sistema antico della viabilità. Gli scavi diretti dal funzionario architetto Michele Reginaldi, eseguiti con la ditta Kleos di Davide Mancini, hanno fatto luce anche sull’identità del Mausoleo.

Le indagini all’interno di questo edificio hanno permesso di datare ad epoca Adrianea l’impianto, e di precisarne la pianta. Infatti, come spiegato da Roascio, questa è una struttura sepolcrale a rito misto con arcosoli per i loculi sul registro inferiore e nicchie su quello superiore per le urne cinerarie.

Il direttore del Parco archeologico dell’Appia Antica, Simone Quilici, ha invece fatto sapere al Messaggero che il dato più interessante è il perfetto stato di conservazione e anche la posizione a ridosso del Mausoleo. Una locazione che si rivelerà anche una grande occasione di riqualificazione basata sui valori archeologici di un ambito urbano caratterizzato da abusivismo storico. La settimana prossima è infatti previsto un incontro con il presidente del VII Municipio, Francesco Laddaga, per studiare insieme e dare il via al progetto di sistemazione dell’area.

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Il lago italiano che ha rubato i colori all’arcobaleno

Esiste un posto di incantevole bellezza, nel nostro Paese, incastonato tra i fitti boschi di abeti che si snodano alle pendici delle Dolomiti. Si tratta di un lago che incanta lo sguardo e riscalda il cuore perché ha rubato i colori all’arcobaleno.

È lo stesso specchio d’acqua che custodisce una leggenda tanto antica quanto affascinante, che oggi esattamente come ieri rende questo lago uno dei luoghi più magici del nostro stivale da vedere almeno una volta nella vita.

Il suo nome è Lago di Carezza, ed è uno scrigno prezioso che si estende ai piedi del massiccio del Latemar, lì dove i colori della natura che lo circondano si riflettono nell’acqua cristallina creando un gioco di luci e riflessi che lascia senza fiato.

Il Lago di Carezza

Esistono dei luoghi che sono così belli da non sembrare reali. Panorami plasmati dalle mani sapienti di Madre Natura che custodiscono la grande bellezza che appartiene al mondo che abitiamo. Il Lago di Carezza è uno di questi.

Situato nell’alta Val d’Ega, a un’altezza di 1534 metri, questo specchio d’acqua si snoda tra i fitti boschi che puntellano le pendici del Latemar. Il lago fa parte del comune di Nova Levante e si trova a circa 20 chilometri da Bolzano.

Esplorarlo è una vera e propria esperienza sensoriale, che travolge e sconvolge, che incanta e meraviglia. Non solo per lo scenario che lo circonda, che è un vero e proprio patrimonio naturalistico, ma anche per quei colori che brillano sotto la luce del sole e ricreano un paesaggio da fiaba, proprio lì dove è custodita tutta la magia delle Dolomiti.

Privo di immissari visibili, e alimentato dalle sorgenti sotterranee, questo specchio d’acqua viene chiamato nella lingua ladina Lec de Ergobando, che vuol dire lago arcobaleno, perché in effetti i suoi colori ricordano proprio le suggestive tinte che appaiono in cielo quando si verifica questo fenomeno atmosferico.

Il lago arcobaleno che nasconde una leggenda

Il Lago di Carezza è raggiungibile percorrendo un sentiero di circa 30 minuti che conduce proprio lì, sulle sponde di uno degli specchi d’acqua più belli d’Italia.

Magico in autunno, suggestivo in primavera, straordinario in estate e in inverno: visitare il lago è sempre un’ottima idea, in qualsiasi periodo dell’anno. Proprio con l’alternarsi delle stagioni, infatti, i suoi colori si modificano, diventano più intensi o delicati, e regalano ogni volta un paesaggio inedito e straordinario.

Non è un caso che sia stato ribattezzato Lec de Ergobando, perché i colori che tingono le sue acque sembrano proprio essere stati rubati a un arcobaleno. Tutto merito delle montagne circostanti che si riflettono nelle acque cristalline e che brillano sotto il sole, dando vita a un effetto ottico che ricorda l’arcobaleno.

