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Il futuro del Green Pass: perché salverà il turismo

Introdotto nel 2021 per contrastare la diffusione del Covid-19 e al tempo stesso permettere ai cittadini di tornare a spostarsi liberamente anche al di fuori dei confini nazionali, il Green Pass europeo si è rivelato uno strumento particolarmente utile. Soprattutto se confrontato alle altre misure di sicurezza adottate sia dai singoli Stati che a livello di Unione Europea. Sarà dunque proprio questo certificato a fare da modello per il futuro, qualora dovesse mai ripresentarsi una situazione di emergenza come quella che abbiamo vissuto negli ultimi anni.

Green Pass, che cosa succederà in futuro

Ufficialmente chiamato certificato digitale Covid UE, il Green Pass è stato uno dei principali strumenti adottati dall’Unione Europea per garantire nuovamente la libertà di movimento al di fuori dei confini nazionali, anche in tempi di emergenza sanitaria. Come ben ricorderemo, si tratta di un documento che dimostra l’avvenuta vaccinazione completa contro il Covid-19, la guarigione dall’infezione o l’effettuazione di un tampone negativo per accertarsi di non aver contratto la malattia. Per molti mesi ci ha accompagnati nei nostri primi viaggi post-pandemia, ed è stato proprio il Green Pass ad aver permesso al turismo di risollevarsi pian piano. Tanto che ora verrà preso come modello per future emergenze che potremmo trovarci ad affrontare, essendo un po’ più preparati.

La Corte dei Conti europea (ECA) ha recentemente affermato che questo strumento potrebbe salvaguardare i viaggi e gli spostamenti all’interno dell’UE, nel caso in cui dovessimo nuovamente vivere una crisi di portata simile a quella che il Covid ha portato con sé. È per questo che le autorità dovrebbero già pensare all’adozione di un quadro normativo comune a tutti i Paesi europei che permetta l’introduzione o la riattivazione tempestiva di un certificato digitale. In effetti, la base giuridica su cui il Green Pass ha visto la luce sta per venire meno, con la scadenza fissata per giugno 2023. È tempo di guardare al futuro e sfruttare questo modello per non trovarci nuovamente in difficoltà davanti ad una nuova emergenza.

Gli altri strumenti che hanno fallito

Assieme al Green Pass, l’UE ha adottato altri strumenti che non si sono però rivelati affatto così efficaci come sperato. Stiamo parlando dell’applicazione per il tracciamento dei contatti positivi, dei moduli digitali di localizzazione dei passeggeri (PLF) e delle piattaforme utilizzate per scambiare informazioni sanitarie tra i vari Paesi europei. Sebbene, come evidenziato dall’ECA, la Commissione Europea si sia mossa velocemente per affrontare la situazione di crisi, l’adozione di questi strumenti è stata inevitabilmente demandata poi ai singoli Stati membri, e molti di loro non hanno saputo sfruttarli al meglio.

“Purtroppo, non tutti gli strumenti sono stati recepiti e attuati in maniera rapida e corretta. Il successo del certificato digitale Covid UE non è stato quindi replicato” – ha affermato Baudilio Tome Muguruza, responsabile ECA per la revisione degli strumenti digitali. È sufficiente dare qualche cifra per capire l’insuccesso di queste misure di sicurezza. Il PLF, ad esempio, è stato utilizzato davvero solamente da quattro Paesi (e l’Italia è stata la capolista, avendo prodotto circa il 90% dei moduli complessivamente emessi nell’UE). Mentre l’app di tracciamento ha trovato un riscontro effettivo solo in Germania. Non è stato così per il Green Pass: “È stato l’unico strumento utilizzato in tutti gli Stati membri e anche da 45 Paesi non UE. Più di 1,7 miliardi di certificati sono stati emessi fino a marzo 2022″ – ha affermato l’ECA.

Di Admin

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