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La classifica dei migliori (e peggiori) aeroporti europei del 2024

Quando si viaggia in aereo, il primo e l’ultimo contatto con un luogo passa attraverso l’aeroporto. E la qualità del servizio offerto può fare la differenza tra un inizio (o una conclusione) di viaggio più o meno gradevole. Ma quali sono gli aeroporti che offrono il miglior servizio in Europa? E quali, invece, rischiano di rovinare l’umore prima ancora di decollare?

Per rispondere a queste domande, il portale di prenotazione di case vacanza Holidu ha analizzato migliaia di recensioni su Google Maps per stilare una classifica dei migliori e peggiori aeroporti del continente nel 2024. L’analisi è stata realizzata esaminando la media delle valutazioni su Google Maps e il numero di recensioni lasciate per i 100 aeroporti più trafficati d’Europa, classificati in base al numero di passeggeri. La metodologia ha privilegiato gli aeroporti con il maggior numero di recensioni, attribuendo più peso a quelli con valutazioni numerose e costanti.

Dai moderni hub del nord Europa, conosciuti per l’efficienza impeccabile, agli scali del Mediterraneo spesso criticati per ritardi e carenze, questa guida offre informazioni preziose a chi desidera pianificare al meglio i propri spostamenti. Scopriamo quali aeroporti meritano un applauso e quali, invece, dovrebbero rivedere i propri standard.

Spoiler: nessuna aerostazione italiana figura nelle top ten. Per trovare il primo scalo nazionale bisogna scorrere la classifica dei migliori aeroporti fino al 14° posto dell’aeroporto Leonardo da Vinci di Roma Fiumicino; Milano Linate è 19°, mentre Milano Malpensa è solo al 48° posto.

I migliori aeroporti d’Europa

1. Aeroporto di Istanbul, Turchia

Per il secondo anno consecutivo, l’aeroporto di Istanbul si conferma il migliore d’Europa, con un’eccezionale valutazione di 4,4 stelle su oltre 101.956 recensioni. Questo scalo turco è famoso per la sua efficienza, il comfort e l’offerta di servizi di alta qualità, che continuano a conquistare l’ammirazione dei viaggiatori da tutto il mondo. Non a caso è un simbolo dell’eccellenza infrastrutturale della Turchia, motivo di orgoglio nazionale

2. Aeroporto Francisco de Sá Carneiro, Portogallo

Il secondo posto spetta all’aeroporto portoghese di Francisco de Sá Carneiro, situato a Porto, che ha migliorato la sua posizione rispetto all’anno precedente. Con una media di 4,4 stelle su oltre 26.608 recensioni, questo aeroporto ha dimostrato un costante impegno nell’offrire un servizio eccellente e una notevole soddisfazione dei clienti. Un traguardo importante che conferma la qualità dell’aeroporto.

3. Aeroporto Internazionale di Atene, Grecia

In terza posizione troviamo l’aeroporto di Atene, che continua a mantenere un alto livello di apprezzamento con una valutazione media di 4,3 stelle su 42.920 recensioni. Pur avendo perso il primo posto rispetto al 2022 e il secondo rispetto al 2023, l’aeroporto della capitale greca rimane un punto di riferimento per l’efficienza e la qualità dei servizi offerti ai passeggeri.

4. Aeroporto Václav Havel di Praga, Repubblica Ceca

Al quarto posto si classifica l’aeroporto di Praga, con 4,3 stelle su 26.441 recensioni, apprezzato dai viaggiatori per la pulizia, il comfort e l’offerta di servizi come negozi, ristoranti, aree relax e zone di lavoro. Uno dei suoi elementi distintivi è il ponte coperto che collega i terminal, facilitando il transito dei passeggeri. Inoltre è ben collegato con il centro della città, caratteristica che rende l’esperienza di viaggio più agevole.

5. Aeroporto di Zurigo, Svizzera

Chiude la top 5 l’aeroporto di Zurigo, con 4,3 stelle su 26.317 recensioni, che si qualifica non solo per l’efficienza dei servizi, ma anche per la sua imponente terrazza panoramica di 250 metri, che offre una vista spettacolare a 360 gradi. Con oltre 80 negozi, tra cui la più grande selezione di cioccolato svizzero al mondo in un aeroporto, e collegamenti ferroviari ogni 10 minuti verso il centro di Zurigo, l’aeroporto è anche impegnato a diventare climaticamente neutrale entro il 2050.

I peggiori aeroporti d’Europa

1. Aeroporto Internazionale di Heraklion, Grecia

Il peggior aeroporto d’Europa, secondo le recensioni su Google Maps analizzate da Holidu, è l’aeroporto di Heraklion, in Grecia, con una media di 2,6 stelle su oltre 21.202 commenti. Nonostante sia la principale porta d’accesso all’isola di Creta, i viaggiatori hanno segnalato una serie di problemi, dall’inadeguatezza delle infrastrutture ai lunghi tempi d’attesa. Tuttavia, questa valutazione potrebbe incentivare un necessario rinnovamento per migliorare l’esperienza dei passeggeri.

2. Aeroporto di Bordeaux-Mérignac, Francia

In leggera risalita rispetto all’anno scorso, l’aeroporto di Bordeaux-Mérignac si posiziona al secondo posto tra i peggiori aeroporti d’Europa, con una media di 2,8 stelle su 12.603 recensioni. Anche se i servizi stanno migliorando, rimane uno degli scali meno apprezzati. Nonostante ciò, i recenti tentativi di migliorare la qualità dell’esperienza dei viaggiatori lasciano intravedere segnali positivi per il futuro.

3. Aeroporto di Manchester, Regno Unito

Terzo tra i peggiori è l’aeroporto di Manchester, con una media di 3,1 stelle su 27.202 recensioni. Sebbene sia uno dei principali aeroporti del Regno Unito, riceve critiche per la gestione del traffico e dei tempi di attesa. Tuttavia, la sua funzionalità rimane indiscutibile, con migliaia di passeggeri che ogni giorno lo scelgono per i loro spostamenti internazionali.

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crociere Msc Notizie Viaggi

In arrivo la nuova nave luxury Explora II

Il grande giorno del debutto di Explora II sta per arrivare. Il 16 settembre la nuova nave del brand Explora Journeys, parte del Gruppo MSC, salperà da Civitavecchia per la sua crociera inaugurale, dopo la cerimonia ufficiale di battesimo che vedrà come madrina l’ambientalista marina Rosalba Giugni, fondatrice e presidente della Fondazione Marevivo. Gemella di Explora I, la seconda unità della flotta di navi luxury segna un passo significativo nell’impegno della compagnia nel ridefinire gli standard del lusso nei viaggi oceanici, offrendo un mix ineguagliabile di eleganza, comfort e avventura per i viaggiatori più esigenti.

Lusso senza ostentazione

Su Explora II il lusso si manifesta in maniera raffinata e discreta, in un ambiente che offre sia ampi spazi comuni che un’intima sensazione di esclusività. Sebbene sia una nave di dimensioni tutto sommato contenute, con una lunghezza complessiva di 248 metri, dispone di 14 ponti per un totale di oltre 16.600 metri quadrati di spazi pubblici, con un rapporto ospiti/spazio tra i più alti nel settore delle crociere di lusso, garantendo privacy e comfort ineguagliabili.

A bordo possono essere accolti fino a 922 ospiti in 461 suite fronte mare, progettate con cura per offrire il massimo del comfort e della funzionalità, trasformando ogni cabina in una vera e propria “casa sul mare”. Le suite, dalle dimensioni generose con una media di 42 metri quadrati, combinano la precisione svizzera con l’eleganza del design europeo, offrendo un ambiente rilassato e accogliente.

