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Campo di Brenzone, il borgo fantasma del Veneto

Lo scenario che dona il territorio del Lago di Garda è puro incanto: borghi gioiello affacciati sul blu, i giochi di luce sull’acqua e, tutt’intorno, il verde dei colli e dei monti.

E, a proposito di borghi affacciati sul lago, ce n’è uno che è un’autentica chicca nascosta, quella “meta che non ti aspetti”, dove non si trovano negozi e hotel ma il silenzio, la quiete e tutto il fascino di un luogo dove il tempo scorre lento, aggrappato a un passato sempre vivo e presente.

Raccolto e suggestivo, Campo di Brenzone, resiste e conquista seppur semi abbandonato e accessibile soltanto a piedi tramite i sentieri nel cuore della natura.

Campo di Brenzone, piccolo mondo antico

Se avete il desiderio di immergervi in una “dimensione altra” e assaporare l’atmosfera di un piccolo mondo antico, andate alla scoperta di Campo di Brenzone, borgo medievale a 200 metri di altezza, con vista mozzafiato sul lago, una delle numerose frazioni di Brenzone sul Garda.

Si tratta di un tesoro incantato, un borgo “fantasma” anche se vi sono alcuni abitanti che, però, oggi “si contano sulle dita di una mano“. Alcuni documenti ne testimoniano l’origine al 1203, una realtà agricola e ricca di tradizioni che, tuttavia, ha visto un massiccio spopolamento a partire dal secolo scorso: le difficili vie di accesso, la povertà e l’assenza di comfort hanno “cristallizzato” Campo di Brenzone portando i residenti a emigrare altrove.

Ma il borgo resiste, non è cambiato, le casette in pietra rimangono, seppur molte semi diroccate, a raccontare la vita che videro, sostenute da ponteggi, alcune con il tetto crollato e senza più gli infissi.

Nella zona alta, ecco la Chiesetta di San Pietro in Vincoli, edificata tra il XII e il XIII secolo, dove ammirare i pregevoli affreschi a opera di Giorgio Da Riva risalenti al 1358, forse data conclusiva di costruzione dell’edificio religioso.

Una passeggiata tra scale, cantine e cortili consente di vivere un’esperienza unica e di lasciarsi sorprendere da insolite meraviglie come, ad esempio, il “poggiolo di Romeo e Giulietta“, pittoresco terrazzino con due sedie e un tavolino che sembrano attendere una romantica coppia.

Ma non è ancora tutto.

Da dicembre alla metà di febbraio, Campo ospita oltre cento presepi, collocati tra gli ulivi, sugli antichi balconi, nelle vecchie cantine visitabili per l’occasione e nei cortili.

Il 9 e il 10 agosto, invece, va in scena “Notti Magiche a Campo”, per ascoltare una sera musica classica e l’altra leggera o etnica in una cornice di rara suggestione.

Come raggiungere il borgo fantasma del Garda

Sono vari i sentieri che conducono a Campo di Brenzone e che partono da Cassone, Castelletto di Brenzone, Magugnago e Marniga (quest’ultimo è quello che regala un’indimenticabile vista sul Garda).

L’itinerario più breve e diretto sale da Castelletto ed è piuttosto semplice e accessibile a tutti: in un’ora e un quarto di cammino sarete a destinazione.

Invece, chi ama le camminate e il trekking, può seguire un percorso ad anello con partenza lungo il sentiero 655 in direzione Biaza: una mulattiera tortuosa e lastricata porta, dopo 25 minuti, allo storico paesino di Biaza. Da qui, si imbocca il sentiero 31 e, in 5 minuti, si giunge a Fasor. Ancora mezz’oretta di sali e scendi ed ecco il tesoro di Campo.

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In questo parco puoi entrare nel mondo del Piccolo Principe e volare con lui

Esiste un luogo, di incantevole suggestione, dove tutti i giorni l’immaginazione diventa realtà. Un posto dove la fantasia prende vita a ogni passo compiuto, proprio lì dove è possibile perdersi e immergersi in una delle più belle favole di sempre. Non si tratta di un semplice parco divertimenti, ma di un microcosmo delle meraviglie che permette di entrare nel fantastico mondo di Antoine de Saint-Exupéry.

Ci troviamo tra Mulhouse e Colmar, e più precisamente nel cuore dell’Alsazia dove la magia prende vita ogni giorno. Sì perché qui esiste un parco che permette a grandi e bambini di entrare nel mondo del Piccolo Principe e di volare con lui, e farlo per davvero.

Benvenuti nel Parc du Petit Prince

“È solo con il cuore che si può vedere veramente, l’essenziale è invisibile agli occhi”, diceva il Piccolo Principe pronunciando quella che è diventata una delle più celebri frasi del capolavoro di Antoine de Saint-Exupéry. I nostri viaggi, quelli che ci hanno portato alla scoperta delle meraviglie segrete del mondo, ci hanno confermato che è proprio vero che la bellezza più autentica si palesa solo allo sguardo di chi sa andare oltre.

