La Sardegna, lo sappiamo, è una terra misteriosa e ricca di fascino. Chi ricerca la sua bellezza solo sulla costa, tra le sue spiagge bianche e le acque turchesi, non sa cosa si perde. L’isola ha davvero molto da raccontare ai viaggiatori dotati di orecchie capaci di ascoltare e andare oltre il superficiale, oltre l’estate. La sua ricchezza paesaggistica, così diversificata, incontra quella storica: chiunque abbia guidato tra le sue strade ha visto sicuramente affiorare i nuraghe, l’eredità lasciataci dalla civiltà nuragica.
Però, per immergersi tra i segreti della Sardegna, bisogna imparare anche a esplorare i suoi mondi sotterranei. Sono qui, infatti, che si trovano le domus de Janas o ‘case delle fate’. Sono oltre 3500 le domus mimetizzate nel paesaggio dall’inestimabile valore storico-culturale. Un valore che, probabilmente, verrà riconosciuto presto anche dall’UNESCO.
Cosa sono le domus de Janas
Non è facile vederle, ma ci sono, nascoste tra le campagne della Sardegna. Sono le domus de Janas, sepolture ipogeiche dove le antiche popolazioni, vissute oltre 5000 anni fa, deponevano i defunti e li ‘restituivano’ alla dea Madre, una divinità di cui abbiamo testimonianza grazie al ritrovamento di centinaia di statuette votive.
Le domus sono state scavate in massi isolati o raggruppate in necropoli su costoni rocciosi. Ne esistono di diverse tipologie: ci sono le domus a pozzetto, a camera, a forno o con dromos. Molte sono state realizzate tenendo a mente le case dei vivi e introducendo dettagli quali soffitti a doppio spiovente, focolari e false porte.
Possiamo, e dobbiamo, indugiare e contemplare il loro mistero anche con un tocco di magia. Secondo le leggende popolari, infatti, le domus de Janas erano le case delle fate (la parola janas, in sardo, significa appunto fate) che alla luce della luna tessevano fili d’oro e vegliavano sui sonni dei bambini.
Il riconoscimento UNESCO delle domus de Janas
Sono anni che la Sardegna aspira al riconoscimento delle domus de Janas come Patrimonio UNESCO, una richiesta che finalmente è stata presentata grazie alla rete dei Comuni delle Domus de Janas, un’aggregazione di 60 amministrazioni locali sarde di cui è capofila Alghero, e all’associazione di promozione sociale Cesim, acronimo di Centro Studi Identità e Memoria, che hanno lavorato in sinergia per promuovere la candidatura.
Nel dettaglio, il sito seriale protagonista è formato da 26 componenti, il quale identifica un’epoca particolarmente importante per la storia dell’isola, compresa tra il V e il III millennio a.C. Le componenti individuate fanno riferimento ai monumenti più rappresentativi di questo periodo storico, che va dal Neolitico medio all’Età del Rame, e sono collegati ai due grandi fenomeni dell’ipogeismo e del megalitismo.
Com’è stato descritto nel comunicato stampa del Ministero della Cultura, “entrambi questi fenomeni, diffusi nelle coeve civiltà europee, assumono in Sardegna aspetti e connotazioni peculiari, che testimoniano gli scambi con il mondo esterno, ma allo stesso tempo le originali rielaborazioni locali”.
La candidatura, sottoposta all’esame degli organismi consultivi del Comitato del Patrimonio Mondiale, potrà ottenere il suo lieto fine nell’estate del 2025 in seguito alla valutazione del Comitato della Convenzione del 1972. Nell’isola si respira un’atmosfera di cauto ottimismo e noi non vediamo l’ora di conoscere il gran finale.