Una gastronomia d’eccellenza

Uno degli aspetti più esclusivi dell’esperienza a bordo di Explora II è rappresentato dall’offerta gastronomica. I passeggeri possono scegliere tra sei ristoranti unici e dodici bar e lounge, ognuno dei quali offre un’esperienza culinaria diversa. I menu, ideati dallo chef Franck Garanger, Head of Culinary di Explora Journeys, si basano su ingredienti freschi e locali, ispirati alle destinazioni visitate.

Tra i ristoranti si distingue Anthology, che porta in tavola le creazioni di chef ospiti provenienti da tutto il mondo, creando una vera e propria celebrazione della cucina globale, in cui si riflettono il viaggio e le sue destinazioni, con abbinamenti di vini unici in un ambiente di raffinata eleganza contemporanea.

Sakura offre invece un’esperienza immersiva nella cucina panasiatica – giapponese, thai, vietnamita e malese – accompagnata da bevande di ispirazione asiatica, un sommelier di sake e un servizio impeccabile con sottofondo di musica asiatica moderna. Marble & Co. Grill reinterpreta la classica steakhouse europea con una selezione di carni di altissima qualità provenienti da allevamenti sostenibili e una superba cantina di vini pregiati.

Per chi desidera un’esperienza più rilassata, il Med Yacht Club celebra lo spirito della dolce vita mediterranea, ispirato nello stile e nel menu agli eleganti ristoranti costieri di Italia, Spagna, Grecia e Francia. Emporium Marketplace offre invece una varietà di cucine da tutto il mondo in un ambiente casual, con postazioni di cucina aperte tutto il giorno.

Tra le varie proposte, un sushi corner, pesce fresco e una rosticceria con carne grigliata, arrosto e a cottura lenta. I piatti di pasta sono cucinati al momento, mentre pizze, pane e panini sono sempre freschi. L’esperienza è completata da buffet di affettati, formaggi, panetteria e pasticceria. Infine, il ristorante Fil Rouge unisce sapori internazionali con influenze francesi, offrendo una cucina raffinata e sofisticata e una selezione di vini con il meglio di vigneti antichi ed emergenti.

Benessere e relax a bordo

L’offerta di benessere è un altro fiore all’occhiello di Explora II. Con quattro piscine, di cui una coperta con tetto retrattile, e un’area dedicata al benessere ispirata all’oceano, gli ospiti possono rilassarsi e rigenerarsi durante la navigazione. Il centro Ocean Wellness comprende strutture per il fitness sia interne che esterne, sale per trattamenti e una spa che utilizza tecniche e prodotti ispirati agli elementi marini. Chi cerca un’esperienza ancora più esclusiva ha a disposizione numerose cabine private intorno alla piscina principale.

Per quanto riguarda lo shopping, tra le novità più interessanti di Explora II spicca la prima gioielleria Buccellati in mare, dove i passeggeri potranno acquistare gioielli preziosi del celebre brand italiano. A bordo, inoltre, una selezione curata di oltre 30 marchi artigianali e di lusso di altissimo livello permette di vivere un’esperienza di shopping esclusiva e sostenibile, con prodotti che riflettono l’impegno di Explora Journeys per il benessere del pianeta.

Explora II, l'area piscina

Fonte: Explora Journeys

Una delle piscine a bordo di Explora II

Sostenibilità e tecnologia

A questo proposito, va sottolineato che Explora II è dotata delle più recenti tecnologie sostenibili, tra cui il sistema di riduzione selettiva catalitica che consente di abbattere del 90% le emissioni di ossidi di azoto. La nave è anche certificata RINA DOLPHIN e dispone della capacità di alimentazione ship-to-shore, che permette di ridurre le emissioni di CO2 durante l’ormeggio. Questo impegno verso l’ambiente fa parte della missione del Gruppo MSC di combinare lusso e sostenibilità in ogni aspetto dell’esperienza di viaggio.

Gli itinerari di Explora II

Con una filosofia orientata all’esplorazione e alla scoperta, Explora II invita i passeggeri a immergersi in un’esperienza di navigazione che combina la visita delle destinazioni più celebri con porti meno conosciuti, dove sono previste soste prolungate per un’immersione più profonda nelle culture locali. Gli itinerari sono studiati per consentire ai viaggiatori di esplorare a fondo le località visitate, trasformando ogni tappa in un’esperienza memorabile. Le crociere della stagione inaugurale partono da una durata minima di 7 notti e possono arrivare a 14 o 21 notti, con partenze da porti strategici come Civitavecchia e Barcellona, facilmente accessibili da ogni parte del mondo.

Il viaggio inaugurale di Explora II partirà da Civitavecchia per una crociera di 7 notti verso Tarragona, in Spagna, con tappe in località suggestive come Sorrento, Lipari, Trapani, Siracusa e La Valletta, a Malta. Fino a novembre 2024, la nave continuerà a navigare nel Mediterraneo occidentale, con scali in Spagna, Portogallo, Tunisia e Marocco, per poi attraversare l’Atlantico e offrire crociere nei caldi mari dei Caraibi durante l’inverno.

Explora II completa infatti la sua prima stagione con una crociera di riposizionamento di 17 notti dalla Spagna agli Stati Uniti. La nave salperà da Barcellona il 5 novembre per attraversare l’Atlantico per la prima volta, diretta a Miami. L’itinerario comprende la visita di sei destinazioni, tra cui Funchal, nell’isola portoghese di Madeira, Bridgetown a Barbados, e St. John’s ad Antigua. Nell’estate del 2025, Explora II tornerà nel Mediterraneo per una nuova stagione di crociere tra destinazioni iconiche come Portofino, Monte Carlo, St-Tropez e Porto Cervo.

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Asia Giacarta Idee di Viaggio Indonesia Viaggi

Cosa sapere sul Monas, il monumento nazionale di Giacarta

Se stai progettando di vedere l’Indonesia, tra i monumenti must che non puoi perderti c’è senza dubbio il Monas: si tratta di un’autentica istituzione che svetta su tutto grazie alla sua altezza notevole di ben 132 metri. Progettato da Sukarno, primo presidente dell’Indonesia, ospita al suo interno un museo di diorami oltre ad avere una terrazza panoramica di osservazione.

Monas: il monumento in piazza Merdeka

Vuoi visitare l’Indonesia? Molto probabilmente il tuo tour partirà da Giacarta e tra i luoghi da non perdere nella capitale c’è piazza Merdeka dove sorge Monas, la torre altissima diventata un monumento nazionale. Accedere alla piazza è gratuito ma chiaramente per accedere all’interno della torre, visitare i musei e salire in cima con l’ascensore dovrai procurarti un biglietto. Di sera, illuminato, il Monas di Giacarta è ancora più suggestivo: fotografare l’obelisco nelle ore notturne è un must per i turisti. 

Qualche curiosità sul Monas

Ci sono alcune curiosità sul Monas che probabilmente attireranno la tua attenzione. La prima è che si tratta di un progetto competitivo, nato proprio per sfidare l’iconica Torre Eiffel parigina. Il nome, invece, è l’abbreviazione di Monumen Nasional, cioè monumento nazionale. È un simbolo potente di libertà e unità per gli indonesiani; l’obelisco maestoso, alto 132 metri, domina il centro di Giacarta e rappresenta la lotta per l’indipendenza dell’Indonesia dal colonialismo olandese. Costruito sotto la guida del presidente Sukarno, è stato inaugurato ufficialmente nel 1975. Appena ti avvicini, la prima cosa che noterai è la fiamma dorata in cima alla torre; realizzata con foglie d’oro, simboleggia lo spirito ardente dell’indipendenza e il desiderio di libertà del popolo indonesiano. 

