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Più di un portafortuna, cosa sono quelle statuine sui tetti delle case peruviane

Chi è stato almeno una volta in Perù sa bene di cosa stiamo parlando. Non c’è una casa o un negozio che non abbia una di queste statuine, raffiguranti un toro variopinto, sui tetti o all’entrata. La motivazione è presto detta: si tratta di qualcosa che va oltre un semplice portafortuna.

I Tori di Pucará, questo il loro nome, nascondono una storia fatta di credenze religiose e tradizioni artistiche e culturali dall’inestimabile valore, risalenti all’antichità ma ancora vivi nella vita quotidiana e nelle credenze delle popolazioni andine. Andiamo alla scoperta dei Toritos de Pucarà, le graziose statuette con una storia straordinaria da raccontare.

I Toritos de Pucarà: le splendide statuine peruviane

Ci troviamo nel cuore delle Ande peruviane, in particolare nella regione degli altopiani di Puno. Qui, la città di Pucarà è stata quella che ha visto nascere e crescere la tradizione dei tori che portano con sé una simbologia particolare tramandata nei secoli.  Sono molto più che semplici oggetti decorativi: rappresentano protezione, fertilità e prosperità, oltre che la bellezza artistica e culturale dell’artigianato locale.

I Tori di Pucarà (il cui nome originale è Toritos de Pucarà) sono statuette di ceramica e argilla di diverse dimensioni e decorate con colori vivaci e simboli che ne arricchiscono il significato profondo. Nelle regioni andine del Perù è usanza comune posizionare due Tori di Pucará e una croce nel mezzo, sopra i tetti delle case o dei negozi.

Originarie dell’omonima città, nel tempo la tradizione di tali creazioni artigianali si è radicata ovunque negli altopiani andini: si trovano nella capitale Lima, ma anche a Cusco, Puno, Ayacuchi e Apurimac.

Origini e storia: dall’antichità ai giorni nostri

Queste splendide e variopinte statuine peruviane hanno origini molto antiche. Sebbene non sia semplice risalire alla loro nascita esatta, si pensa che la storia dei toritos risalga a diversi secoli fa e che la loro evoluzione sia strettamente legata alla storia e alla cultura della regione di Puno.

Le origini delle statuette di argilla risalirebbero all’epoca precolombiana e coloniale. La città di Pucará era un importante centro cerimoniale pre-Inca e si crede che nei rituali religiosi delle culture precolombiane si usassero tali oggetti.

Con l’arrivo degli spagnoli, che introdussero il bestiame e soprattutto i tori in queste terre (nel XVI secolo) la credenze originarie si unirono a elementi europei che diedero vita alla tradizione dei Tori di Pucarà come forme di espressione artistica che portano una propria simbologia.

A quei tempi, gli artigiani del posto producevano per i conquistatori delle opere in ceramica che in qualche modo rappresentassero le loro tradizioni. In particolare, va alla comunità dei Chepa Pupuja il merito delle produzioni dei tori in ceramica: fu loro infatti l’idea di realizzare queste piccole sculture per mantenere la cultura magico-religiosa tra i contadini, adottata ormai nei confronti di quel nuovo animale venuto dalla Spagna.

Il toro divenne così un animale simbolico e iconico per la popolazione andina, metafora di protezione, fertilità e felicità, a partire da quell’epoca antica e fino ai giorni nostri.

I Toritos de Pucarà, i tori simbolici sui tetti delle case peruviane

Fonte: iStock

Toritos de Pucarà

La leggenda dei Toritos de Pucarà

La leggenda dei Tori di Pucará affonda le sue radici nella ricca tradizione orale della regione di Puno, in Perù. Le versioni di tale storia sono diverse, ma una di queste è quella più conosciuta e raccontata. Parla di un toro che salvò miracolosamente la città di Pucarà.

Secondo la leggenda, in tempi molto antichi la città venne colpita da un grave periodo di siccità che mise in ginocchio gli abitanti del luogo per la mancanza di acqua, fondamentale per vivere e produrre cibo. Così la popolazione iniziò a pregare i loro dei per chiedere aiuto e in risposta apparve misteriosamente un toro nella città.

Questo animale forte e possente si rese protagonista di un miracolo: battendo gli zoccoli sul terreno riuscì a far sgorgare dal suolo acqua dolce, mettendo fine alla siccità e salvando la città dalla carestia. Da qui deriverebbe il suo significato religioso e simbolico: i cittadini iniziarono così a creare figure di tori in ceramica che simboleggiavano prosperità e protezione per l’uomo.

È in questo modo che la popolazione avrebbe iniziato a posizionare queste statuette simboliche sui tetti delle loro case, come simbolo di protezione e di buon auspicio. Una tradizione che perdura nel tempo, tramandata nel corso dei secoli da numerose generazioni.

Significato del Toro di Pucarà: simbologia e tradizioni

Ogni abitante di Pucarà, in passato come ancora oggi, posiziona questi tori di argilla sui tetti delle proprie case perché la tradizione vuole che siano simboli importanti di protezione delle case e dei loro abitanti da mali e pericoli, ma anche di prosperità e fertilità per le coltivazioni e per il bestiame che sono alla base dell’economia locale. Inoltre, regalare un toro di Pucarà rappresenta un augurio di buona fortuna.

I Toritos de Pucarà sono spesso posti in coppia e questo simboleggia l’unione e l’equilibrio tra uomo e donna e quindi l’armonia della casa che da loro viene protetta.

