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Viaggio a Montrèal, quando visitare la città canadese

Se stai pensando di visitare il Canada e in particolare la bella Montrèal, città principale del Quèbec (ma non la capitale del Paese, che in realtà è la meno nota Ottawa) dovrai considerare con attenzione la giusta stagione per il tuo viaggio per godere appieno di ogni aspetto e attrazione offerta da questa interessante destinazione. Montréal, nel Canada sud-orientale, vanta un clima continentale, con inverni a dir poco gelidi, quasi gliaciali rispetto a quelli a cui siamo abituatu, ed estati abbastanza calde. Pur trovandosi praticamente a metà strada tra il Polo e l’Equatore, al 45° parallelo, e alla stessa latitudine di Milano, il suo clima è molto più rigido in inverno rispetto al capoluogo lombardo perchè risente delle irruzioni di masse d’aria fredde di origine polare.

Montreal estate

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A Montrèal l’estate è ricca di opportunità

Clima e temperature di Montrèal

Cominciamo con il dire che il periodo giusto per visitare Montrèal dipende da cosa ti piace. Se ami il freddo e l’atmosfera davvero invernale, la neve e il ghiaccio, il periodo giusto per scoprire la città è sicuramente quello che va da gennaio a fine marzo. Nonostante le temperature possano scendere di decine di gradi sotto lo zero, a Montrèal la vita non si ferma e la città continua a mostrare tutta la sua attrattività, con ristoranti e locali sempre aperti dove poter assaporare i piatti tipici dell’area. I canadesi d’altronde, anche quelli francofoni del Quèbec, sono abituati alle rigidità dei loro inverni e come amano dire i popoli nordici “non esiste buono o cattivo tempo ma solo cattivo equipaggiamento”. Questo vuol dire che, indossati sciarpa, guanti e giacche pesanti, si continua ad uscire per lavorare e per divertirsi anche in pieno inverno. La città d’altronde è perfettamente attrezzata e con i suoi camminamenti coperti permette di superare anche i giorni peggiori dell’anno dal punto di vista climatico.

L’inverno di Montrèal

L’inverno canadese dura molti mesi e Montrèal non fa eccezione. Si va dalla fine di novembre all’inizio di aprile, con precipitazioni quasi esclusivamente di carattere nevoso almeno fino alla seconda metà di marzo.  Di solito sulla città del Quèbec cadono più di due metri di neve all’anno, qualche volta anche in anticipo, già dai primi di ottobre, o addirittura all’inizio di maggio. Nei mesi più freddi dell’inverno, gennaio e febbraio, a Montrèal la temperatura media giornaliera si attesta sui -9°C, come accade ad esempio in città estramente fredde come Mosca o Helsinki. La differenza con queste due capitali del Nord la fanno però le ore di luce: le giornate nella città canadese non sono così brevi, trovandosi Montrèal ad una latitudine come quella di Milano.

Il freddo però è sensibilmente più pungente, a causa delle ondate di gelo accompagnate dal Blizzard, il famigerato vento proveniente da nord. Come se non bastasse, se ti è mai capitato di vedere immagini di canadesi con capelli e barbe congelate beh, sappi che il responsabile è un altro gradevole vento in transito da nord-est, il Barber. Il cambiamento climatico si fa sentire anche a Montrèal e ogni tanto può capitare che le temperature salgano oltre lo zero nei mesi di pieno inverno, facendo sciogliere la neve e trasformando le precipitazioni in pioggia.  Queste giornate ad ogni modo sono rare, mentre sono una certezza le ondate di freddo e le tempeste di neve e ghiaccio, con temperature estreme che arrivano fino a meno 30°C.

Montrèal neve

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Il tipico paesaggio dei lunghi mesi invernali di Montrèal

Montrèal in primavera

La primavera di Montrèal è una stagione tutto sommato molto breve, stretta tra il lungo inverno che si protrae almeno fino alla seconda metà di aprile, e l’inizio dell’estate. Si tratta di mesi di settimane dal meteo piuttosto instabile, con numerosi sbalzi di temperature. All’inizio di marzo fa freddo, la neve si fa spesso ancora vedere e non mancano le gelate. Anche il mese di aprile è caratterizzato da instabilità e giorni di freddo che si alternano a quelli dal clima più mite. A maggio il sole comincia a scaldare l’aria un po’ di più, anche se non mancano le piogge, con frequenti temporali pomeridiani. Le giornate però si allungano ed soprattutto verso la fine del mese, è particolarmente piacevole trascorrere le serate all’aperto.

L’estate calda di Montrèal

I cittadini di Montrèal sono soliti dire che la città ha due stagioni, l’inverno e luglio. Questo perchè in effetti, come abbiamo visto come vedremo, la primavera è l’autunno sono praticamente nient’altro che un prolungamento e un anticipo dell’inverno. Luglio invece è il mese estivo per eccellenza, quello dove finalmente fa veramente caldo, con giornate che arrivano ad essere anche afose a causa dell’umidità prodotta dai due fiumi, il San Lorenzo e l’Ottawa, che si allargano formando i laghi sulle cui sponde si specchia la città. Luglio dunque è il mese più caldo dell’anno ma anche ad agosto si vive una bella estate, con il vantaggio che le temperature sono generalmente un po’ più fresche e piacevoli rispetto alle settimane precedenti. Non è raro però che proprio in questi mesi si verifichino improvvisci temporali pomeridiani, anche di forte intensità, prima di veder rispuntare il sole. Le precipitazioni sono una costante di Montrèal a causa del continuo incontro tra masse d’aria fredda e calda, tanto che d’estate si registra la stessa quantità di precipitazioni dell’autunno.

Montrèal in autunno

Le settimane considerate autunnali, quelle che vanno dalla metà di settembre a quella di novembre, godono inizialmente di un clima ancora piacevole, in cui ogni tanto le temperature del giorno superano i 25°C. Questo meteo così gradevole però raramente va oltre alla metà di ottobre, quando invece la temperature cominciano a scendere rapidamente, le giornate si fanno fredde e le perturbazioni iniziano ad essere particolarmente frequenti.

Montrèal autunno

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Suggestivo paesaggio autunnali a Monrèal

Quando visitare Montrèal

Con un clima così polarizzato tra i due estremi dell’inverno e dell’estate, la scelta sulla stagione migliore per visitare la città dipende da cosa si desidera conoscere durante il proprio viaggio. Per un’autentica esperienza canadese e per provare a misurarsi con le temperature più rigide, si può scegliere il periodo dalla metà di dicembre alla fine di febbraio, considerando però che probabilmente bisognerà rinunciare a qualche attrazione nei dintorni della città. L’autunno ha il fascino dei colori caldi dovuti alle foglie degli alberi di acero che assumono la caratteristiche sfumature dal giallo al rosso intenso, rendendo i parchi cittadini particolarmente suggestivi. Per vivere al massimo ogni tipo di attività, dentro e fuori la città, dovrai pianificare il tuo viaggio dalla fine di giugno alla prima metà di agosto, per avere maggiori opportunità di poter approfittare delle belle, lunghe e calde giornate di sole. Non dimenticare però che dovrai sempre mettere in conto improvvisi temporali e possibili sbalzi, anche forti, di temperatura.

