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Autunno nel Nord Europa: esperienze uniche e indimenticabili

C’è un periodo dell’anno che è perfetto per un viaggio tra i Paesi del Nord Europa e questo è l’inizio dell’autunno. In questo periodo le giornate lassù sono limpide, lunghe e tiepide.

Prima che sopraggiunga l’inverno, con il gelo e il buio che dura quasi tutto il giorno, è il momento di andare a scoprire quanto sia magico visitare Paesi come Svezia, Finlandia e Norvegia.

Il foliage nelle immense foreste

Già da settembre, le foglie cambiano colore e le mille sfumature di giallo, oro, arancione e rosso tingono infinite distese di boschi. Quello che chiamiamo comunemente “foliage”, in Finlandia è chiamato “Ruska“, un termine che deriva dalla parola Inari Sámi “ruške” e dalla parola North Sámi “ruški”. E l’ufficio del turismo finlandese ha persino raccolto in un sito chiamato Autumn Foliage Live Map la cartina geografica dei luoghi in cui ammirare uno dei fenomeni naturali più suggestivi dell’autunno, dalla Lapponia alla regione dei laghi.

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Fonte: @Julia Kivela

I colori dell’autunno in Finlandia

Per i popoli nordici, questo è il momento perfetto per raccogliere bacche selvatiche, mirtilli rossi, funghi ed erbe direttamente dalla dispensa naturale.

I boschi e le foreste della Lapponia svedese sono pieni di sentieri da percorrere a piedi o con le fatbike, perfette per pedalare su ogni tipo di terreno, magari avvicinandosi alle renne che vivono nelle tenute tra gli alberi. Una di queste si chiama Filipsborg, che il proprietario definisce “arctic mansion”, una dimora del 1800 dove si può anche soggiornare, mentre un’altra si trova sull’isola di Seskarö, raggiungibile da Haparanda, una cittadina al confine tra Svezia e Finlandia, attraversando un ponte, dove ci sono anche molti sentieri attraverso il bosco da percorrere a piedi o in bici.

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Fonte: @Marcus Westerberg

I colori dell’autunno nella Lapponia svedese

In Norvegia, invece, si cammina lungo il magico paesaggio dei fiordi, che la mattina è avvolto nella nebbia e le cui cime tutt’intorno sono già spesso imbiancate dalla prima neve di stagione.

Le prime aurore boreali

Come spesso accade, già a fine agosto, sul Circolo Polare Artico appaiono le prime aurore boreali. I primi fenomeni luminosi tra i più straordinari che si possano osservare nei cieli notturni sono già comparsi nella Lapponia svedese e finlandese. Un’esperienza assolutamente fantastica è quella di osservare il riflesso dell’aurora boreale sulle acque dei fiumi o sul mare, la cosiddetta “doppia aurora“, prima che il ghiaccio e la neve li ricoprano completamente. Tra i luoghi dove è possibile provare questa esperienza ci sono i laghi di Rovaniemi, il villaggio di Babbo Natale, che merita una visita anche se non è ancora Natale.

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Fonte: @Nordic Safaris

La doppia aurora boreale ad Haparanda-Tornio, tra Svezia e Finlandia

Un’altra è sicuramente quella di alloggiare direttamente in una struttura progettata per l’avvistamento dell’aurora boreale. Visto che il fenomeno è notturno, cosa c’è di meglio che starsene sdraiati sul letto al calduccio e osservare la danza degli dèi? Tra gli alloggi più caratteristici ci sono gli igloo, con ampie vetrate o soffitti trasparenti: ce ne sono tantissimi in tutto il Nord Europa specie immersi nel bel mezzo natura e lontani da ogni sorta di inquinamento luminoso.

Prima che tutto ghiacci

Nel Nord della Norvegia, l’autunno è il periodo ideale per ammirare balene, megattere e orche. L’esperienza più affascinante si fa a bordo di uno dei tanti traghetti che ogni giorno costeggia il Paese scandinavo. Tra i luoghi migliori dove fare whale watching, c’è l’arcipelago di Vesterali, sopra il Circolo Polare Artico, l’isola di Senja, la seconda più grande della Norvegia, situata lungo la costa della contea di Troms og Finnmark e nella vicina città di Alta, anche detta la città dell’aurora boreale, e persino a Tromsø, la più grande città della Norvegia settentrionale.