Dal punto di vista stilistico, ogni toro ha caratteristiche comuni che raccontano credenze e simboli della tradizione. Tra gli elementi che lo caratterizzano, troviamo la famosa lingua all’insù dell’animale, che simboleggia l’uso corretto delle parole e dei sentimenti ad essa legati, poiché dall’uomo non escano espressioni di rabbia, orgoglio, insulti o bugie. La sella sulla schiena dell’animale, invece, è simbolo di cura e protezione utili a fare in modo che l’essere umano si realizzi nella propria vita. La decorazione sul capo formata da tre occhielli a forma di goccia, rappresenta il dominio della mente tramite la trilogia della nascita, della morte e del sacrificio per l’umanità. Le figure spirali presenti sul corpo del toro simboleggiano la spirale della vita. Infine, gli occhi tondi e sporgenti dell’animale indicano che l’essere umano deve essere sempre attento al mondo che lo circonda, utilizzando la propria coscienza.

Oggi i tori di ceramica peruviani rappresentano anche una radicata tradizione artistica e culturale andina, divenendo anche oggetti d’arte promossi e venduti ai visitatori per promuovere il turismo di queste splendide regioni andine dal fascino unico.

Cosa sono i Tori di Pucarà, le statuine sui tetti delle case peruviane

Fonte: iStock

Produzione Tori di Pucará
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Cosa fare e cosa vedere a Menfi, in Egitto

Menfi è l’antica Capitale d’Egitto, una città che ancora oggi ci regala un enorme spaccato di storia di questa terra dai mille misteri, tanto che ci permette di comprenderne più a fondo le radici. Visitarla è come passeggiare in un eccezionale museo a cielo aperto, pieno di monumenti funerari, tombe rupestri e rovine di templi che lasciano davvero senza fiato. Scopriamo insieme cosa visitare in questa città che ha certamente una lunghissima storia da raccontare.

Menfi, informazioni utili

Menfi ha ricoperto il ruolo di Capitale di Aneb-Hetch, primo nome del Basso Egitto, e Capitale dell’Antico Regno dalla costituzione, intorno al 2700 a.C., fino alla sua dissoluzione nel 2200 a.C. Durante il Medio Regno diventò, invece, Capitale del I nomo (distretto) del Basso Egitto.

Solo da queste poche informazioni sulla sua storia si capisce che è stato un luogo dall’importanza straordinaria, e che nei fatti non è nemmeno difficile da raggiungere perché si trova a circa 19 chilometri di distanza dalla Capitale attuale dell’Egitto, Il Cairo, sulla sponda occidentale del Nilo.

Chiamata anche ‘la bilancia delle due terre’ per via della sua grande importanza per quanto riguarda il traffico commerciale nel delta del Nilo e per la sua posizione a metà tra l’Alto ed il Basso Egitto, secondo gli studiosi è stata anche la città più popolosa del mondo fino al 2250 a.C.

Cosa vedere a Menfi

Dobbiamo essere onesti: pur essendo ricca di luoghi di interesse, Menfi non è il sito meglio conservato del Paese. Ciò non toglie che proprio qui risiedano alcuni dei monumenti più preziosi d’Egitto, e per questo vale assolutamente la pena farci farci un salto. Ne è un esempio la Sfinge di Menfi, simbolo indiscusso dell’antica Capitale e risalente, molto probabilmente, al periodo che va dal 1700 al il 1400 a.C.

Sfinge di Menfi

Fonte: iStock

La Sfinge di Menfi, sontuosa opera in alabastro

Come molte opere che si trovano in Egitto, anche in questo caso non ci sono informazioni certe sul significato di questa sontuosa opera dell’uomo: non possiede iscrizioni per comprendere a quale faraone sia dedicata. Secondo alcuni studiosi, i tratti del suo volto rimanderebbero al faraone Amenhotep II o Hatshepsut, ma purtroppo non vi è alcuna certezza.

Ad essere privo di misteri è invece il fatto che questa costruzione rappresenta la più grande scultura in alabastro dell’antico Egitto: è lunga oltre 8 metri e alta 4 metri. Tali misure la rendono più piccola della Grande Sfinge che troneggia sulla necropoli di Giza, ma ciò non toglie che sia una delle maggiori sculture in alabastro arrivate fino ai giorni nostri.

Straordinario è anche il Colosso di Ramses II, un’enorme statua realizzata in pietra calcarea: raggiunge un’altezza di circa 10 metri e, pur non avendo più in parte una gamba e il piedistallo originale su cui era poggiata, è ancora in un ottimo stato di conservazione. Attualmente si trova ancora all’interno del museo all’aperto di Mit Rahina (lo stesso in cui riposa anche la Sfinge in alabastro), ma non appena possibile verrà spostato al Nuovo Museo Egizio di Giza.

Il Mit Rahina rappresenta la parte più moderna dell’insediamento dell’antica capitale d’Egitto, ma anche uno dei più grandi musei all’aperto di tutto il Paese. Oltre alla Sfinge e al Colosso di Ramses II, qui il visitatore può immergersi in un ambiente fatto di colossi rupestri che rappresentano il faraone Ramses II, tavolette con geroglifici, colonne decorate e molto altro ancora. Di particolare interesse sono grandi letti di pietra utilizzati per la mummificazione degli Apis, i tori sacri.

Infine le rovine del tempio di Hut-ka-Ptah, dedicato al culto di Ptah. In passato era uno dei templi più importanti di Menfi e di tutto il Regno ed era impreziosito anche dalla presenza di altri santuari dedicati alla moglie di Ptah, Sekhmet, e al figlio Nefertem.