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Andare in Scozia: agosto è il periodo migliore

Cieli sconfinati, gente ospitale e panorami splendidi, la Scozia è una terra meravigliosa ricca di fascino e storia. Dalla maestosità del castello di Edimburgo alle morbide colline del Borders, fino ai vasti paesaggi delle Highlands: sono tanti i luoghi di cui fare esperienza in questo paese del Regno Unito. Chiunque si innamora della Scozia, anche se si è guadagnata una certa reputazione sul meteo che ‘spaventa’ molte persone alle prese con l’organizzazione del viaggio.

La Scozia, infatti, è famosa per i repentini cambiamenti del tempo (si passa da giornate soleggiate a giornate uggiose in un batter d’occhio). Molto spesso il meteo cambia da costa a costa, quindi flessibilità è la parola chiave per trarre il meglio dal vostro viaggio, soprattutto se avete pianificato un road trip tra i luoghi più belli del paese. Se nel punto in cui siete è previsto un temporale, controllate le app locali, salite in macchina e raggiungete la parte dove invece le piogge non arriveranno. La Scozia non è molto grande e chi la scopre in auto dovrà lasciare ampio margine ai cambi di programma.

Il periodo che offre le migliori possibilità di bel tempo resta l’estate, in particolare il mese di agosto quando il clima è mite (le massime restano intorno ai 17 gradi), le ore di luce favoriscono le attività all’aria aperta (che in Scozia sono un must) e le città organizzano festival imperdibili. Ecco cosa fare e cosa vedere in Scozia ad agosto, tra natura, divertimento e cultura.

Edimburgo ad agosto, clima ed eventi

Agosto è il mese ideale per visitare Edimburgo, famosa per le architetture e per i tanti festival che animano le sue strade proprio in questo periodo dell’anno. Ad agosto diventa non solo una splendida città da visitare, ma da vivere a 360 gradi. Il clima mite e il sole, che offre visite frequenti, forniscono le condizioni ideali per godersi le terrazze dei bar, i parchi e la città stessa. Dopo aver esplorato il castello e la Old Town, dopo esservi persi tra i vicoli stretti e respirato la loro atmosfera medievale, è tempo di divertirsi. Quali sono i festival più famosi organizzati a Edimburgo in questo mese?

Il primo è il Festival Internazionale di Edimburgo dedicato alla musica classica, alla danza e al teatro, organizzato nelle ultime tre settimane di agosto all’interno di teatri e sale da concerto. Essendo questo mese il più turistico e affollato, consigliamo di acquistare i biglietti con largo anticipo. Un altro evento è il Fringe Festival, anche questo dedicato all’arte e alla cultura, tra i più importanti al mondo. Le sue sedi sono itineranti e sono sparse per tutta la città, alcuni spettacoli sono a pagamento, mentre altri gratuiti. Se volete partecipare potete controllare il programma completo sul sito ufficiale del festival.

Nel mese di agosto viene organizzato anche il Military Tattoo dove le protagoniste indiscusse sono le bande militari. Si esibiranno musicisti, ballerini e acrobati, tutti vestiti con sontuose ed elaborate uniformi, sulla spianata del Castello di Edimburgo. Questo viene considerato come uno degli eventi annuali più iconici e se siete interessati a parteciparvi consigliamo di acquistare i biglietti in anticipo. Sono tanti altri i festival meno conosciuti organizzati in città come il Mela, dedicato alle comunità minoritarie residenti a Edimburgo, il Festival Internazionale del Libro e il Festival dell’Arte.

Fringe Festival Edimburgo

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Performance artistica durante il Fringe Festival a Edimburgo

Le Highlands ad agosto

Le Highlands offrono esperienze uniche in tutte le stagioni in base a quello che state cercando. I loro paesaggi mozzafiato travolgono lo sguardo rivelando panorami unici praticamente dovunque. Tra montagne, scogliere e l’ospitalità tipica delle zone di campagna, le Highlands rappresentano una meta imperdibile per chiunque voglia scoprire il meglio della Scozia.

Visitandole ad agosto godrete dei colori accesi della tarda estate e di un clima relativamente mite (intorno ai 15 gradi), perfetto per esplorare la natura. Anche se sono comuni brevi acquazzoni, spesso passano rapidamente, lasciando dietro di sé aria fresca e pulita e panorami incredibilmente limpidi. In questo periodo dell’anno si svolgono anche gli Highlands Games dedicati agli sport tradizionali scozzesi come il lancio del caber, il tiro alla fune e il lancio del martello. Il tutto è arricchito da danze e musiche delle Highlands, da bancarelle di cibo e artigianato, giochi per bambini e altri eventi, comprese le sfilate degli animali domestici.

Come vestirsi per andare in Scozia

L’ultimo consiglio per visitare la Scozia ad agosto riguarda l’abbigliamento. Nonostante questo mese sia considerato quello più caldo, non è esente da cambi improvvisi del clima. Consigliamo di mettere in valigia una giacca impermeabile, sarà la vostra alleata più importante durante l’intero viaggio. Indossate scarpe comode, prediligendo quelle chiuse e con delle buone suole perché le strade possono essere particolarmente scivolose. Portate con voi anche degli indumenti caldi nel caso in cui le temperature dovessero subire un calo improvviso. In generale, quando state preparando la valigia, tenete a mente che l’ideale è sempre vestirsi a strati per essere pronti a qualsiasi temperatura.

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Egitto, una nuova scoperta fa luce sulla costruzione delle piramidi

L’Egitto è una terra affascinante e gran parte del suo charme lo deve alle magnifiche, possenti e misteriosi piramidi. Infatti, le piramidi sono da sempre un mistero per via della loro forma geometrica perfetta, della loro immensità e delle curiosità circa la loro costruzione. Tantissimi sono gli studi e le ricerche al riguardo: come è possibile che in un’epoca in cui la manovalanza non disponeva degli aiuti degli strumenti più tecnologici e avanzati, si siano potute costruire delle strutture così possenti e perfette?

Ecco perché ancora oggi si producono ricerche, documentari e saggi sulle piramidi egizie. Non a caso, infatti, gli studi sulla origine e sul modo in cui le piramidi siano state costruite continuano ancora ed è così che possiamo parlare di una nuova scoperta al riguardo: l’ultimo studio pubblicato il 5 agosto 2024 sulla rivista Plos One di Xavier Landreau ha rivelato ulteriori dettagli sul modo in cui sia stato possibile far fluire l’acqua nei pozzi posti dentro la Piramide di Djoser, acqua che è servita al trasporto dei blocchi di costruzione della stessa piramide.

