I fondali marini italiani continuano a regalare meraviglie. Dopo il ritrovamento avvenuto nei pressi dell’isola di Pampagnola, vicino alla nota località di villeggiatura di Grado, adesso è un altro tratto di mare nostrano a regalare qualcosa di completamente inaspettato e preziosissimo.
Taranto, scoperto il carico di una nave romana
Siamo nelle acque della bella Taranto, la città dei due mari in Puglia. Proprio qui Fabio Matacchiera, sommozzatore e ambientalista, ha individuato i resti di quella che, con molta probabilità, potrebbe essere una nave romana affondata circa duemila anni fa, più precisamente al largo di Leporano.
Un condizionale che dobbiamo assolutamente usare poiché la scoperta è stata fatta da pochi giorni e ha bisogno di necessari approfondimenti. Ma dalle prime ipotesi, sott’acqua sono stati individuati il carico della nave, diverse centinaia di tegole e oggetti e l’ancora di ferro che presenta una frattura del fuso, valorizzando l’ipotesi del naufragio.
La datazione è ancora incerta, ma dopo aver visionato i dati raccolti (comprensivi di foto, video e misurazioni), è stata confermata la probabile tesi dell’affondamento di una nave riconducibile al periodo romano imperiale, fra il primo e il quarto secolo dopo Cristo.
Le dichiarazioni degli addetti ai lavori
Mario Lazzarini, studioso di archeologia subacquea, tramite una nota diffusa dallo stesso sommozzatore ha avanzato un primo scenario plausibile: “Fra il primo e il quarto secolo dopo Cristo il litorale tarantino orientale vide un fiorire di ville rustiche, vere e proprie grandi aziende agricole corredate di lussuose residenze private sul mare: Gandoli, Saturo, Luogovivo, Lido Silvana ne sono testimonianza con i loro ruderi più o meno ancora visibili. Erano in genere proprietà dei ricchi e influenti liberti della famiglia imperiale, e le residenze erano dotate di tutti i confort allora possibili: sale per ricevimento ornate di mosaici, porticati, impianti termali, alloggi per la servitù, cisterne per il rifornimento idrico“.
Ha spiegato, inoltre, che le tegole rinvenute negli abissi sarebbero servite per qualcuna di queste dimore: “Queste costruzioni evidentemente nel corso dei secoli furono più volte ristrutturate, ampliate, migliorate e ciò richiese interventi edilizi e rifornimento di materiali edili, soprattutto mattoni e tegole di cui allora si faceva uso abbondante. Ecco che il relitto di un’ imbarcazione che trasportava un carico di tegole di vario tipo, quale quello rinvenuto da Fabio Matacchiera al largo fra Luogovivo e Baia d’Argento, non è una sorpresa. Uno simile fu già da me segnalato nella baia di Saturo, altri probabilmente saranno scoperti in futuro“.
Tra le ipotesi Lazzarini sottolinea che: “All’epoca il trasporto via mare era molto più conveniente di quello via terra, con numerosi carri a traino animale su strade non lastricate e tortuose. Una nave di medio tonnellaggio, fra i 15 e i 20 metri di lunghezza, poteva trasportare il carico di dieci carri, con navigazione sotto costa abbastanza sicura, e sbarcare i materiali nelle numerose insenature costiere. Però nel corso di tanti secoli qualche violenta sciroccata che ha mandato a fondo alcune di queste navi da trasporto può capitare“.
Perché è una scoperta incredibile
Una scoperta importantissima, quindi, e che necessita di molti approfondimenti. Per saperne di più bisognerà attendere poiché serviranno ulteriori studi e immersioni.
Nel frattempo la documentazione è stata inviata alla dottoressa Barbara Davidde, archeologa al vertice della Soprintendenza nazionale per il patrimonio culturale subacqueo.