L‘aereo è un mezzo affascinante sul cui funzionamento è lecito porsi molte domande, una su tutte “Come funziona il bagno in volo?”
Infatti, aldilà delle questioni tecniche (come riescono a volare e, soprattutto, in sicurezza) è interessante soffermarsi sulle azioni quotidiane e più “semplici” che si svolgono a bordo (la circolazione dell’aria, il riscaldamento di cibo e bevande, persino lo scarico del water) per comprendere che, quanto più sembrano banali, tanto più diventano difficili se “sospesi in aria”.
Tutto risulta due volte più complicato in aereo che a terra: ma allora come riescono le compagnie aeree a “compiere la magia”?
Il funzionamento del bagno in aereo
Diamo subito uno sguardo alle peculiarità dei bagni degli aerei.
Usare l’acqua per scaricare le toilette è vietato a causa delle restrizioni sul peso dell’aereo ma nessun problema: in volo si usa l’aria.
Il sistema evac (evacuazione) standard impiega infatti la pressione differenziale dell’aria per svuotare la ciotola, con un design brevettato da James Kemper nel 1975. I serbatoi dei rifiuti si trovano di solito nella parte posteriore dell’aereo ma spesso anche in quella anteriore.
Quando si preme il pulsante di scarico, una valvola si apre sul fondo della tazza del WC, collegandola a un tubo sottostante che, al pari del serbatoio dei rifiuti, è sotto pressione, il che significa che l’apertura della valvola crea un vuoto che risucchia il contenuto della ciotola.
L’effetto del vuoto si verifica continuamente mentre l’aereo è in aria ma i passeggeri non lo sentono finché non aprono la valvola e collegano la toilette al sistema. Tuttavia, quando l’aereo è a terra, la pressione differenziale non è presente: ciò vuol dire che lo sciacquone è azionato da una pompa, che dà origine a un vuoto nel serbatoio. Quando l’aereo si alza in aria e la pressione differenziale nel serbatoio aumenta, si forma il vuoto e la pompa si ferma.
I WC sono rivestiti in teflon ed è a discrezione delle compagnie aeree scegliere quanti bagni desiderano a bordo e dove: vi sono numeri minimi per ogni aereo, a seconda delle dimensioni, ma nessun numero massimo consentito.
Naturalmente, un serbatoio pieno deve essere svuotato ed è qui che entrano in gioco i “carri del miele”: si tratta di mezzi di servizio aeroportuale che svuotano il serbatoio e portano il contenuto alla lavorazione sul sedime aeroportuale, un processo che si è affinato in 50 anni.
Tuttavia Jamco, una società giapponese che oggi detiene una quota del 50% del mercato delle toilette per aerei, è già andata oltre costruendo bidet a bordo per otto compagnie aeree tra cui JAL, Al Nippon Airways e Oman Air. Sono stati anche i primi a introdurre scarichi e rubinetti igienici senza contatto sul Boeing 787.
Bagno in aereo: il mito del “blu ice”
Il “ghiaccio blu” non è soltanto qualcosa di cui meravigliarsi in Antartide: è anche il nome dato agli scarichi accidentali dei liquami degli aerei.
Ovviamente, i velivoli non hanno mai sparato deliberatamente i rifiuti della toilette nell’atmosfera ma se dovesse verificarsi una perdita nel tubo di scarico, poiché la temperatura dell’aria è ben al di sotto dello zero, qualsiasi fluido in uscita si congelerebbe all’istante e arriverebbe a un punto in cui sarebbe troppo pesante per aderire al pannello di servizio della toilette, quindi cadrebbe: ed è questo ciò che era definito “ghiaccio blu” fino agli anni Ottanta, quando fu introdotta una legislazione per vietare il decollo con qualsiasi tipo di perdita nel sistema WC di un aereo.
Infine, i servizi igienici si intasano piuttosto di frequente e se questo accade il volo può subire ritardi: infatti, vi sono moltissime tubazioni e devono essere smontate per trovare i blocchi poiché è necessario che l’aereo disponga di un numero minimo di bagni.