La Piramide di Djoser e la scoperta francese

Xavier Landreau, ricercatore dell’Istituto CEA Paleotechnic in Francia e il suo team hanno raccontato al mondo sulla rivista Plos One la loro nuova scoperta: uno studio ben accurato, infatti, sembrerebbe fare chiarezza, finalmente, sul modo in cui l’acqua sia stata fatta fluire all’interno dei due imponenti pozzi posti nella Piramide di Djoser.

Piramide di Djoser, Saqqara

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Vista sulla Piramide di Djoser a Saqqara

Secondo questo studio, infatti, questi due pozzi di acqua servivano a far sì che questa potesse far alzare e poi abbassare un galleggiante utile al trasporto dei blocchi per la costruzione della piramide.

Alla base della loro teoria, dunque, ci sarebbe l’utilizzo di un sistema idraulico realizzato sapientemente all’interno della piramide stessa. I ricercatori hanno individuato ben due pozzi verticali all’interno della struttura piramidale, che potrebbero essere stati sfruttati per far fluire l’acqua: a supporto di questa ipotesi, comunque plausibile, il team di studiosi ha anche esaminato una struttura proprio adiacente alla Piramide di Djoser, la recinzione di Gisr el-Mudir. Il cosiddetto “Grande Recinto” è una costruzione, in passato misteriosa e poco compresa dalla scienza, che forse è servita nei lavori di costruzione della Piramide di Djoser come una sorta di diga. In questo modo, la diga avrebbe contenuto l’acqua e i sedimenti provenienti dalle fonti idriche più vicine per far poi confluire l’acqua, una volta purificata dai vari detriti, all’interno dei pozzi nella piramide.

Inoltre, i ricercatori hanno anche portato alla luce molteplici scomparti scavati all’interno del terreno esterno alla piramide, che forse all’epoca potrebbero essere stati costruiti come impianto di trattamento dell’acqua. Qui, i sedimenti si sarebbero depositati man mano che l’acqua fluiva lungo i diversi comparti, prima di essere convogliata priva di impurità all’interno dei pozzi della struttura.

Questa scoperta fa nuova luce sui metodi ingegneristici di cui si sono serviti gli antichi egizi per costruire una delle più stupefacenti meraviglie del mondo, nonché dimostra che gli egizi erano già in grado di utilizzare nell’antichità alcune tecnologie idrauliche che anche oggi sembrano più che avanzate.

Qual è la Piramide di Djoser

La Piramide di Djoser è ritenuta la più antica e la più maestosa dell’area della necropoli di Saqqara: questa imponente piramide rappresenta infatti un’importante pietra miliare nell’evoluzione dell’architettura funeraria egizia. Costruita durante la III dinastia per il faraone Djoser, la monumentale struttura è stata progettata dall’architetto Imhotep, che l’ha resa famosa per la sua innovazione e la grandiosità.

La piramide si distingue per essere la prima in pietra a gradoni della storia egizia e la sua struttura ha infatti posto le basi per le future piramidi che hanno poi caratterizzato il paesaggio delle necropoli egizie. La sua forma a gradoni, simboleggiante la scala che il faraone doveva salire per raggiungere il cielo e unirsi agli dei, riflette le credenze spirituali dell’antico Egitto. Imhotep, inoltre, introdusse anche gallerie sotterranee e corridoi nel complesso funerario, aprendo la strada a nuove tecniche architettoniche che si sarebbero evolute nelle piramidi successive.

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Cosa mangiare a Tunisi, i piatti tipici da non perdere

La cucina tunisina è un’esplosione di sapori e aromi, un viaggio sensoriale attraverso la storia e la cultura di un paese che ha sempre saputo accogliere e fondere le influenze di diverse civiltà nel corso dei secoli. La sua unicità è tutta nella capacità di combinare semplicità e raffinatezza, creando piatti che sono al contempo robusti e delicati, speziati e armoniosi. Scopriamo i piatti tipici da assaggiare assolutamente durante un viaggio in Tunisia.

Couscous

Senza dubbio il piatto più rappresentativo della cucina tunisina, ma diffuso comunque in tutto il Maghreb, il couscous è a base di granelli di semola di grano duro cotti a vapore in una speciale pentola chiamata couscoussiera, fino a diventare soffici e leggeri.

Tradizionalmente viene servito con uno stufato di verdure, in genere carote, zucchine, zucca e ceci, e carne d’agnello o di pollo, oppure con una zuppa di pesce. Il tutto cotto in un ricco brodo aromatizzato con spezie, tipo cumino, coriandolo e zafferano.

L’ingrediente distintivo del couscous tunisino è l’harissa, la tipica pasta piccante a base di peperoncini rossi, aglio e olio d’oliva, che aggiunge una nota di colore e un gusto più deciso al piatto. Simbolo di convivialità e tradizione, in Tunisia il couscous viene mangiato anche più volte alla settimana, ma è spesso preparato per celebrare eventi speciali e riunioni familiari.

Brik

Generalmente servito come antipasto o come spuntino, il brik è uno dei cibi più amati e distintivi della cucina tunisina, particolarmente apprezzato per la sua croccantezza e il ripieno saporito. Si tratta di una sfoglia sottile di pasta fillo, chiamata malsouka, ripiegata e farcita con un composto che solitamente include tonno, uova, cipolle, prezzemolo e capperi.

Una volta riempito, il brik viene fritto fino a raggiungere una doratura perfetta, risultando croccante all’esterno e morbido e saporito all’interno. L’uovo al suo interno è spesso lasciato con il tuorlo liquido, che si fonde con il resto degli ingredienti quando viene morso. La sua preparazione, seppur semplice, richiede una certa dose di abilità per evitare che la pasta si rompa durante la frittura.

Le origini del brik risalirebbero all’antica Grecia, ma nel tempo è diventato a tutti gli effetti una specialità tunisina, consumata con tutti i pasti, anche a colazione, e particolarmente popolare nel mese del Ramadan.

Lablabi

Un vero comfort food gustoso e sostanzioso, il lablabi è una zuppa tradizionale tunisina a base di ceci, che vengono cotti in un brodo aromatico arricchito da spezie, tra cui cumino, aglio e talvolta coriandolo, alle quali viene aggiunta la harissa per conferire al tutto una nota piccante.

La zuppa viene poi versata su pezzi di pane raffermo, che assorbono il brodo caldo, e su tutto viene versato un filo di olio d’oliva, succo di limone, talvolta anche un uovo sodo o in camicia. Particolarmente apprezzato durante i mesi invernali, il lablabi rappresenta un perfetto equilibrio tra sapori semplici e complessi e occupa un posto speciale nelle tradizioni culinarie tunisine.

Harissa

Anche se è più una salsa che un piatto vero e proprio, la harissa è una componente fondamentale della cucina tunisina. Questa pasta piccante a base di peperoncini rossi, aglio, coriandolo, cumino e olio d’oliva, con il suo sapore intenso e la sua versatilità è il cuore della cucina nordafricana.