Ma è in Alsazia che quella frase si manifesta in tutta la sua potenza ,perché è qui che esiste un parco divertimenti completamente dedicato al Piccolo Principe. Ci troviamo a Ungersheim, nel comune francese situato nel dipartimento dell’Alto Reno e confinante con la Germania e la Svizzera. È proprio qui che i sogni dei bambini si realizzano e la fantasia degli adulti torna a materializzarsi.

Il Parc du Petit Prince, questo è il suo nome, è un’area tematica interamente dedicata al celebre romanzo di Saint-Exupéry. Un sogno a occhi aperti che trasporta i viaggiatori di ogni età in un poetico universo dove attrazioni, elementi naturali e velivoli permettono di vivere e condividere una delle esperienze più magiche e suggestive di sempre.

Parc du Petit Prince

Fonte: Getty Images

Parc du Petit Prince, il parco divertimenti ispirato al magico universo di Antoine de Saint-Exupéry

Diventare un Piccolo Principe per un giorno

Sono 31, in totale, le attrazioni che si snodano all’interno del Parc du Petit Prince e tutte sono destinate a far rivivere l’incanto di uno dei racconti più magici mai letti. Grazie alle proiezioni con tecnologie 3D e 4D è possibile immergersi completamente all’interno del fantastico mondo di Saint-Exupéry e visitare il Pianeta Gigante, oppure scendere negli abissi del mare per esplorare il Pianeta Sottomarino.

La visita al parco permette agli ospiti di entrare in contatto con la natura e con i suoi animali. Non solo con la fantasia, grazie all’attrazione Addomesticami dove tutti possono dialogare con una volpe virtuale, ma anche con la realtà. Il Parc du Petit Prince, infatti, ospita una fattoria di farfalle che è diventata la casa di migliaia di esemplari autoctoni.

Dopo aver trascorso il tempo tra spettacoli e proiezioni, si arriva all’attrazione principale del parco divertimenti, quella che permette di volare a bordo di due mongolfiere e di raggiungere idealmente il Pianeta del Re e il Pianeta del Lampionaio. Le ballon du Roi e Le ballon de l’allumeur du réverbère svettano verso il cielo raggiungendo i 150 metri di altezza e permettendo a tutti un accesso privilegiato su uno dei più incredibili panorami del territorio, quello che si estende fino al Parco naturale regionale dei Ballons des Vosges e alla Foresta Nera.

Gli ospiti, infine, potranno trascorrere momenti di totale spensieratezza nel cielo a bordo dell’Aérobar del pianeta dell’Ubriacone. Un’attrazione che permette di brindare all’esperienza appena vissuta a un’altezza di 35 metri.

Il parco dedicato al Piccolo Principe

Il parco dedicato al Piccolo Principe 

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Tetouan, la città bianca del Marocco

A una sessantina di chilometri da Tangeri, nel nord del Marocco, abbaglia la candida città di Tetouan, nella fertile Valle del Martil, vivace porto noto per la sua Medina, Patrimonio UNESCO dal 1997, tra le meglio conservate del Paese.

Una località a dir poco splendida, una “colomba bianca” che sa incantare e trasportare in un’atmosfera tutta da vivere e da scoprire, lungo le sue stradine imbiancate a calce tra bancarelle, mercati e colorati portali ad arco.

Seppur ancora meno gettonata di Casablanca o Marrakech, Tetouan offre accattivanti punti di interesse ed è agevolmente visitabile anche con una giornata a disposizione.

Cosa vedere a Tetouan, la bianca città del Marocco

La prima tappa quasi obbligata è, senza dubbio, l’affascinante Medina Patrimonio UNESCO, un candido dedalo di stretti vicoletti dove perdersi senza fretta e ammirare, a ogni passo, un nuovo scorcio.

Si tratta di uno dei migliori esempi di città storiche dell’VIII secolo, delimitata da mura sui tre lati, dotata di sette porte e custode di ben trentasei edifici sacri tra santuari e moschee.

Qui, inoltre, sono vivaci e numerosi i caratteristici mercati (souk) con bancarelle che espongono qualsiasi tipologia di prodotto: dalle pescherie, al pollame, al cibo di strada fino alla pelletteria e alle decorazioni.

Di contro, altrettanto affascinante è il quartiere spagnolo l’Ensanche, così differente dai labirinti della Medina, con le strade disposte a griglia: dopo una passeggiata lungo la via principale Mohamed V, da non perdere sono il Museo Archeologico (che illustra la storia preistorica e pre-islamica del Marocco), il Museo di Arte Contemporanea e la vivace Piazza Mulay Mehdi con bar, rotonda ombreggiata da palme e la caratteristica chiesa gialla di Nuestra Señora de las Victorias.

Nelle vicinanze, ecco poi un’oasi di ombra e relax nel cuore della città, ovvero i Giardini dell’Eixample, con panchine, sentieri curati, alberi, statue, fiori e una ricca vegetazione.

Ma non è tutto.