Il simbolo visibile da diversi punti della città è un promemoria costante di ciò che il paese ha conquistato. Non limitarti a vedere l’esterno, all’interno troverai un museo e in cima una terrazza panoramica da cui scattare foto incredibili. I diorami nel museo ti daranno modo di immergerti nei momenti chiave della lotta per l’indipendenza. Non perdere l’opportunità di salire fino alla piattaforma di osservazione. Pronto per una vista che ti toglierà il fiato? In una giornata limpida, poi, il tuo occhio potrà spaziare e scatterai fotografie effetto wow da condividere suoi tuoi profili social. 

Cosa significa la forma del Monas

Ti sei mai chiesto cosa rappresenti esattamente la forma del monumento? Ricorda in tutto e per tutto un mortaio e un pestello di riso, strumenti tradizionali utilizzati nelle case indonesiane. La scelta non è casuale, un omaggio alla tradizione e un richiamo al concetto di armonia e fertilità da sempre alla base della cultura indonesiana.  Nonostante sia stato ufficialmente inaugurato nel 1975, sono serviti diversi anni per la sua costruzione che è infatti iniziata nel 1961. 

Ganesh Museum

All’interno del Monas è custodito il Ganesh Museum, un museo che dà modo di apprendere la cultura locale e approfondire l’etnologia e la storia tanto da essere considerato dagli esperti il migliore di questo genere. Un consiglio in più? Puoi approfittare delle visite in inglese gratuite, ad offrire il servizio è l’Indonesian Heritage Society: in questo modo potrai approfondire e fare domande ad esperti del settore.

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Cosa mangiare in Costa Rica: scopri le migliori ricette

Il cibo in Costa Rica è secondo solo alla bellezza del Paese. La cucina costaricana è molto diversa da quella di altri Paesi latinoamericani, in particolare da quella messicana, famosa per un grande uso di spezie piccanti. Quella del Costa Rica invece è conosciuta in particolare per l’uso di ingredienti freschi, come frutta e verdura, e risulta generalmente delicata e piacevole al palato.

Ingredienti freschi per una tradizione grastronomica davvero piacevole

La frutta esotica cresce spontaneamente nell’ambiente tropicale del Costa Rica, quindi c’è sempre qualcosa che rende il cibo unico e invitante. I pasti tipici del Paese contengono spesso sia riso che fagioli neri, o almeno uno o l’altro. Ecco quindi una lista di alcuni dei piatti più popolari in Costa Rica. Scegliere il migliore è davvero molto difficile perchè ognuna delle ricette che ti presentiamo e che sperimenterai durante un viaggio alla scoperta delle meraviglie di questo Paese, potrà risultare la tua preferita. A te la scelta!

Gallo Pinto – colazione tradizionale costaricana

Il Gallo Pinto è un piatto per la colazione a base di riso e fagioli che ha radici sia nella cultura costaricana che in quella nicaraguense e viene tipicamente chiamato “pinto” dalla gente del posto. Gli ingredienti principali del piatto (riso e fagioli) vengono mescolati insieme e abbinati ad altri ingredienti per dare un po’ di pepe, come peperoni rossi, coriandolo, cipolle e, soprattutto, la Salsa Lizano (talmente popolare che ormai si può acquistare su Amazon). Quando i fagioli e il riso vengono mescolati insieme, si creano delle variazioni di colore che fanno sembrare il riso macchiato. È da questo che il piatto ha preso il suo nome, perché gallo pinto significa “gallo macchiato”.

Casado

Il Casado è probabilmente la ricetta più tradizionale della cucina costaricana. Non si tratta di un piatto unico, ma di una ricetta composta da molti alimenti. In effetti, si potrebbe pensare che il casado sia un matrimonio tra i cibi che vengono serviti insieme, dato che matrimonio è proprio il senso della parola casado. Se si ordina un casado in un ristorante in Costa Rica, ci si può aspettare che venga servito un piatto contenente riso, fagioli, insalata, tortillas, platano maduro fritto e carne (manzo, maiale, pollo o pesce). La posizione all’interno del Paese determinerà quale carne o pesce ricevere o quelli tra cui poter scegliere. Il casado include in genere anche un succo di frutta fresco. Nella maggior parte dei casi i ristoranti hanno anche una bottiglia di salsa Chilero sul tavolo. Si tratta di una delle salse piccanti più popolari in Costa Rica. Anche l’ingrediente della salsa Chilero, che in passato difficile da trovare, ora è disponibile su Amazon.

CASADO COSTA RICA

Fonte: iStock

Prova il tradizionale Casado del Costa Rica, un matrimonio di sapori

Tamal costaricano avvolto in una foglia di banano

Il tamal costaricano non è paragonabile al tamale messicano. Anche se a prima vista i ripieni possono sembrare uguali, ci sono alcune enormi differenze nella preparazione. In primo luogo, i costaricani hanno l’abitudine di usare l’aglio, ma ci vanno molto, molto piano con le altre spezie. I tamal messicani vantano invece un sapore molto più piccante di quelli costaricani.
L’altra grande differenza sta nell’involucro: i tamal messicani sono avvolti in pula di mais; quelli costaricani sono avvolti in foglie di banano. I tamal possono costituire un pasto a sé stante, ma spesso vengono anche abbinati ai fagioli e serviti a colazione.

Sopa Negra

La Sopa Negra è una zuppa tradizionale molto ricca e appetitosa, sicuramente saziante. Questa zuppa è un’ottima opzione per i vegetariani e alcune ricette soddisfano altre restrizioni dietetiche, come quella senza glutine. Gli ingredienti principali sono fagioli neri, cipolla, peperoni, coriandolo, pomodori, uova sode o alla coque e spezie, oltre alla salsa Tabasco opzionale.

Olla de Carne

Lo stufato di manzo può essere considerato una zuppa? In Costa Rica, sì! La sostanziosa Olla de carne è uno dei piatti preferiti del fine settimana che troverai preparato in molte case del Paese in ogni mese dell’anno. Sebbene lo stufato possa essere paragonato a quelli tradizionali di altri Paesi, c’è, ovviamente, una serie di ingredienti che contribuiscono a renderlo unico nell’aspetto e nel gusto. Come abbiamo già visto, il Costa Rica è una mecca per gli ingredienti freschi, che vengono sfruttati per la ricetta dell’Olla de carne. Questi ingredienti includono manioca, carote, mais, piantaggine e radice di taro. Combinato con altre verdure, questo stufato è ricco di sapori. È probabile che non ci sia spazio per i contorni, ma l’Olla de carne viene spesso servita con riso e fagioli.

Chifrijo

Se sei alla ricerca di un ottimo pasto o di uno spuntino, il Chifrijo è quello che fa per te. Viene servito in occasione di eventi locali e mercati contadini, oltre che nei ristoranti. Il nome è una combinazione dei due ingredienti principali: chicharrones e frijoles.
I chicharrone sono cotenne di maiale fritte, mentre i frijole sono i fagioli (scommetto che non ti sorpreden più vedere i fagioli nella lista degli ingredienti). Il piatto è un incredibile insieme di alimenti che viene servito con tortilla chips fritte, tortillas di mais o pane. Gli ingredienti a strati comprendono i due principali, il riso e i pomodori o il pico de gallo.

Chifrijo Costa Rica

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Il Chifrijo, tutto da provare

Patacones con avocado e salsa di fagioli neri

I patacone sono una delizia fritta. Vengono serviti principalmente come spuntino e consistono essenzialmente nell’appiattire delle banane e friggerle due volte. Vengono rifiniti con un po’ di sale marino e serviti con pico de gallo o purè di fagioli neri  e sono in genere considerati un ottimo antipasto.