I colori prismatici che hanno reso questo lago famoso in tutto il mondo, sono spiegati anche da una leggenda antica e suggestiva che viene tramandata da generazioni. Secondo la credenza popolare, infatti, un tempo il Lago di Carezza era abitato dalla bellissima ninfa Ondina che con il suo canto melodioso accompagnava il tragitto dei numerosi viandanti che giungevano fin qui. Si narra che un giorno, la sua voce, arrivò fino all’orecchio del mago Masarè che si innamorò perdutamente di lui.

Come dono d’amore, e con l’aiuto della strega Lanwerda, il mago costruì un arcobaleno scintillante dal Catinaccio al Latemar fingendosi un gioielliere per attirare l’attenzione della ninfa. Ma quando Ondina lo vide corse a nascondersi tra le acque e da quelle non uscì più. Disperato e addolorato dal rifiuto, Masarè distrusse l’arcobaleno e gettò i suoi frammenti nel lago.

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Halloween: puoi nuotare in una piscina a forma di croce nella tua suite

Ottobre è un mese molto stimolante per i viaggiatori di tutto il mondo, perché è questo il periodo durante il quale è possibile organizzare le avventure più incredibili e originali di sempre.

E non solo perché entriamo nel vivo dell’autunno, e ci prepariamo ad assistere agli incantati spettacoli firmati da Madre Natura, ma anche perché sta per arrivare la notte più attesa e temuta dell’anno, quella di Halloween.

Se volete festeggiare il 31 ottobre in maniera inedita e alternativa, senza però rinunciare al comfort e al lusso, allora, abbiamo l’alloggio che fa per voi. Si tratta di una suite intrigante e misteriosa, e anche un po’ spaventosa, con tanto di piscina a forma di croce che campeggia al centro della stanza. Pronti a entrare?

Aspettando Halloween

Gli amanti delle pellicole horror la chiamano La notte delle streghe, come omaggio al celebre film diretto da John Carpenter. E in effetti, il 31 ottobre, di streghe se ne vedono molte in giro e non sono sole, perché accompagnate da zombie, mostri e altri personaggi spaventosi mentre, tutto intorno, zucche intagliate di diverse dimensioni incorniciano un’atmosfera inquietante e al tempo stesso seducente.

È la notte di Halloween, e come tale merita di essere celebrata in grande stile. Gli Americani, in questo, sono bravissimi, ed è proprio da loro che abbiamo ereditato alcune delle tradizioni più celebri per festeggiare questa notte come gli eventi in maschera e il famoso rito del “Dolcetto o scherzetto”, perpetuato da grandi e bambini per trascorrere in maniera inedita questo giorno dedicato al terrore.

Ma c’è anche chi approfitta di Halloween per organizzare viaggi unici e straordinari destinati a far restare con il fiato sospeso. Le proposte sono tantissime e vanno dal dark tourism, che riguarda tutti quei luoghi storicamente associati a tragedie reali, ai parchi giochi sapientemente addobbati e destinati a grandi e bambini, passando anche per gli alloggi, che diventano elementi caratterizzanti per un’esperienza da brividi.

Ed è proprio in un alloggio che vogliamo portarvi oggi, una suite di un motel situato tra i colli novaresi che non assomiglia a nulla di tutto ciò che avete prenotato, e visto, fino a questo momento.

Suite Gotica dell’EGM Hotel

Fonte: Ufficio Stampa

Suite Gotica dell’EGM Hotel

Dormire in una suite gotica in un motel

Non c’è bisogno di volare dall’altra parte del mondo per vivere un’esperienza unica durante la notte di Halloween, basta solo prenotare l’alloggio giusto. E noi lo abbiamo trovato, proprio li tra Borgomanero e Novara.

Si tratta dell’Emotional Gran Motel, una struttura ricettiva che sorge a pochi chilometri dal casello autostradale e che, in occasione di questo Halloween, ha pensato bene di creare un’atmosfera misteriosa e seducente dedicata a tutti gli amanti del brivido.

All’interno della suite gotica, infatti, è possibile vivere un’esperienza incredibile. Tutto merito di un arredamento ricercato e suggestivo che gioca con materiali, forme e colori che stimolano i sensi di tutti gli amanti del genere horror.

La stanza, infatti, è arredata in stile gotico ed è caratterizzata da un grande letto in pelle rossa e una stanza del trono. Completa la suggestione la scelta dei colori, che alterna il nero al rosso e viceversa. Ma la vera star dell’alloggio è quella piscina a forma di croce che campeggia al centro della camera e che è illuminata di rosso. Chi vuole tuffarsi?

