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Monti Tien Shan, viaggio nel regno segreto di ghiaccio, fuoco, leggende

Il silenzio che avvolge la catena dei Tien Shan ha qualcosa di assoluto. Non è soltanto il vento che sibila tra le creste rocciose, né l’aria rarefatta che taglia il respiro. È la consapevolezza di trovarsi in un angolo del mondo dove la distanza dal mare si misura in migliaia di chilometri, dove la presenza umana si dirada fino a scomparire, e dove ogni cima sembra sfiorare il cielo.

I Tien Shan (“Montagne Celesti”, come suggerisce la traduzione dal cinese) disegnano un confine naturale tra l’Asia centrale e la Cina, curvandosi verso sud-ovest e incrociando le titaniche strutture del Pamir e dell’Himalaya.

È proprio tra queste valli del Kirghizistan meridionale, a meno di venti chilometri dalla Cina, che si cela uno dei luoghi più straordinari del pianeta: il polo dell’inaccessibilità continentale. In altre parole, il punto dell’intero continente eurasiatico più distante da qualsiasi mare o oceano.

Intorno, a più di duemila chilometri, solo montagne, steppe e deserto. E nel cuore di tutto questo, le Tien Shan brillano come un miraggio di pietra e ghiaccio, regine incontrastate di un paesaggio che sa di isolamento e potenza primordiale.

Un gigante che attraversa l’Asia

Si estendono per oltre 2.500 chilometri attraverso Cina, Kirghizistan, Kazakistan, Tagikistan e Uzbekistan, e raggiungono in larghezza anche i 500 chilometri: i Tien Shan sono molto più di una catena montuosa. Sono un continente nel continente, un universo di creste, valli e nodi orografici che si irradiano dal centro dell’Asia come “vene su una mappa millenaria”. Dalle pianure del bacino di Junggar a nord alle distese desertiche del bacino di Tarim a sud-est, fino alla valle di Fergana dove le montagne si intrecciano con le catene del Pamir Alay, la colossale struttura si impone con una bellezza feroce e incontaminata.

Nel cuore del complesso montuoso si ergono due giganti. Il Jengish Chokusu, che con i 7.439 metri è la vetta più alta dei Tien Shan, si trova in un’area inospitale al confine tra Cina e Kirghizistan, irraggiungibile per la maggior parte dei viaggiatori.

Più accessibile ma non meno maestoso è il Khan Tengri, un triangolo perfetto di marmo rosato che sfiora i 7.010 metri e attira ogni anno alpinisti da tutto il mondo.

Un clima di contrasti estremi

Esplorare i Tien Shan significa anche confrontarsi con un clima che può cambiare in maniera repentina nel giro di poche ore. Le estati, seppur brevi, possono essere calde, ma non c’è da illudersi: gli inverni arrivano rapidi e violenti, con temperature che scendono ben sotto lo zero. Un clima continentale, scolpito dall’altitudine e dalla lontananza dal mare, che disegna un mosaico di condizioni estreme. Se le colline pedemontane respirano un’aria desertica e asciutta, le vette più alte sono spesso sferzate da venti gelidi e carichi di neve.

A ovest, i venti umidi che arrivano da lontano riescono a portare un po’ più di pioggia e un clima più mite, mentre le regioni orientali restano più secche e aride. Una tale varietà crea una serie di microclimi che si riflettono sul paesaggio e sulla biodiversità della catena montuosa, regalando scenari differenti nel giro di pochi chilometri.

La forza di una biodiversità millenaria

Le vaste aree di foreste di frutta e noci Arslanbob

Fonte: iStock

La grande foresta di noci selvatiche nella regione di Jalal-Abad in Kirghizistan

I Tien Shan non sono solo un monumento geologico: sono anche un santuario naturale. Le loro pendici ospitano una biodiversità straordinaria, frutto di millenni di evoluzione in un ambiente difficile ma protetto. Alla base delle montagne, tra pianure e colline, dominano le piante xerofite, l’assenzio e le specie più resistenti alla siccità. Ma salendo di quota, il paesaggio si trasforma: prima le praterie alpine, poi le foreste di conifere, fino ai limiti estremi della vegetazione.