Tra la Medina e l’Ensanche, da non perdere è Piazza Hassan II, dove spiccano particolari fari Art Noveau, verdi e bianchi, e soprattutto il Palazzo Reale, edificato nel XVII, la storica residenza del sultano, tra gli esempi più pregevoli di architettura moresca del mondo con splendidi giardini, fontane, cortili, e una meravigliosa porta d’ingresso.

Il fascino dei dintorni

Se Tetouan è un gioello del nord Marocco, i suoi dintorni non sono da meno: avrete, così, l’opportunità di conoscere una vasta gamma di città e paesi che completeranno al meglio la vostra esperienza di viaggio.

Da citare, ad esempio, è il piccolo paese costiero di M’diq, a una ventina di minuti d’auto, meta estiva per eccellenza con la lunga spiaggia che fiancheggia il lungomare ricco di bar e ristoranti.

A un’ora e mezza, invece, merita una sosta il suggestivo villaggio blu di Chefchaouen con le stradine dipinte su cui si affacciano deliziosi negozietti. Imperdibile la spettacolare Kasbah, fortezza davvero ben conservata.

Ancora, da ammirare sono Tangeri, sullo stretto di Gibilterra, dal centro storico che si snoda tra stradine bianche e blu, souk, monumenti e le bellissime spiagge, e Ceuta, città autonoma spagnola a una quarantina di chilometri, con notevoli attrazioni quali, ad esempio, Plaza de África, Plaza de Armas delle Mura Reali o Monte Hacho e la Casa de los Dragones sul Paseo de Camoens.

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King Edward Point, la capitale meno popolata al mondo

Immaginando una capitale, il primo pensiero che viene in mente è quello di una vivace metropoli, migliaia o milioni di abitanti, traffico, palazzi e innumerevoli attrattive.

E se, invece, esistesse una capitale che conta una decina di abitanti, un piccolo gruppo di case e, attorno, soltanto natura selvaggia a perdita d’occhio?

Non è fantasia ma realtà. Andiamo a conoscere meglio King Edward Point, la capitale meno popolata al mondo.

King Edward Point, la capitale quasi disabitata

È uno dei luoghi più remoti del pianeta, una terra frastagliata di ghiacciai, un paradiso per la fauna selvatica abbracciato da acque gelide dove, durante l’inverno, la temperatura raggiunge i -15 gradi e soltanto dieci persone hanno il coraggio di restare.

King Edward Point, sulla costa nord-orientale dell’Isola della Georgia del Sud, a circa 1400 chilometri a sud-est delle Isole Falkland, è una stazione di ricerca permanente del British Antarctic Survey, la capitale del territorio britannico d’oltremare della Georgia del Sud e delle Isole Sandwich nonché la “più piccola” per numero di abitanti, all’ingresso di King Edward Cove, una raccolta baia della Cumberland East Bay, accessibile soltanto in barca.

Dal 1909, è la residenza di un magistrato britannico che amministra l’Isola.

In estate, la stazione ospita dalle 20 alle 40 persone, mentre in inverno, come già accennato, sono solamente dieci le persone che osano rimanere al cospetto di un clima davvero rigido e proibitivo.

Tre sono gli ufficiali governativi assunti per vivere e lavorare, a rotazione sovrapposta, presso la stazione mentre il personale del British Antarctic Survey è impiegato a King Edward Point con contratti di 17 mesi: tra di loro vi sono uno scienziato della pesca, un assistente zoologico sul campo, per le foche e i pinguini, due ufficiali di navigazione, un medico, un capostazione e due tecnici, sia elettricisti che meccanici.

L’obiettivo principale delle ricerche è quello di fornire consulenza scientifica per assistere le aree marine protette ma l’attenzione degli addetti ai lavori è rivolta anche alla gestione sostenibile della pesca commerciale intorno all’Isola della Georgia del Sud.

Inoltre, il team ha pubblicato una serie di “progetti” di Gentoo Penguin Tracking per comprendere l’impatto della plastica sulle popolazioni di pinguini.

La vita a King Edward Point, tra il tempo che scorre lento e temperature invernali estreme

È una vita singolare quella che conducono le poche decine di abitanti di King Edward Point, alle prese con un clima rigido, la possibilità di neve in qualunque momento e le temperature che oscillano dai -15 gradi dell’inverno ai 20 gradi dell’estate (anche se l’isola è completamente ricoperta dal candido manto soltanto da maggio a ottobre).

Ognuno a turno cucina, pulisce e prepara il pane, mentre il sabato sera è il momento di un tradizionale pasto formale di tre portate.

Oltre al lavoro e alla formazione in navigazione, ricerca, salvataggio e primo soccorso, c’è anche spazio per l’intrattenimento con attività organizzate in autonomia quali risalite in collina, sci, mezza maratona, regate di modellini di yacht, serate di cinema e un ingresso annuale al Festival cinematografico dell’Antartide.

Accanto ai pochi abitanti, vivono numerosi animali selvatici come pinguini gentoo, pinguini reali, procellarie giganti, elefanti marini, albatros, foche di quattro differenti specie e uccelli nidificanti di 30 specie diverse.