Colosso di Ramses II

Fonte: Getty

L’incredibile Colosso di Ramses II

La piramide di Djoser e la necropoli di Saqqara

Un’escursione a Menfi è spesso abbinata alla visita di due altri incredibili luoghi di interesse: la piramide di Djoser e la necropoli di Saqqara.

Saqqara rappresenta il sito archeologico più vasto di tutto il Paese e storicamente uno dei più rilevanti: qui sono rappresentate tutte le principali dinastie faraoniche. Se Menfi fu infatti la capitale del Regno Antico, Saqqara fu la necropoli reale almeno fino alla III dinastia – quindi il luogo deputato al risposo delle spoglie dei sovrani – e continuò ad esserlo per circa 3000 anni dopo l’avvento di Giza e Tebe.

In sostanza, Saqqara è l’antico cimitero di Menfi e arriva a coprire un’area di 7 chilometri nel deserto occidentale al di sopra dell’area coltivata della valle del Nilo. I faraoni dell’antico regno sono stati inseriti all’interno delle 11 piramidi maggiori, mentre i loro sudditi sono stati sepolti nelle centinaia di tombe più piccole che si trovano sempre in questa zona. Particolarmente interessante è il Serapeum, ovvero la camera di sepoltura sotterranea dedicata al toro Apis.

Tra le piramidi più impressionanti c’è senza ombra di dubbio la piramide di Djoser, che è davvero unica nel suo genere perché è fatta a gradoni e perché è la più antica in Egitto: è stata eretta da Imhotep, il primo architetto riconosciuto della storia, per la sepoltura di Djoser, sovrano della III dinastia.

Costruita nel 2630 a.C., è lunga 140 metri, larga 118 metri e alta 60 metri, ed è caratterizzata dalla presenza di piccoli blocchi calcarei e di sei mastabe di dimensioni decrescenti, costruite una sull’altra. È bene sapere, tuttavia, che a differenza delle piramidi a Giza non è permesso visitare l’interno della piramide di Djoser.

Durante un viaggio in Egitto la città di Menfi viene spesso messa in secondo piano, ma la verità è che regala uno spaccato di storia davvero interessante e importante per chiunque voglia capire più a fondo le antiche (e affascinanti) origini di questo Paese.

Piramide di Djoser, Saqqara

Fonte: Getty

Il sito di Saqqara con la sua affascinante piramide di Djoser
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SiViaggia ti regala il numero 38 dello sfogliabile GATE

Ogni mese vi regaliamo il magazine di lifestyle GATE da scaricare e sfogliare. La rivista, scritta in italiano e in inglese, contiene articoli di viaggi, ma anche di moda e attualità. Alle pagine 78-81 del numero 38, trovate l’ultimissimo articolo di SiViaggia dedicato una delle città più sorprendenti degli Stati Uniti: Scottsdale, in Arizona, una meta ancora poco conosciuta dai turisti italiani, ma super cool e sempre più di tendenza. Specie da quando molti sportivi e celeb hanno deciso di lasciare la patinata California per trasferirsi a vivere in uno dei luoghi più rilassanti, meno affollati e con il maggior numero di giornate soleggiate (ben 330) del Paese. Vi raccontiamo cosa c’è da vedere e perché è il momento di andarci, prima che ci vadano tutti.

E poi, qualche utile consiglio per organizzare le prossime gite fuori porta, tra splendide fioriture, escursioni tra le nostre isole e dimore storiche da visitare in tutta Italia.

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Abruzzo Curiosità Mar Adriatico mare Pescara Viaggi

Cosa sono i trabocchi, le palafitte senza tempo sul Mare Adriatico

Sono il segno del passato, di tradizioni e di cultura: stiamo parlando dei trabocchi tipiche palafitte costruite dai pescatori che punteggiano la costa dell’Abruzzo, ma non solo.

A guardarli sembrano come guardiani silenziosi, che si protendono verso il mare restando ancorati alle rocce della terraferma: sono macchine da pesca realizzate in legno, che si collegano alla costa tramite dei ponticelli e dotate di una rete che serve a intercettare i pesci.

Si trovano affacciati sul Mar Adriatico, alcuni a Pescara, numerosi nella Costa dei Trabocchi, ma poi anche fuori regione in Puglia. Oggi molte di queste strutture si sono trasformate e ospitano locali molto suggestivi, ma una cosa è certa: non hanno perso il loro fascino, lo stesso che li ha resi irresistibili ai nostri occhi e a quelli di artisti come D’Annunzio.

Cosa sono i trabocchi

Se si parla della storia dei trabocchi, trabocco al singolare, allora bisogna fare un deciso passo indietro nel tempo. Pare infatti che possano essere stati inventati dai Fenici. Ma una cosa è certa, i primi documenti a riguardo in Abruzzo risalgono a tempi più recenti: ovvero al XVIII secolo.

Pensati per permettere ai pescatori di non utilizzare le barche e uscire in mare, grazie ai loro appositi bracci in legno permettevano di gettare la rete al largo, dove poteva incontrare branchi di pesci. Pare, però, che inizialmente la loro realizzazione in Abruzzo sia dovuta a delle opere di dissodamento e che al termine dei lavori sia stata cambiata la loro destinazione d’uso.

Lo stesso è accaduto oggi: se si programma una vacanza in Abruzzo vale la pena mangiare sugli antichi trabocchi trasformati in ristoranti. Luoghi davvero suggestivi per un’esperienza indimenticabile e cattura una delle anime di questi luoghi.