Suite Gotica dell’EGM Hotel

Fonte: Ufficio Stampa

Suite Gotica dell’EGM Hotel
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La straordinaria scoperta avvenuta in un Paese incredibile

Resti di templi perduti e strutture buddiste, iscrizioni e grotte inesplorate. Un vero tesoro archeologico se n’è stato sepolto per millenni tra antiche foreste, in un’area naturale protetta di una terra ricca di fascino e mistero, dimora di svariate specie selvatiche e ambita meta di jeep safari. Una scoperta straordinaria, che aggiunge un nuovo capitolo nella storia di un Paese che non smette mai di stupire.

La sensazionale scoperta nella Riserva della Tigre

Un team dell’Archaeological Survey of India (ASI) ha fatto una incredibile scoperta nell’area del Bandhavgarh National Park, situato nel distretto di Umaria nel Madhya Pradesh, nell’India centrale, e riconosciuto come Riserva della Tigre nel 1993. Stando a quanto dichiarato dall’ASI, l’esplorazione di circa 170 chilometri nell’aera centrale della riserva “è stata intrapresa per la prima volta dal 1938”.

Sono così venute alla luce 26 grotte antichissime, risalenti al II-V secolo d.C, coeve a quelle di Ajanta ad Aurangabad, patrimonio dell’umanità dell’UNESCO, e collegate alla setta buddista Mahayana. Oltre alle grotte, il team ha scoperto anche i resti di 26 templi, due monasteri (matha), due stupa (monumenti destinati a conservare sacre reliquie o a ricordare eventi memorabili della vita terrena del Buddha), 46 idoli e sculture, 26 frammenti e 19 corpi idrici.

I templi sono di epoca più recente, datati nel periodo Kalachuri (IX-XI secolo), mentre i corpi idrici risalgono al II-XV secolo d.C. Tra i reperti sono menzionati anche un frammento di pilastro buddista contenente un’incisione di uno stupa in miniatura, risalente al II-III secolo d.C., e 24 iscrizioni Brahmi del II-V secolo d.C. Su alcune di queste sono stati decifrati i nomi di luoghi come Kaushambi, Mathura, Pavata, Vejabharada e Sapatanaairikaa, mentre altre riportano i nomi di importanti sovrani come Maharaja Shri Bhimsena, Maharaja Pothasiri e Maharaja Bhattadeva.

Ciò che ha sorpreso di più gli archeologi, sono stati i nomi di antiche città situate nell’Uttar Pradesh (tra le tappe del Golden Triangle) , lontane da Bandhavgarh. Ciò potrebbe dimostrare l’esistenza di legami commerciali fra le diverse aree. Tra i ritrovamenti, ci sono anche monete appartenenti all’epoca Mughal e alla dinastia Sharqi del sultanato di Jaunpur, resti di porte, celle contenenti letti di pietra e giochi da tavolo.

Le polemiche intorno alla scoperta

Il ritrovamento avvenuto nell’area del Bandhavgarh National Park è stata oggetto di controversie. Un gruppo di ricercatori della Ashoka Univeristy avrebbe, infatti, condotto un’esplorazione archeologica nello stesso sito in quattro fasi, iniziando nel marzo 2021 e terminando nel giugno 2022, con un report pubblicato sulla rivista Current Science il 25 settembre, pochi giorni prima dell’annuncio dell’ASI.

I risultati, però, divergono da quelli dell’Archaeological Survey of India, soprattutto per quanto riguarda la datazione dei resti e la loro connotazione religiosa. Intanto, Shivakant Bajpai, soprintendente archeologo del circolo ASI di Jabalpur, ha dichiarato che dovrebbero esserci più di 100 grotte nell’area, che verranno alla luce durante le prossime fasi dell’esplorazione.

Bandhavgarh, tra reperti e tigri

Oltre a regalare scoperte uniche, il Bandhavgarh National Park offre una vera immersione nel verde lussureggiante delle regioni boschive, dimora naturale di diverse specie selvatiche. Il più famoso dei parchi nazionali indiani, si estende su una superficie di 105 chilometri quadrati e prende il nome dalla collina più importante della zona di Umaria.

