La Sicilia vanta un patrimonio archeologico incredibile, con tantissime testimonianze riemerse nel corso degli ultimi secoli: uno dei siti più importanti è quello della Valle dei Templi di Agrigento, che corrisponderebbe all’antica città di Akragas. Oggi, grazie alle nuove tecnologie, si è potuto esplorare alcune aree finora mai indagate. Ed è tornato alla luce qualcosa di incredibile: scopriamo di che cosa si tratta.
Valle dei Templi, scoperti i resti di un edificio
Lo splendido patrimonio archeologico della Valle dei Templi ora si arricchisce di una nuova scoperta: un team di ricercatori dell’Università di Catania, in collaborazione con alcuni esperti dell’Università di Bordeaux, ha trovato i resti di un antico edificio ancora ben celati sotto terra. Il rinvenimento è avvenuto in un’area a nord della Plateia I-L, che finora non era mai stata esplorata. Nelle scorse settimane, gli archeologi hanno dato il via ad alcune indagini geofisiche che hanno permesso di “sondare” il sottosuolo, senza bisogno di scavare.
Solo in seguito, dopo aver ottenuto risultati positivi, hanno avuto inizio i lavori per riportare a galla i resti. Si tratta di un muro formato da grossi blocchi di calcare, i quali poggiano parzialmente sulla roccia tagliata. Una delle peculiarità è l’orientamento delle rovine, molto diverso da quello degli edifici appartenenti al vicino quartiere ellenistico-romano. Secondo le prime analisi degli esperti, è possibile che i resti risalgano al periodo ellenistico o addirittura a quello classico. La struttura si trova vicino all’ingresso del santuario degli “altari circolari”, motivo per cui si pensa che possa avere un ruolo nella topografia religiosa dell’antica città di Akragas.
Le nuove tecnologie nella ricerca archeologica
La scoperta appena avvenuta presso la Valle dei Templi di Agrigento è stata possibile solamente grazie all’impiego di nuove tecnologie sempre più all’avanguardia. “Lo scavo è un’operazione lunga, complessa e costosa, che modifica in modo permanente il sottosuolo dopo la sua realizzazione” – ha spiegato il prof. Sebastiano Imposa, associato di Geofisica applicata e responsabile del Laboratorio dell’Università di Catania – “Pertanto le indagini di geofisica applicata, che consentono di raccogliere informazioni a priori in modo assolutamente non invasivo sulle aree da scavare, si rivelano una risorsa preziosissima per l’archeologo”.
Attorno al sito archeologico, ci sono numerose zone inesplorate, che potrebbero nascondere molti tesori ancora da scoprire. Per questo motivo, lo scorso anno ha avuto inizio la collaborazione con gli esperti dell’Università di Bordeaux, la quale è volta a studiare il fenomeno delle processioni nell’antichità facendo uso di indagini moderne. Non è la prima volta che la tecnologia permette di scoprire preziosissimi reperti ancora celati sotto terra. Di recente, attraverso la radiografia muonica, è stato possibile individuare le vestigia dell’antica necropoli di Neapolis, situata a circa 10 metri di profondità presso il rione Sanità di Napoli, un luogo così densamente abitato che non può essere scavato.
Le indagini muoniche, il cui funzionamento si basa sulla tecnologia impiegata presso il CERN di Ginevra, sono state utili anche in Egitto, per scoprire che cosa si cela all’interno della Piramide di Cheope, in un posto dove l’occhio umano non è mai potuto arrivare. È stato così che gli archeologi hanno individuato un tunnel segreto, che potrebbe addirittura condurre alla camera in cui riposa il sepolcro del faraone Cheope: tanto che gli esperti parlano già di “scoperta del secolo”.