Costa dei Trabocchi in Abruzzo, immergersi nella bellezza

Sono diversi, punteggiano quel tratto di terra che incontra il mare come antichi osservatori e oggi sono diventati luoghi unici da raggiungere se si programma una vacanza lungo la Costa dei Trabocchi.

Si estende lungo circa 40 chilometri, nella provincia di Chieti, tocca diverse località ed è un itinerario fatto di bellezza. C’è quella che regala il paesaggio con le spiagge che mutano sotto lo sguardo: da quelle sabbiose, a quelle in ciottoli. E poi le falesie. In un continuo mutamento di paesaggio che lascia senza fiato.

E poi ci sono i luoghi storici, quelli in cui riecheggia il passato. Ad Ortona, ad esempio, ci sono il Castello Aragonese e la Torre Mucchia, oppure Vasto con le sue tante bellezze e, ancora, a San Vito Chietino l’Eremo Dannunziano dove ha vissuto il poeta Gabriele D’Annunzio. Tra le altre località da visitare vi è anche Rocca San Giovanni che fa parte dei Borghi più belli d’Italia, dove dedicarsi alle immersioni, alla sua costa bellissima, ma anche a passeggiate.

I trabocchi oggi

Tra le strutture più celebri vi è Trabocco Turchino a San Vito Chietino di cui parla lo stesso Gabriele D’annunzio in Trionfo della Morte definendolo: “La grande macchina pescatoria simile allo scheletro colossale di un anfibio antidiluviano”.

Tantissimi quelli dove si può mangiare per vivere un’esperienza davvero indimenticabile che coinvolge tutti i sensi. I particolare la vista, che si perde lungo l’orizzonte del mare, l’udito, che può ascoltare la musica che regala lo sciabordio dell’acqua, e il gusto, apprezzando i piatti tipici della zona.

Trabocchi a Pescara

Nonostante sia leggermente fuori dalla zona dove queste strutture sono molto numerose, anche a Pescara vi sono i trabocchi. Nello specifico nella zona de molo nord. Vale la pena visitarli, fanno parte della storia e della cultura di questi luoghi e regalano scatti da cartolina. Luoghi senza tempo, che raccontano di un passato operoso, fatto di intuizioni, reti gettate nel mare, di pesca e di vita dura e semplice.

 

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Borghi Viaggi

Brugnato, suggestivo borgo ligure a forma di tenaglia

La Riviera ligure è conosciuta per i suoi incantevoli borghi che si affacciano a strapiombo sulla costa e si riflettono nelle sue acque cristalline con le loro facciate a tinte pastello, ma concedendosi una piccola deviazione nell’entroterra ci si può regalare alcune sorprese.

È il caso di Brugnato, un piccolo centro dell’alta Val di Vara che, visto dall’alto, si contraddistingue per la sua insolita forma a tenaglia.

Passeggiando per il dedalo di stradine acciottolate di Brugnato ci si sente quasi di essere catapultati in un’altra epoca, circondati dalle pittoresche case in pietra locale che, ammassate le une sulle altre, a guardarle dall’alto convergono proprio verso il monastero fondato dai monaci di San Colombano.

Il borgo di Brugnato ancora oggi conserva intatta la sua struttura medievale, con le mura antiche che ne delimitano la parte più alta, proprio dove si erge la magnifica Concattedrale dei santi Pietro, Lorenzo e Colombano, esempio dell’arte romanica ligure.

La ricca storia di Brugnato, cuore del commercio ligure ai tempi del Medioevo

Le Cinque Terre sono un fiore all’occhiello per la Liguria, ma i viaggiatori più curiosi e intraprendenti non possono perdere l’occasione di esplorare i tesori che Brugnato custodisce con discrezione, pronto a svelarsi a chi è disposto a concedersi una sorprendente gita fuori porta.

Per visitare Brugnato occorre qualche ora, un tempo in cui immergersi in luoghi ricchi di storia e di fascino, diversi dai classici itinerari.

Il nome del borgo di Brugnato deriva presumibilmente dal termine dialettale “brigne”, che significa letteralmente “susine”: ciò è dovuto, probabilmente, al fatto che il borgo è immerso in uno scenario naturale mozzafiato, caratterizzato da una vegetazione rigogliosa  e prosperosa che dà ospitalità anche a questo succulento frutto.

Le radici storiche del borgo di Brugnato affondano in un passato lontano, tanto che tra le sue stradine tortuose si possono riscoprire ancora oggi le tracce degli antichi insediamenti di epoca romana. Nel corso dei secoli, infatti, il borgo di Brugnato ha assistito all’ascesa e alla caduta di varie civiltà, tra cui i Romani, i Bizantini e i Longobardi.

Nel periodo medievale, quando il borgo ha assunto la sua forma a tenaglia a livello strutturale e architettonico, Brugnato era il fulcro commerciale della Via Francigena, grazie alla sua posizione strategica e al via via di mercanti e uomini di affari lungo la strada principale di età romana, la Via Aurelia.

Oggi, le tracce del passato romano e medievale rivivono a Brugnato nei resti delle possenti mura difensive e degli splendidi castelli che un tempo si ergevano sulla valle.

Cosa vedere a Brugnato, il borgo a tenaglia della Val di Vara ricco di storia e cultura

Durante una visita a Brugnato, non mancano le attrazioni da scoprire per chi ama la storia e l’architettura antica.

Il Borgo Antico è un suggestivo tesoro dove perdersi tra i manufatti artigianali delle tante botteghe, per vivere un’esperienza autentica e tradizionale, camminando per le vie costellate di palazzi (come il Palazzo Vescovile) con archi antisismici e ricchi di dettagli ancora oggi ben distinguibili.