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Fonte: 123rf

Autunno sull’isola di Senja in Norvegia

Solo per tre-quattro settimane tra settembre e ottobre e solo nelle acque del fiume Kalix, in Svezia, si pesca il coregone bianco, da cui si estrae il caviale rosso prodotto dalle uova, chiamato “löjrom”, la materia prima più esclusiva della Lapponia svedese per cui l’omonima cittadina di Kalix è famosa. Questa zona del Golfo di Botnia è il più grande arcipelago di acque salmastre al mondo, dove l’acqua dolce dei grandi fiumi sfocia nel mare ed essendoci poca evaporazione si abbassa la salinità. Oltre al lato gastronomico, si può prendere parte a una battuta di pesca del caviale “löjrom” o visitare una delle fabbriche di pesce dove s’impara a spremere le uova e a preparare il proprio caviale.

Sia sul fiume sia sul mare, in autunno si possono ancora fare tour in kayak o in battello, ma anche provare a fare river floating, galleggiando di sera indossando speciali tute sperando di vedere l’aurora boreale sopra la testa.

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Fonte: @Michael Törnkvist – Explore the North

In kayak sul fiume nella Lapponia svedese

Nell’arcipelago di Haparanda, una parte del quale è parco nazionale, si possono fare anche safari per avvistare le foche, mentre a un quarto d’ora d’auto, a Kukkola, un antico villaggio affacciato sulle rapide del fiume Torne, con case di pescatori, vecchi mulini ad acqua e persino un piccolo museo della pesca, si può fare river rafting a bordo di una zattera oltre che su un gommone.

Tutte queste attività si possono fare in autunno, prima che ogni cosa venga coperta da uno spesso strato di ghiaccio che dura fino a primavera.

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Fonte: @Kukkolaforsen

La pesca lungo il fiume Torne nel villaggio svedese di Kukkola

Esperienze autentiche nel Nord Europa

Una delle esperienze più incredibili che si possono fare in questo periodo in Norvegia è lo “storm watching“. I primi temporali, da queste parti, posso essere anche di forte intensità. E in molte zone del Paese sono state adibite alcune “cabin” in cui rifugiarsi e da dove potere ammirare, in tutta tranquillità, le forze di madre natura. Se ne trovano a Bremanger, sul Mare del Nord, ma se si vuole provare il brivido di un forte temporale nordico bisogna trascorrere una notte in un faro, come quello di Kråkenes, in cima a un promontorio di roccia.

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Fonte: @Mikael Törnkvist – Explore the North

Passeggiare con gli husky in Svezia prima che arrivi l’inverno

Poco più a Nord di Haparanda, sul monte Luppioberget, nei pressi del paesino di Övertorneå, sempre sul confine Svezia-Finlandia, si può provare una husky walk, prendendo parte di persona all’allenamento dei cani husky che vengono preparati per la stagione invernale.

Per chi preferisce le attività più rilassanti e meno adrenaliniche, in autunno, sulle isole del Lago Saimaa, in Finlandia, si può fare yoga a riva o sulle rocce che costeggiano l’immenso specchio di acqua, immersi tra i colori autunnali, godendo degli ultimi e tiepidi raggi di sole e fare una carica di pura energia.

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Fonte: @Eeva Makinen – Visit Finland

Yoga in riva al lago in Finlandia
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Hirta, l’inquietante storia dell’isola fantasma

Lussureggianti prati verdi, piccole colline rocciose e qualche scogliera a picco sul mare: l’isola di Hirta potrebbe sembrare un paradiso naturalistico dove vivere in tranquillità, lontani dal resto del mondo, ma la sua storia dimostra che non è tutto oro ciò che luccica. Infatti, da fiorente centro abitato si è trasformato in un luogo disabitato, e questo repentino cambiamento è avvenuto per motivi tragici.

Hirta, una storia inquietante

Al largo delle coste scozzesi, uno degli ultimi avamposti occidentali, ecco il piccolo arcipelago di Saint Kilda: sono quattro isolotti circondati dalle tumultuose acque dell’oceano Atlantico, ad oltre 60 km di distanza dalla più remota delle isole Ebridi, e ad almeno altrettanti dalla terraferma. La più grande è l’isola di Hirta, che a prima vista sembra un gioiellino. Natura incontaminata e paesaggi verdi ne fanno un’oasi di serenità, il cui silenzio è rotto soltanto dal rumore delle numerosissime colonie di pulcinelle di mare e di altri volatili.

