Ha lasciato tutto in Italia, una carriera da marketing manager, un lavoro fisso, un marito e una famiglia per regalarsi un “gap year”, un anno sabbatico, durante il quale cercare la propria dimensione. L’Asia è il continente della sua anima ed è quello che ha scelto per il suo viaggio interiore, dal Kerala all’Himalaya. Una scelta sicuramente non facile, ma che spesso tutti quanti noi sogniamo di fare. basta avere coraggio e Martina D’Aguanno l’ha avuto. Ecco la sua storia.
Martina, puoi raccontarci qualcosa di te e perché hai scelto questo curioso nickname?
Proviamo a partire da cosa ho fatto fino al 2023 e come è cambiata la mia vita nel 2024. Per 20 anni ho vissuto a Milano e sono stata una esperta di comunicazione e marketing nel turismo e, grazie al mio lavoro, ho viaggiato molto. Sono però laureata in Scienze Politiche Internazionali e nella comunicazione ci sono finita per caso, spinta dalla voglia di cominciare a lavorare e rendere concreta la mia indipendenza. Prima dell’arrivo dei social media, per un certo periodo della mia vita il mio soprannome è stato “Nina”. Quando ho dovuto scegliere un nickname, ho cominciato a giocare con le parole perché Nina era ovviamente già stato preso in tutte le sue declinazioni. Da Nina a Night e poi Ninight il passo è stato breve. Non ci ho pensato molto, mi calzava, mi corrispondeva. Un nickname, come un alter ego, deve essere intimo, come la notte.
Hai mollato tutto per prenderti un periodo sabbatico, perché?
Ho maturato la decisione a gennaio 2024, durante un ritiro di meditazione e yoga in silenzio. Quando metti a tacere il rumore intorno a te, risuona quello interiore. Ecco, per me è stato così. Abbiamo l’illusione di avere a disposizione la scatola del tempo futuro, quella in cui custodiamo i desideri che non abbiamo il coraggio di mettere in atto oggi. Quella scatola non esiste, abbiamo solo il tempo presente e quando me ne sono resa conto, è stato un risveglio. Era finito l’amore con la mia vita precedente, e quando finisce un amore, è definitivo. Era vitale ristabilire la congiunzione tra vita vissuta e vita desiderata. Così ho dato le dimissioni, lasciato una carriera da marketing manager e a metà aprile sono partita per il mio anno sabbatico in Asia.
Come hanno reagito le persone intorno a te a questa decisione?
Mio marito ha vissuto con me tutto il processo decisionale e, come me, lo riteneva necessario per il mio benessere. Stiamo insieme da 17 anni, al confronto otto mesi sono poca cosa se un rapporto è solido. Mi ha sostenuta e incoraggiata; in questi mesi non è stato sempre facile, è stato necessario impostare la relazione in una dimensione di lontananza. Il mio antidoto è stato quello di condividere tutto, il più possibile. Le altre persone importanti della mia vita – i miei pilastri in questi mesi – hanno capito. Anche con loro il rapporto è inevitabilmente cambiato, con alcuni ha raggiunto un tale livello di profondità che mi ha stupito.
Perché hai scelto l’Asia?
Praticando yoga e meditazione, non ho mai avuto dubbi che l’Asia fosse il continente della mia anima, così come mi era chiaro che il viaggio fosse la mia dimensione della ricerca della mia felicità. L’Asia per me è magnetismo puro e qui mi sono sempre sentita a mio agio, soprattutto quando ho detto sì e accolto tutte le esperienze in cui mi sono imbattuta. Qui ho capito che il Caso non esiste, non esiste la Fortuna, esiste solo il Karma. La mia decisione, l’azione di partire intendo, è stata karmica.
Puoi raccontarci qualche tua esperienza insolita durante questo periodo?
Mi vengono in mente almeno due episodi bizzarri e surreali, entrambi legati in qualche modo ai monsoni. Il primo ad Hanoi, in Vietnam: una sera mi sono riparata da una improvvisa pioggia torrenziale in un ristorante di street food molto locale. Il menu era solo in vietnamita e nessuno parlava inglese; ho ordinato tre piatti in base ai miei numeri preferiti riportati accanto. Mi sono ritrovata a mangiare pesce essiccato, tofu fritto e lumache di mare. Il locale era pieno di vietnamiti che avevano finito di lavorare e io ero evidentemente la strana attrazione della serata con cui tutti volevano parlare pur senza capirci.
Il secondo è legato al mio primo incontro con le sanguisughe. Facendo trekking al campo base dell’Annapurna (Nepal, ndr) se ne incontrano molte lungo il cammino alla fine della stagione dei monsoni. Sembrano piccoli filamenti marroni attaccati alle piante con una parte protesa verso il sentiero. Basta passare accanto ed è fatta, te le ritrovi ovunque. Il primo giorno sei in preda al disgusto e a un accenno di disperazione, dal secondo in poi impari a togliertele da sola dal collo, dalle braccia, dalle gambe con l’aiuto di una foglia.
Un po’ viaggio itinerante, un po’ smart working, un po’ relax e meditazione: è questo il segreto della felicità?
Sono un’anima nomade, forse irrequieta, senza dubbio questa è la formula della mia felicità. Questa profonda consapevolezza è arrivata in questi mesi, soprattutto facendo trekking sul versante nepalese dell’Himalaya. Camminare in montagna per me è sempre stata meditazione in movimento; farlo tra le vette più alte del mondo ha sbloccato un nuovo livello di autocoscienza. A ogni passo andavo più in profondità.
Consiglieresti di fare questa scelta così coraggiosa?
Consiglierei a tutti di fermarsi e chiedersi se la vita che stanno vivendo è davvero quella desiderata. Abbiamo solo il momento presente e solo la vita che decidiamo di vivere. C’è troppo in ballo per non porsi questa domanda, poi ognuno trova la sua personale risposta. Essere felici è un dovere che abbiamo verso noi stessi, ma prima è necessario interrogarsi e conoscersi. Vivere una vita tranquilla non basta, dobbiamo fare di tutto per essere felici.
Hai avuto qualche ripensamento?
Letteralmente mai. Ho capito che questa è la mia dimensione; in Asia, in viaggio, mi sento completamente connessa con me stessa, io all’ennesima potenza, la miglior versione di me. Molti hanno definito la mia scelta coraggiosa, in realtà è stato un atto di intelligenza emotiva: per la prima volta mi sono davvero ascoltata e ho agito di conseguenza. Il coraggio è stato necessario dopo, non tanto perché sto viaggiando da sola, ma per sostenere i momenti di solitudine e per rimanere fedele al mantra che sta dettando tutte le scelte di questo viaggio e di vita: scegliere persone, luoghi, esperienze che aggiungono tempo o energia positiva, le altre le lascio andare.
Quando torni (se torni) in Italia?
Tornare in Italia in tempo per Natale è sempre stato nei miei piani. Confesso però che acquistare il biglietto di ritorno è stato difficile. Ho rimandato quel momento per tanto tempo; le ragioni che mi hanno spinta a partire sono ancora valide, ma adesso è come se mi vedessi nella mia completezza, adesso vita vissuta e vita desiderata cominciano a coincidere. L’ultima parte del mio viaggio sarà in India; dopo tanti mesi vagabondi, adesso sento il bisogno di approfondire. Ho scelto lo Stato del Rishikesh, culla dello yoga e della scuola di meditazione himalayana. Vorrei tornare e condividere quello che ho imparato; adesso vedo le tracce del nuovo futuro che sto costruendo.