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La spiaggia nera di origine vulcanica dal fascino surreale

Nel mondo esistono spiagge di ogni colore, dalle sabbie bianche incontaminate alle sponde rosa. Ma c’è un colore in particolare che attrae e conquista più di tutti gli altri: la sabbia nera. Tipicamente formate da minerali vulcanici e frammenti di lava, una delle più famose è sicuramente quella di Reynisfjara in Islanda, misteriosa e bellissima. Eppure, più lontano da noi, in un luogo famoso per le sue spiagge bianche e per il mare dalle tonalità sognanti, si trova un’altra spiaggia nera dal fascino surreale.

La spiaggia nera di Punaluʻu è situata sulla costa sud-orientale del distretto di Kau, nell’isola Big Island alle Hawaii. Rappresenta l’anima selvaggia dell’isola perché composta di basalto polverizzato proveniente dalle eruzioni del vulcano Mauna Loa. A completare questo scenario tra sogno e realtà c’è una fila di palme, a ricordarci che si, il paradiso non è necessariamente di sabbia bianca.

Perché visitare la spiaggia nera di Punaluʻu

Punalu’u è considerata una delle spiagge più popolari dove prendere il sole alle Hawaii e capiamo perfettamente il perché: situata proprio fuori dalla Māmalahoa Highway (conosciuta anche come Hawaii Belt Road), è non solo facilmente accessibile, ma soprattutto bellissima con le sue lussureggianti palme di cocco, l’acqua splendida e la sabbia nera come la pece. Oltre a offrire lo scenario perfetto in cui rilassarsi, rappresenta anche uno dei luoghi migliori dove fare snorkeling e ammirare le enormi tartarughe marine hawaiane e le Hawksbill.

Essendo specie in via di estinzione, protette con cura e impegno dalle persone del luogo, è fondamentale non avvicinarsi non solo perché illegale, ma anche per salvaguardarne l’esistenza in quanto il loro sistema immunitario non è in grado di proteggerle dai batteri umani. Secondo le regole imposte ai visitatori, potrete ammirarle da una distanza di 4 metri. Un’altra regola da rispettare, che ormai conosciamo bene perché applicata anche a molte spiagge italiane, come quelle della Sardegna, è di non raccogliere e portare via la sabbia nera.

Seppur le acque agitate e fredde, insieme alle correnti sottomarine, la rendano spesso indesiderabile anche ai nuotatori più esperti, durante le giornate più calme i bagnini, l’area picnic e le piscine naturali di acqua dolce situate all’estremità meridionale della spiaggia fanno di Punalu’u una meta adatta anche alle famiglie.

Tartaruga Hawaii

Fonte: iStock

Tartaruga sulla spiaggia nera di Punaluʻu

La leggenda della spiaggia nera

Le acque della spiaggia nera di Punaluʻu racchiudono un segreto che può essere raccontato attraverso una leggenda. Il nome Punaluʻu significa “primavera immersa” e la storia racconta che, durante i periodi di siccità, gli hawaiani raccogliessero l’acqua dolce che gorgogliava sotto la baia immergendosi nelle onde con brocche vuote rivolte verso l’alto. Le sorgenti d’acqua si trovano al largo, dove l’acqua dolce si mescola a quella salata salendo in superficie, motivo per cui nuotando si possono incontrare correnti con temperature differenti, una più tiepida e una fredda.

Quella di Punaluʻu non è l’unica spiaggia nera. Alle Hawaii, sull’isola di Pahoa, si può vistare l’incredibile Isaac Kepo’okalani Hale Beach Park, un vero e proprio capolavoro della natura, nata dall’esplosione del vulcano Kilauea. Oggi possiamo ammirarne la bellezza, seppur racchiuda il ricordo amaro di una tragedia che ha causato tantissimi danni sia all’economia dell’isola che alle persone. Sotto la cenere e i detriti, il tempo ha fatto emergere questo gioiello, frutto della furia eruttiva del vulcano.

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Poggio Bustone, il borgo dove è nato Lucio Battisti

“Tu chiamale, se vuoi, emozioni”: sono quelle che si provano visitando Poggio Bustone (Rieti), il paese natale di Lucio Battisti, uno dei più grandi cantautori italiani. Scomparso esattamente 26 anni fa, il 9 settembre del 1998, “quel gran genio” della musica con le sue canzoni immortali ha lasciato un segno indelebile non solo in Italia, ma anche nel panorama internazionale.

Il borgo natale di Lucio Battisti

L’antico borgo incastonato sul ripido versante del Monte Rosato, domina dall’alto la Piana Reatina, conosciuta anche come la Valle Santa per la presenza di quattro importanti santuari francescani, uno dei quali proprio a Poggio Bustone. L’impianto medievale del paese, con i suoi archi, i vicoli e le stradine tortuose, racconta una storia antica che continua a vivere nella quotidianità dei suoi abitanti e nel fascino del paesaggio circostante.
Nel centro storico si trova ancora la casa in cui il 5 marzo 1943 è nato il grande Lucio Battisti, meta di pellegrinaggio per i tanti fan che giungono in paese per omaggiare il mito della musica italiana.

A lui è dedicato il parco “Giardini di Marzo”, il cui nome richiama una delle sue canzoni più celebri, dove campeggia una statua in bronzo, realizzata dallo scultore Manuel Campus, che ritrae Battisti con la sua inseparabile chitarra. Inaugurata nel 1999, la statua è diventata un simbolo della profonda connessione tra il borgo e il cantautore, un legame ulteriormente rafforzato dalla targa posta nel 2020 che riporta una delle sue frasi più iconiche: “Tu chiamale, se vuoi, emozioni”. E sotto si legge: “In ricordo del nostro amato cantautore che ha lasciato un segno rilevante nel panorama della musica italiana e internazionale.”

Il Convento di San Giacomo

Oltre a Battisti, Poggio Bustone vanta un forte legame con un altro grande personaggio del passato: San Francesco d’Assisi. Si narra che il santo abbia salutato gli abitanti del borgo nel 1208 con le parole “Buongiorno, buona gente!”, un’espressione che ancora oggi riecheggia tra i vicoli durante le celebrazioni annuali in suo onore, ogni 4 ottobre.

La tradizione francescana qui ha radici profonde, tanto che poco sopra il paese si erge il Convento di San Giacomo, fondato nel 1235, sede dei frati francescani. Immerso in un’atmosfera di pace e spiritualità, con il suo chiostro adornato da affreschi che raccontano la vita del Santo, è un luogo di silenzio e contemplazione che offre un panorama mozzafiato sulla Riserva Naturale dei Laghi Lungo e Ripasottile.

È proprio in questo convento che Francesco ebbe la visione della remissione dei peccati giovanili, un evento cruciale per la sua vita e per la missione di pace dei francescani. Qui, il refettorio conserva l’altare in legno e l’edicola dedicata a San Giacomo, utilizzati dallo stesso Francesco e dai suoi primi seguaci.

Il santuario di Poggio Bustone, costruito nei pressi dell’eremo dove San Francesco si fermò nel 1208, è una delle tappe principali del Cammino di Francesco. La chiesa, che risale al XIV secolo, custodisce affreschi di grande valore storico e artistico, come la Madonna delle Grazie con il bambino e due angeli, e il castello di Poggio Bustone sorvegliato da San Francesco e Sant’Antonio.

Nel cuore del borgo di Poggio Bustone sorge la parrocchiale di San Giovanni Battista, la chiesa principale del paese. All’interno, si possono ammirare un affresco quattrocentesco che raffigura San Francesco mentre riceve le stimmate. La chiesa ospita inoltre altari dedicati alla Madonna del Carmine, alla Madonna dell’Orto e alla Madonna del Rosario, insieme a un suggestivo affresco della Madonna della Grandine, testimonianza della fede e della devozione che caratterizzano Poggio Bustone.