Qua e là, qualche casetta in rovina: che cosa è successo ai suoi abitanti? Guardandosi intorno, in effetti, si può notare che l’isola è completamente disabitata. In un lontano passato, la popolazione di Hirta prosperava: alcuni manufatti dell’età del bronzo attestano la presenza di un insediamento già durante la preistoria. Gli uomini vivevano di agricoltura e di cacciagione, sfruttando l’abbondanza di uccelli marini, e si spostavano tra le isole con piccole imbarcazioni. Ma nel XX secolo qualcosa è cambiato. Hirta ha iniziato ad attirare turisti che, grazie ai battelli a vapore, raggiungevano l’isola per acquistare tessuti in tweed, prodotti dalle pecore del luogo.

Il turismo ha portato non solo un nuovo stile di vita, ma anche malattie precedentemente sconosciute. E gli abitanti del piccolo villaggio (che comunque non dovrebbero mai aver superato i 200 in totale) hanno cominciato ad ammalarsi, spesso anche gravemente. La Prima Guerra Mondiale, poi, ha sottratto tutti i giovani del paese per condurli tra le trincee, dove molti hanno perso la vita. La popolazione è rapidamente calata, sino ad arrivare ad appena 36 unità. Quando, nel 1930, una giovane donna è morta per appendicite, anche a causa delle continue tempeste che avevano bloccato ogni via di comunicazione, i restanti isolani hanno deciso a malincuore di emigrare, abbandonando per sempre le loro casette in pietra.

La natura incontaminata di Hirta

Nell’agosto del 1930, dunque, una nave ha raccolto i pochi abitanti di Hirta e li ha portati sulla terraferma, dove si sono rapidamente ambientati. Si dice che, prima di lasciare l’isola, ciascuno di essi avesse sistemato un piatto di avena e una Bibbia aperta all’interno dei loro cottage, forse con la speranza di poter prima o poi tornare. Nessuno di essi ha mai più messo piede in quello sperduto angolo di paradiso, che dal 1957 è entrato a far parte dei beni del National Trust di Scozia e, tre decenni dopo, è diventato il primo sito scozzese ad essere inserito tra i Patrimoni dell’UNESCO.

Quando il clima lo permette, alcuni turisti si avventurano sull’isola di Hirta per ammirarne il fascino. Oggi non vi è altro che una natura meravigliosa e incontaminata, che ha ripreso il sopravvento sulle opere umane. Colonie di uccelli marini e di pecore (tra cui una specie delle più rare in tutto il Regno Unito) vivono in armonia tra le casette abbandonate da quasi un secolo, e l’unica traccia dell’uomo è un piccolo osservatorio militare. Periodicamente, un gruppo di volontari sbarca sull’isola per preservare l’antico villaggio, compiendo qualche opera di restauro affinché non scompaia nel nulla.

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Questa vecchia canonica ora è un hotel: è infestato da fantasmi

C’è chi si mette in viaggio per contemplare i capolavori di Madre Natura e chi per raggiungere tutti quei luoghi iconici che col tempo sono diventati simbolo di città e Paesi interi. C’è chi lo fa per toccare con mano le culture e le tradizioni di popoli lontani e chi per raggiungere musei e monumenti artistici e architettonici. Ma c’è anche chi si mette in cammino per vivere esperienze da brivido come quella che permette di dormire in una vecchia canonica infestata da fantasmi che è stata trasformata in un hotel.

Dormire nella casa più infestata del mondo

Si chiama ghost tourism, ed è quella tendenza di viaggio che ha spopolato negli ultimi anni e che ha raccolto l’entusiasmo degli avventurieri più coraggiosi. Il trend, nato in America, si è diffuso rapidamente in tutto il mondo coinvolgendo anche l’Europa e il nostro Paese.

Cos’è il ghost tourism è facilmente intuibile: si tratta di un viaggio esperienziale che invita a scoprire case, edifici, quartieri e città infestate da fantasmi o da presenze inquietanti. C’è chi a questi luoghi non si avvicinerebbe mai e chi, al contrario, è disposto a viaggiare in capo al mondo pur di vivere un’esperienza da brivido.