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Questa antica medina è un museo a cielo aperto

Il Marocco, perla del Nordafrica, è una destinazione ricca di mistero e di fascino con una miscela vibrante di culture, paesaggi mozzafiato e città storiche. Questa terra custodisce luoghi preziosi cristallizzati nel tempo, che regalano uno scorcio sulla sua storia antica.

Con i palazzi intricatamente decorati, i villaggi berberi arroccati sulle montagne e i mercati colorati e rumorosi, il Paese conserva un forte legame con le sue radici e le sue tradizioni, un ponte tra l’antico e il nuovo, tra l’Oriente e l’Occidente.

Alcune delle sue meraviglie più notevoli, sono le medine labirintiche, cuore pulsante dell’autentica vita cittadina. Tra queste, Fès el-Bali, riconosciuto come Patrimonio dell’UNESCO, è un luogo dove il tempo sembra essersi fermato. L’eco del passato risuona in ogni angolo, permettendo di immergersi totalmente nella cultura marocchina.

Fès-el-Bali, viaggio nel cuore autentico del Marocco

Fes Morocco

Fonte: iStock

Moschea Al-Qarawiyyin, Fes in Morocco

Fès el-Bali è la parte più antica di Fès, una delle città imperiali del Marocco. Fondata come capitale della dinastia Idriside tra il 789 e l’808 d.C., è uno dei quartieri storici meglio conservati dell’epoca medievale araba.

Circondato da imponenti mura difensive e bastioni, è un vero e proprio labirinto urbano. Composta da circa 9.000 vicoli tortuosi, la città è divisa in ben 300 quartieri distinti, ciascuno con la propria personalità unica.

Il suo fascino risiede nella sua ricca storia che si respira passeggiando per i suoi vivaci souk, nei quali i commercianti locali offrono una vasta scelta di prodotti tradizionali, dal pregiato artigianato in tappeti e ceramiche fino ai gioielli preziosi.

Immerso nel cuore pulsante di Fès el-Bali, ti troverai circondato da una sinfonia di colori e profumi. Ceramiche vivaci colorano ogni angolo, mentre una vasta selezione di spezie, dalle più comuni alle più esotiche, rilasciano nell’aria un bouquet di aromi irresistibili che ti avvolge e ti rapisce.

Uno dei punti d’interesse più rinomati è la Medersa Bou Inania. Costruita tra il 1351 e il 1358, questa antica scuola islamica rappresenta un sorprendente esempio di architettura Marinid. Le sue meravigliose piastrelle e l’atmosfera rilassante che pervadono l’edificio creano una vera e propria oasi di tranquillità.

Anche le costruzioni storiche sono rimaste sorprendentemente simili a com’erano secoli fa. Le madrasas, gli hammam e le moschee si ergono ancora maestosamente nel panorama cittadino. Molti di questi sono stati restaurati con cura e trasformati in incantevoli alberghi o ristoranti, per regalare ai visitatori un’esperienza autentica dell’ospitalità marocchina.

Bab Bou Jeloud, la Porta Azzurra di Fès

Per poter vivere appieno l’esperienza di Fès el-Bali, ti consigliamo di affidarti a una guida esperta o, se preferisci, di partecipare a un’emozionante escursione organizzata. La Medina, infatti, è un vero e proprio labirinto di stradine strette in cui ci si può facilmente perdere.

E quale modo migliore per iniziare il viaggio se non attraverso la sua porta più iconica, Bab Bou Jeloud? Inaugurata nel 1913, la Porta Blu è molto di più di un semplice ingresso alla città. Questo straordinario capolavoro architettonico è un vero simbolo della città, che incanta i visitatori con la sua bellezza senza tempo.

Al primo sguardo, affascina con il suo azzurro intenso che brilla verso la Medina, mentre un verde smeraldo splende sul lato opposto, rispettivamente i colori tradizionali di Fès e dell’Islam. Le intricate piastrelle di ceramica, conosciute come zellige, adornano la porta, creando complesse trame geometriche e arabeschi, un autentico spettacolo per gli occhi. Questa tecnica decorativa rappresenta una peculiarità dell’architettura tipica marocchina e andalusa.

Ma Bab Bou Jeloud non è soltanto bella da vedere. È anche un punto d’osservazione privilegiato. Salendo le scale che conducono alla sommità della porta, potrai ammirare una vista panoramica sulla Medina e sulle colline circostanti. È un luogo perfetto per scattare foto indimenticabili o semplicemente per osservare il paesaggio.

L’atmosfera qui è semplicemente incantevole. Potrai scoprire i numerosi caffè, ristoranti e negozi che offrono una vasta selezione di prodotti locali. Un luogo ideale per prendersi una pausa, assaporare un delizioso tè alla menta o gustare un piatto di couscous, immergendoti completamente nell’atmosfera unica di Fès.

