Che l’aeroporto sia un luogo tutt’altro che economico lo sappiamo bene. Una volta superati i controlli di sicurezza (a volte anche prima) si entra in un mondo dove il prezzo di qualsiasi cosa aumenta. Se avete sete e l’aeroporto non dispone di fontanelle per riempire la borraccia, o se avete fame e vi siete dimenticati gli snack a casa, avete solo due scelte: aspettare di atterrare nella vostra prossima destinazione sperando che non ci siano ritardi o aprire il portafoglio e pagare a prezzi raddoppiati, se non triplicati, il bene di cui avete bisogno.
A dichiararlo è un’analisi del Corriere della Sera che, su diciassette scali del continente, ha messo in evidenza prezzi alle stelle e passeggeri non particolarmente felici. La risposta dei Duty Free? La colpa è del rincaro degli affitti deciso dalle società di gestione che mettono a disposizione gli spazi aeroportuali per aprire edicole, negozi, bar o ristoranti. E quella dell’Unione Europea? Ammette di non poter intervenire in nessun modo.
Stime da record: i prodotti più costosi negli aeroporti
L’analisi del Corriere ha preso in considerazione diversi aeroporti, come quelli di Roma e Fiumicino e gli scali milanesi di Linate e Malpensa: nel primo caso hanno sottolineato come, nel 2023, la spesa media nell’ambito cibo e bevande sia stata pari a 6,8 euro per passeggero in partenza, circa 20 milioni; nel secondo caso, invece, si evidenza un bilancio di 29,56 milioni di euro. La situazione è critica soprattutto per l’acqua, considerato un bene di prima necessità e che nessuno può portare con sé da casa, una problematica nata a partire dagli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001, momento in cui sono state introdotte molte delle regole aeroportuali legate alla sicurezza.
Il Corriere ha messo in evidenza due problematiche: la difficoltà nel reperire le bottigliette da mezzo litro, spesso introvabili per lasciare spazio a quelle da 0,75 litri (più costose) e i prezzi altissimi. Uno dei casi più famosi è Istanbul, dove per acquistare mezzo litro di acqua il costo varia tra i 6 e 10 euro, ma vengono citati anche gli aeroporti di Berlino (5,90 euro), Francoforte (4,75 euro), Bruxelles (4,60 euro) e Londra Luton (4,50 euro). In Italia, invece, il costo oscilla tra 1,80 e 2 euro.
Anche i panini sono risultati tra i prodotti più costosi: quelli semplici, con prosciutto e formaggio, hanno costi elevati anche in Italia, dove si arriva a 10 euro, con una media nazionale attorno agli 8 euro, mentre a Istanbul, che mantiene prezzi da record anche in questo settore, si stimano 16,50 euro. Per caffè e cappuccino, invece, i viaggiatori, sempre nello scalo turco, possono considerare 6 euro per un espresso e 9 euro per un cappuccino.
Perché i costi negli aeroporti sono alti
Chi ha visto la serie comedy Seinfeld ricorderà uno sketch dove il comico Jerry Seinfeld chiede: “Pensate che la gente che gestisce i negozi in aeroporto abbia idea di quanto costano le stesse cose nel resto del mondo? O pensate che abbiano il loro piccolo paese là fuori e possano chiedere qualunque prezzo vogliano?”. La battuta fa sicuramente ridere, ma i consumatori non sono molto contenti.
Considerata la situazione, non stupisce che i viaggiatori siano particolarmente arrabbiati e infastiditi dai costi elevatissimi di prodotti anche di prima necessità come l’acqua. Ma perché i costi negli aeroporti sono così alti? Il direttore generale di Airports Council International-Europe ha dichiarato al Corriere che “operare in uno scalo ha oggettivamente costi aggiuntivi: bisogna trasportare la merce, il personale deve essere formato, ci sono gli obblighi di sicurezza e poi c’è l’inflazione che non ha aiutato di questi tempi”.
In più, bisogna considerare che molte attività devono pagare l’affitto e, in alcuni casi, una percentuale delle vendite.
Le soluzioni al problema
Nel corso degli anni sono state proposte delle soluzioni che, ovviamente, non hanno funzionato. Molti aeroporti, per esempio, hanno tentato operazioni di “moral suasion” (correggere o rivedere determinate scelte o comportamenti presi da un organismo riconosciuto autorevole per le parti) per contenere i prezzi di prodotti essenziali come acqua e caffè, mentre l’Airports Council International-Europe aveva tentato di raccomandare un tetto massimo di 1 euro per bottiglia, anche qui senza avere successo.
Il paradosso di tutta questa situazione è che, considerati i prezzi alle stelle degli aeroporti, è più conveniente acquistarli direttamente sugli aerei. Ryanair, per esempio, vende le bottiglie d’acqua da mezzo litro a 3 euro l’una, mentre i panini più semplici a 6 euro.
Una soluzione vera e propria non esiste, seppur si stiano provando a fare dei tentativi, come è successo negli Stati Uniti d’America in seguito a un post pubblicato su Twitter. Nel 2021, un viaggiatore di nome Cooper Lund ha twittato un’immagine del menù di un bar dell’aeroporto che, tra le altre cose, includeva una birra d’oro dal costo di $27,85. Questo ha dato il via a un’indagine da parte dell’ispettore generale dello stato, che ha scoperto che a 25 clienti sono stati addebitati importi “totalmente indifendibili” da $23 a $27 per una birra.
Il risultato è che l’Autorità portuale di New York e New Jersey ha introdotto una nuova norma che prevede l’obbligo per i venditori di non addebitare prezzi più cari del 10% rispetto a quelli che si trovano fuori dall’aeroporto.