Attraversando la porta Maestra (o porta “della Chiocciola”) si raggiunge la Piazza Maggiore, nel cuore del borgo, un posto in cui rilassarsi in uno dei tanti caffè all’aperto e respirare l’atmosfera vivace del luogo, nonché un ottimo punto di ristoro da cui poi partire all’esplorazione di Brugnato, magari dirigendosi verso il Duomo e il Museo Diocesano.

Una delle tappe imperdibili in una visita a Brugnato è infatti la già citata Concattedrale dei santi Pietro, Lorenzo e Colombano, che spicca per la sua facciata romanica, il rosone e gli affreschi interni e risale al XII secolo, nonostante il marmoreo altare maggiore baroccheggiante.

Un’altra interessante architettura religiosa è l’Oratorio di San Bernardo, in stile barocco, risalente al XVI secolo.

Un passeggiata rilassante lungo il belvedere, alla scoperta delle bellezze naturali di Brugnato

Ma il viaggio alla scoperta delle meraviglie dell’entroterra ligure non termina qui, perché una delle gemme di Brugnato è anche il belvedere sul fiume, raggiungibile tramite il ponte medievale, spot perfetto per una vista panoramica sulla vallata sottostante, bella da togliere il fiato e perfetta da immortalare con la macchina fotografica.

I numerosi sentieri panoramici che si perdono nella natura lussureggiante in cui è immerso Brugnato sono i percorsi ideali per escursioni e passeggiate rigeneranti, dove respirare l’aria pulita dei boschi che circondano il borgo e godersi la tranquillità e la bellezza delle verdi colline liguri.

E per coloro che vogliono addentrarsi ancora di più tra i sentieri che si snodano nella campagna circostante, non molto lontano li aspetta il Parco Nazionale delle Cinque Terre, noto in tutto il mondo per i suoi panorami da cartolina e le sue pittoresche città costiere. La Val di Vara, infatti, offre diverse attività come il rafting e la canoa sul fiume.

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Cosa mangiare e quali eventi locali non perdere a Brugnato

Brugnato è anche famosa per i suoi eventi e le sue tradizioni locali. Durante l’anno, il borgo si anima con festività che offrono un’opportunità unica ai visitatori per immergersi appieno nella cultura locale.

L’evento più iconico del luogo è l’Infiorata Corpus Domini di Brugnato, che annualmente si tiene nel borgo la seconda domenica successiva alla Pentecoste: in questa occasione le strade del piccolo centro diventano ancora più colorate e vivace grazie alle distese di fiori.

Un altro degli eventi più rilevanti e popolari a Brugnato è la Festa di San Pietro, il patrono del luogo, che si tiene ogni anno il 29 giugno. Per l’occasione, lungo le strade di Brugnato si mettono in scena spettacoli musicali, processioni religiose, fuochi d’artificio e percorsi di street food con le migliori specialità gastronomiche locali.

Imperdibile, per i buongustai che si chiedono cosa mangiare a Brugnato è la degustazione dei tortellini di carne, del rinomato canestrello di Brugnato – un dolce soffice aromatizzato ai semi di finocchio selvatico – e del cavagnello pasquale, una ciambella a forma di cestino con un uovo sodo al suo centro.

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In Val d’Orcia, sui luoghi del film “Il Gladiatore”

Molti turisti amano girare alla scoperta di località bellissime, che hanno fatto da sfondo ad alcuni dei più famosi capolavori cinematografici dell’ultimo secolo. Si chiama cineturismo, ed è una tendenza di viaggio che prende sempre più piede anche in Italia. Abbiamo infatti panorami da sogno in cui sono stati girati numerosi film, a partire dal kolossal “Il Gladiatore”. Ed è proprio sulle tracce di Russell Crowe e del suo grande successo che oggi ci addentriamo nella Val d’Orcia, ammirando luoghi dal fascino unico.

Il tour cinematografico della Val d’Orcia

Sabato 27 aprile 2024, l’Associazione Cult(urale) Conte Mascetti organizzerà una lunga camminata in Val d’Orcia, e più precisamente tra i paesi di Pienza e di San Quirico d’Orcia, alla scoperta dei luoghi del cinema. Si partirà alle 10:00 da Piazza Pio II, nel centro storico di Pienza, addentrandosi tra le campagne toscane per ammirare alcuni dei posti che hanno fatto da sfondo a grandi kolossal (tra cui proprio “Il Gladiatore”). Il percorso terminerà presso San Quirico, dove si potrà visitare l’Orcia Wine Festival all’interno delle splendide sale di Palazzo Chigi. Sarà l’occasione perfetta per assaporare prodotti e vini tipici di queste colline.

Val d’Orcia, le location de “Il Gladiatore”

L’itinerario cineturistico della Val d’Orcia, lungo ben 8 km, è un percorso ricco di sorprese affascinanti. Adatto a tutti, dura circa 3 ore e mezza e non affronta paesaggi particolarmente impegnativi: è una vera e propria passeggiata tra le colline toscane, dove si possono ammirare i luoghi che hanno fatto da sfondo ad alcuni kolossal cinematografici. Iniziamo proprio da “Il Gladiatore”, capolavoro di Russell Crowe: le campagne della Val d’Orcia hanno regalato ai cinefili due cartoline mozzafiato, che hanno aperto e poi chiuso il film.