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Da Roma all’Amazzonia: lascia tutto e va a vivere nella foresta. La storia di Sara

“Lascio tutto e cambio vita”, quante volte l’abbiamo pensato e ripetuto sotto voce per assecondare in qualche modo lo spirito d’avventura scritto nel DNA di ogni viaggiatore? Un sogno, questo, che è appartenuto a tutti almeno una volta. Un fuoco fatuo per alcuni, un obiettivo da raggiungere per altri.

E poi c’è chi lo ha fatto per davvero, lasciare tutto intendo. Non solo per seguire l’istinto, ma la più nobile delle cause: l’amore. Lo ha fatto Sara Pangione, una giovane ragazza di 25 anni che ha scelto di stravolgere la sua vita, di salire su un aereo da Roma, diretto in Amazzonia, e trasferirsi definitivamente nel cuore della foresta.

Lo ha raccontato lei, in un video condiviso su TikTok, e poi su Instagram, che ha fatto il pieno di visualizzazioni e like, e che non ci ha certo lasciati indifferenti. Con in braccio una dolcissima scimmia, che lei definisce la sua nuova compagna di viaggio, ha voluto condividere quella che si appresta a essere l’avventura più bella della sua vita: “Sono grata di essere qui e sono felice di potervi far conoscere questa meravigliosa realtà così diversa da quella da cui provengo”.

Ma com’è, davvero, vivere nella foresta amazzonica? Come si svolge la quotidianità e quali sfide l’attendono ogni giorno? E poi, ancora, quali sono state le difficoltà di un cambiamento così radicale? Lo abbiamo chiesto direttamente a lei.

Ciao Sara, puoi parlarci un po’ di te?
Prima di tutto voglio ringraziarvi per questa opportunità. Sono entusiasta di condividere la mia storia e la mia esperienza con voi. Mi chiamo Sara Pangione, ho 25 anni e vengo dai Castelli Romani, una zona situata in provincia di Roma. Anche se sono nata e cresciuta vicino alla capitale, la mia famiglia è originaria del sud Italia: mia madre è di Caserta e mio padre di Benevento. Vengo da una famiglia numerosa e molto semplice e credo che questo mi abbia sicuramente aiutata a sviluppare un grande spirito di adattamento e di condivisione!

Ti abbiamo conosciuta attraverso i tuoi racconti sui social network. Sappiamo che vivi nel mezzo della foresta amazzonica: da quando? E come mai hai fatto questa scelta?
Sì, in realtà non è la mia prima volta in Ecuador! Sono arrivata qui circa due anni fa grazie a un progetto di cooperazione internazionale promosso dal Dipartimento per le Politiche Giovanili chiamato Servizio Civile Universale. I progetti sono caratterizzati da temi fondamentali come l’educazione, l’inclusione sociale, la solidarietà, e la promozione della pace e dei diritti umani. Nel mio caso ho trascorso un anno in un centro educativo nella periferia del sud di Quito, la capitale dell’Ecuador, offrendo supporto a bambini che vivevano in condizioni molto difficili come violenza, abbandono e povertà estrema.
Ma perché sono tornata e ho deciso di vivere qui definitivamente? La risposta è semplice: per amore! Durante il mio anno in Ecuador ho incontrato il mio attuale fidanzato, che è di una nazionalità indigena dell’Ecuador, i Waorani, e vive in una comunità nel cuore della foresta amazzonica. Sono tornata a giugno e questa volta ho deciso di condividere la mia esperienza sui social per far conoscere questa realtà unica e così diversa dalla nostra.

La vita di Sara Pangione nella foresta

Fonte: Sara Pangione

Momenti di convivialità e condivisione nella comunità

Cosa facevi prima di trasferirti e cosa fai oggi?
Prima di trasferirmi studiavo Cooperazione Internazionale e Sviluppo all’Università La Sapienza di Roma. Durante gli anni universitari, ho fatto vari lavori per sostenere i miei studi: cameriera, baby-sitter, commessa, e così via. Ho sempre avuto il desiderio di mettere in pratica ciò che stavo studiando e di vivere un’esperienza immersiva sul campo e per questo motivo, poco prima di laurearmi, ho partecipato al bando per il Servizio Civile Universale. La selezione è coincisa con il periodo in cui stavo scrivendo la mia tesi, e così ho deciso di approfondire il tema e il contesto in cui stavo per andare a vivere.
Quando il mio progetto in Ecuador è giunto al termine, ho avuto l’opportunità di partecipare a un’altra iniziativa internazionale di grande valore: i Corpi Civili di Pace. Questo programma mi ha portato in Guatemala, dove ho lavorato a stretto contatto con le comunità indigene Kaqchiquel e ho prestato supporto in un centro per donne vittime di violenza. Nonostante l’esperienza in Guatemala sia stata incredibilmente arricchente e significativa ho deciso di interrompere il mio anno di volontariato dopo circa sette mesi, spinta dal forte desiderio di tornare in Ecuador e seguire il mio cuore! Oggi, qui in Ecuador, collaboro con la fondazione di mio fidanzato, la Fundación Waorani Waponi Amazon, che si occupa di turismo comunitario, promozione dei diritti delle popolazioni indigene e recupero di animali selvatici, in particolare scimmie. Per chi fosse interessato, vi invito a seguire il progetto! Inoltre, impartisco lezioni di italiano online, un’attività che mi rende una sorta di nomade digitale. Questa libertà mi consente di lavorare direttamente dalla foresta, senza la necessità di vivere e lavorare in città.

Come hai vissuto questo cambiamento?
All’inizio, il cambiamento è stato sicuramente difficile. L’Ecuador è molto diverso dall’Italia e ci sono stati molti aspetti ai quali ho dovuto adattarmi, come le questioni legate alla sicurezza. Attualmente, l’Ecuador è considerato uno dei Paesi più pericolosi dell’America Latina, quindi è fondamentale essere prudenti e non sottovalutare i rischi. Tuttavia, vivere nella foresta amazzonica ha i suoi vantaggi in termini di sicurezza: l’unico “pericolo” è la scimmia Kao, che ama rubare tutto ciò che trova (ride, ndr)!
Scherzi a parte, nella selva ci sono comunque delle sfide da affrontare, come la presenza di animali selvatici e altre minacce ambientali, che richiedono sempre attenzione e preparazione. A livello personale, questa esperienza è stata e continua ad essere profondamente arricchente. Vivere a stretto contatto con una cultura così diversa dalla mia mi ha offerto nuove prospettive e insegnamenti. Credo fermamente che la differenza sia un’opportunità. Le diversità ci spingono a metterci in discussione, a rompere vecchi schemi e credenze, e ci offrono una visione più ampia e profonda della realtà che ci circonda.

Hai mai avuto qualche ripensamento?
In realtà no, non nego che sia difficile a volte vivere così lontano dai propri affetti ma allo stesso tempo sono felice di poter inseguire i miei sogni e di esplorare ambienti e stili di vita così distinti dal mio. È un’esperienza di profondo cambiamento, un cammino di crescita personale, e anche professionale nel mio caso, di cui mi sento profondamente grata e di cui non mi pento assolutamente, anzi, ogni giorno apprezzo sempre di più le opportunità che mi sono state offerte.

Come hanno reagito le persone intorno a te quando hai deciso di trasferirti?
Sarò sincera nel dire che la mia mamma è sicuramente la persona che, naturalmente, più si preoccupa per me. Ho tre fratelli e sono la prima che va a vivere così lontano dalla famiglia. Comunque ci chiamiamo tutti i giorni e la domanda che più mi fa spesso oltre a ‘’Hai mangiato?’’ è ‘’Sì, ma quando torni?’’. Quando vede che in realtà sto bene e sono felice si tranquillizza ed è felice per me. Mi ha sempre supportata nelle mie decisioni, così come lo hanno fatto la mia famiglia e i miei amici.

Qual è stata la difficoltà più grande che hai affrontato da quando vivi nella foresta?