Arroz con Leche

Il modo più semplice per descrivere l’Arroz con leche è dire che si tratta di riso mescolato al latte. Ma il sapore è molto più complicato e delizioso di quanto possa sembrare. La ricetta prevede anche l’aggiunta di zucchero, sale, scorza di limone e bastoncini di cannella: è un dolce davvero delizioso.

Flan al caramello

Ancora un dessert: il Flan è un dolce che mescola latte, vaniglia, zucchero e uova, ottenendo una deliziosa crema! Pur essendo cotto in una padella rivestita di caramello, viene raffreddato prima di essere servito. Si ritiene comunemente che provenga dai Romani e che la ricetta di oggi sia una variante dell’originale, che prevedeva l’uso del miele al posto dello zucchero.

Flan al caramello

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Per chiudere un pasto in dolcezza, ordina un Flan al caramello

Spero che questo ti aiuti a scegliere cosa ordinare durante un viaggio in Costa Rica e che tu possa provare ognuno di questi piatti almeno una volta nella vita. Qualunque sia la tua scelta, non te ne pentirai sicuramente!

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Poggio Bustone, il borgo dove è nato Lucio Battisti

“Tu chiamale, se vuoi, emozioni”: sono quelle che si provano visitando Poggio Bustone (Rieti), il paese natale di Lucio Battisti, uno dei più grandi cantautori italiani. Scomparso esattamente 26 anni fa, il 9 settembre del 1998, “quel gran genio” della musica con le sue canzoni immortali ha lasciato un segno indelebile non solo in Italia, ma anche nel panorama internazionale.

Il borgo natale di Lucio Battisti

L’antico borgo incastonato sul ripido versante del Monte Rosato, domina dall’alto la Piana Reatina, conosciuta anche come la Valle Santa per la presenza di quattro importanti santuari francescani, uno dei quali proprio a Poggio Bustone. L’impianto medievale del paese, con i suoi archi, i vicoli e le stradine tortuose, racconta una storia antica che continua a vivere nella quotidianità dei suoi abitanti e nel fascino del paesaggio circostante.
Nel centro storico si trova ancora la casa in cui il 5 marzo 1943 è nato il grande Lucio Battisti, meta di pellegrinaggio per i tanti fan che giungono in paese per omaggiare il mito della musica italiana.

A lui è dedicato il parco “Giardini di Marzo”, il cui nome richiama una delle sue canzoni più celebri, dove campeggia una statua in bronzo, realizzata dallo scultore Manuel Campus, che ritrae Battisti con la sua inseparabile chitarra. Inaugurata nel 1999, la statua è diventata un simbolo della profonda connessione tra il borgo e il cantautore, un legame ulteriormente rafforzato dalla targa posta nel 2020 che riporta una delle sue frasi più iconiche: “Tu chiamale, se vuoi, emozioni”. E sotto si legge: “In ricordo del nostro amato cantautore che ha lasciato un segno rilevante nel panorama della musica italiana e internazionale.”

Il Convento di San Giacomo

Oltre a Battisti, Poggio Bustone vanta un forte legame con un altro grande personaggio del passato: San Francesco d’Assisi. Si narra che il santo abbia salutato gli abitanti del borgo nel 1208 con le parole “Buongiorno, buona gente!”, un’espressione che ancora oggi riecheggia tra i vicoli durante le celebrazioni annuali in suo onore, ogni 4 ottobre.

La tradizione francescana qui ha radici profonde, tanto che poco sopra il paese si erge il Convento di San Giacomo, fondato nel 1235, sede dei frati francescani. Immerso in un’atmosfera di pace e spiritualità, con il suo chiostro adornato da affreschi che raccontano la vita del Santo, è un luogo di silenzio e contemplazione che offre un panorama mozzafiato sulla Riserva Naturale dei Laghi Lungo e Ripasottile.

È proprio in questo convento che Francesco ebbe la visione della remissione dei peccati giovanili, un evento cruciale per la sua vita e per la missione di pace dei francescani. Qui, il refettorio conserva l’altare in legno e l’edicola dedicata a San Giacomo, utilizzati dallo stesso Francesco e dai suoi primi seguaci.

Il santuario di Poggio Bustone, costruito nei pressi dell’eremo dove San Francesco si fermò nel 1208, è una delle tappe principali del Cammino di Francesco. La chiesa, che risale al XIV secolo, custodisce affreschi di grande valore storico e artistico, come la Madonna delle Grazie con il bambino e due angeli, e il castello di Poggio Bustone sorvegliato da San Francesco e Sant’Antonio.

Nel cuore del borgo di Poggio Bustone sorge la parrocchiale di San Giovanni Battista, la chiesa principale del paese. All’interno, si possono ammirare un affresco quattrocentesco che raffigura San Francesco mentre riceve le stimmate. La chiesa ospita inoltre altari dedicati alla Madonna del Carmine, alla Madonna dell’Orto e alla Madonna del Rosario, insieme a un suggestivo affresco della Madonna della Grandine, testimonianza della fede e della devozione che caratterizzano Poggio Bustone.

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Hawaii Idee di Viaggio Viaggi

La spiaggia nera di origine vulcanica dal fascino surreale

Nel mondo esistono spiagge di ogni colore, dalle sabbie bianche incontaminate alle sponde rosa. Ma c’è un colore in particolare che attrae e conquista più di tutti gli altri: la sabbia nera. Tipicamente formate da minerali vulcanici e frammenti di lava, una delle più famose è sicuramente quella di Reynisfjara in Islanda, misteriosa e bellissima. Eppure, più lontano da noi, in un luogo famoso per le sue spiagge bianche e per il mare dalle tonalità sognanti, si trova un’altra spiaggia nera dal fascino surreale.

La spiaggia nera di Punaluʻu è situata sulla costa sud-orientale del distretto di Kau, nell’isola Big Island alle Hawaii. Rappresenta l’anima selvaggia dell’isola perché composta di basalto polverizzato proveniente dalle eruzioni del vulcano Mauna Loa. A completare questo scenario tra sogno e realtà c’è una fila di palme, a ricordarci che si, il paradiso non è necessariamente di sabbia bianca.

Perché visitare la spiaggia nera di Punaluʻu

Punalu’u è considerata una delle spiagge più popolari dove prendere il sole alle Hawaii e capiamo perfettamente il perché: situata proprio fuori dalla Māmalahoa Highway (conosciuta anche come Hawaii Belt Road), è non solo facilmente accessibile, ma soprattutto bellissima con le sue lussureggianti palme di cocco, l’acqua splendida e la sabbia nera come la pece. Oltre a offrire lo scenario perfetto in cui rilassarsi, rappresenta anche uno dei luoghi migliori dove fare snorkeling e ammirare le enormi tartarughe marine hawaiane e le Hawksbill.

Essendo specie in via di estinzione, protette con cura e impegno dalle persone del luogo, è fondamentale non avvicinarsi non solo perché illegale, ma anche per salvaguardarne l’esistenza in quanto il loro sistema immunitario non è in grado di proteggerle dai batteri umani. Secondo le regole imposte ai visitatori, potrete ammirarle da una distanza di 4 metri. Un’altra regola da rispettare, che ormai conosciamo bene perché applicata anche a molte spiagge italiane, come quelle della Sardegna, è di non raccogliere e portare via la sabbia nera.

Seppur le acque agitate e fredde, insieme alle correnti sottomarine, la rendano spesso indesiderabile anche ai nuotatori più esperti, durante le giornate più calme i bagnini, l’area picnic e le piscine naturali di acqua dolce situate all’estremità meridionale della spiaggia fanno di Punalu’u una meta adatta anche alle famiglie.