Ogni famiglia tunisina ha la propria ricetta, spesso tramandata di generazione in generazione, variando la proporzione delle spezie e l’aggiunta di ingredienti come il succo di limone. La harissa viene utilizzata in una vasta gamma di piatti, dal couscous agli stufati, dalla marinatura di carni e pesce fino a essere spalmata semplicemente sul pane caldo. Il suo gusto pungente e il profumo aromatico aggiungono profondità e carattere a ogni piatto.

Insalata Mechouia

Una fresca insalata di verdure grigliate, tra cui peperoni, pomodori e cipolle, condite con olio d’oliva, succo di limone e spezie, la salade mechouia è apprezzata per il suo sapore affumicato e aromatico. In alcune versioni può essere ulteriormente arricchita con tonno, uova sode, olive nere e capperi, creando così un contrasto di consistenze e sapori.

Servita fredda o a temperatura ambiente, l’insalata mechouia non è solo una celebrazione dei sapori mediterranei, ma anche un esempio perfetto della semplicità e della genuinità della cucina tunisina, dove con pochi ingredienti freschi e di qualità si crea un piatto straordinariamente delizioso.

Insalata tunisina Mechouia

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Insalata Mechouia con tonno e uova

Chorba

Uno dei piatti popolari del Ramadan, la chorba è un brodo aromatico preparato con carne, solitamente agnello o pollo, e verdure, tra cui pomodori, carote, zucchine e patate. L’aggiunta di varie spezie, come coriandolo, cumino, zafferano, cannella, e una manciata di erbe fresche, come prezzemolo e menta, donano alla chorba il suo caratteristico sapore e un aroma avvolgente.

Spesso, per dare consistenza e maggior nutrimento, si aggiungono anche ceci o grano spezzato che rendono la zuppa ancora più sostanziosa. Servita calda, la chorba è un vero e proprio comfort food, perfetto per iniziare il pasto con una nota di calore e accoglienza.

Ojja

Un piatto tradizionale che delizia i sensi con la sua semplicità e il suo sapore robusto, l’ojja è una pietanza a base di uova cotte in una salsa di pomodoro densa e piccante, arricchita con peperoni, aglio e spezie aromatiche, tra cui cumino e paprika. Spesso, viene aggiunta anche della salsiccia piccante di merguez, tipica del Nord Africa, che dona una maggiore intensità al piatto.

L’ojja è un piatto semplice da preparare, ma richiede attenzione per cuocere perfettamente le uova, lasciando il tuorlo leggermente morbido in modo che si amalgami con la salsa. Spesso consumato come pasto principale, servito caldo con il pane, l’ojja è un piatto nutriente e pieno di carattere, esempio perfetto della cucina casalinga tunisina che combina abilmente ingredienti freschi e spezie.

Mloukhia

Apprezzato per il suo sapore unico e la preparazione meticolosa, che richiede tempo e pazienza, la mloukhia è un piatto profondamente radicato nella cultura culinaria tunisina. Prende il nome dall’ingrediente principale, la polvere di foglie di corchorus essiccate, che conferiscono al piatto il caratteristico colore verde scuro e la consistenza densa e vellutata.

Si prepara facendo cuocere lentamente questa polvere con olio d’oliva e acqua, creando una sorta di stufato ricco e aromatico, al quale si aggiungono pezzi di carne, come manzo o agnello, cotti a fuoco lento fino a diventare teneri e impregnati dei sapori della salsa, ulteriormente aromatizzata con coriandolo, aglio e cumino.

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Scavi rivelano nuovi segreti per i siti nuragici del Nord Sardegna

La Sardegna è una delle isole italiane più gettonate per le vacanze durante la bella stagione, soprattutto per le sue coste spettacolari, fatte di spiagge dorate e mare turchese in cui darsi alle immersioni alla scoperta della ricca flora e fauna marina locale, ma non solo. Infatti, oltre a offrire la spettacolare Costa Smeralda e altri svariati km di splendidi litorali, la Sardegna è nota anche per i suoi tesori archeologici e i siti di rilevanza storica.

Le famose nuraghe e i siti nuragici in Sardegna sono testimonianze archeologiche uniche e significative dell’antica civiltà nuragica, un’epoca che riguardò l’isola tra il II millennio a.C. e il III secolo d.C. Oggi, una nuova scoperta: dopo aver terminato tre campagne di scavi, l’Università di Sassari ha ritrovato ulteriori reperti archeologici nei pressi dei siti nuragici di Sos Muros, in zona Buddusò, del sito di Illoi, a Sedilo, e presso il sito di Ponte, in territorio Dualchi. Questi recenti ritrovamenti hanno portato alla luce ulteriori dettagli sul periodo compreso tra il XII e il VIII sec. a.C., ovvero l’arco di tempo che abbraccia la fine dell’Età del bronzo e la prima parte della cosiddetta Età del ferro. 

Cosa sono le nuraghe sarde

Avrete spesso sentito parlare delle nuraghe in Sardegna, ma cosa sono? Si tratta di torri dalla forma tronco-conica, costruite in pietra senza alcun utilizzo di legante, tipiche del territorio sardo. Queste strutture erano in antichità probabilmente utilizzate a scopo difensivo, come torri di avvistamento o come vere e proprie fortezze. Alcune nuraghe erano davvero monumentali, con più di una torre all’interno dello stesso complesso.

I siti nuragici sono quindi vere e proprie aree archeologiche che includono non solo le nuraghe, ma anche altri tipi di costruzioni come le cosiddette “tombe dei giganti” (sepolture collettive a forma rettangolare o trapezoidale), le capanne circolari, i pozzi sacri e le mura difensive.

I siti nuragici in Sardegna sono distribuiti un po’ su tutta l’isola e rappresentano un patrimonio culturale di inestimabile valore, testimonianza di una civiltà complessa e avanzata che ha dominato la regione per secoli. Alcuni dei siti più famosi includono il complesso nuragico di Barumini (Su Nuraxi), le nuraghe di Santu Antine a Torralba, il complesso di Palmavera ad Alghero e le nuraghe di Losa a Abbasanta.

Nuraghe Santu-Antine, Torrealba

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Le Nuraghe Santu-Antine a Torrealba

La scoperta nel Nord della Sardegna

La scoperta dei ricercatori dell’Università di Sassari ha visto la partecipazione al team per gli scavi archeologici di alcuni tra gli studenti dell’università nei corsi di laurea triennale e di laurea magistrale di Archeologia e della Scuola di specializzazione in Beni archeologici dell’ateneo di Sassari. Il team di Sassari ha collaborato con i colleghi delle Università di Cagliari, Genova, Bologna, Pisa e delle Universitad de Cadiz, Universität Weimar e della University of California di Los Angeles.

I lavori sono stati avviati grazie a una concessione ministeriale, insieme alla Soprintendenza e ai rispettivi Comuni di riferimento di ciascun sito nuragico.  Nel sito nuragico di Illoi sono stati ritrovati alcuni filari e altre tipologie di strutture, dapprima nascosti sotto il terreno e che ora hanno rivelato anche un bastione, insieme ad altri resti di un antico edificio religioso e di materiali in ceramica risalenti all’età del ferro ma individuati come provenienti dall’Oriente.

