Resti di templi perduti e strutture buddiste, iscrizioni e grotte inesplorate. Un vero tesoro archeologico se n’è stato sepolto per millenni tra antiche foreste, in un’area naturale protetta di una terra ricca di fascino e mistero, dimora di svariate specie selvatiche e ambita meta di jeep safari. Una scoperta straordinaria, che aggiunge un nuovo capitolo nella storia di un Paese che non smette mai di stupire.
La sensazionale scoperta nella Riserva della Tigre
Un team dell’Archaeological Survey of India (ASI) ha fatto una incredibile scoperta nell’area del Bandhavgarh National Park, situato nel distretto di Umaria nel Madhya Pradesh, nell’India centrale, e riconosciuto come Riserva della Tigre nel 1993. Stando a quanto dichiarato dall’ASI, l’esplorazione di circa 170 chilometri nell’aera centrale della riserva “è stata intrapresa per la prima volta dal 1938”.
Sono così venute alla luce 26 grotte antichissime, risalenti al II-V secolo d.C, coeve a quelle di Ajanta ad Aurangabad, patrimonio dell’umanità dell’UNESCO, e collegate alla setta buddista Mahayana. Oltre alle grotte, il team ha scoperto anche i resti di 26 templi, due monasteri (matha), due stupa (monumenti destinati a conservare sacre reliquie o a ricordare eventi memorabili della vita terrena del Buddha), 46 idoli e sculture, 26 frammenti e 19 corpi idrici.
I templi sono di epoca più recente, datati nel periodo Kalachuri (IX-XI secolo), mentre i corpi idrici risalgono al II-XV secolo d.C. Tra i reperti sono menzionati anche un frammento di pilastro buddista contenente un’incisione di uno stupa in miniatura, risalente al II-III secolo d.C., e 24 iscrizioni Brahmi del II-V secolo d.C. Su alcune di queste sono stati decifrati i nomi di luoghi come Kaushambi, Mathura, Pavata, Vejabharada e Sapatanaairikaa, mentre altre riportano i nomi di importanti sovrani come Maharaja Shri Bhimsena, Maharaja Pothasiri e Maharaja Bhattadeva.
Ciò che ha sorpreso di più gli archeologi, sono stati i nomi di antiche città situate nell’Uttar Pradesh (tra le tappe del Golden Triangle) , lontane da Bandhavgarh. Ciò potrebbe dimostrare l’esistenza di legami commerciali fra le diverse aree. Tra i ritrovamenti, ci sono anche monete appartenenti all’epoca Mughal e alla dinastia Sharqi del sultanato di Jaunpur, resti di porte, celle contenenti letti di pietra e giochi da tavolo.
Le polemiche intorno alla scoperta
Il ritrovamento avvenuto nell’area del Bandhavgarh National Park è stata oggetto di controversie. Un gruppo di ricercatori della Ashoka Univeristy avrebbe, infatti, condotto un’esplorazione archeologica nello stesso sito in quattro fasi, iniziando nel marzo 2021 e terminando nel giugno 2022, con un report pubblicato sulla rivista Current Science il 25 settembre, pochi giorni prima dell’annuncio dell’ASI.
I risultati, però, divergono da quelli dell’Archaeological Survey of India, soprattutto per quanto riguarda la datazione dei resti e la loro connotazione religiosa. Intanto, Shivakant Bajpai, soprintendente archeologo del circolo ASI di Jabalpur, ha dichiarato che dovrebbero esserci più di 100 grotte nell’area, che verranno alla luce durante le prossime fasi dell’esplorazione.
Bandhavgarh, tra reperti e tigri
Oltre a regalare scoperte uniche, il Bandhavgarh National Park offre una vera immersione nel verde lussureggiante delle regioni boschive, dimora naturale di diverse specie selvatiche. Il più famoso dei parchi nazionali indiani, si estende su una superficie di 105 chilometri quadrati e prende il nome dalla collina più importante della zona di Umaria.
Quest’area è ricca di una grande biodiversità e il luogo è famoso anche per la più alta densità di popolazione di tigri in India, oltre che per la presenza di altre specie che raramente si possono ammirare altrove, come i leopardi e l’orso bradipo. Un safari qui è un viaggio nella natura più selvaggia e nella storia più antica.