Mi piacerebbe rispondere a questa domanda cambiando il soggetto, mi spiego meglio. Personalmente non ho vissuto nessuna grande difficoltà ma credo sia importante sensibilizzare invece sulle enormi difficoltà che le popolazioni indigene che abitano l’Amazzonia vivono ogni giorno. Recentemente l’Assemblea Nazionale ecuadoriana ha approvato una risoluzione dichiarando lo stato di emergenza nell’Amazzonia ecuadoriana a causa dell’estrazione mineraria illegale e di altre gravi minacce, come la deforestazione su larga scala, gli incendi e lo sfruttamento non regolamentato delle risorse. Inoltre, le persone che abitano questa regione non hanno accesso garantito a diritti fondamentali come l’educazione e la sanità, e il loro territorio è costantemente minacciato e distrutto. Credo sia importante mettere in evidenza queste problematiche perché anche se a volte l’Amazzonia può sembrare qualcosa di lontano da noi in realtà non lo è ed è una parte fondamentale del nostro pianeta. Sostenere e aiutare le comunità locali in questa lotta è una responsabilità che tutti noi condividiamo. Essere consapevoli di queste difficoltà e fare la nostra parte per supportare le popolazioni indigene è essenziale per proteggere l’ambiente e i diritti umani.

Qual è stato, invece, il momento più emozionante che hai vissuto? Quello che ti ha fatto dire: ok mi trovo esattamente dove voglio essere?
Ogni giorno è un momento emozionante che conferma che mi trovo esattamente dove voglio essere. Sono profondamente grata di essere qui, circondata dall’amore e immersa nella natura. Il continuo scambio con le persone locali e l’opportunità di vivere esperienze uniche mi riempiono di gratitudine. Ogni nuovo incontro, ogni piccola scoperta mi ricorda quanto io sia fortunata ad essere parte di questa realtà.

Quanto è cambiata la percezione del mondo che avevi prima da quando vivi nella foresta e quanto sei cambiata tu?
Questa esperienza ha avuto un impatto profondo su di me. Vivere nella foresta mi ha permesso di stabilire una connessione più autentica sia con me stessa che con il mondo naturale che mi circonda. Ho imparato a vivere con maggiore consapevolezza e a dare valore ai dettagli più semplici della quotidianità. Un aspetto particolarmente significativo per me è stato sicuramente il contatto diretto con le popolazioni locali. Questo mi ha offerto uno sguardo più chiaro sulle sfide quotidiane che affrontano, permettendomi di comprendere a fondo le loro difficoltà. Questa connessione profonda mi ha aiutata a riflettere sulle problematiche reali e ad apprezzare la mia esperienza di vita con una nuova prospettiva, arricchendo così il mio percorso di crescita personale e sociale in modi che non avrei mai immaginato.

La foresta amazzonica in Ecuador

Fonte: Sara Pangione

La foresta vergine che circonda la comunità in cui vive Sara Pangione

Come trascorri le tue giornate?
Normalmente mi sveglio molto presto, seguendo il ritmo naturale della foresta. Qui le giornate iniziano quando sorge il sole e si concludono al tramonto quindi anche il mio riposo segue lo stesso ritmo! La mattina facciamo lunghe camminate nella foresta oppure andiamo al fiume a fare il bagno e nuotare. Spesso aiuto il mio fidanzato nell’organizzazione della fondazione e insieme ci prendiamo cura degli animali che vivono qui con noi, attualmente quattro scimmiette (una scimmia ragno, due scimmie urlatrici e una scimmia lanosa) e due cani. Nel pomeriggio, mi dedico al mio lavoro di professoressa di italiano online per ecuadoriani. Lavoro solo per due ore al giorno, quindi ho un sacco di tempo libero da sfruttare. A volte, ad esempio, mi unisco alle donne della comunità per lavorare all’artigianato. Le donne Waorani creano splendidi prodotti come collane, orecchini e borse, utilizzando esclusivamente materiali naturali della selva. Per realizzare questi pezzi unici, utilizzano la fibra di palma chiamata chambira e la decorano con semi e piume. Devo anche ringraziare mia madre, che fin da piccola mi ha insegnato e fatto praticare l’uncinetto. Chi avrebbe mai pensato che quelle lezioni di artigianato si sarebbero rivelate così utili nella foresta amazzonica?
C’è però un giorno speciale e diverso qui nella comunità: la domenica! Tutti, dai più piccoli ai più grandi, si riuniscono per trascorrere la giornata insieme, dedicandosi a diverse attività. Si gioca a calcio e a volley, e ci si ritrova nella parte centrale della comunità per socializzare e divertirsi. Inoltre, le famiglie approfittano di questa occasione per vendere prodotti locali, che hanno coltivato o cacciato, come gli spiedini di larve (che ho mostrato in un video su TikTok) accompagnati dalla yuca, un tubero tipico della regione. È quindi un momento prezioso anche per sostenere l’economia locale e rafforzare i legami comunitari.

Oggetti realizzati dalla comunità Waorani

Fonte: Sara Pangione

Prodotti realizzati interamente a mano dalle donne della comunità Waorani con materiali naturali

Hai iniziato da poco a condividere la tua avventura di vita sui social ma hai già tantissimi sostenitori. Quali sono le domande più strane e curiose che ti arrivano?
Sì, devo ammettere che non mi aspettavo di ricevere così tanti messaggi e di raggiungere così tante persone! È stato davvero sorprendente e sono molto grata per il sostegno che ricevo. Tra le domande più curiose che mi arrivano, quella che viene ripetuta più spesso riguarda il motivo della mia scelta di trasferirmi in Ecuador. Un’altra domanda frequente è su come riesco ad avere elettricità e a usare internet qui nella foresta. La nostra casa è dotata di pannelli solari, quindi utilizziamo l’energia solare e per quanto riguarda la connessione, abbiamo un internet satellitare! Il mio fidanzato gestisce una fondazione che accoglie turisti e volontari internazionali da circa quattro anni. Grazie a questo, ha potuto investire molto nella casa in cui viviamo per poter lavorare e restare connessi anche in questo angolo remoto del mondo, ma è importante sottolineare che questa è un’eccezione! Nella comunità nessun’altra famiglia dispone di questi servizi, che sono piuttosto costosi e considerati un vero e proprio lusso.

Che consigli ti senti di dare a chi vorrebbe cambiare la sua vita, e magari trasferirsi dall’altra parte del mondo proprio come hai fatto tu?
È importante seguire la propria curiosità e il desiderio di sperimentare. Nel mio caso, tutto è iniziato con il desiderio di vivere esperienze che avevo osservato da lontano e di poter far pratica nel mio ambito professionale. L’arrivo in Amazzonia è stato in un certo senso una coincidenza: mi sono innamorata non solo di un luogo, ma anche di una persona!
Un consiglio che mi sento di dare, sia a chi sta pensando di partire per un’esperienza di volontariato sia a chi sta valutando di trasferirsi in una nuova parte del mondo, specialmente in contesti del Sud globale, è di fare molta attenzione e riflessione prima di intraprendere questo tipo di avventura. È fondamentale essere consapevoli e rispettosi, evitando di cadere nel modello del “salvatore bianco” che può essere involontariamente imposto. Piuttosto, cerchiamo sempre di avvicinarci con un’autentica volontà di ascoltare e supportare le comunità locali. Ogni esperienza dovrebbe essere un’opportunità per imparare e contribuire in modo significativo, senza pregiudizi e con un profondo rispetto per la cultura e le sfide del luogo in cui ci troviamo.

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Allarme UNESCO: i siti minacciati dal turismo dei selfie

Negli ultimi anni, il fenomeno del “turismo dei selfie”, o “selfie-tourism”, è letteralmente esploso, tanto da spingere l’UNESCO a lanciare l’allarme: se non si interviene subito, molte delle più importanti destinazioni turistiche potrebbero subire gravi conseguenze, riporta un articolo del quotidiano inglese The Mirror. Infatti questo tipo di turismo, legato alla pratica di scattare selfie nei pressi di monumenti iconici, sta causando la progressiva degradazione di numerosi luoghi di interesse storico e culturale.