Blue Gate, Fès

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Bab Bou Jeloud, Fès, Marocco
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Ritrovato il tempio sommerso di una fiorente ed enigmatica civiltà

Il Parco Archeologico dei Campi Flegrei, area nota fin dall’antichità per la sua attività vulcanica nel cuore del placido Golfo di Napoli, è un “museo sottomarino” che non finisce mai di sorprendere e di portare alla luce nuove scoperte.

Questa volta, a riemergere è un tempio sommerso, nella zona di Puteoli, che ci mostra il ruolo fondamentale delle attività commerciali della tribù araba dei Nabetei, i fondatori della magnifica città di Petra in Giordania.

L’altare ritrovato nel Golfo di Napoli

Sommersi da circa uno o due metri d’acqua, i resti dell’antica città di Puteoli sono composti da parti di pavimenti in pietra, pilastri e mura ormai cadenti: nel 2021, durante un’immersione, Michele Stefanile, archeologo dell’Università di Napoli, insieme al collega Michele Silani dell’Università Vanvitelli, hanno scoperto una lastra di marmo bianco al di sotto di un cumulo di sabbia e pietre.

Più tardi, tornati a rimuovere i detriti, hanno notato che la lastra portava incise iscrizioni in latino, dedicate a una divinità venerata ben duemila anni fa nei deserti delle attuali Arabia Saudita e Giordania: è stato quindi chiaro che si trattava di un altare.

Durante una recente conferenza stampa, i funzionari del Ministero della Cultura hanno dichiarato che l’altare sommerso faceva parte di un tempio nell’avamposto più a occidente della tribù dei Nabetei, mercanti e commercianti che vivevano nel deserto e che prosperarono nella periferia est dell’Impero Romano a partire dal IV secolo d.C.

L’enigma dei Nabetei

L’enigmatica tribù dei Nabetei, nel periodo di maggior splendore, svolgeva un ruolo cruciale di collegamento commerciale tra i beni di lusso provenienti dall’Oriente e l’Impero Romano.

Già Plinio il Vecchio riportava che il ceto ricco inviava, ogni anno, ingenti somme di denaro in Arabia, Cina e India per acquistare ambite merci quali seta, spezie e incenso.

Avendo il controllo del passaggio dei beni attraverso il deserto, i Nabetei fondarono un regno che incanta ancora oggi nelle sontuose rovine di Petra, in Giordania, e di Hegra, in Arabia Saudita.

E, in Italia, la maggior parte del commercio arabo arrivava al porto di Puteoli, al largo dell’odierna costa di Pozzuoli, il porto più importante del primo Impero Romano.

L’altare scoperto da poco (con un altro ritrovato nelle vicinanze) dimostra, quindi, che i Nabetei erano presenti a Puteoli ma apre anche a un enigma: non possedendo abilità di navigazione né porti propri, com’è possibile che siano salpati attraverso il Mediterraneo e approdati a Puteoli per avviare lì le loro attività commerciali?

Una presenza concreta a Puteoli

Tuttavia, gli esperti ritengono che i Nabetei fossero una “presenza concreta” a Puteoli.

Questo perché, impiegando droni e scansioni laser per mappare le rovine sommerse dall’alto, si è potuto calcolare che gli altari rinvenuti di recente (parte di un grande tempio) duemila anni fa dovevano essere in una zona privilegiata, a meno di 50 metri dal litorale e lungo una delle principali strade che conduceva alla spiaggia.

Il tempio avrebbe così svolto un ruolo chiave per i mercanti Nabetei lontani dalla loro terra, consentendo loro di concludere gli affari e gli accordi sotto la protezione della divinità in cui credevano e di celebrare le cerimonie religiose in spazi sacri.

In più, rappresentava una sorta di “manifesto” che segnalava la presenza dei ricchi mercanti ai potenziali clienti dell’affollato porto e fungeva da “punto di informazioni” per i commercianti Nabetei appena arrivati.

L’archeologo Stefanile e i colleghi stanno eseguendo dei nuovi scavi a Puteoli con l’obiettivo di riportare alla luce le rimanenti rovine del tempio (che sarebbero al di sotto di poche decine di centimetri di sabbia).

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Il pittoresco villaggio in Alsazia dove il tempo si è fermato

L’Alsazia, una delle regioni più piccole della Francia, sembra uscita direttamente da un libro di favole.

Situata nel nord-est della Francia, al confine con la Germania e la Svizzera, è un crocevia di culture che testimoniano l’influenza franco-tedesca che ha plasmato il suo carattere distintivo. Esplorare l’Alsazia è un vero piacere per gli occhi e per il cuore, con i suoi paesaggi pittoreschi, i borghi medievali ben conservati e i prelibati vini locali.

Nel cuore di questo territorio si trova Turckheim, un piccolo villaggio incantevole, noto per i suoi vigneti rigogliosi che producono alcuni dei vini bianchi più rinomati al mondo. Con il suo patrimonio storico e i paesaggi pittoreschi, questo piccolo villaggio offre un’esperienza autentica e indimenticabile del fascino alsaziano.