Poiché l’itinerario ha inizio da Pienza, affronteremo per prima proprio la location che ha dato il via ai titoli di coda del film. Lasciando il paese, nei pressi del luogo in cui sorge la Chiesa dei Santi Vito e Modesto, ci si trova davanti ad una stradina bianca che si addentra in mezzo ai campi coltivati a grano. È proprio qui che furono girate le scene finali de “Il Gladiatore”, tra le coltivazioni dell’antica Pieve di Corsignano. Continuando il percorso, si arriva poi nelle vicinanze del borgo di San Quirico d’Orcia: davanti a noi si apre la visuale di un lungo viale d’ingresso cinto da cipressi, al termine del quale possiamo ammirare il casolare in cui abitava Massimo Decimo Meridio, nella scena d’apertura del film.

Tutti gli altri film girati in Val d’Orcia

Come già anticipato, la Val d’Orcia ha fatto da sfondo a diversi altri film, oltre a “Il Gladiatore”. E, nel corso della nostra passeggiata cineturistica, incontriamo altre location da sogno. A Pienza, ad esempio, possiamo visitare Palazzo Piccolomini dove, nel 1968, Franco Zeffirelli girò numerose scene del suo capolavoro “Romeo e Giulietta”. Più recenti sono i film “Donne con le gonne” di Francesco Nuti, girato nel 1991 tra i paesaggi della frazione di Monticchiello, e “2061, un anno eccezionale” di Carlo Vanzina, con protagonista Diego Abatantuono. Mentre il sentiero che conduce verso il paese di San Quirico offre la vista mozzafiato delle colline dove si trova il casale de “Il paziente inglese”, capolavoro di Anthony Minghella.

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Ecco come organizzare una vacanza con il cane o il gatto

Se si pianifica una vacanza con i propri amati animali, è importante prepararsi adeguatamente per garantire un viaggio sicuro e piacevole per entrambi. AniCura, una famiglia di ospedali e cliniche veterinarie specializzate nella cura di gatti e cani da compagnia, offre preziosi consigli per affrontare al meglio un viaggio con il proprio animale domestico.

Pianificazione e preparazione del viaggio col tuo amico a 4 zampe

Fare una visita dal veterinario prima del viaggio: prima di partire, è fondamentale prenotare una visita dal veterinario di fiducia. Questo appuntamento permette di effettuare un controllo approfondito sulla salute del proprio animale, verificare se sono necessarie profilassi specifiche o aggiornamenti vaccinali, e ottenere eventuali documenti necessari per viaggiare.

Documenti in regola: assicurarsi di avere sempre con sé il libretto sanitario del proprio animale domestico, contenente tutte le informazioni sulle vaccinazioni effettuate. Se si sta pianificando un viaggio all’estero, verificare i requisiti specifici del paese di destinazione e procurarsi tutti i documenti necessari con anticipo.

Kit di pronto soccorso: Preparare un piccolo kit di pronto soccorso contenente articoli essenziali come forbicina, garze sterili, disinfettante e bende elastiche. Questo kit può essere prezioso in caso di piccole ferite o incidenti durante il viaggio.

Gattino in vacanza nel proprio trasportino

Fonte: AniCura

Un gatto nel trasportino per gli spostamenti in vacanza

Trovare una clinica veterinaria di riferimento: prima di partire, identificare una clinica veterinaria di riferimento lungo il tragitto. Strutture come le cliniche AniCura offrono servizi di pronto soccorso dedicati, disponibili 24 ore su 24, per affrontare qualsiasi emergenza veterinaria durante il viaggio.

Preparazione del trasportino e pianificazione dei pit stop: per i viaggi più lunghi, assicurarsi di portare con sé un trasportino adeguato al proprio amico a quattro zampe. Abituare gradualmente il proprio animale al trasportino alcuni giorni prima della partenza. Durante il viaggio, pianificare frequenti pit stop per consentirgli di sgranchirsi le zampe e fare i bisogni.

Considerare l’opzione di pensione per animali: Se il proprio peloso non gradisce i viaggi, considerare l’opzione di affidarlo a persone di fiducia o a strutture specializzate in pensioni per animali. Mai lasciare soli gli animali domestici e mai abbandonarli.

Organizzare una vacanza con il proprio cane o gatto richiede quindi una pianificazione meticolosa e un’attenzione costante alla sua salute e al suo benessere. Con i giusti accorgimenti e una corretta preparazione, è possibile vivere dei momenti spensierati e rilassanti con il proprio amico a quattro zampe. Le cliniche AniCura sono sempre a disposizione per garantire il benessere del proprio animale durante ogni fase del viaggio.

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Sta per nascere il nuovo Parco delle Dolomiti Camune

È stato sottoscritto l’Accordo di collaborazione tra Regione Lombardia e l’Unione dei Comuni degli Antichi Borghi di Valle Camonica, che consente di avviare l’attuazione della strategia di sviluppo locale “Strategia Parco delle Dolomiti Camune“.

La Strategia proposta, che ha come capofila proprio l’Unione degli Antichi Borghi di Valle Camonica, è stata sottoscritta da un partenariato composto dai Comuni di Angolo Terme, Borno, Cerveno, Losine, Lozio, Malegno, Ossimo, Piancogno e Ono San Pietro.

A fronte di un costo complessivo di 3.253.085 euro, il finanziamento regionale è pari a 2.669.361 euro.

L’obiettivo della Strategia e i nove interventi

L’obiettivo che la Strategia si pone, come spiegato l’assessore di Regione Lombardia a Enti Locali, Montagna, Risorse energetiche e Utilizzo risorsa idrica, è “la salvaguardia, la valorizzazione e il recupero del patrimonio ambientale e paesistico, ponendo particolare attenzione alle emergenze culturali e naturalistiche nonché alla fruizione sociale del territorio“.