La definizione di ‘turismo dei selfie’ secondo l’UNESCO

Secondo l’UNESCO, il “turismo dei selfie” è caratterizzato dal comportamento dei turisti che scelgono le proprie mete di viaggio principalmente per scattare foto da condividere sui social media, spesso con monumenti e paesaggi iconici come sfondo. A differenza delle tradizionali foto di famiglia scattate davanti a monumenti come la Torre Eiffel, il “turismo dei selfie” nasce dal desiderio di ottenere immagini esteticamente attraenti, perfette per alimentare i propri profili Instagram.

Una tendenza che ha provocato un sovraffollamento in molte destinazioni, con effetti negativi sull’ambiente e sulle comunità locali. “Questo fenomeno ha iniziato a prendere piede con la diffusione delle piattaforme di social media, dove il contenuto visivo attraente è un fattore chiave per il coinvolgimento degli utenti”, ha dichiarato un portavoce dell’UNESCO a The Mirror. “Le persone hanno sempre scattato foto durante le vacanze, ma ora l’attenzione si è spostata dal creare ricordi al generare momenti condivisibili, spesso con l’obiettivo di ottenere ‘mi piace’ e nuovi follower”.

L’impatto negativo su ambiente e comunità locali

L’impatto del “turismo dei selfie” varia da destinazione a destinazione. Tuttavia, in molti casi, ha provocato un sovraffollamento che mette sotto pressione le infrastrutture locali, peggiorando l’esperienza complessiva dei visitatori. Inoltre, numerose mete turistiche, prima poco conosciute, sono state catapultate alla ribalta globale grazie ai social media, attirando un numero crescente di visitatori che rischiano di danneggiare l’ambiente e le comunità locali.

Secondo quanto riporta The Mirror, l’UNESCO ha anche segnalato che la ricerca della “foto perfetta” porta talvolta a comportamenti irrispettosi o dannosi, come il superamento di barriere, atti di vandalismo e persino incidenti. In alcune località, l’afflusso improvviso e massiccio di turisti ha reso difficile per le comunità locali adottare misure di protezione adeguate per gestire la folla.

Questo tipo di turismo, inoltre, rischia di compromettere la sostenibilità del settore, concentrando un numero elevato di visitatori in determinate aree e accelerando l’usura dei siti storici, dei paesaggi naturali e delle infrastrutture. “La concentrazione del traffico pedonale può accelerare il deterioramento di siti storici e paesaggi naturali, mettendo a rischio il loro futuro”, ha aggiunto il portavoce.

Le iniziative per contrastare il fenomeno

Per cercare di limitare l’impatto del “turismo dei selfie” e, più in generale, del sovra-turismo, alcune città si stanno adoperando per adottare politiche di gestione dei visitatori. Uno dei casi più noti è quello di Venezia, che ha introdotto misure per limitare l’accesso alle grandi navi da crociera nella laguna e un sistema di biglietti per i visitatori giornalieri. Anche Barcellona ha seguito un percorso simile, vietando tra l’altro l’apertura di nuovi appartamenti Airbnb.

Secondo l’UNESCO, si apprende da The Mirror, la sensibilizzazione e l’educazione giocano un ruolo cruciale nella promozione di un turismo più sostenibile. In particolare, gli influencer hanno una responsabilità significativa nel modellare le tendenze di viaggio. Educare questi individui e incoraggiarli a diffondere messaggi di rispetto verso le destinazioni può contribuire a comportamenti turistici più responsabili.

L’organizzazione sottolinea come la mancanza di rispetto per il significato culturale e storico di questi luoghi possa creare tensioni con le comunità locali, come dimostrato dalle proteste in alcune aree della Spagna. “Scattare una foto senza capire il valore del luogo è estremamente dannoso”, ha dichiarato il portavoce dell’UNESCO.

La sfida del futuro: un turismo più consapevole

L’UNESCO invita pertanto i turisti a visitare questi siti con rispetto e curiosità, prendendosi il tempo per apprezzare la cultura e il patrimonio che li circonda. È fondamentale ricordare che le azioni dei visitatori hanno un impatto non solo sulla conservazione di questi siti, ma anche sul benessere delle comunità locali.

In un’epoca in cui gran parte della vita si svolge attraverso uno schermo, il “turismo dei selfie” sembra destinato a restare. Tuttavia, promuovere una maggiore consapevolezza e una gestione responsabile delle destinazioni può contribuire a proteggere il patrimonio culturale e naturale del pianeta per le generazioni future.

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Eco turismo alle Seychelles: iniziative sostenibili nel cuore dell’Oceano Indiano

Le Seychelles sono una delle mete di eco turismo più interessanti in assoluto. A favorire questo primato una natura incontaminata abbondante e generosa sviluppatasi nei secoli con il favore dell’isolamento e che oggi potrebbe essere messa a dura prova dai flussi turistici, non fosse per l’impegno e la costanza delle istituzioni locali e l’interesse dei visitatori responsabili. Ecco allora alcune delle iniziative sostenibili più interessanti tra quelle promosse sull’arcipelago, una mini-guida a un turismo a basso impatto ambientale e finalmente amico della natura.

Cos’è il Coral Gardening e perché fa la differenza

Se non avete mai sentito parlare di coral gardening, un viaggio alle Seychelles sarà l’occasione giusta per approfondire il tema, oramai irrimandabile. Si tratta, infatti, di una pratica all’avanguardia che mira alla tutela e al ripristino delle barriere coralline messe a dura prova dai cambiamenti climatici e dall’inquinamento ambientale. Ed è proprio a Praslin, la seconda isola più popolata dell’arcipelago, che si potrà ammirare l’impianto di acquacoltura rigenerativa curato da Nature Seychelles. La struttura, nota come Assisted Recovery of Corals, sarà alimentata interamente da energie rinnovabili. Qui verranno coltivati migliaia di coralli grazie a una tecnica all’avanguardia nota come microframmentazione. Queste produzioni andranno a integrare i vivai oceanici già in uso come quello presente nel Parco Nazionale Marino di Curieuse. Questa attività innovativa andrà a supportare quella già in atto da sei anni grazie alla quale vengono recuperai frammenti di corallo staccati dalle onde per essere collocati nei vivai e, in seguito, trapiantati sulle barriere coralline.

Fonte: Jean Marie Croguennec

Barriera corallina, Seychelles

Il sito UNESCO Vallée de Mai

Le Seychelles non offrono solo un mare mozzafiato a chi le visita, lo avrete capito. A renderle attraenti sono anche le proposte per gli amanti dell’avventura e del trekking: la presenza di un cuore verde che pulsa forte nel bel mezzo dell’Oceano e che è tutelato dal governo e dalla popolazione locale. Ne è l’emblema la Vallée de Mai, dal 1983 sito naturale Patrimonio dell’Umanità UNESCO più piccolo al mondo, ma anche tra i più interessanti. Favorita da milioni di anni di isolamento, questa valle ha consentito l’evoluzione di specie uniche sulla terra e custodisce oltre 1400 esemplari del mitico Coco de Mer, la palma con la più grande noce di cocco al mondo. Qui, gli amanti del bird watching potranno osservare il Vasa Minore, un raro pappagallo nero presente ormai solo in questo Giardino dell’Eden e in Madagascar.

Fonte: Tourism Seychelles

Cascate nella Vallée De Mai , Praslin, Seychelles

Il cuore del progetto Green Footprint

Affrontare un lungo viaggio aereo rappresenta una fonte di inquinamento, lo sappiamo. E proprio per compensare queste impronte lasciate dal passaggio dei turisti, la Seychelles Parks and Gardens Authority (SPGA) e  l’Alta Commissione Britannica delle Seychelles ha ideato il progetto Green Footprint che coinvolge i visitatori in un’emozionante attività di piantumazione di alberi. Basta utilizzare il calcolatore di rotte aeree disponibile sul sito web della SPGA per scoprire quanti alberi è necessario piantare per cancellare le proprie tracce (in media si va dai 10 ai 13 alberi, con un costo di 50 rupie a pianta). Partecipando a questa attività, si collabora al ripristino forestale e si tutela la meravigliosa biodiversità delle isole Seychelles.

