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Nuova scoperta riporta alla luce tracce di un’antica città romana

Che le viscere della Terra (e in particolare quelle d’Italia) nascondano ancora tesori del passato che aspettano di essere scoperti, è cosa nota a tutti. Più complesso da credere è che siano gli abissi dei mari a celare gioielli antichi, anche a causa della complessa conservazione degli stessi. Eppure è così, come sta a dimostrare una scoperta avvenuta recentemente nel nostro Paese.

La scoperta avvenuta a Grado

Ci troviamo a Grado, in provincia di Gorizia, e proprio da queste parti l’Arma dei Carabinieri e i militari del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Udine, a metà del mese scorso hanno iniziato un monitoraggio delle aree marine della zona con l’ausilio della Motovedetta CC 401 in forza alla locale Stazione e ad una aliquota di 5 militari del Nucleo Subacquei Carabinieri di Genova.

Con la collaborazione della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio del Friuli Venezia Giulia di Trieste e del Dipartimento di Studi Umanistici e del Patrimonio Culturale dell’Università di Udine, si è monitorata un’imbarcazione risalente al III secolo a.C. che era stata rinvenuta diversi anni prima a circa 7 miglia al largo di Grado, a ben 19 metri di profondità.

E grazie a questo lavoro, in corrispondenza dell’isola di Pampagnola – luogo in cui nel 2022 vennero identificati i resti di un’imbarcazione di epoca romana – e a poca distanza dalla spiaggia “Costa Azzurra”, sono stati recuperati complessivamente 53 reperti archeologici di diversa provenienza.

Tra i vari tesori riportati alla luce si annoverano due colli di anfora della tipologia Late Roman, diffuse a partire dal V – VI sec. d.C., che all’epoca erano particolarmente riconoscibili grazie al fatto che possedevano un collo più corto con bordo indistinto e spalla più ampia.

Poi ancora due colli di anfore vinarie molto più antiche: una denominata Dressel 6, con un lungo collo cilindrico con spalla carenata mono ansata, e una Dressel 2-4 di Kos, che per molti aveva le sembianze di un pipistrello. Ma non è finita qui perché è stato ritrovato anche un fondo di ceramica a impasto grezzo con applicati tre distinti piedini.

Le ipotesi fatte fino a questo momento

Come riporta il Messaggero Veneto, il professor Massimo Capulli del Dipartimento di Studi Umanistici e del Patrimonio Culturale dell’Università di Udine ha avanzato un’ipotesi preliminare secondo cui vi possano essere ancora due relitti da scoprire.

Sempre secondo la sua opinione, infatti, vi è la possibilità di ricondurre i tesori che sono appena stati ritrovati a due distinti orizzonti cronologici tra loro omogenei e con un’interruzione di circa tre secoli.

Ritrovamenti che dimostrerebbero, considerando che Grado è la porta sul mare dell’antica Aquileia, tutta l’intensità degli scambi commerciali della città romana con il bacino del mediterraneo.

Cosa succederà adesso

I manufatti recuperati sono ora sotto le mani esperte della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio del Friuli Venezia Giulia per far sì che vengano desalinizzati, puliti, catalogati e, infine, restaurati. Come è possibile intuire, seguiranno anche altre indagine archeologiche.

Il lavoro dei carabinieri ha consentito di portare in superficie anche altri interessanti manufatti dalla laguna. In particolare sono state recuperate alcune parti di anfore e frammenti di vasellame che si trovavano lungo il canale delle Mee.

In questo sito sono state scoperte due anfore Dressel 6/A, un’anfora lunga 80 centimetri ma senza anse, due colli di anfore vinarie, un frammento di vaso e una particella di piatto in “terra sigillata” con rilievi e decorazioni pregiate.

Di Admin

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