La magia di Turckheim: un viaggio nel cuore dell’Alsazia

Turckheim, Alsazia

Fonte: iStock

Turckheim, Alsazia

Turckheim è un paese che conserva tutto il fascino dei borghi alsaziani tradizionali, ma che si distingue per alcune peculiarità uniche che ne fanno una tappa obbligatoria nel tuo itinerario.

Questa è l’unica località in cui le viti crescono in montagna, in collina e in pianura, una condizione ideale per la produzione di numerosi vini d’eccellenza.

Arrivando al borgo, sarai accolto dalla maestosità della Porte de France, un’imponente torre che faceva parte delle antiche mura medievali della città. Questa imponente struttura, con i suoi dettagli architettonici ben conservati e la pietra grigia che la caratterizza, narra in modo vivido la ricca storia di Turckheim. Una volta attraversata, ti ritroverai immerso in un’atmosfera magica e suggestiva. Percorrendo le stradine acciottolate, sarete accompagnati dalle tipiche case a graticcio, botteghe artigianali, fontane d’epoca e piazzette vivaci.

Un’attrazione imperdibile è senza dubbio la Ronda del Guardiano di Notte. Questa tradizione secolare, che si interruppe solo nel 1920 con l’introduzione della luce elettrica, è stata mantenuta per mantenere vivo un importante rituale del passato.

Nel Medioevo, infatti, era una figura essenziale per la sicurezza della città. Il suo compito era di pattugliare le strade dopo il tramonto, assicurandosi che tutto fosse tranquillo e sicuro. Questa consuetudine viene rievocata nel periodo da maggio a ottobre, ogni venerdì e sabato sera.

Vestito con un costume d’epoca, il guardiano percorre con la sua lanterna le stradine della città. Durante le ronde, annuncia l’ora in alsaziano e condivide interessanti aneddoti sulla storia del villaggio, creando un’atmosfera fiabesca e coinvolgente.

Un viaggio sensoriale alla Cave de Turckheim

Per concludere questo straordinario viaggio, una tappa obbligata è senza dubbio la Cave de Turckheim. Questa cantina di fama mondiale è un vero gioiello nel cuore dell’Alsazia, una straordinaria opportunità di immergersi nei sapori e nelle tradizioni vinicole della regione.

Qui è possibile degustare una varietà di vini pregiati, molti dei quali sono prodotti con uve coltivate localmente, tra cui il Gewurztraminer, Pinot Blanc, Pinot Gris e Moscato, noti per i loro aromi distintivi e la loro eccellente qualità. Inoltre, la cantina produce una serie di vini Grand Cru, che rappresentano il meglio della produzione enologica alsaziana.

I visitatori possono anche partecipare a tour guidati della cantina, durante i quali avranno modo di conoscere di più sul processo di vinificazione e sulla storia del vino, un’occasione unica per scoprire i segreti della produzione e per assaporare alcuni dei migliori vini locali.

Turckheim

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Tradizionali case a graticcio di Turckheim, Alsazia
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Spiaggia del Principe, un sogno della Costa Smeralda

Lo sappiamo bene, la Sardegna è una delle mete balneari più amate dai turisti che arrivano da ogni angolo del mondo, e sono tantissime le sue spiagge da sogno, lambite da acque cristalline. Stavolta vogliamo portarvi alla scoperta di una piccola oasi che incanta tutti coloro che hanno la fortuna di ammirare il suo panorama: ecco la Spiaggia del Principe, perla della Costa Smeralda.

La Spiaggia del Principe, tra storia e natura

Un arco di sabbia bianca e finissima, dove si infrange un mare così trasparente da lasciar intravedere il fondale per decine di metri: è la Spiaggia del Principe, un angolo di paradiso incastonato tra il verde della Costa Smeralda. Molto affollata d’estate, fuori stagione si rivela essere un’oasi di pace e tranquillità, l’ideale per chi cerca un po’ di relax lontano dalla gente – anche se è troppo tardi per un tuffo in acqua. Perché questa spiaggia è così speciale? Indubbiamente, è davvero bella: in molti la considerano tra le migliori di tutta la Sardegna, sembra quasi uscita da una cartolina. D’altra parte, la sua storia lo conferma.

Il suo vero nome è Spiaggia di Poltu di li Cogghj, ovvero “porto delle pelli”: in passato era infatti il punto d’imbarco privilegiato per il carico di moltissime merci artigianali prodotte nella regione, tra cui principalmente pellami. Negli anni ’60, Karim Aga Khan IV giunse in Costa Smeralda e se ne innamorò perdutamente. Il principe ismaelita, che ha dato il più grande contributo allo sviluppo turistico di questa zona all’epoca incontaminata e selvaggiamente affascinante, si lasciò conquistare dalle bellissime spiagge. E, tra le tante, scelse proprio quella che, oggi, viene chiamata Spiaggia del Principe in suo onore. È qui che avrebbe voluto costruire la sua villa, un progetto poi naufragato. Resta una piccola caletta che i turisti tornano ad affollare anno dopo anno.