Nove sono gli interventi in cui si articolerà includendo la messa in sicurezza di viabilità stradale comunale e agro-silvo-pastorale, la riqualificazione e l’ammodernamento di edifici pubblici da destinare a uso ricettivo e culturale, il potenziamento del sistema di percorsi turistici e ciclopedonali, l’ampliamento e la riqualificazione di aree attrezzate per la sosta dei turisti.

La Regione Lombardia, tramite le risorse stanziate per gli ambiti prealpini, intende sostenere processi di sviluppo locale sostenibile. “Grazie al contributo regionale” ha aggiunto l’assessore a Enti locali e Montagna “verranno realizzati interventi di riqualificazione del patrimonio pubblico esistente per potenziare l’offerta di servizi a favore della cittadinanza e dei turisti. La valorizzazione delle risorse locali è imprescindibile per contrastare lo spopolamento dei territori montani, sia per adeguare i servizi ai bisogni delle comunità locali che per aumentare l’attrattività turistica del territorio“.

Gli antichi borghi di Valle Camonica

Conosciamo meglio i borghi di Valle Camonica, protagonisti della strategia di sviluppo locale ‘Strategia Parco delle Dolomiti Camune‘, partendo da Angolo Terme, di origine celtica, che comprende i centri abitati di Angolo, Anfurro, Mazzunno e Terzano. Grazie alla vicinanza del Lago Moro e agli impianti sciistici del Comprensorio Presolana, ha visto lo sviluppo di attività termale e turistica. Dal punto di vista architettonico, si fanno notare il Castello Federici del XVI secolo, Palazzo Morosini, Palazzo Laini, la Parrocchiale di San Lorenzo Martire, la Chiesa di San Silvestro, e la Chiesa degli Alpini.

Borno, in media Valle Camonica, è un tipico borgo montano, immerso nel verde di boschi e prati a 921 metri di altitudine. Oasi di relax e pace, è un “paese senza tempo” dove passeggiare tra le strette vie lastricate ammirando le torri medievali, gli antichi cortili, le fontane e le innumerevoli chiese tra cui spicca la settecentesca Chiesa dei Santi Giovanni Battista e Martino.

Cerveno, alle pendici dell’imponente montagna di roccia calcarea Concarena, stupisce e affascina con il complesso sacro della Parrocchiale di San Martino e il Santuario della Via Crucis, mentre Losine è tutt’oggi intriso di leggende e reperti romani che raccontano gesta di epoche passate: da vedere la Parrocchiale del Sacro Cuore con facciata barocca e la Parrocchiale Vecchia di San Maurizio, ampliata nel XVIII secolo.

Radici millenarie sono anche quelle del borgo di Malegno, con le suggestive statue stele di località Bagnolo risalenti al XI secolo. Da non perdere il Museo Etnografico del Ferro “Le Fudine”, la Parrocchiale di Sant’Andrea Nuova dei primi del Settecento e la Chiesa di Sant’Andrea Vecchia impostata su un edificio del XIII secolo in stile romanico.

Ossimo è composto da due nuclei, Ossimo Superiore e Ossimo Inferiore, e di notevole importanza è il Museo Etnografico della Valle Camonica inaugurato nel 1995, mentre Piancogno è  formato dalle 3 frazioni di Piamborno, Cogno e l’Annunciata.

Infine, Ono San Pietro (che risale alla fine del XIII secolo) propone da vedere la Calchera, antico forno per la produzione di calce, la Chiesa di San Pietro in Circolo del XV secolo e la Parrocchiale di San Alessandro martire ricostruita alla fine del XVIII secolo.

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Parte la crociera extralusso alla scoperta delle Svalbard

È fissata per il 28 maggio la partenza della crociera extralusso alla scoperta delle isole Svalbard, a bordo di un’affascinante nave dotata di tutti i comfort, Le Boreal della compagnia di navigazione francese Ponant.

Altre date previste sono l’11, 18, 25 giugno, e il 2 e 23 luglio su Le Lyrial e il 9 e 16 giugno ancora a bordo di Le Boreal. In tutti i casi, si tratta di sette notti con imbarco a Longyearbyen (la città più abitata dell’arcipelago norvegese), raggiungibile in aereo da Parigi.

L’eccellenza delle navi boutique di Ponant

Le navi della compagnia Ponant, di proprietà del gruppo Pinault, sono vere e proprie “navi boutique” che, grazie alle dimensioni contenute, sanno inoltrarsi in luoghi ancora inesplorati, al di fuori delle rotte più gettonate, garantendo l’adrenalina dell’avventura e un servizio di bordo che figura tra il top dello yatching di lusso.

In particolare, Le Boreal si distingue per essere una delle navi più eleganti del settore, con tecnologia all’avanguardia, materiali d’eccellenza e arredi di prestigio: vanta ben 132 cabine e sei ponti e ogni spazio è concepito al meglio per ottimizzare le aree comuni e donare un’atmosfera rilassata e raffinata. In più, per dare risalto alla sensazione di navigare su uno yatch privato, i colori dominanti sono sfumature di grigio, toni neutri e un tocco di rosso.

Tutte le cabine (alcune con balcone) godono della vista sul mare, dispongono di televisione a schermo piatto, accappatoio e prodotti da bagno francesi.

A sua volta, Le Lyrial è la combinazione perfetta tra benessere e lusso, caratterizzata da un’atmosfera amichevole e autentica: realizzata da Fincantieri, unisce competenza italiana e design francese dimostrandosi una delle navi più innovative.
A impreziosire ancora di più l’esperienza a bordo sono i colori che si ispirano alle tonalità delle destinazioni da visitare: una scala di blu che spazia dal turchese delle limpide insenature del Mediterraneo al grigio luminoso e tenue dei ghiacci polari.