Le restrizioni sull’uso della plastica

Il Ministero dell’Ambiente delle Seychelles è molto attivo sul tema dei rifiuti di plastica, dal momento che sono tra le prime cause globali del soffocamento dei mari. Dall’anno 2017 sono vietate l’importazione e la vendita di sacchetti e utensili di plastica alla quale sono seguiti divieti su altri prodotti come cannucce e palloncini. Ma non solo. I viaggiatori più responsabili possono scegliere per il loro soggiorno un hotel plastic free, incoraggiando un impegno importante per tutti.

Il rivoluzionario progetto di Denis Island

Su Denis Private Island si trova un immenso e meraviglioso parco solare che è triplicato negli ultimi anni e supporta l’isola nella produzione di circa 720.000 KWh di elettricità all’anno proveniente quasi esclusivamente da fonti rinnovabili. I turisti che desiderano cancellare le proprie impronte di carbonio, ameranno soggiornare in una delle 25 eco ville costruite con legni locali e palme e che si fondono armoniosamente nella natura verde di Denis Island. Queste strutture ecologiche offrono un accesso privilegiato a una barriera corallina di una bellezza unica.

La valorizzazione della cultura locale

A rendere le Seychelles una meta davvero speciale è anche la possibilità di immergersi in una cultura locale vivace e presente, tutta da scoprire. Per farlo responsabilmente, è possibile appoggiarsi alle iniziative promosse dall’associazione Seychelles Cultural Encounters curata dai Segretari alla Cultura Cecile Kalebi e David Andre. Visitando il sito è possibile accedere ad esperienze straordinarie come un’intera giornata a contatto con le “nonne” delle Seychelles pronte a rivelare i loro segreti culinari e le tradizioni artigiane, visitare gli edifici governativi o i musei nazionali.

Fonte: Tourism Seychelles

Artigianato locale, Val des Prés, Seychelles
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Campeggio in Sardegna tutto l’anno, ecco dove andare

Al Camping Cala D’Ostia, vivi un’esperienza di campeggio in un ambiente familiare e accogliente, immerso nella natura. Con il mare di fronte a te e le montagne alle tue spalle, ogni giorno dell’anno è un’opportunità per rilassarti e goderti il paesaggio circostante. La posizione del campeggio è privilegiata, situato tra un lungo litorale di spiagge bianche e l’incanto delle montagne, offrendo un equilibrio perfetto tra mare e montagna.

Un campeggio aperto tutto l’anno

Il Camping Cala D’Ostia è aperto tutto l’anno, consentendoti di visitare la Sardegna in qualsiasi stagione. L’autunno, l’inverno e la primavera sono periodi ideali per camperisti pensionati, lavoratori in smart working e famiglie che cercano una fuga nel fine settimana. Durante questi mesi, il clima mite rende piacevoli le passeggiate lungo la spiaggia, le escursioni in montagna e le visite ai siti culturali.

Un viaggio tra natura e cultura

La posizione strategica del Camping Cala D’Ostia ti permette di esplorare alcune delle attrazioni più affascinanti della Sardegna. Le meravigliose spiagge della zona, come la famosa spiaggia di Chia, sono perfette per chi ama il mare e il sole. Le acque cristalline e la sabbia dorata offrono un ambiente ideale per nuotare, fare snorkeling o semplicemente rilassarsi al sole. Oltre alle spiagge, la Sardegna è ricca di siti storici e culturali. Gli scavi della città fenicio-punico-romana di Nora, situati nelle vicinanze, sono un tesoro archeologico che offre uno sguardo affascinante sul passato. Qui, puoi esplorare antiche rovine, tra cui un teatro, terme e mosaici ben conservati. Le torri spagnole lungo la costa sono un altro esempio della ricca storia della regione. Si tratta di affascinanti testimonianze storiche di un periodo in cui l’isola era sotto il controllo della Corona di Spagna. Costruite tra il XVI e il XVII secolo, queste strutture facevano parte di un complesso sistema di difesa costiero, progettato per proteggere la Sardegna dalle incursioni dei pirati barbareschi e da altri invasori. Le torri erano strategicamente posizionate lungo la costa, in punti elevati e ben visibili, consentendo una sorveglianza ottimale del mare. Ogni torre era presidiata da una guarnigione di soldati, che avevano il compito di avvistare eventuali navi nemiche e segnalare la loro presenza mediante segnali di fumo durante il giorno e fuochi di notte. Questa rete di comunicazione permetteva una rapida mobilitazione delle forze difensive locali.

Escursioni nel Parco Naturale del Sulcis

Le montagne del parco naturale del Sulcis, che colorano le spalle del campeggio, offrono opportunità infinite per escursioni e avventure all’aria aperta. I boschi del Sulcis, con la loro flora e fauna variegata, sono perfetti per gli amanti della natura. Sentieri ben segnalati ti permettono di esplorare questo paradiso naturale, godendo di panorami mozzafiato e dell’aria fresca di montagna.

Servizi e comfort al Camping Cala D’Ostia

Il Camping Cala D’Ostia offre una vasta gamma di servizi per rendere il tuo soggiorno il più confortevole possibile. Le piazzole per camper, roulotte e tende sono dotate di tutti i servizi essenziali, come il camper service e l’attacco luce. Inoltre, il campeggio dispone di roulotte a noleggio per chi preferisce una soluzione abitativa più comoda. Per soddisfare tutte le necessità degli ospiti, il campeggio offre un mini market e un bar/tabacchi, dove puoi reperire tutto il necessario senza doverti spostare. La pizzeria del campeggio è il luogo ideale per trascorrere una serata in allegria con gli amici, gustando deliziose pizze cotte al forno. Tante anche attività ricreative per tutta la famiglia. Gli amanti dello sport possono divertirsi nel campo da calcetto o noleggiare mountain-bike per esplorare i dintorni. Un parco giochi è disponibile per i bambini, garantendo loro ore di divertimento in sicurezza. Durante il fine settimana, il campeggio organizza serate di intrattenimento musicale e animazione per bambini, rendendo le serate ancora più speciali. Questi eventi sono pensati per creare un’atmosfera conviviale e divertente, dove gli ospiti possono socializzare e godersi il tempo libero.

A soli 6 km dal campeggio si trova la vivace cittadina di Pula, un autentico gioiello della Sardegna che merita di essere esplorato. Pula offre una vasta gamma di servizi utili, come uffici postali, banche e farmacie, che possono facilitare la vostra permanenza. Inoltre, la cittadina è rinomata per la sua variegata offerta gastronomica, con numerosi ristoranti, pizzerie, bar e pub che soddisfano ogni tipo di palato. Le piazze di Pula sono spesso animate da eventi e manifestazioni che celebrano la cultura e le tradizioni sarde, creando un’atmosfera vivace e accogliente. Un’opportunità unica per immergersi nella vita locale, divertirsi in compagnia e scoprire le usanze della Sardegna. Ogni visita a Pula diventa un’esperienza arricchente e memorabile.

Il Camping Cala D’Ostia è la scelta ideale per una vacanza in Sardegna tutto l’anno. La combinazione di mare, natura e cultura rende ogni soggiorno un’esperienza indimenticabile. Che tu sia un amante del relax, un appassionato di storia o un avventuriero in cerca di nuove scoperte, il Camping Cala D’Ostia ha qualcosa da offrire a tutti.

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Idee di Viaggio Torino Viaggi

L’autonoleggio che ti fa scoprire Torino

Liga Service, situato vicino all’aeroporto di Caselle, offre un servizio di noleggio auto a breve termine che si distingue per la varietà delle auto disponibili, la flessibilità nelle modalità di pagamento e la qualità del servizio. La vicinanza con l’aeroporto lo rende il noleggio perfetto per chi decide di partire per Torino con l’aereo e vuole esplorare la città in modo pratico e autonomo. Liga Service offre una gamma di veicoli adatti a tutte le esigenze e budget. Tra i modelli disponibili troviamo:

  • Ford Puma: un SUV moderno e tecnologico, disponibile sia con cambio manuale che automatico.
  • Toyota Aygo: perfetta per la città, compatta e pratica, con opzioni di cambio automatico e manuale.
  • Fiat Panda: un’icona di agilità, sicurezza, tecnologia e comfort, ideale per chi cerca una vettura versatile e affidabile.
  • Ford Kuga: un crossover di medie dimensioni, caratterizzato da un design unico e una guida confortevole.

