Gli antichi popoli Maya hanno compiuto alcune delle più importanti opere architettoniche del mondo, dai maestosi templi del Centroamerica alle città-stato di cui oggi rimangono solo delle rovine. Ora sappiamo anche che furono proprio loro a creare una fitta rete di vie di comunicazione che, per gli esperti, costituirebbe addirittura la prima autostrada mai realizzata dall’uomo. È venuta a galla solo di recente, grazie all’uso di tecnologie all’avanguardia, e riscrive la storia di questa antica civiltà.
Trovata la più antica autostrada del mondo
Nell’area a nord del Guatemala si celava un vero e proprio tesoro dal valore incalcolabile: là dove la giungla è più fitta, e mai uomo è riuscito – negli ultimi secoli – a mettere piede, sono riemerse le rovine di tantissime opere architettoniche risalenti alla civiltà Maya. Gli esperti hanno trovato monumenti a piramide, infrastrutture agricole e campi da gioco, ma anche sistemi di dighe e bacini idrici che alimentavano le città e le coltivazioni. Ma la scoperta più interessante è la fitta rete di collegamenti stradali che, secondo gli archeologi, potrebbe rappresentare la più antica autostrada del mondo.
Nella loro interezza, queste vie di comunicazione constano di quasi 178 km di percorsi che, in passato, avrebbero collegato ben 417 antiche città, le quali oggi giacciono al di sotto di una lussureggiante vegetazione. Il tutto, naturalmente, è antichissimo: le prime stime parlano di reperti risalenti al 1000 a.C., ovvero più di 3000 anni fa. La scoperta, realizzata da un team di archeologi guidato da Richard Hansen (professore dell’Università dell’Idaho e presidente della Foundation for Anthropological Research and Environmental Studies), è una delle più importanti del secolo e suggerisce che la civiltà Maya fosse molto più sviluppata di quanto non avessimo creduto fino ad ora.
Le tecnologie impiegate
Questa antica rete di vie di comunicazione, in realtà, è ancora ben nascosta all’occhio umano. Non sono stati compiuti scavi per riportarla alla luce, visto che si trova in un’area tra le più selvagge e incontaminate al mondo. La scoperta è infatti avvenuta in una remota giungla tropicale nel nord del Guatemala, quasi al confine con il Messico. La si può raggiungere solo in elicottero, e anche così bisogna percorrere decine di chilometri attraverso la foresta pluviale, habitat di tante specie animali pericolose (come i giaguari e i serpenti velenosi).
Dunque, per capire cosa si celasse sotto questa fitta vegetazione, gli esperti hanno fatto ricorso alla tecnologia più moderna. Se negli ultimi mesi si è parlato molto della radiografia muonica, che ha permesso di scoprire un tunnel segreto all’interno della Piramide di Cheope, stavolta gli archeologi hanno impiegato la tecnologia lidar. Si tratta di un tipo avanzato di radar che è in grado di rilevare la presenza di rovine e reperti al di sotto della coltre rigogliosa della foresta pluviale, ricostruendo quanto ritrovato con immagini in 3D.
Le indagini hanno avuto inizio nel 2015, in un’area che per lungo tempo era stata ritenuta la culla della civiltà Maya. Oggi ne abbiamo le prove, e quanto riemerso potrebbe riscrivere la storia di questi popoli. Le comunità vissute nell’America Centrale ben 3000 anni fa sono più avanzate di quanto ritenuto dagli esperti, ben lungi dall’essere società nomadi di cacciatori e raccoglitori.