Non c’è bisogno, però, di allontanarsi così tanto da casa per vivere una delle avventure più spaventose di una vita intera. In Europa, e più precisamente in Svezia, esiste infatti quella che è una delle case più infestate del mondo intero, annoverata tra i dieci edifici più spaventosi secondo il quotidiano inglese The Guardian.

La casa, un tempo canonica e alloggio per i membri del clero, è situata a Borgvattnet, un piccolo villaggio del comune di Ragunda, nel nord del Paese. Negli anni ’70, l’edificio è stato rilevato da Erik Brännholm, imprenditore locale, e trasformato in un piccolo hotel. Nonostante la diffidenza iniziale, la casa ha attirato la curiosità di tantissime persone e negli anni si è trasformata in un vero e proprio punto di riferimento per gli amanti del turismo del terrore.

Borgvatnet Prästgård: l’hotel dei fantasmi

Per scoprire la storia della casa più infestata del mondo, e dei primi avvistamenti, dobbiamo fare un salto indietro nel tempo. La costruzione della canonica è stata completata nel 1876 mentre le prime testimonianze di presenze inquietanti sono arrivate proprio dai preti che lì vivevano a partire dagli anni ’30 del secolo scorso. C’è chi ha giurato di vedere una figura femminile aggirarsi tra i corridoi di notte, chi ha sentito dei passi, chi ha visto porte aprirsi. La notizia, dalla Svezia, ha fatto rapidamente il giro del mondo facendo guadagnare all’edificio la fama di casa più infestata del mondo.

Oggi la canonica è un hotel, il Borgvatnet Prästgård, che comprende diverse sistemazioni destinate solo agli avventurieri più coraggiosi. Ogni stanza è collegata a una storia, a un avvistamento paranormale e a fatti storici realmente accaduti. È possibile anche affittare l’intera struttura in determinati periodi dell’anno. La casa è situata in una posizione molto suggestiva circondata da una fitta foresta, e a circa una decina di chilometri da Östersund, ed è gestita da Tony Martinsson e Niclas Laaksonen, due acchiappafantasmi della squadra Laxton Ghost Sweden.

Chi pernotta qui può anche noleggiare l’attrezzatura per la caccia ai fantasmi e testare personalmente la veridicità delle storie e delle leggende che albergano nell’edificio. Sul sito web ufficiale della struttura, inoltre, è possibile sfogliare il libro degli ospiti e scoprire tutte le inquietanti esperienze di chi è già stato a Borgvatnet Prästgård. Chi ha il coraggio di dormire qui?

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In Europa esiste una strada da brivido che attraversa il foliage

Poche cose sanno emozionare come un viaggio on the road. Il senso di libertà, i paesaggi che cambiano e si susseguono a ogni chilometro percorso, le playlist ascoltate ad alto volume e le soste panoramiche per contemplare la grande bellezza: questi sono solo alcuni dei motivi che spingono ogni giorno gli avventurieri a mettersi in cammino, tra pause e deviazioni, per esplorare anche gli angoli più remoti.

Sono tante le strade che si prestano a questa straordinaria avventura. Alcune sono così famose da essersi trasformate in vere e proprie attrazioni turistiche, altre percorrono luoghi che sono stati dichiarati Patrimonio dell’Umanità. E poi ci sono quelle che attraversano le campagne e le montagne, che percorrono le coste che si tuffano in mare, quelle pianeggianti e quelle che si snodano tra curve e altezze mozzafiato.

Ed è proprio una strada che leva il fiato che oggi vogliamo percorrere insieme a voi. Un sentiero delle meraviglie, annoverato tra i più belli d’Europa, che è un invito a scoprire le bellezze del territorio che cambiano e si trasformano con l’alternarsi delle stagioni. Ci troviamo in Romania, è qui che esiste una strada da brivido che attraversa il foliage. Allacciate le cinture: si parte!

La strada più bella d’Europa

L’arrivo dell’autunno ci spinge a organizzare nuovi e incredibili viaggi. È questo il momento perfetto per andare alla scoperta di città, borghi e Paesi che durante questa stagione si tingono di magia. La natura, infatti, porta in scena il suo ultimo spettacolo, quello fatto di colori che infiammano le strade, i quartieri e i paesaggi. Le foglie danzano nel vento e la terra ci regala nuovi frutti.