Servizi inclusi e modalità di pagamento

Un vantaggio significativo di Liga Service è la possibilità di noleggiare un’auto senza l’obbligo di utilizzare una carta di credito, offrendo maggiore flessibilità ai clienti. Le tariffe di noleggio includono 100 km al giorno e sono disponibili preventivi gratuiti per aiutarti a pianificare il tuo budget senza sorprese.

Qualità del servizio

Tutti i veicoli di Liga Service sono mantenuti con la massima cura per garantire efficienza e pulizia. Gli autisti, quando richiesti, sono professionali e competenti, garantendo trasferimenti rapidi e sicuri grazie alla loro conoscenza approfondita della città.

Scoprire Torino e i dintorni con i veicoli Liga Service

Torino è una città ricca di storia e cultura, con numerosi punti di interesse da esplorare. Il noleggio auto offre la libertà di visitare non solo il centro cittadino ma anche le meravigliose aree circostanti come le Langhe e il Roero, famose per i loro paesaggi mozzafiato e vini pregiati.

Con un’auto a noleggio, i turisti possono pianificare il proprio itinerario in totale autonomia, senza dover dipendere dai mezzi pubblici o dai taxi. Questa flessibilità è particolarmente utile per chi vuole esplorare zone meno accessibili ma altrettanto affascinanti del Piemonte.

Comfort e sicurezza

Noleggiare un’auto con Liga Service significa viaggiare in totale comfort e sicurezza. Ogni veicolo è attentamente controllato per garantire la massima affidabilità durante il tuo viaggio. Inoltre, la possibilità di scegliere tra vari modelli ti permette di trovare l’auto più adatta alle tue esigenze di spazio e stile di guida.

Come noleggiare un’auto con Liga Service

  1. Richiesta di Informazioni: puoi contattare Liga Service tramite il loro sito web per richiedere informazioni dettagliate sui modelli disponibili e ottenere un preventivo gratuito.
  2. Scelta del veicolo: scegli il veicolo che meglio si adatta alle tue esigenze di viaggio. Considera la dimensione dell’auto, il tipo di cambio (manuale o automatico), e altri optional che potrebbero essere utili.
  3. Prenotazione: una volta scelto il veicolo, procedi con la prenotazione. Ricorda che non è obbligatorio l’uso della carta di credito, rendendo il processo di noleggio più accessibile.
  4. Ritiro dell’auto: ritira l’auto presso la sede di Liga Service vicino all’aeroporto di Caselle. Assicurati di portare con te tutti i documenti necessari per completare la procedura di noleggio.

Per noleggiare un’auto con Liga Service, è necessario presentare:

  1. Una patente di guida valida.
  2. Un documento di identità (passaporto o carta d’identità).
  3. Un metodo di pagamento per coprire il costo del noleggio e l’eventuale deposito cauzionale.

I luoghi da visitare a Torino a bordo di un’auto a noleggio Liga Service

Il centro storico

Il cuore di Torino è il suo centro storico, con piazze eleganti, musei di fama mondiale e monumenti storici. Non perdere una visita al Museo Egizio, uno dei più importanti al mondo, e alla Mole Antonelliana, simbolo della città. La Mole Antonelliana è uno dei simboli più iconici di Torino. Originariamente progettata come sinagoga, oggi ospita il Museo Nazionale del Cinema. Con la sua imponente altezza di 167 metri, offre una vista panoramica mozzafiato della città. La sua struttura unica, caratterizzata dalla guglia slanciata, rende la Mole Antonelliana una tappa imperdibile per chi visita Torino, rappresentando un connubio di storia, cultura e architettura.

Le Langhe e il Roero

A breve distanza da Torino, le Langhe e il Roero offrono paesaggi collinari incantevoli, borghi storici e una tradizione enogastronomica rinomata. Queste zone sono perfette per una gita in giornata o per un fine settimana rilassante.

La Reggia di Venaria

Uno dei siti UNESCO più importanti del Piemonte, la Reggia di Venaria è un magnifico esempio di architettura barocca. Con un’auto a noleggio, potrai facilmente raggiungere questa splendida residenza reale e i suoi giardini.

I parchi naturali

Il Piemonte è ricco di parchi naturali, ideali per chi ama la natura e le attività all’aperto. Il Parco Nazionale del Gran Paradiso e il Parco Naturale della Collina di Superga sono solo alcune delle destinazioni che potrai esplorare con un’auto a noleggio.

Il noleggio auto a breve termine con Liga Service è la scelta ideale per i turisti che vogliono scoprire Torino e i suoi dintorni in totale libertà e comfort. Con una vasta gamma di veicoli disponibili, tariffe competitive e un servizio di alta qualità, Liga Service si conferma un partner affidabile per viaggi di lavoro o con amici e famigliari. Inoltre, grazie all’ampia offerta di auto, si adatta perfettamente alle esigenze di ogni cliente. Per il tuo prossimo viaggio a Torino, rivolgiti a Liga Service, e richiedi un preventivo gratuito.

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Borghi funivie lago Lago Maggiore Viaggi

Monteviasco, il borgo appeso a un filo, perché qui non arrivano le strade

A pochi chilometri da Varese c’è un borgo fermo nel tempo e il percorso per raggiungerlo è un’esperienza di per sé. Stiamo parlando di Monteviasco, paesino di montagna facente parte del comune di Curiglia dove vivono circa 15 abitanti, isolato da tutto perché letteralmente “appeso a un filo”. Qui non ci sono strade e, oltre i 1400 gradini di una mulattiera da percorrere a piedi, fino al 2018 l’unico modo per raggiungerlo era una funivia, ora tristemente inattiva.

L’abitato, affacciato sul Lago Maggiore, appare silenzioso anche se, dentro di loro, gli abitanti chiedono a gran voce un cambiamento che ancora oggi non viene ascoltato. I suoi scenari, quindi, sono riservati ai pochi camminatori e avventurieri che intraprendono il percorso attraverso i gradini per poi essere ripagati da un borgo dalla bellezza caratteristica. Le case sono rustiche, fatte in piode con balconi in legno, mentre i vicoli sono lastricati in pietra, secondo la tradizionale “rizzada”.

Monteviasco, il borgo isolato dal mondo

Monteviasco non è sempre stato un borgo isolato. La funivia Ponte di Piero-Monteviasco, realizzata nel maggio del 1989, permetteva di raggiungerlo facilmente in meno di dieci minuti da chiunque volesse sfuggire al caos turistico del Lago Maggiore per rintanarsi nella quiete del paesino e della sua natura circostante. Tutto questo fino al 2018, quando lo storico manutentore dell’impianto morì a causa di un incidente. Da quel giorno sono passati ben 6 anni e, seppur dopo un primo sequestro da parte della magistratura la funivia è stata ammodernata e i lavori di adeguamento sono terminati a dicembre, il borgo vive ancora nel suo isolamento.

Oltre ad aver causato una progressiva diminuzione del numero di abitanti, la situazione ha provocato non poche rinunce e disagi per chi, invece, ha deciso di restare in attesa di un cambiamento che tarda ad arrivare. Sono loro, gli abitanti che non vogliono abbandonare il borgo che amano e che desiderano veder rinascere, a prendersene cura in qualità di volontari. Con amore per il proprio paese, si impegnano a mantenere in ordine i selciati che rappresentano le strade, a sgomberare e liberare il borgo dai rifiuti e a garantire un’accoglienza dignitosa a chi raggiunge Monteviasco, oggi possibile solo a piedi.

E sono gli stessi abitanti a chiedere un cambiamento e la riapertura della funivia per terminare questo isolamento dal mondo e rendere la loro quotidianità più semplice in nome del diritto di abitare il proprio borgo.