Tartaruga Hawaii

Fonte: iStock

Tartaruga sulla spiaggia nera di Punaluʻu

La leggenda della spiaggia nera

Le acque della spiaggia nera di Punaluʻu racchiudono un segreto che può essere raccontato attraverso una leggenda. Il nome Punaluʻu significa “primavera immersa” e la storia racconta che, durante i periodi di siccità, gli hawaiani raccogliessero l’acqua dolce che gorgogliava sotto la baia immergendosi nelle onde con brocche vuote rivolte verso l’alto. Le sorgenti d’acqua si trovano al largo, dove l’acqua dolce si mescola a quella salata salendo in superficie, motivo per cui nuotando si possono incontrare correnti con temperature differenti, una più tiepida e una fredda.

Quella di Punaluʻu non è l’unica spiaggia nera. Alle Hawaii, sull’isola di Pahoa, si può vistare l’incredibile Isaac Kepo’okalani Hale Beach Park, un vero e proprio capolavoro della natura, nata dall’esplosione del vulcano Kilauea. Oggi possiamo ammirarne la bellezza, seppur racchiuda il ricordo amaro di una tragedia che ha causato tantissimi danni sia all’economia dell’isola che alle persone. Sotto la cenere e i detriti, il tempo ha fatto emergere questo gioiello, frutto della furia eruttiva del vulcano.

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Da Roma all’Amazzonia: lascia tutto e va a vivere nella foresta. La storia di Sara

“Lascio tutto e cambio vita”, quante volte l’abbiamo pensato e ripetuto sotto voce per assecondare in qualche modo lo spirito d’avventura scritto nel DNA di ogni viaggiatore? Un sogno, questo, che è appartenuto a tutti almeno una volta. Un fuoco fatuo per alcuni, un obiettivo da raggiungere per altri.

E poi c’è chi lo ha fatto per davvero, lasciare tutto intendo. Non solo per seguire l’istinto, ma la più nobile delle cause: l’amore. Lo ha fatto Sara Pangione, una giovane ragazza di 25 anni che ha scelto di stravolgere la sua vita, di salire su un aereo da Roma, diretto in Amazzonia, e trasferirsi definitivamente nel cuore della foresta.

Lo ha raccontato lei, in un video condiviso su TikTok, e poi su Instagram, che ha fatto il pieno di visualizzazioni e like, e che non ci ha certo lasciati indifferenti. Con in braccio una dolcissima scimmia, che lei definisce la sua nuova compagna di viaggio, ha voluto condividere quella che si appresta a essere l’avventura più bella della sua vita: “Sono grata di essere qui e sono felice di potervi far conoscere questa meravigliosa realtà così diversa da quella da cui provengo”.

Ma com’è, davvero, vivere nella foresta amazzonica? Come si svolge la quotidianità e quali sfide l’attendono ogni giorno? E poi, ancora, quali sono state le difficoltà di un cambiamento così radicale? Lo abbiamo chiesto direttamente a lei.

Ciao Sara, puoi parlarci un po’ di te?
Prima di tutto voglio ringraziarvi per questa opportunità. Sono entusiasta di condividere la mia storia e la mia esperienza con voi. Mi chiamo Sara Pangione, ho 25 anni e vengo dai Castelli Romani, una zona situata in provincia di Roma. Anche se sono nata e cresciuta vicino alla capitale, la mia famiglia è originaria del sud Italia: mia madre è di Caserta e mio padre di Benevento. Vengo da una famiglia numerosa e molto semplice e credo che questo mi abbia sicuramente aiutata a sviluppare un grande spirito di adattamento e di condivisione!

Ti abbiamo conosciuta attraverso i tuoi racconti sui social network. Sappiamo che vivi nel mezzo della foresta amazzonica: da quando? E come mai hai fatto questa scelta?
Sì, in realtà non è la mia prima volta in Ecuador! Sono arrivata qui circa due anni fa grazie a un progetto di cooperazione internazionale promosso dal Dipartimento per le Politiche Giovanili chiamato Servizio Civile Universale. I progetti sono caratterizzati da temi fondamentali come l’educazione, l’inclusione sociale, la solidarietà, e la promozione della pace e dei diritti umani. Nel mio caso ho trascorso un anno in un centro educativo nella periferia del sud di Quito, la capitale dell’Ecuador, offrendo supporto a bambini che vivevano in condizioni molto difficili come violenza, abbandono e povertà estrema.
Ma perché sono tornata e ho deciso di vivere qui definitivamente? La risposta è semplice: per amore! Durante il mio anno in Ecuador ho incontrato il mio attuale fidanzato, che è di una nazionalità indigena dell’Ecuador, i Waorani, e vive in una comunità nel cuore della foresta amazzonica. Sono tornata a giugno e questa volta ho deciso di condividere la mia esperienza sui social per far conoscere questa realtà unica e così diversa dalla nostra.

La vita di Sara Pangione nella foresta

Fonte: Sara Pangione

Momenti di convivialità e condivisione nella comunità

Cosa facevi prima di trasferirti e cosa fai oggi?
Prima di trasferirmi studiavo Cooperazione Internazionale e Sviluppo all’Università La Sapienza di Roma. Durante gli anni universitari, ho fatto vari lavori per sostenere i miei studi: cameriera, baby-sitter, commessa, e così via. Ho sempre avuto il desiderio di mettere in pratica ciò che stavo studiando e di vivere un’esperienza immersiva sul campo e per questo motivo, poco prima di laurearmi, ho partecipato al bando per il Servizio Civile Universale. La selezione è coincisa con il periodo in cui stavo scrivendo la mia tesi, e così ho deciso di approfondire il tema e il contesto in cui stavo per andare a vivere.
Quando il mio progetto in Ecuador è giunto al termine, ho avuto l’opportunità di partecipare a un’altra iniziativa internazionale di grande valore: i Corpi Civili di Pace. Questo programma mi ha portato in Guatemala, dove ho lavorato a stretto contatto con le comunità indigene Kaqchiquel e ho prestato supporto in un centro per donne vittime di violenza. Nonostante l’esperienza in Guatemala sia stata incredibilmente arricchente e significativa ho deciso di interrompere il mio anno di volontariato dopo circa sette mesi, spinta dal forte desiderio di tornare in Ecuador e seguire il mio cuore! Oggi, qui in Ecuador, collaboro con la fondazione di mio fidanzato, la Fundación Waorani Waponi Amazon, che si occupa di turismo comunitario, promozione dei diritti delle popolazioni indigene e recupero di animali selvatici, in particolare scimmie. Per chi fosse interessato, vi invito a seguire il progetto! Inoltre, impartisco lezioni di italiano online, un’attività che mi rende una sorta di nomade digitale. Questa libertà mi consente di lavorare direttamente dalla foresta, senza la necessità di vivere e lavorare in città.

Come hai vissuto questo cambiamento?
All’inizio, il cambiamento è stato sicuramente difficile. L’Ecuador è molto diverso dall’Italia e ci sono stati molti aspetti ai quali ho dovuto adattarmi, come le questioni legate alla sicurezza. Attualmente, l’Ecuador è considerato uno dei Paesi più pericolosi dell’America Latina, quindi è fondamentale essere prudenti e non sottovalutare i rischi. Tuttavia, vivere nella foresta amazzonica ha i suoi vantaggi in termini di sicurezza: l’unico “pericolo” è la scimmia Kao, che ama rubare tutto ciò che trova (ride, ndr)!
Scherzi a parte, nella selva ci sono comunque delle sfide da affrontare, come la presenza di animali selvatici e altre minacce ambientali, che richiedono sempre attenzione e preparazione. A livello personale, questa esperienza è stata e continua ad essere profondamente arricchente. Vivere a stretto contatto con una cultura così diversa dalla mia mi ha offerto nuove prospettive e insegnamenti. Credo fermamente che la differenza sia un’opportunità. Le diversità ci spingono a metterci in discussione, a rompere vecchi schemi e credenze, e ci offrono una visione più ampia e profonda della realtà che ci circonda.