Il sito archeologico di Sos Muros, invece, ha portato al ritrovamento di una struttura dalla forma circolare nei pressi del santuario e del pozzo sacro, con molta probabilità lasciata a se stessa dopo un incendio. In questa struttura sono stati rinvenuti anche, sempre dallo stesso team di ricercatori, alcuni antichi manufatti per la filatura e la tessitura e ceramiche per l’ambiente cucina. I lavori hanno anche evidenziato quello che è il perimetro dell’edificio di forma circolare che ha le dimensioni di circa 12 metri di diametro, nei pressi del pozzo. Nelle nuraghe di Dualchi, invece, gli scavi si sono concentrati negli spazi interni dell’edificio con pianta ellittica, portando al ritrovamento di ceramiche e manufatti in bronzo, testimonianza di quella civiltà.

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Bogotà è pericolosa? Consigli per visitare la capitale della Colombia

Bogotà è la capitale della Colombia, un vero crocevia di storia, cultura e tradizioni. Sicuramente una città colma di contrasti, dove lo spirito multiculturale è presente nei suoi 20 distretti ma è sicuramente in modo preponderante a la Candelaria quartiere storico coloniale, nell’area residenziale Chapinero con i suoi tanti uffici, locali ed edifici commerciali, e a La Macarena quartiere definito bohemien dove caffè e gallerie d’arte sono tra i pezzi forti. Se stai pensando di visitarla sappi che la sicurezza è una preoccupazione comune tra viaggiatori e turisti; un po’ come per ogni grande città turistica, ma quando si tratta di Bogotà, è meglio sapere che la criminalità è piuttosto diffusa, fatte le dovute premesse in ogni città che visiterai fai sempre molta attenzione a come ti muovi e ai quartieri che visiti.

Situazione della sicurezza a Bogotà

Se negli ultimi anni Bogotà ha visto dei miti miglioramenti nella sicurezza, dovuta agli sforzi delle autorità locali nel combattere la criminalità, è importante essere consapevoli che in ogni grande metropoli esistono aree con diversi livelli di sicurezza.

Le zone turistiche e centrali, ad esempio La Candelaira, centro storico di Bogotà  noto per i suoi musei, attrazioni culturali come Plaza Bolìvar e il Museo del Oro ad esempio,  e la Zona G famosa per la sua offerta gastronomica di alta qualità sono generalmente considerate più sicure oltre che ben sorvegliate. Pur essendoci zone come queste citate, relativamente sicure e tranquille, a Bogotà è consigliabile rimanere vigili, soprattutto nelle aree meno battute e ovviamente, durante la notte.

Trasporto e spostamenti sono sicuri a Bogotà?

Il sistema di trasporto pubblico della capitale della Colombia conosciuto come TransMilenio è sicuramente una scelta molto pratica ed anche economica per spostarsi in città, ma sebbene sia molto efficiente, come per ogni grande città può essere molto affollato nelle ore considerate di punta e questo aumenta il rischio di piccoli furti.

L’altro mezzo di trasporto più usato è il taxi, il consiglio è di optare per quelli ufficiali e prenotati tramite app come Uber o Beat che offrono un ulteriore livello di sicurezza rispetto ai taxi presi per strada, che purtroppo potrebbero non sempre essere affidabili. E come per ogni grande città in cui ci si reca, è utile prendere nota del numero di targa del taxi e del codice tassista, informare qualcuno di fiducia della propria destinazione e del tempo stimato di arrivo.

Precauzioni generali

Bogotà è una città affascinante con molto da offrire, con la giusta consapevole attenzione alla propria sicurezza è facile godere di un soggiorno appagante e sicuro. Queste sono alcune precauzioni generali che vi garantiranno un viaggio e un soggiorno sicuro a Bogotà:

  • proteggete i vostri effetti personali di valore ben nascosti, utilizzate borse sicure;
  • prestate attenzione all’ambiente circostante e rimanete vigili; evitate di camminare da soli di notte e utilizzate mezzi di trasporto sicuri;
  • chiedete sempre consiglio al personale dell’hotel o alle guide su quali aree evitare;
  • è sempre utile avere a disposizione i numeri di emergenza, inoltre è consigliabile registrarsi presso l’Ambasciata o il Consolato del proprio Paese all’arrivo in modo da ricevere assistenza in caso di necessità.
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Cosa vedere e cosa fare a Santa Croce Camerina

Santa Croce Camerina è un incantevole comune della provincia di Ragusa, nel cuore della regione Sicilia, con una popolazione di circa undici mila abitanti, in grado di offrire una combinazione perfetta tra storia, cultura, mare e tradizioni di questa isola nel cuore del Mar Mediterraneo.

Questo piccolo borgo siciliano gode di una storia antica non indifferente: venne fondato nel lontano 598 a.C. con il nome di Kamarina e fu colonia dell’antica Grecia. Ecco perché, per gli amanti della storia antica, questa piccola cittadina della Sicilia è la scelta ideale per le prossime vacanze, per osservare ricchi reperti storici, che racconta di epoche diverse, come quella romana, araba, bizantina e normanna.

Cosa vedere nel borgo di Santa Croce Camerina

La Chiesa Madre: antico simbolo cittadino

Il monumento sicuramente più importante di Santa Croce Camerina è senza ombra di dubbio la Chiesa Madre. Si tratta di una struttura antica, costruita nel lontano tredicesimo secolo e ristrutturata, in seguito, nel diciottesimo secolo. È una chiesa caratterizzata da tre grandi navate e dallo stile architettonico di epoca barocca.

All’interno della Chiesa Madre si possono ammirare diverse opere d’arte dal grande valore storico, tra le quali è possibile osservare di una copia della Madonna di Loreto del Caravaggio, dipinto che venne attribuito al pittore tedesco Martin Faber, ed una statua di San Giuseppe, che è anche patrono della Città, e proveniente dalla famosa bottega dello scultore siciliano Salvatore Bagnasco.

Facciata della Chiesa Madre di Santa Croce Camerino, simbolo del borgo siciliani

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Chiesa Madre di Santa Croce Camerino

I palazzi storici del borgo

Nelle vicinanze della Chiesa Madre, è possibile visitare diverse ed eleganti residenze signorili, che meritano una visita e aiutano a scoprire la storia di questo borgo che si trova nelle vicinanze della splendida città di Ragusa ed il suo centro storico.

Qui, a Santa Croce Camerina, è possibile visitare Palazzo Vitale-Ciarcià, con raffinate ed eleganti decorazioni interne, Palazzo Portelli, che apparteneva ad una famiglia di proprietari terrieri e governatori dell’epoca, la cui struttura comprende anche mura del diciassettesimo e diciottesimo secolo, Palazzo Pace e, infine, Palazzo Carratello, un palazzo costruito in stile tardo barocco, caratterizzato dalla sua splendida facciata e le sue scalinate in roccia asfaltica, un pietra pece tipica del ragusano.

