Non è rimasto molto di antico a Invillino, uno dei borghi più vecchi della Carnia.
Il terremoto del 1976 ha distrutto quasi tutto, e quasi tutto è stato ricostruito. Ma se l’architettura umana ha dovuto pagare dazio, le antichità della natura hanno resistito alla prova del tempo.
Basta guardare vicino al centro del paese, nel letto del Tagliamento, che scorre in continuo mutamento dalla notte dei tempi, convogliando tutte le acque dei tanti torrenti che scendono dalle valli laterali della Carnia.
E proprio oltre il ponte sul fiume, vegliato da una piccola chiesetta arroccata su uno sperone di roccia, si trova il sentiero che porta alla Cascata Plera.
Si tratta di un imponente, magnifico salto. Una vera e propria architettura naturale costruita nel corso dei millenni dall’azione erosiva delle cristalline acque dell’omonimo Rio Plera, nient’altro che un torrentello di montagna che si getta nel Tagliamento, che qui si assume presunzioni aristocratiche dando grande mostra di sé attraverso la cascata.
Nascosta agli occhi dei più, la Cascata Plera è un luogo di pellegrinaggio per gli amanti dell’acqua dolce, del relax, dello stare a contatto con la natura. Un’area per il picnic, con tanto di griglia in muratura, sorge a margine dell’anfiteatro naturale dove si trova il salto. La meta ideale, insomma, per un gita fuori porta in estate, un rifugio contro il solleone e la canicola.
Come arrivare alla Cascata Plera
La Cascata Plera si trova nei pressi di Villa Santina, comune in provincia di Udine di cui il succitato borgo di Invillino fa parte a livello amministrativo.
Siamo in Carnia, la regione montana che occupa la propaggine nord-occidentale del Friuli. Tolmezzo ne è il centro più importante ed anche il crocevia per raggiungere pressoché ogni località, una sorta di portale sulle rive del fiume Tagliamento.
Per raggiungere la Cascata Plera si deve passare proprio da Tolmezzo e proseguire verso ovest lungo la Strada statale 52. Prima di raggiungere l’abitato di Villa Santina, si oltrepassa il Tagliamento nei pressi della Madonna del Ponte, la piccola chiesa lambita dal greto del Tagliamento citata poco sopra.
Passato il fiume, a metà del primo tornante compiuto successivamente dalla strada, si apre sulla destra della sede stradale un ampio sentiero sterrato, ma carreggiabile. Una volta imboccato, in circa 500 metri si trova un ampio spiazzo dove si può parcheggiare l’auto.
Da qui, prima di imboccare il sentiero per la cascata, possibile minima deviazione: seguendo una traccia contrassegnata dal cartello MTB, dunque frequentata dagli appassionati di mountain bike, e mantenendo la sinistra si accede in appena qualche centinaio di metri di cammino ad un punto panoramico con vista sulla confluenza tra Rio Plera e Tagliamento e sul maestoso letto di quest’ultimo, che si espande verso le cime delle montagne carniche.
Dal parcheggio il sentiero prosegue per circa 15 minuti in leggera discesa, accessibile a tutti. Una piacevole passeggiata in una strada ampia, tra tratti in ombra e altri esposti al solo. Quando si incontra un’area attrezzata con tavolo da picnic e barbecue in muratura sulla destra, si prosegue ancora dritto per poche centinaia di metri per arrivare alla cascata.
L’imponente salto si vede da lontano: l’acqua resa bianca dalla velocità con cui scende sbatte sulla roccia scura all’interno di una sorta di anfiteatro naturale. Un ponticello in legno consente di attraversare il Rio Plera, le cui modeste dimensioni contrastano in maniera eclatante con quelle della cascata da cui provengono. Sono tre i colori che dominano la scena: il verde intenso della rigogliosa vegetazione che ricopre ogni angolo; l’azzurro quasi elettrico della polla di acqua purissima che si è formata ai piedi della cascata; il grigio scuro delle rocce che contornano la stessa e che fanno da piccola spiaggia, tormentata dalle piccole gocce di acqua nebulizzata dallo scroscio.
L’imperioso salto della cascata comporta che la polla che si crea ai suoi piedi sia in ombra per la maggior parte del giorno, in particolare nel pomeriggio, con il sole che si rintana dietro il costone del colle soprastante. L’acqua è molto fredda, tanto da indurre la maggior parte dei visitatori a desistere dal bagno, ma assai rigenerante. I più abili possono arrampicarsi per qualche metro sul lato destro della cascata per effettuare un tuffo. Dopo il bagno, lo spazio migliore per passare un po’ di tempo in relax è nei pressi dell’area attrezzata che si incontro in precedenza della cascata, sulle rive del Rio Plera.
Al di là dell’opportunità del wild swimming alla Cascata Plera si è al cospetto di un vero e proprio gigante: un titano d’acqua, roccia e foglie, che canta una antichissima, melodiosa canzone che si ode nel fragore del suo infinito cadere.
Il Vallo Alpino del Littorio
Nei dintorni dello spiazzo che funge da parcheggio per la visita alla Cascata Plera, in corrispondenza del succitato punto panoramico, si nota che la zona è disseminata di bunker e di altri edifici bellici nascosti tra la vegetazione e le rocce.
Si tratta di strutture realizzate nella seconda metà degli Anni Trenta al fine di costituire quello che l’Italia fascista battezzò il Vallo Alpino del Littorio, ovvero un sistema difensivo organizzato tramite una imponente serie di fortificazioni volte a salvaguardare le linee di confine con i paesi vicini. D’altra parte il confine con l’Austria si trova soltanto a qualche decina di chilometri di distanza.
Sulla destra orografica del Tagliamento, fra gli abitati di Preone e Verzegnis, passando per Villa Santina, si trovano tantissimi edifici di questo tipo. Un articolato sistema posto a difesa del corso del fiume e delle valli corrispondenti.
Quelle presenti nei pressi del Rio Plera, alla confluenza proprio con il Tagliamento, sono bunker per artiglieria dotati di tre piani, che scendono fino a 30 metri sotto il livello del terreno, da cui affiorano solamente le casematte.
Costruite e attrezzate con gran dispendio di risorse e con gran profusione di energie ingegneristiche, queste strutture non furono praticamente mai al centro dell’azione durante la Seconda Guerra Mondiale. La maggior parte fu abbandonata nel corso degli Anni Cinquanta ed è oggi in disuso e in rovina, ad eccezion fatta di qualche ambiente recuperato a fini espositivi e museali.