È disabitato, inadatto alla vita e di dimensioni modeste: eppure, è diventato un simbolo di rivalità tra Irlanda e Scozia e anche altri Paesi sono coinvolti nella disputa per contenderselo.
Si tratta di Rockall, uno sperone di roccia che emerge nel nord dell’Atlantico, alto 17 metri, lungo 25 e largo 22, a 420 chilometri a nord della Contea irlandese di Donegal e a 370 chilometri a ovest dell’arcipelago scozzese delle Ebridi Esterne.
Non vi crescono erba né arbusti ed è soltanto meta di passaggio di poche specie di uccelli migratori mentre le sue acque pullulano di merluzzi, calamari e rane pescatrici nonché di giacimenti di gas naturale e petrolio che sono motivo di interesse per numerosi Paesi.
Le rivendicazioni dei Paesi coinvolti
Uno scoglio disabitato attira su di sé le attenzioni di molte nazioni, tra cui il Regno Unito che lo rivendica parte del proprio territorio dal 1955 e lo ha annesso alla Scozia nel 1972.
Eppure, l’Irlanda e gli altri Paesi non riconoscono tale annessione e ciò scatena, periodicamente, discussioni e dispute soprattutto per questioni legate alla possibilità di esplorare le risorse naturali di Rockall e ai diritti di pesca.
In effetti, la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare stabilisce che le rocce non abitabili non possano avere una zona economica esclusiva, cioè quella porzione di mare che si estende dalla costa fino a 370 chilometri al massimo su cui uno Stato esercita una sorta di “sovranità” come, ad esempio, lo sfruttamento della pesca.
Tuttavia, il Regno Unito continua a ritenere Rockall parte della propria zona economica esclusiva, considerando che il territorio più vicino allo scoglio è l’isola scozzese di Soay: così, avrebbe il diritto di pesca esclusivo a Rockall in quel tratto di mare che arriva fino a 22 chilometri dalla costa, come previsto dalle leggi internazionali.
Anche se nel 2014 Regno Unito e Irlanda avevano pubblicato i nuovi confini delle rispettive acque territoriali con Rockall appartenente al territorio britannico, le polemiche non si sono placate: se l’Irlanda sostiene che lo sperone roccioso non debba spettare ad alcuno Stato, l’Islanda ne rivendica l’appartenenza in quanto si troverebbe sulla propria piattaforma continentale.
E la motivazione islandese è la stessa che spinge la Danimarca a rivendicare il possesso su Rockall poiché farebbe parte della piattaforma continentale che include l’arcipelago danese delle isole Fær Øer.
Forti tensioni sono esplose nel giugno 2019 quando Fiona Hyslop, ministra scozzese per la Cultura, il Turismo e gli Esteri, aveva minacciato di allontanare alcune navi da pesca irlandesi dalle acque attorno allo “scoglio della discordia”: il governo irlandese, di contro, aveva contestato le rivendicazioni scozzesi e l’associazione di pescatori della contea irlandese del Donegal aveva ribadito che le navi avrebbero continuato l’attività di pesca a Rockall come sempre.
Ancora, nel 2021, una nave del governo scozzese aveva bloccato una nave da pesca irlandese per impedirle di pescare nelle “acque territoriali della Scozia”.
Rockall, il “simbolo di rivalità” tra Scozia e Irlanda
Come accennato, lo scoglio disabitato dell’Atlantico è, nel tempo, diventato un “simbolo di rivalità” tra Scozia e Irlanda.
Nel 1985, ad esempio, il veterano dello Special Air Service (divisione dell’esercito britannico) Tom McClean rimase su Rockall per quaranta giorni al fine di reclamarlo come possesso britannico.
Nel 1992, due fratelli irlandesi, Phillip e Fergus Gribbon, progettarono di occuparlo per togliere la targa con cui gli inglesi lo avevano rivendicato nel 1955 ma poi desistettero.
Prima ancora, i Wolfe Tones, gruppo folk irlandese, dedicarono allo sperone una canzone che diceva che non sarebbe “mai finito nelle mani avide della [Gran] Bretagna“.
Più di recente, nel 1997, un gruppo di attivisti di Greenpeace rimasero su Rockall per 42 giorni per protestare contro le attività di estrazione del petrolio mentre, nel 2014, lo scozzese Nick Hancock vi restò 45 giorni per raccogliere fondi a favore di un’associazione benefica.