Uno dei luoghi più emblematici è Arslanbob, nel sud-ovest del Kirghizistan, dove si estende la più grande foresta di noci al mondo nata spontaneamente. Qui crescono pistacchi, noci, ginepri e frutteti selvatici che raccontano di un passato in cui l’uomo viveva in simbiosi con la montagna.

Le foreste di aceri e pioppi, miste ad alberi da frutto come meli e albicocchi, punteggiano le valli, mentre più in alto svettano gli abeti rossi asiatici, custodi silenziosi delle cime innevate.

Un regno per creature selvatiche

In un paesaggio così variegato, anche la fauna ha trovato il modo di prosperare. I deserti pedemontani sono l’habitat di volpi, lupi, donnole, furetti e una miriade di piccoli roditori, ma è salendo verso le altitudini più impervie che si possono incontrare i veri protagonisti di queste montagne: il leopardo delle nevi, silenzioso e inafferrabile, regna sulle cime più alte, mentre argali e pecore selvatiche si muovono agili tra i dirupi.

L’importanza ecologica del Tien Shan ha un riconoscimento internazionale: il settore occidentale della catena è stato inserito tra i Patrimoni dell’Umanità UNESCO proprio per la sua biodiversità straordinaria, in particolare per la presenza di foreste di frutta selvatica tra le più estese e intatte del pianeta, fondamentali per la conservazione genetica delle specie.

Il paradiso degli uccelli e dei suoni della natura

Ma è forse l’avifauna che più sorprende chi si avventura nel cuore dei Tien Shan. Le valli e i versanti montuosi risuonano dei richiami del Cuculo comune, della Cutrettola grigia e dell’Usignolo verdastro, mentre il cielo è spesso attraversato dalla maestosità dell’Aquila reale o dal volo silenzioso del Nibbio bruno. I birdwatcher più esperti inseguono il canto dell’ibisbiglio nei pressi dei laghi d’alta quota, mentre nella foresta di Turanga si aggirano il raro Piccione dagli occhi gialli, il Picchio dalle ali bianche e lo Shikra.

Gli uccelli d’alta montagna, come il Gipeto, il Gracchio alpino e il Picchio muraiolo, sembrano danzare tra le rocce e le nevi eterne. Alcune specie, come il codirosso di Guldenstadt o il fringuello di Brandt, rappresentano autentiche rarità per gli ornitologi. E ancora, il canto acuto dell’Himalayan Rubythroat echeggia tra le gole, mescolandosi ai versi degli avvoltoi delle nevi, custodi antichi di un regno che sfida il tempo.

Dove il cielo incontra la terra

Cacciatore di aquile nel territorio dei Tien Shan in Kirghizistan

Fonte: iStock

Cacciatore di aquile in costume tradizionale

Chiamarle semplicemente montagne sarebbe riduttivo. I Tien Shan sono un confine e un ponte, una barriera naturale e al tempo stesso una via di passaggio antica. Sono il cuore geologico dell’Eurasia, ma anche un simbolo spirituale per le popolazioni che vi abitano. Il loro nome, “Montagne Celesti”, racchiude l’aura mistica che da sempre le avvolge. Un nome che parla di altezza, di reverenza, di legame tra l’uomo e l’universo.

Per chi le osserva da lontano, sono solo cime innevate. Ma per chi ha il privilegio di perdersi tra i loro sentieri, i Tien Shan rivelano la loro anima: quella di un mondo lontano da tutto, dove il tempo si è davvero fermato e la natura regna incontrastata. Un mondo che esiste ancora, in una valle remota del Kirghizistan, dove il cielo si riflette sulle rocce e ogni respiro sa di libertà.

Di Admin

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