Un’occasione per perdersi nella natura

La Val Veddasca si origina al valico dell’Alpe di Neggia, nel territorio svizzero di Gambarogno e termina a Maccagno, dove sbocca sul Lago Maggiore. Sono molti gli itinerari possibili per andare alla scoperta di queste bellissime Prealpi lombarde in mezzo a castagni, faggi e noci e alcuni di questi partono proprio da Monteviasco. Dal borgo infatti, curato e con una chiesetta bellissima, cominciano silenziosi sentieri ideali per chi desidera semplicemente perdersi nella bellezza della natura, tra pinete, boschi e alpeggi.

I più allenati, per esempio, possono percorrere il suggestivo anfiteatro della Val Viascola sul sentiero contrassegnato dalla segnaletica 3V Via Verde Varesina, colore bianco-rosso dove, in circa 2 ore e 30 minuti, si passano Alpe Pulosa, Alpe Fontanella, Alpe Cortetti, Viasco e Curiglia.

Attendiamo nuovi aggiornamenti sulla funivia per poter tornare a scoprire il borgo in sicurezza (considerando che il sentiero della mulattiera non è semplice e non adatto a tutti), per ascoltare le storie dei suoi abitanti e condividere con loro i meravigliosi paesaggi offerti dal paese e dal territorio circostante.

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Un paesino spagnolo vuole attirare i turisti con Sergio Leone

Nel piccolo paesino di Carazo, situato nella provincia spagnola di Burgos, è stato inaugurato un luogo di grande valore simbolico per gli appassionati di cinema. Si tratta della ricostruzione del celebre campo di prigionia di Betterville, utilizzato per le riprese del film “Il buono, il brutto, il cattivo”, capolavoro di Sergio Leone e pietra miliare del genere spaghetti-western. La nuova struttura rappresenta un passo significativo nella valorizzazione turistica di una zona che, fino a pochi anni fa, era pressoché sconosciuta al grande pubblico.

Un progetto decennale

L’idea di ricostruire i set utilizzati per il film, riporta Il Post, è nata da un gruppo di appassionati e abitanti locali, determinati a rivitalizzare un’area poco frequentata dai turisti, pur trovandosi nella regione di Castiglia e Leon, a circa 175 chilometri da Madrid. L’iniziativa non è isolata: già nel 2014 l’associazione culturale Sad Hill aveva dato il via alla ricostruzione del Cimitero di Sad Hill, luogo iconico della scena finale del film, dove si svolge il celebre scontro tra i tre protagonisti, interpretati da Clint Eastwood, Eli Wallach e Lee Van Cleef. Il successo di quella prima ricostruzione ha stimolato ulteriori progetti volti a riportare in vita altri set del film.

Durante le riprese del 1966, l’esercito spagnolo fu coinvolto nella realizzazione dei set, ma per il cinquantesimo anniversario dell’uscita del film, nel 2016, sono stati necessari numerosi volontari per ripulire la zona dai detriti e dalla vegetazione che nel frattempo l’avevano invasa. Tra questi, si contavano fan del film provenienti da tutto il mondo, uniti anche dal sostegno di Clint Eastwood, interprete del “buono” nella pellicola originale, e altre celebrità che contribuirono a diffondere l’iniziativa.

La rinascita di Fort Betterville

Il campo di prigionia di Betterville si trova poco distante dal Cimitero di Sad Hill ed è una fedele ricostruzione di quello originale, realizzato interamente con materiali locali. La palizzata, per esempio, è stata costruita con i tronchi dei ginepri che crescono nella zona, in collaborazione con il Parco Naturale dei Gineprai dell’Arlanza-La Yecla. Nello specifico, è stato utilizzato del legno bruciato proveniente dagli alberi danneggiati durante un incendio che ha devastato la zona nel 2022, simbolo della resilienza del territorio.

L’inaugurazione del campo è stata celebrata con eventi speciali, tra cui una proiezione del film e un omaggio ai residenti della zona che parteciparono alle riprese del 1966 come comparse.

Un itinerario cinematografico

La valorizzazione di questi luoghi non è fine a sé stessa, si apprende da Il Post, ma rientra in un progetto più ampio di promozione turistica della Valle dell’Arlanza. L’associazione Sad Hill ha creato un itinerario che collega i principali luoghi delle riprese del film: oltre al Cimitero di Sad Hill e al campo di prigionia di Betterville, si possono visitare le rovine del Monastero di San Pedro de Arlanza, dove venne girata la scena della Missione San Antonio, e il fiume dove si svolse la battaglia del ponte Langstone.

Nonostante il grande impegno, alcune ricostruzioni rimangono complesse. Il monastero è oggi in rovina e ricostruirlo richiederebbe permessi speciali, trattandosi di un edificio storico. Allo stesso modo, un ponte come quello del film difficilmente potrebbe essere realizzato rispettando gli standard di sicurezza odierni.

L’opportunità del cineturismo

L’iniziativa non ha solo un valore cinematografico, ma anche economico. La provincia di Burgos fa parte di quella che viene definita “España vacía”, una vasta area rurale spopolata, dove la mancanza di opportunità lavorative ha portato molte persone a trasferirsi in città. A differenza delle città più turistiche come Barcellona o Siviglia, qui il turismo è scarso, e la connessione con un film di culto come “Il buono, il brutto, il cattivo” rappresenta una risorsa preziosa per attirare visitatori.

Tanto più che il cine-turismo ha già dimostrato il suo successo in altre zone della Spagna, come la provincia di Almería, dove sono stati ricostruiti i set di altri celebri film di Sergio Leone, come “Per un pugno di dollari” e “Per qualche dollaro in più”.

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Viaggio in Namibia, esplorando il Fish River Canyon

Orizzonti lontani, spazi infiniti, paesaggi con pochi eguali al mondo e la vivacità dell’Africa che ti arriva dritta al cuore: stiamo parlando della Namibia. Terra di armoniosi contrasti i cui scenari sembrano appena usciti da un dipinto. I colori predominanti del rosso della terra e dell’azzurro dei cieli tersi africani si mischiano insieme regalando una fotografia di straordinaria bellezza. Tra l’incredibile quantità di bellezze naturali che questo Paese ha da offrire ce n’è una che non può essere lasciata fuori dal proprio itinerario di viaggio: il Fish River Canyon, secondo al mondo per grandezza superato solo dal Grand Canyon degli Stati Uniti. Con un’estensione di circa 160 km e una profondità che può superare i 500 metri è davvero una tappa imperdibile che vale il viaggio. Con questa guida potrai ottenere tutte le informazioni che ti servono per scoprire come visitare il Fish River Canyon.

Il gigante della Namibia: caratteristiche del Fish River Canyon

Prima di scoprire come visitare questa splendida riserva è fondamentale conoscere la storia geologica del Fish River Canyon e di come quelle che oggi sono le rocce più antiche della Namibia abbiano visto la luce. Per farlo, dobbiamo tornare a circa 650 milioni di anni fa, quando una possente catena montuosa venne plasmata da fenomeni erosivi. Protagonista di questi fenomeni è proprio il Fish River che, all’epoca, portava ingenti volumi d’acqua. Oggi, invece, il bacino idrico resta secco per la maggior parte dell’anno. Il Canyon adesso si presenta come un’enorme distesa rocciosa capace di togliere il fiato a chiunque si appresti ad ammirarne la vastità. Inoltre, il Fish River Canyon ospita una ricchissima fauna di mammiferi, rettili e uccelli.

Visitare il Fish River Canyon in Namibia: come organizzarsi

Il Fish River Canyon, oltre alla straordinaria bellezza, mette a disposizione dei suoi visitatori molte cose da fare o da vedere tra cui anche il celebre Fish River Trail, un percorso escursionistico che attira ogni anno moltissimi esploratori. È dunque fondamentale pianificare in anticipo questa splendida esperienza. Ecco tutto quello che devi sapere su questa imperdibile perla nel cuore dell’Africa.