Quest’area è ricca di una grande biodiversità e il luogo è famoso anche per la più alta densità di popolazione di tigri in India, oltre che per la presenza di altre specie che raramente si possono ammirare altrove, come i leopardi e l’orso bradipo. Un safari qui è un viaggio nella natura più selvaggia e nella storia più antica.

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Le splendide location di “Viola come il mare”

È una delle città più affascinanti d’Italia ed è stata scelta come set della fiction di Canale 5 “Viola come il mare”, che vede protagonisti l’ex Miss Italia Francesca Chillemi e Can Yaman, tratta dal romanzo “Conosci l’estate?” di Simona Tanzini.

Stiamo parlando della bella Sicilia, la più esotica delle regioni italiane. La serie Tv è ambientata soprattutto a Palermo, con alcune “fuitine” nella vicina Terrasini.

Viola Vitale (Francesca Chillemi) ha trent’anni, una bellezza prorompente e un superpotere: vede i sentimenti degli altri attraverso i colori. Si chiama sinestesia, è la sovrapposizione spontanea e incontrollata di più sensi, che nel caso di Viola, le permette di associare colori specifici alle emozioni delle persone. “Qui ogni cosa è più potente: l’arte, la natura, la storia”, dice Viola. “Ma la cosa più potente sono le emozioni delle persone e io le vedo attraverso i colori che mi trasmettono”.

Viola è venuta a Palermo per occuparsi di costume e società per Sicilia Web News (anche se il vero motivo è un altro), ma diventerà giornalista di cronaca nera, lavorando a stretto contatto con l’affascinante ispettore capo Francesco Demir (Can Yaman). Ogni puntata, un nuovo omicidio su cui indagheranno entrambi.

Una Palermo inedita

Viola scoprirà la vera anima di Palermo, una città caotica ma, proprio per questo, bellissima. Verrà travolta dai profumi delle zagare e dei mercati, dalle sfumature del mare e della terra e dalle passioni dei siciliani, che vivono tutto con più energia. Una Sicilia del tutto inedita, crocevia di culture diverse, che l’hanno plasmata dall’antichità fino a oggi e l’hanno resa un luogo privilegiato di incontro.

Nelle scene si riconosce il porto di Palermo, che si estende per diversi chilometri da via Francesco Crispi, inglobando le zone marinare dell’Arenella e dell’Acqua Santa.

Si vede la maestosa Cattedrale, inserita dall’Unesco nella lista dei Patrimoni dell’umanità l’origine arabo-normanna, insieme alle cattedrali di Cefalù e di Monreale.

Si riconoscono il Teatro Massimo, il più grande edificio teatrale lirico d’Italia nonché uno dei più grandi d’Europa e la Palazzina dei Quattro Pizzi, meglio conosciuta come Casa Florio (chi ha letto i romanzi di Stefania Auci sa bene il perché), che si trova nel quartiere Arenella, nell’area della ex Tonnara Florio. Costruita in stile neogotico, fu la residenza privata di Vincenzo Florio e della sua famiglia.

Le location siciliane

Alcune scene di “Viola come il mare” sono state girate fuori città. In particolare, lungo la spiaggia di Mondello, famosa per essere, da sempre, la spiaggia dei palermitani. Il centro abitato si affaccia sull’omonimo golfo, un’insenatura tondeggiante che si stende sino alla preziosissima Riserva Naturale di Parco Gallo.

La storia di Mondello affonda in un lontano passato, quando era ancora un piccolo borgo di pescatori in un territorio paludoso. Sul finire dell’800, le sue sorti sono completamente cambiate: un’importante opera di bonifica lo ha riqualificato e ben presto ha visto fiorire splendide ville in stile Liberty, molte delle quali sono ancora oggi in perfetto stato di conservazione e abbelliscono il lungomare.

Nella fiction si riconosce anche il lungomare di Terrasini, intitolato a Peppino Impastato, che s’affaccia sul Golfo di Castellammare, con la Torre Alba, detta anche Torre Fanara. La sua piazza è dominata dal Duomo, una delle chiese più grandi del territorio, ed è famosa per il museo del carretto siciliano, ma soprattutto per le sue splendide spiagge. La sua costa, che si estende dalla spiaggia della Ciucca fino a quella di San Cataldo, è fatta di splendide calette e di dirupi a picco sul mare. Set naturali perfetti per la Tv.