Hai mai avuto qualche ripensamento?
In realtà no, non nego che sia difficile a volte vivere così lontano dai propri affetti ma allo stesso tempo sono felice di poter inseguire i miei sogni e di esplorare ambienti e stili di vita così distinti dal mio. È un’esperienza di profondo cambiamento, un cammino di crescita personale, e anche professionale nel mio caso, di cui mi sento profondamente grata e di cui non mi pento assolutamente, anzi, ogni giorno apprezzo sempre di più le opportunità che mi sono state offerte.

Come hanno reagito le persone intorno a te quando hai deciso di trasferirti?
Sarò sincera nel dire che la mia mamma è sicuramente la persona che, naturalmente, più si preoccupa per me. Ho tre fratelli e sono la prima che va a vivere così lontano dalla famiglia. Comunque ci chiamiamo tutti i giorni e la domanda che più mi fa spesso oltre a ‘’Hai mangiato?’’ è ‘’Sì, ma quando torni?’’. Quando vede che in realtà sto bene e sono felice si tranquillizza ed è felice per me. Mi ha sempre supportata nelle mie decisioni, così come lo hanno fatto la mia famiglia e i miei amici.

Qual è stata la difficoltà più grande che hai affrontato da quando vivi nella foresta?

Mi piacerebbe rispondere a questa domanda cambiando il soggetto, mi spiego meglio. Personalmente non ho vissuto nessuna grande difficoltà ma credo sia importante sensibilizzare invece sulle enormi difficoltà che le popolazioni indigene che abitano l’Amazzonia vivono ogni giorno. Recentemente l’Assemblea Nazionale ecuadoriana ha approvato una risoluzione dichiarando lo stato di emergenza nell’Amazzonia ecuadoriana a causa dell’estrazione mineraria illegale e di altre gravi minacce, come la deforestazione su larga scala, gli incendi e lo sfruttamento non regolamentato delle risorse. Inoltre, le persone che abitano questa regione non hanno accesso garantito a diritti fondamentali come l’educazione e la sanità, e il loro territorio è costantemente minacciato e distrutto. Credo sia importante mettere in evidenza queste problematiche perché anche se a volte l’Amazzonia può sembrare qualcosa di lontano da noi in realtà non lo è ed è una parte fondamentale del nostro pianeta. Sostenere e aiutare le comunità locali in questa lotta è una responsabilità che tutti noi condividiamo. Essere consapevoli di queste difficoltà e fare la nostra parte per supportare le popolazioni indigene è essenziale per proteggere l’ambiente e i diritti umani.

Qual è stato, invece, il momento più emozionante che hai vissuto? Quello che ti ha fatto dire: ok mi trovo esattamente dove voglio essere?
Ogni giorno è un momento emozionante che conferma che mi trovo esattamente dove voglio essere. Sono profondamente grata di essere qui, circondata dall’amore e immersa nella natura. Il continuo scambio con le persone locali e l’opportunità di vivere esperienze uniche mi riempiono di gratitudine. Ogni nuovo incontro, ogni piccola scoperta mi ricorda quanto io sia fortunata ad essere parte di questa realtà.

Quanto è cambiata la percezione del mondo che avevi prima da quando vivi nella foresta e quanto sei cambiata tu?
Questa esperienza ha avuto un impatto profondo su di me. Vivere nella foresta mi ha permesso di stabilire una connessione più autentica sia con me stessa che con il mondo naturale che mi circonda. Ho imparato a vivere con maggiore consapevolezza e a dare valore ai dettagli più semplici della quotidianità. Un aspetto particolarmente significativo per me è stato sicuramente il contatto diretto con le popolazioni locali. Questo mi ha offerto uno sguardo più chiaro sulle sfide quotidiane che affrontano, permettendomi di comprendere a fondo le loro difficoltà. Questa connessione profonda mi ha aiutata a riflettere sulle problematiche reali e ad apprezzare la mia esperienza di vita con una nuova prospettiva, arricchendo così il mio percorso di crescita personale e sociale in modi che non avrei mai immaginato.

La foresta amazzonica in Ecuador

Fonte: Sara Pangione

La foresta vergine che circonda la comunità in cui vive Sara Pangione

Come trascorri le tue giornate?
Normalmente mi sveglio molto presto, seguendo il ritmo naturale della foresta. Qui le giornate iniziano quando sorge il sole e si concludono al tramonto quindi anche il mio riposo segue lo stesso ritmo! La mattina facciamo lunghe camminate nella foresta oppure andiamo al fiume a fare il bagno e nuotare. Spesso aiuto il mio fidanzato nell’organizzazione della fondazione e insieme ci prendiamo cura degli animali che vivono qui con noi, attualmente quattro scimmiette (una scimmia ragno, due scimmie urlatrici e una scimmia lanosa) e due cani. Nel pomeriggio, mi dedico al mio lavoro di professoressa di italiano online per ecuadoriani. Lavoro solo per due ore al giorno, quindi ho un sacco di tempo libero da sfruttare. A volte, ad esempio, mi unisco alle donne della comunità per lavorare all’artigianato. Le donne Waorani creano splendidi prodotti come collane, orecchini e borse, utilizzando esclusivamente materiali naturali della selva. Per realizzare questi pezzi unici, utilizzano la fibra di palma chiamata chambira e la decorano con semi e piume. Devo anche ringraziare mia madre, che fin da piccola mi ha insegnato e fatto praticare l’uncinetto. Chi avrebbe mai pensato che quelle lezioni di artigianato si sarebbero rivelate così utili nella foresta amazzonica?
C’è però un giorno speciale e diverso qui nella comunità: la domenica! Tutti, dai più piccoli ai più grandi, si riuniscono per trascorrere la giornata insieme, dedicandosi a diverse attività. Si gioca a calcio e a volley, e ci si ritrova nella parte centrale della comunità per socializzare e divertirsi. Inoltre, le famiglie approfittano di questa occasione per vendere prodotti locali, che hanno coltivato o cacciato, come gli spiedini di larve (che ho mostrato in un video su TikTok) accompagnati dalla yuca, un tubero tipico della regione. È quindi un momento prezioso anche per sostenere l’economia locale e rafforzare i legami comunitari.

Oggetti realizzati dalla comunità Waorani

Fonte: Sara Pangione

Prodotti realizzati interamente a mano dalle donne della comunità Waorani con materiali naturali

Hai iniziato da poco a condividere la tua avventura di vita sui social ma hai già tantissimi sostenitori. Quali sono le domande più strane e curiose che ti arrivano?
Sì, devo ammettere che non mi aspettavo di ricevere così tanti messaggi e di raggiungere così tante persone! È stato davvero sorprendente e sono molto grata per il sostegno che ricevo. Tra le domande più curiose che mi arrivano, quella che viene ripetuta più spesso riguarda il motivo della mia scelta di trasferirmi in Ecuador. Un’altra domanda frequente è su come riesco ad avere elettricità e a usare internet qui nella foresta. La nostra casa è dotata di pannelli solari, quindi utilizziamo l’energia solare e per quanto riguarda la connessione, abbiamo un internet satellitare! Il mio fidanzato gestisce una fondazione che accoglie turisti e volontari internazionali da circa quattro anni. Grazie a questo, ha potuto investire molto nella casa in cui viviamo per poter lavorare e restare connessi anche in questo angolo remoto del mondo, ma è importante sottolineare che questa è un’eccezione! Nella comunità nessun’altra famiglia dispone di questi servizi, che sono piuttosto costosi e considerati un vero e proprio lusso.