Periodo migliore per visitarlo

Il clima del Canyon è di tipo semi-desertico con temperature che variano molto tra l’estate all’inverno. Le minime e le massime sono così distribuite:

  • Estate: le temperature massime durante il giorno possono arrivare anche a 48 gradi centigradi, mentre quelle notturne arrivano anche a 30 gradi centigradi.
  • Inverno: le temperature restano alte durante il giorno oscillando tra i 20 e i 28 gradi centigradi mentre, durante la notte, possono scendere anche di parecchio sotto lo zero.

Dunque, il momento maggiormente consigliato per visitare il Fish River Canyon è quello che va da maggio a settembre. In questo periodo le temperature sono più fresche e rappresentano la condizione ideale per le escursioni, inoltre, quando le temperature sono più miti, è più facile osservare gli animali che popolano il canyon.

Come raggiungere il Canyon

Il Fish River Canyon si trova in una zona abbastanza remota a nord della Namibia, pertanto questa perla è spesso fuori dalle rotte dei turisti che si concentrano maggiormente nelle zone più celebri di questa regione. Per raggiungerlo devi sapere che non ci sono mezzi pubblici, quindi puoi scegliere tra tre opzioni:

  • Partire da Windehoek, capitale della Namibia, con un viaggio in auto di circa 8 ore.
  • Partire da Swakopmund, con un viaggio in auto dalla durata di circa 10 ore.
  • Aderire a un tour guidato, in questo caso potrai affidarti completamente alle guide esperte che ti porteranno direttamente al Fish River Canyon.

Il consiglio è quello di noleggiare un 4×4 in modo da affrontare tranquillamente anche i tratti di strada più scoscesi. Qualunque sia il punto da cui decidi di partire, durante il viaggio ti troverai davanti a scenari suggestivi e, in alcuni casi, incontrerai anche piccoli villaggi e centri abitati. Una volta arrivato nella zona del canyon potrai scegliere tra due punti d’accesso: quello settentrionale di Hobasil più facile da raggiungere – o quello di Ai-Ais a sud.

Come visitare il Canyon: trekking e punti panoramici

Cartello per la partenza del Fish River Trail in Namibia

Fonte: iStock

Punto di partenza del Fish River Trail, il trekking in Namibia

Ci sono due modi per esplorare il Fish River Canyon, uno più turistico e uno più per esploratori esperti delle attività outdoor. Che tu scelga di esplorarlo come visitatore o come viaggiatore esperto, non importa… in qualunque caso resterai a bocca aperta.

Esplorare il Fish River Canyon come visitatore

Se fai parte della prima categoria, ciò che devi sapere è che puoi tranquillamente lasciarti incantare da questa meraviglia naturale osservandone la maestosità dal suo bordo e fermandoti nei suoi punti panoramici. Per farlo, il punto migliore da cui partire è Hobas, dove dovrai acquistare un pass di 24 ore per poter guidare all’interno della riserva. Partendo da qui puoi scegliere tra vari punti panoramici:

  • Main View Point: principale punto panoramico del parco. Qui la Hell’s Bend, una delle anse scavate dal fiume Fish, si apre alla vista in tutta la sua spettacolarità. In quanto punto principale è anche quello più affollato.
  • Hikers Viewpoint: poco distante dal Main Viewpoint c’è l’Hikers Viewpoint, un punto panoramico la cui bellezza fa venire i brividi. Il punto è raggiungibile sia in auto che a piedi ed è da qui che parte il celebre Fish River Trail.
  • Sulphur Spring Viewpoint: si trova nella zona a sud del parco e offre una vista spettacolare – soprattutto all’alba – sulla Sulphur Spring, una sorgente termale naturale che si trova sul fondo del canyon.
  • Eagles Rock: sempre a sud del Fish River Canyon, questo viewpoint è famoso per gli avvistamenti di aquile che nidificano sulle pareti del canyon. L’Eagles Rock è raggiungibile solamente con un’auto 4×4.

Esplorare il Fish River Canyon come viaggiatore esperto

Se appartieni alla categoria dei viaggiatori esperti e ami cimentarti nei trekking e nelle attività outdoor, allora il consiglio è quello di dedicare a questo canyon almeno 4-5 giorni per provare l’esperienza unica del Fish River Trail, un percorso di circa 85 chilometri che parte dall’Hikers Point e termina ad Ai-Ais attraversando il parco in tutta la sua grandezza. Prima di cimentarti in questa magnifica avventura ci sono però delle cose che devi assolutamente tenere a mente poiché questo trekking non è per niente facile e lo può fare chi è veramente allenato e abituato a lunghi percorsi.

  • Quando: il Fish River Trail è aperto solo dal 1 Maggio al 15 Settembre, durante il resto dell’anno, a causa delle temperature elevate, non è possibile accedervi.
  • Prenotazione: possono intraprendere il trail un massimo di 30 persone al giorno, pertanto è obbligatorio prenotarsi e il consiglio è di farlo largo in anticipo. Per prenotare devi contattare gli uffici NWR di Windhoek telefonando o mandando un’e-mail.
  • Costo: l’escursione costa circa 25 dollari a persona e va saldato entro 30 giorni dal trekking.
  • Obblighi: oltre alla prenotazione e al pagamento, è obbligatorio presentare ai ranger del parco un certificato medico che attesti attesti la buona salute.
  • Rischi e difficoltà: una volta iniziato il trekking, non è possibile uscire dal canyon, dunque è fondamentale avere un’assicurazione di viaggio che copra anche da eventuali infortuni. Qualora dovesse essere necessario abbandonare il percorso, l’unico modo per farlo è richiedere l’intervento dell’elisoccorso. Inoltre, all’interno del Canyon, non ci sono punti di ristoro, dunque è fondamentale equipaggiarsi con cibo, acqua e medicinali che possano coprire 5 giorni.

Cosa aspettarsi dal Fish River Canyon

Che tu abbia scelto di esplorare il Fish River Canyon come visitatore o come viaggiatore esperto, quello che ti troverai davanti lascerà un segno indelebile nel tuo cuore. Le viste panoramiche sulle rocce del canyon sapranno sorprenderti da qualsiasi angolazione e potrai avvistare moltissimi animali che popolano il canyon tra cui:

  • Mammiferi: le rare Zebre di montagna saranno l’avvistamento più fortunato di tutto il viaggio ma ci sono anche altri mammiferi che puoi incontrare come il kudu maggiore, i babbuini chacma e le Springbok.
  • Rettili: il parco fa da casa a molti varani del deserto, gechi e lucertole.
  • Uccelli: paradiso per gli amanti del birdwatching, il Fish River Canyon ospita molte aquile nere, corvi bianchi e, alle volte, anche struzzi.

Ma Il canyon non offre solo grandi camminate e splendidi paesaggi, qui potrai anche rilassarti alle terme di Ai-Ais, le cui acque calde sapranno rigenerarti completamente, soprattutto dopo aver intrapreso il lungo trekking.

Il Fish River Canyon è una meraviglia naturale che conquista i cuori di chiunque abbia la fortuna di esplorarlo. Le sue dimensioni imponenti, i paesaggi mozzafiato e la sfida del trekking, rendono il canyon un’esperienza unica da provare almeno una volta nella vita, soprattutto se sei un amante delle attività all’aria aperta. Tuttavia, è fondamentale ricordare che affrontare il canyon con il suo celebre Trail non è per tutti poiché richiede un’ottima preparazione fisica ma, soprattutto, mentale. Pertanto, l’accurata pianificazione di questo viaggio è necessaria e ti invitiamo a controllare sempre il sito ufficiale del canyon e dell’ente turistico della Namibia per avere informazioni sempre aggiornate. Ora che sai tutto quello che devi sapere per affrontare questo incredibile viaggio, non ti resta che caricarti lo zaino in spalla e lasciarti conquistare da un’esperienza che va oltre la semplice scoperta di un paesaggio, per abbracciare una profonda scoperta di sé stessi nel cuore di una splendida terra chiamata Namibia.