Sono passati quasi 2 millenni dalla catastrofica eruzione del Vesuvio che ha sepolto un’intera città, cristallizzandola nel tempo: Pompei è senza alcun dubbio uno dei più suggestivi siti archeologici al mondo, un tesoro di valore inestimabile che ci fornisce preziosa testimonianza della vita in epoca romana. Nel corso dell’ultimo anno, gli archeologi hanno iniziato ad esplorare una nuova area che ha permesso di portare alla luce degli ambienti finora sconosciuti. E ora quest’area apre al pubblico: ecco cosa sappiamo.
Pompei, la Regio IX apre al pubblico
La Regio IX è uno dei nove distretti in cui è suddivisa la città di Pompei, e ha all’incirca le dimensioni di un antico isolato (ben 3.200 mq). Si tratta di una nuova area di scavi: i lavori erano iniziati già nel 1888, ma ben presto gli archeologi avevano dovuto interromperli. Oltre un secolo dopo, nel febbraio 2023, il cantiere è stato riaperto e ci ha già regalato grandissime sorprese. Le attività di indagine qui condotte si inseriscono nel quadro di un progetto più ampio. Gli operai sono infatti al lavoro principalmente per risolvere alcuni problemi idrogeologici e conservativi lungo il confine tra le zone già conosciute e quelle ancora inesplorate.
Nonostante il Parco Archeologico di Pompei appaia già di notevoli dimensioni, in effetti, c’è ancora un’area (secondo le stime) grande circa un terzo della città che è ancora sepolto sotto strati di cenere, lapilli e lava raffreddata. Potrebbero esserci moltissimi tesori che, un giorno, finalmente gli archeologi riporteranno alla luce e potremo finalmente visitare. Ma torniamo alla Regio IX: la nuova area ha appena aperto al pubblico, con tutte le sue meraviglie. Dal 3 gennaio al 30 aprile 2024, i visitatori potranno prenotare un tour guidato attraverso il cantiere, per scoprire ciò che è finora riemerso da sotto terra.
Le scoperte avvenute presso la Regio IX
La campagna di scavi avviata un anno fa presso l’area Regio IX di Pompei ha permesso agli archeologi di portare alla luce due ambienti di grande importanza – durante i lavori di fine ‘800, i loro resti erano già parzialmente riemersi. Si tratta di due domus ad atrio risalenti all’età sannitica, epoca in cui erano utilizzate come abitazioni. Nel I secolo d.C. sono state trasformate in officine produttive: la prima è una fullonica, termine con cui si identifica un’antica lavanderia, mentre la seconda è un panificio-prigione, un ambiente davvero sorprendente.
Iniziamo dalla lavanderia, che è stata costruita nell’atrio di un’abitazione: presenta 2 banconi da lavoro, nonché alcune vasche utilizzate per il lavaggio e la tintura degli abiti. Mentre il panificio è costituito da diversi locali tra cui un forno, spazi per le macine e ambienti per la lavorazione dei prodotti. Una delle sorprese più affascinanti è l’affresco che occupa un’intera parete: si tratta di una “pizza” condita da frutta, un esempio di natura morta davvero pregevole. Inoltre, tra le mura del panificio sono stati rinvenuti i resti di tre corpi umani: probabilmente due adulti e un bambino, che avevano cercato rifugio durante l’eruzione.
Solo di recente, analizzando meglio gli spazi del panificio, si è scoperto che quest’ultimo era una vera e propria prigione, con tanto di piccole finestrelle dotate di grate. Schiavi e animali da soma venivano maltrattati e costretti a lavorare duramente, reclusi per tutta la vita in un ambiente ristretto e privo di qualsiasi comodità. La situazione degli schiavi di Pompei, d’altra parte, è sempre più al centro dell’attenzione grazie agli ultimi ritrovamenti, tra cui alcune stanze in cui vivevano presso la villa romana di Civita Giuliana.