La vigilia di Natale ha visto Papa Francesco – prima di presiedere la Messa serale – aprire solennemente la Porta Santa nella Basilica di San Pietro dando così il via in maniera ufficiale al Giubileo 2025. Per la comunità credente, si tratta di un momento che simboleggia l’apertura al rinnovamento, un rito di profonda spiritualità a inaugurare un anno che mette al centro il tema del perdono.
Ma quella nel cuore Vaticano e della cristianità è solo la prima delle Porte Sante dell’anno giubilare. Papa Francesco, infatti, aprirà poi quelle delle quattro Basiliche Papali. Ovvero: San Giovanni in Laterano (il 29 dicembre, ore 10), Santa Maria Maggiore (il 1° gennaio, ore 17) e San Paolo fuori le Mura (il 5 gennaio, ore 10). Oltre a queste, per la prima volta nella storia del Giubileo, il Santo Padre ha deciso di aprire una Porta Santa anche all’interno del carcere romano di Rebibbia.
Per tale apertura, che rappresenta dunque un unicum nella tradizione dei Giubilei ordinari, è stato scelto proprio il giorno di Santo Stefano, primo martire della Chiesa cattolica. Segno di speranza per tutte le carceri del mondo, come annunciato lo scorso 28 ottobre dal Pro-prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione Monsignor Fisichella, l’evento rende Rebibbia simbolo universale della vicinanza della Chiesa ai detenuti.
L’attenzione di Papa Francesco nei confronti dei detenuti
A volere con forza questo gesto straordinario è stato lo stesso Pontefice che nella Bolla Spes non Confundit con la quale ha indetto il Giubileo ha sottolineato l’importanza di prendersi cura dei detenuti promuovendone al contempo il loro reinserimento sociale. Nel documento si legge, in particolare, un invito a essere “segni tangibili di speranza per tanti fratelli e sorelle che vivono in condizioni di disagio”. Tra questi si citano esplicitamente i detenuti “che, privi della libertà, sperimentano ogni giorno, oltre alla durezza della reclusione, il vuoto affettivo, le restrizioni imposte e, in non pochi casi, la mancanza di rispetto”.
Da qui, dunque, la volontà di aprire una Porta Santa in un carcere, come segno concreto di vicinanza “perché sia […] un simbolo che invita a guardare all’avvenire con speranza e con rinnovato impegno di vita”. A supporto di questa visione, tra l’altro, la Santa Sede ha firmato un’intesa con il Ministro della Giustizia Carlo Nordio e il Commissario Straordinario per il Giubileo, Roberto Gualtieri. L’accordo prevede iniziative volte al reinserimento sociale dei detenuti attraverso attività di utilità pubblica e impegno comunitario.
Un patto in linea con quanto Papa Francesco scrive in un altro passaggio della Bolla rivolgendosi ai governi a quali chiede che “si assumano iniziative che restituiscano speranza, forme di amnistia o di condono della pena volte ad aiutare le persone a recuperare fiducia in sé stesse e nella società, percorsi di reinserimento nella comunità a cui corrisponda un concreto impegno nell’osservanza delle leggi”. Per Bergoglio, è la terza volta nel penitenziario di Rebibbia, dopo il rito della Lavanda dei Piedi il giovedì santo del 2015 e la celebrazione della Messa in Coena Domini lo scorso marzo nella Casa Circondariale femminile. Diventano, così, quindici le visite che, ad oggi, il Pontefice ha fatto nelle carceri, in Italia e all’estero.