Come arrivare alla Spiaggia del Principe

Raggiungere la Spiaggia del Principe è davvero facilissimo: si trova nel cuore della Costa Smeralda, a due passi da altre splendide località come la Spiaggia di Capriccioli e quella del Romazzino. In loco c’è un comodo parcheggio a pagamento, chiuso da una sbarra da cui si dipana un piccolo sentiero in discesa, che in alcuni punti è abbastanza accidentato. Il percorso, che si addentra nella profumata macchia mediterranea, non è altro che una piacevole passeggiata di una decina di minuti, al termine della quale il paesaggio si apre su una vera e propria cartolina.

La spiaggia candida è una mezzaluna circondata da rocce rossastre e bassa vegetazione, ed è divisa in due da un piccolo promontorio affacciato sul mare. Tutto il litorale è ad accesso libero – al contrario di quanto accade per molte altre spiagge sarde, ormai divenute a numero chiuso. Non ci sono stabilimenti attrezzati, ma chi vuole sfruttare qualche comodità in più può affittare ombrellone e sdraio direttamente sul litorale. Intorno, la natura è davvero incontaminata: ad eccezione di un piccolo chiosco dove trovare qualcosa da mangiare, ci sono solo sabbia, rocce e acqua cristallina. E la vista non è da meno, con un panorama fantastico che include l’isola di Mortorio.

La Spiaggia del Principe è l’ideale per chi ama rilassarsi al sole e fare un bel tuffo rinfrescante. È adatta anche per i più piccini, perché il fondale sabbioso digrada molto dolcemente – attenzione però al sentiero per arrivare al litorale, che è un po’ scosceso. E anche se in alcuni giorni la baia è spazzata dai venti, rimane sempre un’oasi meravigliosa tutta da scoprire. In estate, come abbiamo visto, è sempre molto frequentata ed è consigliabile arrivare presto per trovare posto. Ma all’inizio e alla fine della stagione si può ammirare il suo paesaggio in tutta tranquillità.

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In Albania esiste una città-museo che è un vero incanto

Esiste un luogo dove il tempo sembra essersi fermato, dove tutto è immerso in un’atmosfera suggestiva ed evocativa che sembra trasportare in un paesaggio degno delle più belle favole della buonanotte. Complice anche quel castello che domina il territorio e che è il più grande di tutto il Paese.

Questo luogo si trova in Albania, una delle destinazioni più apprezzate degli ultimi anni dai viaggiatori italiani e internazionali. Il territorio, infatti, è diventato meta prediletta delle vacanze estive per quel paesaggio marino fatto di acque cristalline, spiagge sabbiose, cale segrete e scogliere.

Eppure è all’ombra dei luoghi più frequentati dal turismo che si nasconde il segreto meglio protetto del Paese. Stiamo parlando di Argirocastro, una città-museo dichiarata Patrimonio Mondiale dell’Umanità dall’Unesco che vi farà innamorare. Pronti a partire?

Argirocastro, come in una fiaba

Situata nel sud dell’Albania, e abbarbicata al lato orientale della Montagna Larga, Argirocastro è un vero gioiello. Un museo a cielo aperto dove il passato vive e sopravvive in tutte quelle testimonianze visibili che rendono la città un unicum in tutto il Paese.

Immenso è il suo patrimonio, riconosciuto anche dall’Unesco, e suggestive sono le sue strade acciottolate, quelle che conducono direttamente al castello che domina sull’intera città. È proprio intorno all’iconica fortezza, diventata il simbolo del territorio, che si snoda la sua storia.

Dopo la nascita del castello di Argirocastro è stata costruita, intorno alla metà del 1300, la cittadella fortificata che ha preso il suo nome. Secoli dopo, con la conquista della città da parte delle truppe ottomane, vennero costruite le caratteristiche case che oggi contraddistinguono il paesaggio della città.

Le dimore con i tetti in pietra, che hanno fatto guadagnare ad Argirocastro gli appellativi di Città di Pietra e Città d’Argento (per il caratteristico riflesso che assume la pietra bagnata quando brilla al sole), assomigliano a piccole fortezze che si affacciano sulle strade acciottolate che si intrecciano e conducono al Bazar, il cuore pulsante della città vecchia dove la cultura turca si incontra con quella albanese e il passato convive perfettamente col presente. Una tappa doverosa la merita anche la Moschea del quartiere la cui costruzione risale al 1557.

Il castello di Argirocastro

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Il castello di Argirocastro

La città-museo che incanta

Le cose da fare e da vedere in questo gioiello incastonato tra le montagne sono tante e diverse. Eppure basta una semplice passeggiata tra le case e le strade caratteristiche, pregne di storia e di suggestione,  per vivere un’esperienza incredibile che sembra trasportare in un’altra dimensione.

Una delle tappe imprescindibili per chi visita Argirocastro è ovviamente il suo castello, dove la storia della città ha avuto origine. La fortezza, che è la più grande di tutta l’Albania, è aperta al pubblico e ospita il Museo delle Armi dal 1970. L’edificio, inoltre, è stato scelto più volte negli anni come palcoscenico della kermesse nazionale della Musica Folcloristica.

