Una recente campagna di scavi ha portato alla scoperta di qualcosa di sensazionale: si tratta di alcune statue risalenti al V-IV secolo a.C., che potrebbero appartenere ad una civiltà di cui sappiamo ancora pochissimo. Si tratta del popolo tartessico, vissuto nell’attuale Spagna meridionale già a partire dal 1.300 a.C., fino all’avvento dei cartaginesi che lo avrebbe spazzato via. Il nuovo ritrovamento potrebbe fare luce su alcuni aspetti inediti di questa civiltà.
Scoperte 5 statue dell’antica Tartesso
Proprio come la mitologica città di Atlantide, c’è un luogo di cui non si conosce ancora l’esatta ubicazione e che sembra quasi far parte più della leggenda che della storia: si tratta di Tartesso, un’antica città-stato protostorica situata probabilmente nel sud della Spagna, di cui ad oggi non si sono mai scoperti i resti. Alcune testimonianze sul territorio sono però risalenti al periodo in cui, secondo quanto riportato da antichissime fonti, avrebbe dovuto proliferare la civiltà tartessica. Sono quelle rinvenute presso Casas del Turuñuelo, un sito archeologico del V secolo a.C., situato nel comune di Badajoz – a poca distanza dalla necropoli di Medellin.
Qui, nel corso di una nuova campagna di scavi, gli archeologi spagnoli del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CSIS) hanno trovato i resti di cinque statue antiche di circa 2.500 anni: sono la prima prova di rappresentazioni umane che gli esperti possono far risalire al periodo tartessico. La scoperta è avvenuta nel settore est del sito, dove si ha accesso al cortile di un edificio in cui sono stati documentati diversi sacrifici di animali (in particolar modo cavalli). A confermare questo incredibile ritrovamento è il team dell’Istituto di Archeologia del CSIC, guidato da Esther Rodriguez Gonzalez e Sebastian Celestino Perez, nel corso di una conferenza stampa.
Nuove testimonianze della civiltà tartessica
Le statue sono un’importante testimonianza di questa misteriosa civiltà, su cui abbiamo (finora) pochissime informazioni. Alcune delle raffigurazioni appena tornate alla luce sono estremamente frammentate: è possibile che costituiscano almeno tre individui diversi, uno dei quali è identificato come un guerriero per via della parte sopravvissuta di quello che sembrerebbe essere un elmo. Molto più curiose sono le due statue che sono giunte a noi in condizioni migliori. Stando a quanto riportato durante la conferenza stampa, gli esperti avrebbero individuato in esse due volti chiaramente femminili: appartengono ai rilievi figurativi quasi completamente intatti, e presentano una caratteristica interessante.
Possiedono infatti orecchini di grandi dimensioni, pezzi tipici dell’oreficeria tartessica. Precedenti ritrovamenti – come il sito di Cancho Roano o il corredo funerario di Aliseda portato alla luce a Caceres – avevano permesso agli archeologi di carpire i segreti dell’artigianato di Tartesso. I volti femminili, realizzati con tecniche di alta qualità e con grandi dettagli artistici, potrebbero rappresentare due divinità del pantheon tartessico – sebbene sia ancora impossibile escludere che appartengano semplicemente a due donne dell’alta nobiltà.
Sarebbe dunque una novità incredibile, dal momento che gli esperti hanno sempre creduto che quella di Tartesso fosse una cultura aniconica, ovvero che non ammetteva riproduzioni umane delle divinità. Si riteneva invece che queste ultime venissero rappresentate attraverso motivi animali e vegetali o attraverso pietre sacre. La scoperta può dunque cambiare completamente quello che sapevamo sulla civiltà tartessica, rivelandoci qualcosa di nuovo sull’importanza del sito di Casas del Turuñuelo e della cultura della città perduta di Tartesso.