Gli alloggi vanno incontro alle più svariate esigenze, con camere di diversa metratura e arredamento in base alla categoria scelta, balcone privato e letti king size.

Tutte le navi Ponant Explorers dispongono inoltre di una lounge multisensoriale subacquea: si tratta della Blue Eye, la prima lounge a venire realizzata sotto la linea di galleggiamento di una nave da crociera così da regalare una percezione unica dell’universo sottomarino.

Non mancano poi open bar, Spa, centro benessere, teatro e il primo ristorante su nave dello chef francese Alain Ducasse con cucina gourmet nazionale e internazionale.

Ancora, i viaggiatori che scelgono la suite avranno a disposizione un maggiordomo personale.

Isole Svablard, un viaggio ai confini del mondo

Una crociera alle Isole Svalbard è un viaggio ai confini della Terra, in luoghi magici e remoti, le terre abitate più a Nord del mondo che sono il regno degli orsi polari e dei ghiacci.

Qui si arriva principalmente per provare l’emozione di trovarsi a tu per tu con la natura selvaggia, plasmata da paesaggi mozzafiato, montagne e oltre 2000 ghiacciai. E che dire poi dello spettacolo dell’aurora boreale e delle sconfinate distese innevate in inverno e della tundra dell’estate polare?

Ma sorprende anche Longyearbyen, il centro abitato più a Nord, con le case colorate e l’unica chiesa del territorio, festival, eventi, il centro d’arte Nordover, il museo etnografico Svalbard Museum e il North Pole Expedition Museum.

Curiosa anche “la città fantasma delle Svablard”, ovvero Pyramiden, insediamento minerario russo degli Anni Ottanta abbandonato alla chiusura della miniera ma con gli edifici, le strade, le case e le strutture rimaste intatte.

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Le location della serie Netflix “Cent’anni di solitudine”

In arrivo su Netflix una nuova serie che si preannuncia come un viaggio entusiasmante: si tratta della trasposizione del celebre romanzo di Gabriel García Márquez “Cent’anni di solitudine” che gli valse il Premio Nobel per la letteratura nel 1982.

Un’impresa di grande portata che, in modo simile al libro, condurrà gli spettatori nel leggendario e cangiante macrocosmo di Macondo, il mitico villaggio sperduto in mezzo alle paludi.

Il cast e la regia della serie Netflix

La regia della serie Netflix “Cent’anni di solitudine” è stata affidata ad Alex García López, noto per aver lavorato in Daredevil e The Witcher, e a Laura Mora, la regista di Los reyes del mundo.

Il cast, davvero ampio, vede la presenza, tra gli altri, di Susana Morales, Claudio Cataño, Ella Becerra e Jerónimo Barón.

L’ambientazione e il contesto

Nel corso del libro (e della serie) si susseguono le vicende della famiglia Buendía per un intero secolo mentre i personaggi affrontano amori proibiti, guerre, follia, nascite traumatiche e, in particolare, una maledizione che li condanna alla solitudine.

I Buendía appaiono, così, di generazione in generazione, dal capostipite José Arcadio ad Aureliano Babilonia, con eventi che vanno dalla scoperta del ghiaccio alle pergamene decifrate dello zingaro Melquiades.

La loro storia inizia nel momento in cui José Arcadio Buendía e Úrsula Iguarán, cugini, si sposano nonostante il parere contrario delle famiglie e lasciano il villaggio per costruire una nuova casa. I loro discendenti nascono con un destino che sembra ineluttabile, legato in maniera indissolubile al villaggio di Macondo, isolato tra le paludi, simbolo della condizione umana.

Gli eroi maschili appaiono solitari, tragici e destinati alla sconfitta mentre le figure femminili si ergono sagge, piene di vitalità, affascinanti e solide.

Le location di “Cent’anni di solitudine”

I 16 episodi di “Cent’anni di solitudine” (la cui data di debutto non è ancora stata rivelata) rappresentano una delle produzioni più ambiziose mai realizzate in America Latina e sono stati girati in lingua spagnola (con il supporto della famiglia Márquez).

In attesa di vedere la serie e scoprire i luoghi specifici che hanno fatto da sfondo alle vicende narrate nel romanzo apprezzato a livello internazionale, quello che finora sappiamo con certezza è che è stata filmata in Colombia, al cospetto dei vasti e straordinari paesaggi di questo meraviglioso Paese.

Infatti, non è un caso che trovandosi a viaggiare in Colombia ci si innamori a prima vista, colpiti anche da un’offerta turistica che lascia senza fiato: dall’Amazzonia al deserto, dai luoghi coloniali alle moderne città, passando per le favolose spiagge caraibiche fino a città e siti che pullulano di storia antichissima.

Sono davvero panorami unici che racchiudono in sé scenari geografici opposti e che restituiscono, di conseguenza, contrasti di migliaia di colori: l’azzurro del mare, il bianco dei litorali, le cime innevate della Ande e, ovviamente, il verde della foresta amazzonica.

La Colombia, insomma, si fa amare per la bellezza disarmante del paesaggio e della natura rigogliosa, lussureggiante e selvaggia, per angoli incontaminati come il Cabo de la Vela e Punta Gallinas dove il deserto incontra il mare, il litorale del Mar dei Caraibi, le piantagioni di caffè, i vulcani, i siti archeologici precolombiani e città tutte da vivere tra eventi, festival e mercati.