Storia ed archeologia a Santa Croce Camerina

Uno dei siti archeologici più spettacolari della regione Sicilia, e non solo, è il museo regionale di Kamarina, che raccoglie un interessante patrimonio storico ed archeologico proveniente dall’epoca degli antichi greci e dalla colonia Kamarina. Tra i reperto esposti all’interno di questo museo ci sono antiche ceramiche, monete, statuette ed altri diversi oggetti dal grande valore storico e culturale. Inoltre, ciò che rende unico questo museo è anche la sua posizione, affacciato sul mare, che rende le visite nella struttura ancora più suggestive.

Oltre al museo regione di Kamarina, gli amanti della storia e della cultura antica, non possono perdere l’occasione di visitare il parco archeologico di Kaukana, situato tra Punta Secca e Casuzze. Il sito, composto da poco meno di trenta edifici che circondano una piccola chiesa, in ottime condizione, grazie anche alle dune sabbiose che lo hanno protetto nei secoli.

Visitare questo parco archeologico significa fare un tuffo nel passato, in un’atmosfera singolare, che permette di immaginare la vita quotidiana dell’epoca antica.

Mare e spiaggia: le bellezze naturali dell’antica Kamarina

Non solo storia, arte e cultura a Santa Croce Camerina. Nelle vicinanze di questo antico borgo siciliano, è possibile visitare paesaggi naturali fantastici e splendide borgate marinare, dove passare giornate su ampie spiagge sabbiose e godere delle acque limpide che bagnano la Sicilia.

  • Punta Secca, conosciuta anche come “a sicca” dagli abitanti locali, è una delle località più famose di questa parte della costa siciliana. Il nome di Punta Secca deriva dalla presenza di una grande scogliera a pelo d’acqua, proprio davanti alla spiaggia principale. Questa località siciliana è diventata famosa anche grazie alla serie televisiva del Commissario Montalbano, celebre personaggio creato dallo scrittore italiano Andrea Camilleri. Qui si trova la famosa abitazione del commissario, che si affaccia sul mare siciliano.
  • Punta Braccetto, invece, si trova al confine a nord di Santa Croce Camerina. Qui si trova una spiaggia sabbiosa, oltre a diverse grotte suggestive e numerosi scogli, che caratterizzano il paesaggio e lo rendono  perfetto per chi è alla ricerca di relax e divertimento, ma anche per chi ama attività e sport acquatici, come la pesca subacquea nei limpidi fondali marini del Mediterraneo
  • Caucana e Casuzze, infine, rappresentano il versante a sud del comune di Santa Croce Camerina. Queste due piccole località marine siciliane sono caratterizzate da spiagge dorate, paesaggi naturali unici ed indimenticabili. Le spiagge di Caucana, poi, sono ideali per le famiglie grazie alla presenza di stabilimenti balneari attrezzati.
Vista della spiaggia dorata di Punta Secca, in Sicilia, con mare mosso e scogli

Fonte: iStock

Spiaggia di Punta Secca in Sicilia

Cosa fare nelle vicinanze di Santa Croce Camerina

Escursioni ed attività all’aperto

I territori che circondano Santa Croce Camerina permettono agli appassionati di escursionismo, trekking ed attività all’aperto di vivere e creare esperienze indimenticabili in questa parte della Sicilia. I percorsi si snodano tra vigneti suggestivi, uliveti e colline, che offrono panorami mozzafiato sul paesaggio siciliano. Tra le escursioni sicuramente da non perdere quella che porta al Castello di Donnafugata, una famosa dimora storica circondata da un parco secolare.

Inoltre, le acque limpide del canale di Sicilia sono perfette per la pratica di sport acquatici come lo snorkeling e le immersioni subacquee, ma anche sport più adrenalinici come il windsurf o la vela, grazie alle correnti che colpiscono questa zona.

La cultura vinicola siciliana

Un modo per scoprire ed immergersi nella cultura e nelle tradizioni siciliane è sicuramente scoprire la cultura vinicola della regione. A pochi chilometri dal borgo di Santa Croce Camerina sono presenti rinomate cantine, come, ad esempio, Cantina Gulfi e Feudo di Santa Teresa. Si tratta di due produttori molto importanti per la regione Sicilia, che propongono tour guidata e che includono la visita ai vigneti e alle strutture di produzione.

Gli ospiti di queste cantine possono scoprire qui i segreti della vinificazione siciliana, degustare vini locali come il Nero d’Avola ed il Cerasuolo di Vittoria, oltre che assaporare alcuni prodotti tipici del territorio.

Santa Croce Camerina è la destinazione perfetta per chi vuole scoprire la Sicilia più autentica grazie al suo ricco patrimonio storico ed archeologico, le sue splendide spiagge ed i suoi sapori, per un’esperienza di viaggio unica ed indimenticabile.

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In viaggio dal Brennero alla Sicilia con i treni regionali

Scrittore di viaggi e già autore di un altro libro dedicato agli itinerari ferroviari turistici italiani, “Binari. Racconti di viaggi e di treni sulle ferrovie minori italiane”, Fabio Bertino ha da poco pubblicato tramite piattaforma di selfpublishing “Italia ad altra velocità. In viaggio dal Brennero alla Sicilia con i treni regionali”. Una passione, la sua, per i treni e per quelle tratte lente e poco conosciute che permettono non soltanto un’esperienza di viaggio alla portata di tutti, ma di scoprire il nostro territorio nei minimi dettagli e nelle migliaia di sue sfaccettature.

Il suo ultimo libro, una guida ricca di racconti, di esperienze, di consigli autobiografici, descrive un’Italia autentica, lontana dalle rotte turistiche più battute, tra borghi, paesaggi e tanti tesori nascosti, perfetta per chi è sempre alla ricerca di nuove esperienze e di itinerari fuori rotta.

Perché hai sentito il bisogno di scrivere questo libro?

I viaggi in treno sono una mia passione da sempre. Ho avuto la fortuna di percorrere le “grandi” linee, dalla Transiberiana alla Transmongolica, dalla Tazara in Africa al Ghan in Australia, ma vivendo in uno dei Paesi con la rete ferroviaria più estesa al mondo (pensa che siamo il quarto Stato per densità ferroviaria per chilometro quadrato, prima di Stati Uniti, Russia, India e così via) non potevo non approfittarne! In particolare, ho deciso di dedicarmi alle linee regionali perché le trovo il modo più affascinante per andare alla scoperta dell’infinita varietà delle bellezze della provincia italiana, condividendo questa esperienza con le migliaia di persone che ogni giorno, per un motivo o per un altro, salgono su un vagone.

Tre anni fa, in un mio libro precedente, ho raccontato una serie di itinerari sulle ferrovie “minori” più conosciute ed amate (dalla Cuneo-Ventimiglia alla Circumetnea), percorrendo quindi l’Italia un po’ a macchia di leopardo. E, proprio in quell’occasione, è nata la voglia di un viaggio più ampio ed ambizioso, che mi portasse ad attraversare tutta la penisola, dalla stazione più a Nord a quella più a Sud, dalle Alpi allo Ionio, dall’Adriatico al Tirreno, dalle città ai piccoli paesi. E così… ecco “Italia ad altra velocità”.