Se il fascino delle dimore in pietra non vi ha lasciato immuni, allora il consiglio è quello di visitare Casa Zekate, una delle più antiche costruzioni della città nonché il più grande esempio dell’architettura in stile ottomano ad Argirocastro. La posizione privilegiata della casa, situata nel quartiere Palorto, vi permetterà di godere di una vista unica. Con un solo sguardo potrete abbracciare il suggestivo panorama della città.

Imperdibile meta, per gli amanti della letteratura internazionale, è la casa del famoso scrittore Ismail Kadare a Sokaku i të Marrëve. Ovviamente, imperdibile, è il bazar della città: il cuore pulsante di Argirocastro che vi permetterà di entrare in contatto con le tradizioni e con la cultura più autentica del territorio.

Centro storico di Argirocastro

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Centro storico di Argirocastro
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Una scoperta senza precedenti: un anfiteatro romano color rosso sangue

In Israele c’è un posto molto importante per motivi religiosi, storici e geografici. Non si tratta di Gerusalemme, come si potrebbe facilmente pensare, ma di un luogo che pochi conoscono e dove, proprio di recente, è stata fatta un’incredibile scoperta.

Il luogo si chiama Megiddo o, in arabo, Tel Megido, e si trova a più di cento chilometri a Nord della Capitale. Nell’antichità fu un’importante città-Stato, situata in una posizione strategica, all’ingresso del passo che attraversa la catena del Monte Carmelo, attraversata da diverse strade che collegavano il centro di Israele con la Galilea.

La storia del sito archeologico

Questo luogo risulta essere stato abitato fin dal 7000 a.C. e fino al 500 a.C. e fu teatro di importanti battaglie contro gli Egizi fino all’Impero britannico. Ma soprattutto, secondo la Bibbia, questo sarebbe il luogo del Giudizio universale e per questo motivo viene anche chiamato Armageddon ovvero il luogo della battaglia tra il bene e il male. la sua importanza è quindi senza precedenti.

Solo di recente, però, sono state fatte scoperte archeologiche che hanno fatto conoscere Tel Megido al mondo. I primi scavi, effettuati da un team di archeologi tedeschi, risalgono all’inizio del 1900. I ritrovamenti più significativi, però, furono fatti tra le due guerre grazie a John Davison Rockefeller Jr, che, insieme a un gruppo di esperti dell’Università di Chicago, scoprirono un gigantesco insediamento sviluppato su ben 20 livelli.

Fin dagli Anni ’60, Megiddo è divenuto un sito di continui scavi archeologici ed è proprio di questi giorni uno dei ritrovamenti più eccezionali.

La sensazionale scoperta

Gli archeologi che avevano già rinvenuto un grandissimo accampamento di legionari romani risalenti al secondo secolo, chiamato Legio e appartenuto alla VI legione romana, hanno scoperto i resti di un anfiteatro che, secondo gli studiosi, veniva utilizzato non per rappresentazioni teatrali bensì per i combattimenti.

Legio fu fondata durante il regno dell’Imperatore Adriano (117–138 d.C.) e servì da base per la Legione VI Ferrata nel secondo e terzo secolo. Il campo si trovava in una posizione molto strategica e poteva controllare il corridoio che conduceva fino in Galilea e nelle valli interne della Palestina.

L’anfiteatro non è grande quanto il Colosseo, ma molto più piccolo. Si tratta di un edificio ovale grande circa 50 x 40 metri. Poteva ospitare fino a 5mila soldati romani che si esercitavano nei combattimenti. La particolarità di questo anfiteatro, però, è che quel che resta del muro è rivestito di colore rosso-sangue.

Secondo quanto riportato dal quotidiano israeliano Haaretz, l’anfiteatro romano fu costruito in una depressione scavata manualmente tra le colline da dove da secoli veniva estratta l’argilla per realizzare ceramiche e tegole per i tetti delle abitazioni.

Se i posti a sedere nell’arena erano sulla morbida terra, per costruire l’anfiteatro e l’ingresso ad arco, che gli archeologi stanno recuperando, venne usata la pietra. Dai primi ritrovamenti, pare che alcune pietre fossero dipinte di rosso acceso, molto probabilmente per evocare i combattimenti cruenti che avvenivano in questo luogo.

Gli scavi erano partiti nel 2013 sotto la direzione di Matthew Adams, del Center for the Mediterranean World, e Yotam Tepper, l’archeologo israeliano che ha scoperto il complesso della chiesa di Megiddo, il più antico luogo di culto cristiano mai rinvenuto e che si trova sotto l’attuale prigione. Il sito ha rivelato quella che, a oggi, è l’unica base romana risalente al secondo secolo di tutto il Mediterraneo orientale.

Con l’ausilio di radar a penetrazione terrestre e di scavi mirati, gli archeologi sono stati in grado di identificare i tratti più distintivi dell’accampamento romano ovvero le mura di cinta dell’anfiteatro, le baracche dei soldati, l’edificio dove era stato allestito il quartier generale, la residenza del comandante e, ora, in ultimo, l’anfiteatro.