Vetrate colorate, una scalinata ampia e interni decorati rendono Palazzo Mohatta un gioiello a Karachi, megalopoli pakistana di 20 milioni di persone. Bellissimi pavoni vagano sul prato e i rumori dei lavori in corso e del traffico si dissolvono non appena si varca la soglia del sontuoso parco. Le balaustre in pietra rosa, le cupole e i parapetti sembrano arrivare direttamente dallo Stato indiano settentrionale del Rajasthan, reliquia di un’epoca in cui musulmani e indù vivevano fianco a fianco nella città portuale.
Tuttavia, la magnificenza non è garanzia di sopravvivenza in una città dove la terra è scarsa e lo sviluppo è dilagante. Demolizione, invasione, negligenza, leggi di conservazione frammentarie e vandalismo stanno erodendo i segni dell’importante passato di Karachi.
I fiduciari dell’edificio hanno respinto il tentativo di trasformarlo in facoltà di odontoiatria, ma è ancora in corso una causa decennale in cui gli eredi di un ex proprietario stanno tentando di prendere il controllo del terreno. Il Palazzo rimase vuoto per quasi due decenni prima di essere inaugurato ufficialmente come museo nel 1999.
Palazzo Mohatta, un bene a rischio
Il palazzo sorge in una zona eccellente nel quartiere di Old Clifton, tra ville, aziende e ristoranti di lusso, su di un terreno molto ambito: la popolazione di Karachi cresce di circa il 2% ogni anno e, con decine di comunità e culture che competono per lo spazio, sono pochi gli sforzi per proteggere i siti storici.
Per la maggior parte dei pakistani, Palazzo Mohatta è il luogo che più si avvicina allo splendore architettonico del Rajasthan indiano, poiché le restrizioni di viaggio e la difficile burocrazia impediscono di fatto alle persone di entrambi i Paesi di attraversare il confine per svago, studio o lavoro.
Il passato multiculturale di Karachi (tutt’ora socialmente frammentata) rende più ostico trovare chi si impegni per la difesa del patrimonio storico rispetto a una città come Lahore, con il suo forte legame con l’impero Mughal dominato dai musulmani.
Un magnifico edificio tra storia e leggenda
Palazzo Mohatta fu costruito dall’imprenditore indù Shivratan Mohatta negli Anni Venti come residenza costiera per la moglie malata, così che potesse godere della brezza del Mar Arabico. Centinaia di carretti trainati da asini trasportarono l’inconfondibile pietra rosa da Jodhpur, ora oltre confine in India.
Shivratan se ne andò dopo la divisione nel 1947, quando India e Pakistan nacquero dall’ex Impero britannico come nazioni indipendenti e, per un periodo, il palazzo divenne sede del Ministero degli Esteri. In seguito, fu la residenza di Fatima Jinnah, la sorella minore del primo leader del Pakistan.
Dopo la sua morte, le autorità cedettero l’edificio alla sorella Shirin, ma la scomparsa di Shirin nel 1980 scatenò una battaglia legale tra persone che affermavano di essere sue parenti e il tribunale ordinò che l’edificio venisse sigillato.
Buio e vuoto, con i giardini invasi dalla folta vegetazione e i cancelli chiusi a chiave, stuzzicò l’immaginazione dei cittadini e si diffusero voci di spiriti ed eventi soprannaturali.
Dal 1999 è visitabile come museo, grazie al suo ricco passato e a una straordinaria architettura: l’ingresso costa 30 rupie (è gratuito per studenti, bambini e anziani), è aperto dal martedì alla domenica dalle 11:00 alle 18:00, chiuso nei giorni festivi. Accoglie anche eventi aziendali e di beneficenza ma sono vietati servizi fotografici di moda, matrimoni e riprese per spot pubblicitari.
Le voci sui fantasmi continuano a diffondersi tramite TikTok e attirano influencer in cerca di storie spettrali. Eppure Palazzo Mahotta vieta le riprese all’interno e ha da poco bandito i TikToker poiché “non è quello il tipo di attenzione desiderato“.