“Preparatevi ad un viaggio straordinario. Non un viaggio qualunque, ma un’avventura che vi porterà a scoprire l’anima autentica dell’Italia” (Fabio Bertino)

Dei tanti itinerari che hai descritto, quale metteresti al primo posto e perché?

Domanda difficilissima, proprio perché attraversando l’Italia intera ciò che più mi ha colpito è la sua favolosa ricchezza. Lasciamene indicare due, non perché più belli ma perché sono uno a Nord e l’altro a Sud e quindi ricomprendono idealmente nel mezzo anche gli altri. Il primo è il Rovigo-Chioggia, perché porta alla scoperta di quella meravigliosa “terra d’acqua”, la terra dei gradi fiumi che nel libro ho definito la “Mesopotamia d’Italia”; e perché Chioggia esprime bene quel che ti accennavo sulle bellezze della provincia italiana.

Un luogo splendido, che ovunque sarebbe fra le attrattive principali dell’intero Paese, ma in Italia abbiamo tali capolavori assoluti (in questo caso Venezia) che in un certo senso mettono un po’ in ombra qualunque altra località. Il secondo è, invece, la linea che lungo la costa orientale della Sicilia porta fino a Pozzallo. In particolare, la tratta Catania-Siracusa-Pozzallo, semplicemente perché lungo l’intero tragitto tutto ciò che si incontra è pura meraviglia, dal mondo di lava di Catania e delle Aci a quello di luce del barocco siciliano delle province di Siracusa e di Ragusa.

Quale itinerario consiglieresti per chi ha un solo giorno?

Per un giorno suggerirei la Napoli-Portici, anche perché è stata la prima ferrovia d’Italia e in assoluto una delle prime al mondo. Perché si parte dalla favolosa densità di umanità, storia, architettura, cibo ecc. del Capoluogo campano e, sempre accompagnati dal Golfo di Napoli, si arriva in pochi minuti a Pietrarsa, dove si può dedicare parte della mattinata al Museo Nazionale Ferroviario, talmente bello e talmente ben organizzato da riuscire ad affascinare anche chi non è particolarmente appassionato di treni e viaggi in treno, per trascorrere poi il resto della giornata agli scavi archeologici di Ercolano, che non hanno bisogno di presentazioni. Davvero una giornata densa di emozioni e scoperte.

Per chi può dedicargli un weekend, invece?

Per un weekend, per uscire un po’ dagli itinerari più battuti, penso invece ad un breve tratto della ferrovia Adriatica. Di nuovo accompagnati dall’azzurro del mare, si può trascorrere una mezza giornata a Termoli, un piccolo gioiello che si è rivelata una delle scoperte più piacevoli di tutto il mio viaggio, dedicare poi un paio d’ore al paese di Campomarino (l’unica altra fermata in territorio molisano), uno dei quattro paesi molisani di tradizione arbereshe (gli italo-albanesi stabilitisi qui nel XV secolo) con la sua storia e i suoi bellissimi murales che raccontano, appunto, le tradizioni di questa comunità, per finire a Foggia, forse meno nota come meta turistica rispetto ad altre località pugliesi, ma che merita assolutamente una visita.

E per chi ha più tempo a disposizione?

Con più tempo c’è, invece, l’imbarazzo della scelta. Da Bolzano a Trento si godono tutte le bellezze e i paesaggi dell’Alto Adige e del Trentino, da Bolzano a Vipiteno, da Bressanone a Salorno a Trento; con la Terontola-Foligno si attraversa il cuore d’Italia, dal Trasimeno a Perugia, ad Assisi, a Spello fino a Foligno dove (il perché lo racconto nel libro) ci si trova letteralmente “al centro del mondo“; percorrere la costa tirrenica della Calabria in treno, dove ancora una volta i binari corrono di fianco al mare, significa rimanere senza parole per la bellezza continua di quel che scorre dal finestrino; della Catania-Siracusa-Pozzallo ti ho già detto, e così via.

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Fonte: IDM Südtirol Alto Adige – @Manuel Ferrigato

Viaggio in treno in Alto Adige

Il tuo non è solo un viaggio in treno, ma anche l’esplorazione del territorio che attraversi.
Quali consigli ti senti di dare a chi legge il tuo libro?

Il consiglio è quello di approfittare in pieno del fatto di muoversi su un mezzo “lento” e, anzi, di fare di questo aspetto il punto di forza del proprio viaggio. C’è così tanto da vedere e da scoprire, e troppo spesso muovendoci solo fra le località più famose e frequentate sfioriamo meraviglie assolute, località affascinanti, piccole perle, e non ce ne accorgiamo neppure.

Oltre ai pregi, quali sono i difetti di viaggiare sui treni di cui hai scritto?

Riguardo ai pregi, credo che quel che penso al riguardo traspaia già da quanto ti ho raccontato finora. I difetti sono quelli noti: i ritardi, a volte l’affollamento e così via (lo so bene perché sono stato anche pendolare per quindici anni). Purtroppo, le linee regionali non sono valorizzate quanto si dovrebbe, e risentono quindi di questa scarsa attenzione. Però per me il viaggio in treno mantiene il suo fascino unico. Non solo quello romantico dei velluti dell’Orient Express o delle foreste senza fine della Transiberiana. Ma anche un fascino più concreto e reale, quello delle esperienze più vere ed autentiche di un viaggio.

Come lo stesso autore ricorda nella prfazione, questo libro non è solo un diario di viaggio, ma un invito a guardare con occhi nuovi il nostro Paese. Se siete viaggitori curiosi, non potete non farvi intrigare da questa lettura.

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Figarolo, l’isola a forma di piramide che svetta nel mare sardo

La Sardegna è famosa per le sue bellezze naturali e per i suoi arcipelaghi, scrigni di tesori inestimabili di Madre Natura: un angolo di paradiso terrestre è sicuramente la peculiare isola di Figarolo, nota per la sua bizzarra forma piramidale. Situata nella costa nord-orientale della Sardegna, questo splendido promontorio di pietra calcarea custodisce antichi siti di importanza storica, immersi in uno scenario paesaggistico bello da togliere il fiato.

Cosa vedere a Figarolo: Capo Figari

Lungo le spiagge dorate del Golfo Aranci, nel territorio della Gallura, in Sardegna, Figarolo è una piccola isola caratterizzata da una forma insolita, che racchiude in sé diversi tesori, non solo naturalistici. Capo Figari è il vicino promontorio, da raggiungere dopo una tappa alla splendida spiaggia di Cala Moresca, accoccolata in una baia ombreggiata da una rigogliosa e profumata pineta.