Che consigli ti senti di dare a chi vorrebbe cambiare la sua vita, e magari trasferirsi dall’altra parte del mondo proprio come hai fatto tu?
È importante seguire la propria curiosità e il desiderio di sperimentare. Nel mio caso, tutto è iniziato con il desiderio di vivere esperienze che avevo osservato da lontano e di poter far pratica nel mio ambito professionale. L’arrivo in Amazzonia è stato in un certo senso una coincidenza: mi sono innamorata non solo di un luogo, ma anche di una persona!
Un consiglio che mi sento di dare, sia a chi sta pensando di partire per un’esperienza di volontariato sia a chi sta valutando di trasferirsi in una nuova parte del mondo, specialmente in contesti del Sud globale, è di fare molta attenzione e riflessione prima di intraprendere questo tipo di avventura. È fondamentale essere consapevoli e rispettosi, evitando di cadere nel modello del “salvatore bianco” che può essere involontariamente imposto. Piuttosto, cerchiamo sempre di avvicinarci con un’autentica volontà di ascoltare e supportare le comunità locali. Ogni esperienza dovrebbe essere un’opportunità per imparare e contribuire in modo significativo, senza pregiudizi e con un profondo rispetto per la cultura e le sfide del luogo in cui ci troviamo.

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Eco turismo alle Seychelles: iniziative sostenibili nel cuore dell’Oceano Indiano

Le Seychelles sono una delle mete di eco turismo più interessanti in assoluto. A favorire questo primato una natura incontaminata abbondante e generosa sviluppatasi nei secoli con il favore dell’isolamento e che oggi potrebbe essere messa a dura prova dai flussi turistici, non fosse per l’impegno e la costanza delle istituzioni locali e l’interesse dei visitatori responsabili. Ecco allora alcune delle iniziative sostenibili più interessanti tra quelle promosse sull’arcipelago, una mini-guida a un turismo a basso impatto ambientale e finalmente amico della natura.

Cos’è il Coral Gardening e perché fa la differenza

Se non avete mai sentito parlare di coral gardening, un viaggio alle Seychelles sarà l’occasione giusta per approfondire il tema, oramai irrimandabile. Si tratta, infatti, di una pratica all’avanguardia che mira alla tutela e al ripristino delle barriere coralline messe a dura prova dai cambiamenti climatici e dall’inquinamento ambientale. Ed è proprio a Praslin, la seconda isola più popolata dell’arcipelago, che si potrà ammirare l’impianto di acquacoltura rigenerativa curato da Nature Seychelles. La struttura, nota come Assisted Recovery of Corals, sarà alimentata interamente da energie rinnovabili. Qui verranno coltivati migliaia di coralli grazie a una tecnica all’avanguardia nota come microframmentazione. Queste produzioni andranno a integrare i vivai oceanici già in uso come quello presente nel Parco Nazionale Marino di Curieuse. Questa attività innovativa andrà a supportare quella già in atto da sei anni grazie alla quale vengono recuperai frammenti di corallo staccati dalle onde per essere collocati nei vivai e, in seguito, trapiantati sulle barriere coralline.

Fonte: Jean Marie Croguennec

Barriera corallina, Seychelles

Il sito UNESCO Vallée de Mai

Le Seychelles non offrono solo un mare mozzafiato a chi le visita, lo avrete capito. A renderle attraenti sono anche le proposte per gli amanti dell’avventura e del trekking: la presenza di un cuore verde che pulsa forte nel bel mezzo dell’Oceano e che è tutelato dal governo e dalla popolazione locale. Ne è l’emblema la Vallée de Mai, dal 1983 sito naturale Patrimonio dell’Umanità UNESCO più piccolo al mondo, ma anche tra i più interessanti. Favorita da milioni di anni di isolamento, questa valle ha consentito l’evoluzione di specie uniche sulla terra e custodisce oltre 1400 esemplari del mitico Coco de Mer, la palma con la più grande noce di cocco al mondo. Qui, gli amanti del bird watching potranno osservare il Vasa Minore, un raro pappagallo nero presente ormai solo in questo Giardino dell’Eden e in Madagascar.

Fonte: Tourism Seychelles

Cascate nella Vallée De Mai , Praslin, Seychelles

Il cuore del progetto Green Footprint

Affrontare un lungo viaggio aereo rappresenta una fonte di inquinamento, lo sappiamo. E proprio per compensare queste impronte lasciate dal passaggio dei turisti, la Seychelles Parks and Gardens Authority (SPGA) e  l’Alta Commissione Britannica delle Seychelles ha ideato il progetto Green Footprint che coinvolge i visitatori in un’emozionante attività di piantumazione di alberi. Basta utilizzare il calcolatore di rotte aeree disponibile sul sito web della SPGA per scoprire quanti alberi è necessario piantare per cancellare le proprie tracce (in media si va dai 10 ai 13 alberi, con un costo di 50 rupie a pianta). Partecipando a questa attività, si collabora al ripristino forestale e si tutela la meravigliosa biodiversità delle isole Seychelles.

Le restrizioni sull’uso della plastica

Il Ministero dell’Ambiente delle Seychelles è molto attivo sul tema dei rifiuti di plastica, dal momento che sono tra le prime cause globali del soffocamento dei mari. Dall’anno 2017 sono vietate l’importazione e la vendita di sacchetti e utensili di plastica alla quale sono seguiti divieti su altri prodotti come cannucce e palloncini. Ma non solo. I viaggiatori più responsabili possono scegliere per il loro soggiorno un hotel plastic free, incoraggiando un impegno importante per tutti.

Il rivoluzionario progetto di Denis Island

Su Denis Private Island si trova un immenso e meraviglioso parco solare che è triplicato negli ultimi anni e supporta l’isola nella produzione di circa 720.000 KWh di elettricità all’anno proveniente quasi esclusivamente da fonti rinnovabili. I turisti che desiderano cancellare le proprie impronte di carbonio, ameranno soggiornare in una delle 25 eco ville costruite con legni locali e palme e che si fondono armoniosamente nella natura verde di Denis Island. Queste strutture ecologiche offrono un accesso privilegiato a una barriera corallina di una bellezza unica.

La valorizzazione della cultura locale

A rendere le Seychelles una meta davvero speciale è anche la possibilità di immergersi in una cultura locale vivace e presente, tutta da scoprire. Per farlo responsabilmente, è possibile appoggiarsi alle iniziative promosse dall’associazione Seychelles Cultural Encounters curata dai Segretari alla Cultura Cecile Kalebi e David Andre. Visitando il sito è possibile accedere ad esperienze straordinarie come un’intera giornata a contatto con le “nonne” delle Seychelles pronte a rivelare i loro segreti culinari e le tradizioni artigiane, visitare gli edifici governativi o i musei nazionali.

Fonte: Tourism Seychelles

Artigianato locale, Val des Prés, Seychelles
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Allarme UNESCO: i siti minacciati dal turismo dei selfie

Negli ultimi anni, il fenomeno del “turismo dei selfie”, o “selfie-tourism”, è letteralmente esploso, tanto da spingere l’UNESCO a lanciare l’allarme: se non si interviene subito, molte delle più importanti destinazioni turistiche potrebbero subire gravi conseguenze, riporta un articolo del quotidiano inglese The Mirror. Infatti questo tipo di turismo, legato alla pratica di scattare selfie nei pressi di monumenti iconici, sta causando la progressiva degradazione di numerosi luoghi di interesse storico e culturale.