Sulla cima del promontorio di Capo Figari  – distante circa 3 km da Cala Moresca – è possibile dare un’occhiata a ciò che rimane del vecchio semaforo appartenente alla Marina militare: questo venne inaugurato nel lontano 1890 e divenne in un certo qual modo celebre per via di Guglielmo Marconi, il quale nel 1932 vi installo un ponte radio a onde corte, direttamente collegato con Rocca di Papa e la sua trasmittente, nei pressi della capitale italiana.

Figarolo, isola, Sardegna

Fonte: iStock

Vista sul mare e sull’isola di Figarolo in Sardegna

Questo trekking in salita sulla cima del promontorio di Capo Figari vale lo sforzo per ammirare il panorama che si apre sul golfo di Olbia e per scorgere anche Capo Ceraso e l’isola di Tavolara, le isole di Soffi e Mortorio e lo spettacolare background di tutta la Costa Smeralda, perla della Sardegna.

Ma per gli amanti del trekking in montagna le sorprese non finiscono qui: appena alle spalle di Cala Moresca è possibile raggiungere, mediante un sentiero escursionistico, un’antica fornace che un tempo serviva alla produzione di calce. Successivamente, il sentiero detto Filasca permette di raggiungere la batteria costiera Luigi Serra: si tratta di un reperto che risale ai tempo della Grande Guerra, con torrette e basamenti circolari oggi in rovina ma che all’epoca servivano come base su cui ancorare i cannoni da combattimento.

Non molto lontano da qui, è possibile proseguire il trekking fino a un cimitero, detto “degli inglesi” per via di un’antica sepoltura appartenente a un marinaio inglese, sulla cui lapide è possibile vedere una croce celtica (nonostante il piccolo cimitero sia principalmente il luogo dell’eterno riposo dei marinai italiani scomparsi nel corso dei naufragi).

Un tuffo nel mare vicino Figarolo

Se non siete ancora stanchi, potete proseguire il vostro avventuroso trekking nella natura sarda fino a Cala Greca: un fondale molto profondo fa sì che le acque di questa caletta abbiano una sfumatura di blu particolarmente intensa. Nelle vicinanze, invece, potrete ammirare la particolare roccia chiamata Mamma Chiatta: pare che a soprannominare così questa roccia siano stati i pescatori di Golfo Aranci a causa della sagoma che sembra ricordare quella di un’anziana signora un po’ sovrappeso (“chiatta” in dialetto locale significa “grassa”).

Ed è proprio davanti a Cala Moresca che si erge la “piramide” Figarolo: qui la natura è rigogliosa e l’isola prende infatti il nome dalla ricca presenza degli alberi di fico. Mufloni, cormorani e poiane sono solo alcune delle specie di fauna locale che popolano l’isola di Figarolo, insieme al maestoso corvo imperiale e al falco pellegrino. La flora dell’isola, invece, include lecci, lentischi e splendidi alberi olivastri millenari.

Muflone, Figarolo

Fonte: iStock

Un muflone sul promontorio di Capo Figari

Dopo un po’ di trekking, però, è il momento di fare un tuffo nel mare della Sardegna: preparatevi alle immersioni tra coralli neri, aragoste, spugne di mare, cernie e ad esplorare suggestive grotte sommerse nei fondali marini. E sebbene non sia il Titanic, un po’ più a largo di Figarolo giace ancora un relitto di un mercantile, di piccole dimensioni, che affondò in queste acque all’incirca nella metà del XX secolo.

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Come arrivare a Mont Saint-Michel, patrimonio mondiale dell’Unesco

Vivono una trentina di persone a Mont Saint-Michel, un affascinate comune francese che sorge sul golfo di Saint-Malo, meraviglia della Normandia. Un piccolo ma elegante paesino che si innalza in tutta la sua affascinante bellezza su un isolotto roccioso, a sua volta circondato da una magnifica baia che è anche la culla di alcune delle più grandi maree dell’Europa continentale. Patrimonio mondiale dell’Unesco dal 1979, Mont Saint-Michel è noto anche per essere un’isola tidale, vale a dire che viene unita da una lingua di sabbia alla terraferma, ma che emerge e scompare a seconda delle maree

Scopri tutte le attività che si possono fare a Mont Saint-Michel

Come arrivare a Mont Saint-Michel da Parigi

Parigi è piuttosto distante da Mont Saint-Michel, ma nonostante questo dalla Capitale francese ci sono diverse soluzioni che permettono di raggiungere questa destinazione in tutta comodità. Certo, ci vuole un po’ di tempo, ma tutto lo sforzo necessario verrà sicuramente ricompensato dalla bellezza e dall’atmosfera di questo isolotto che si fa spazio nel cuore della più grande baia d’Europa.

In auto

È possibile raggiungere Mont Saint-Michel da Parigi in auto, propria o a noleggio, utilizzando la A13 verso Caen e la A84 verso Le Mont-Saint-Michel. Una volta arrivati a destinazione si può lasciare la propria automobile al parcheggio situato ai piedi del monte, e poi con la navetta gratuita accedere alla stessa isola.

In treno

Chi non desidera o non può guidare può optare per il treno in partenza da Parigi fino a Pontorson, Dol de Bretagne o Rennes, località dotate di stazioni ferroviarie (di cui le ultime due in TGV). Raggiunta una di queste mete, si può utilizzare un bus che conduce al parcheggio principale di Mont Saint-Michel.

In bus

Da Parigi (Porte-Maillot) per andare a Mont-Saint-Michel si può salire su uno degli autobus Ouibus, filiale della SNCF. Sempre dalla Capitale della Francia, a disposizione dei viaggiatori ci sono anche bus Flixbus.

In alternativa, è possibile fare delle escursioni organizzate in giornata da Parigi, spesso condivise in pullman grandi, oppure private e personalizzate in confortevoli minivan o in auto con conducente.

Raggiungi Mont Saint-Michel da Parigi con un’escursione organizzata

Come arrivare a Mont Saint-Michel dal Nord della Francia

Mont Saint-Michel si trova al confine tra Normandia e Bretagna, per questo è spesso inserita come tappa negli itinerari dei viaggiatori che scelgono di visitare queste due affascinanti regioni.

In auto

Per arrivare in auto al Mont Saint-Michel dal Nord della Francia si può prendere la A84 da Caen e poi la N175. Da Saint-Malo la strada N176, mentre da Rennes la D175 e poi la D975.

In treno

La stazione ferroviaria più vicina per raggiungere Mont-Saint-Michel è Pontsorson, una fermata di campagna molto piccola e con un binario per ogni direzione. Vi si può arrivare partendo da Caen o da Rennes. Da qui è poi necessario salire su un autobus che conduce alla porta dell’area di parcheggio, dove è poi presente una navetta gratuita..

In bus

A disposizione dei viaggiatori ci sono anche autobus in partenza da Rennes o Dol de Bretagne verso Mont Saint-Michel. La linea da Rennes è operativa 7 giorni su 7, tutto l’anno. Poi ancora da Pontorson a Mont Saint-Michel e da Granville (linea n°6).