La definizione di ‘turismo dei selfie’ secondo l’UNESCO

Secondo l’UNESCO, il “turismo dei selfie” è caratterizzato dal comportamento dei turisti che scelgono le proprie mete di viaggio principalmente per scattare foto da condividere sui social media, spesso con monumenti e paesaggi iconici come sfondo. A differenza delle tradizionali foto di famiglia scattate davanti a monumenti come la Torre Eiffel, il “turismo dei selfie” nasce dal desiderio di ottenere immagini esteticamente attraenti, perfette per alimentare i propri profili Instagram.

Una tendenza che ha provocato un sovraffollamento in molte destinazioni, con effetti negativi sull’ambiente e sulle comunità locali. “Questo fenomeno ha iniziato a prendere piede con la diffusione delle piattaforme di social media, dove il contenuto visivo attraente è un fattore chiave per il coinvolgimento degli utenti”, ha dichiarato un portavoce dell’UNESCO a The Mirror. “Le persone hanno sempre scattato foto durante le vacanze, ma ora l’attenzione si è spostata dal creare ricordi al generare momenti condivisibili, spesso con l’obiettivo di ottenere ‘mi piace’ e nuovi follower”.

L’impatto negativo su ambiente e comunità locali

L’impatto del “turismo dei selfie” varia da destinazione a destinazione. Tuttavia, in molti casi, ha provocato un sovraffollamento che mette sotto pressione le infrastrutture locali, peggiorando l’esperienza complessiva dei visitatori. Inoltre, numerose mete turistiche, prima poco conosciute, sono state catapultate alla ribalta globale grazie ai social media, attirando un numero crescente di visitatori che rischiano di danneggiare l’ambiente e le comunità locali.

Secondo quanto riporta The Mirror, l’UNESCO ha anche segnalato che la ricerca della “foto perfetta” porta talvolta a comportamenti irrispettosi o dannosi, come il superamento di barriere, atti di vandalismo e persino incidenti. In alcune località, l’afflusso improvviso e massiccio di turisti ha reso difficile per le comunità locali adottare misure di protezione adeguate per gestire la folla.

Questo tipo di turismo, inoltre, rischia di compromettere la sostenibilità del settore, concentrando un numero elevato di visitatori in determinate aree e accelerando l’usura dei siti storici, dei paesaggi naturali e delle infrastrutture. “La concentrazione del traffico pedonale può accelerare il deterioramento di siti storici e paesaggi naturali, mettendo a rischio il loro futuro”, ha aggiunto il portavoce.

Le iniziative per contrastare il fenomeno

Per cercare di limitare l’impatto del “turismo dei selfie” e, più in generale, del sovra-turismo, alcune città si stanno adoperando per adottare politiche di gestione dei visitatori. Uno dei casi più noti è quello di Venezia, che ha introdotto misure per limitare l’accesso alle grandi navi da crociera nella laguna e un sistema di biglietti per i visitatori giornalieri. Anche Barcellona ha seguito un percorso simile, vietando tra l’altro l’apertura di nuovi appartamenti Airbnb.

Secondo l’UNESCO, si apprende da The Mirror, la sensibilizzazione e l’educazione giocano un ruolo cruciale nella promozione di un turismo più sostenibile. In particolare, gli influencer hanno una responsabilità significativa nel modellare le tendenze di viaggio. Educare questi individui e incoraggiarli a diffondere messaggi di rispetto verso le destinazioni può contribuire a comportamenti turistici più responsabili.

L’organizzazione sottolinea come la mancanza di rispetto per il significato culturale e storico di questi luoghi possa creare tensioni con le comunità locali, come dimostrato dalle proteste in alcune aree della Spagna. “Scattare una foto senza capire il valore del luogo è estremamente dannoso”, ha dichiarato il portavoce dell’UNESCO.

La sfida del futuro: un turismo più consapevole

L’UNESCO invita pertanto i turisti a visitare questi siti con rispetto e curiosità, prendendosi il tempo per apprezzare la cultura e il patrimonio che li circonda. È fondamentale ricordare che le azioni dei visitatori hanno un impatto non solo sulla conservazione di questi siti, ma anche sul benessere delle comunità locali.

In un’epoca in cui gran parte della vita si svolge attraverso uno schermo, il “turismo dei selfie” sembra destinato a restare. Tuttavia, promuovere una maggiore consapevolezza e una gestione responsabile delle destinazioni può contribuire a proteggere il patrimonio culturale e naturale del pianeta per le generazioni future.

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L’autonoleggio che ti fa scoprire Torino

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Servizi inclusi e modalità di pagamento

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Scoprire Torino e i dintorni con i veicoli Liga Service

Torino è una città ricca di storia e cultura, con numerosi punti di interesse da esplorare. Il noleggio auto offre la libertà di visitare non solo il centro cittadino ma anche le meravigliose aree circostanti come le Langhe e il Roero, famose per i loro paesaggi mozzafiato e vini pregiati.

Con un’auto a noleggio, i turisti possono pianificare il proprio itinerario in totale autonomia, senza dover dipendere dai mezzi pubblici o dai taxi. Questa flessibilità è particolarmente utile per chi vuole esplorare zone meno accessibili ma altrettanto affascinanti del Piemonte.

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Come noleggiare un’auto con Liga Service

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  2. Scelta del veicolo: scegli il veicolo che meglio si adatta alle tue esigenze di viaggio. Considera la dimensione dell’auto, il tipo di cambio (manuale o automatico), e altri optional che potrebbero essere utili.
  3. Prenotazione: una volta scelto il veicolo, procedi con la prenotazione. Ricorda che non è obbligatorio l’uso della carta di credito, rendendo il processo di noleggio più accessibile.
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Per noleggiare un’auto con Liga Service, è necessario presentare:

  1. Una patente di guida valida.
  2. Un documento di identità (passaporto o carta d’identità).
  3. Un metodo di pagamento per coprire il costo del noleggio e l’eventuale deposito cauzionale.

I luoghi da visitare a Torino a bordo di un’auto a noleggio Liga Service

Il centro storico

Il cuore di Torino è il suo centro storico, con piazze eleganti, musei di fama mondiale e monumenti storici. Non perdere una visita al Museo Egizio, uno dei più importanti al mondo, e alla Mole Antonelliana, simbolo della città. La Mole Antonelliana è uno dei simboli più iconici di Torino. Originariamente progettata come sinagoga, oggi ospita il Museo Nazionale del Cinema. Con la sua imponente altezza di 167 metri, offre una vista panoramica mozzafiato della città. La sua struttura unica, caratterizzata dalla guglia slanciata, rende la Mole Antonelliana una tappa imperdibile per chi visita Torino, rappresentando un connubio di storia, cultura e architettura.

Le Langhe e il Roero

A breve distanza da Torino, le Langhe e il Roero offrono paesaggi collinari incantevoli, borghi storici e una tradizione enogastronomica rinomata. Queste zone sono perfette per una gita in giornata o per un fine settimana rilassante.

La Reggia di Venaria

Uno dei siti UNESCO più importanti del Piemonte, la Reggia di Venaria è un magnifico esempio di architettura barocca. Con un’auto a noleggio, potrai facilmente raggiungere questa splendida residenza reale e i suoi giardini.

I parchi naturali

Il Piemonte è ricco di parchi naturali, ideali per chi ama la natura e le attività all’aperto. Il Parco Nazionale del Gran Paradiso e il Parco Naturale della Collina di Superga sono solo alcune delle destinazioni che potrai esplorare con un’auto a noleggio.

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