I luoghi da raggiungere e da esplorare in questo periodo sono tantissimi, ma se è un’esperienza di immersione nell’autunno che volete vivere, allora non vi resta che scaldare i motori e raggiungere in auto la Romania. Qui, infatti, esiste quella che è considerata una delle più belle strade d’Europa, stiamo parlando della Transfagarasan.

Un dedalo di sentieri asfaltati che che taglia a metà la catena dei Carpazi, che attraversa parchi e riserve naturali fino a raggiungere il lago glaciale Balea. Una strada da brivido che, durante l’autunno, permette di fare un viaggio on the road nel foliage.

Transfagarasan, la strada che permette di attraversare il foliage

Fonte: iStock

Transfagarasan, la strada che permette di attraversare il foliage

Attraversare il foliage in auto: succede in Romania

Sono 152, in totale, i chilometri da percorrere per chi vuole lanciarsi in questa impresa, quella di attraversare una delle strade più belle d’Europa. Un percorso unico e straordinario, dove l’occhio e la mente sono rapiti dai colori delle montagne, riservato solo agli avventurieri più indomiti.

Transfagarasan, infatti, è una strada tutt’altro che facile. In alcuni punti arriva a raggiungere i 2.000 metri di altitudine e non mancano tornanti, strade strette e dislivelli ripidi. Inoltre, il percorso, è esposto in alcuni suoi tratti a venti molto forti e a intemperie, motivo per cui durante l’inverno viene chiuso.

Il percorso on the road, che si configura come un’impresa epica, parte dalla città di Bascov e termina a Cartisoara. La strada, che attraversai Carpazi tra gallerie, viadotti e tornanti, permette di ammirare visioni spettacolari: a nord è possibile ammirare paesaggi aridi, quasi drammatici, mentre a sud si aprono vallate sterminate e foreste rigogliose.

La Transfagarasan, come abbiamo accennato, è aperta solo 4 mesi all’anno a causa delle condizioni climatiche che possono influire sulla guida. Il consiglio è quello di raggiungerla tra fine settembre e inizio ottobre per ammirare i colori dell’autunno che tingono i Carpazi.

Non vi resta che scaldare i motori e allacciare le cinture: la strada che attraversa il foliage vi aspetta.

Attraversare il foliage percorrendo la strada più bella d'Europa

Fonte: iStock

Attraversare il foliage percorrendo la strada più bella d’Europa
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Le compagnie aeree bocciano il decreto sul caro voli

In queste ultime ore è tornato in primo piano il recentissimo decreto sul caro voli, un provvedimento preso a inizio agosto e che ha messo sul tavolo il divieto, per le compagnie aeree, di fissazione dinamica delle tariffe modulata in relazione al tempo della prenotazione. Tuttavia, i vettori non ci stanno perché si tratta, secondo alcuni di loro, di una misura illegittima (e non solo).

Per easyJet con questa misura aumenteranno i prezzi

La low cost easyJet, compagnia aerea britannica, sostiene che se il contenuto del decreto caro voli venisse confermato ci sarebbe automaticamente una riduzione dell’attrattività del mercato italiano per le compagnie aeree. Potrebbe sembrare una banalità, ma se tutto ciò accadesse non sarebbe da escludere la possibile riduzione dell’offerta e della connettività da e per gli aeroporti italiani e, di conseguenza, anche un incremento dei prezzi.

Per mezzo di comunicato stampa, la compagnia aerea ha fatto sapere che “il testo del decreto negli articoli di interesse, inoltre, contrasta con il principio di libertà tariffaria stabilito dalla normativa Ue, principio che negli ultimi decenni ha portato enormi benefici ai consumatori di tutta Europa, rendendo i voli accessibili a sempre maggiori fasce di popolazione. Ogni limitazione di questa libertà avrebbe come conseguenza una riduzione dell’offerta di trasporto aereo e della concorrenza tra compagnie nel mercato italiano, con grave danno per i consumatori, ma anche per il turismo e l’economia del Paese”.

La compagnia aerea britannica ha sottolineato anche che “stabilendo un tetto massimo per i prezzi dei voli, basato sulla loro tariffa media, il decreto causerebbe una riduzione dell’offerta e un aumento dei prezzi medi, rendendo i viaggi in aereo meno convenienti e meno accessibili per gli italiani, che invece oggi beneficiano di un mercato libero e altamente concorrenziale, con tariffe che sono tra le più convenienti nel panorama europeo. Il governo purtroppo rimarrà deluso quando scoprirà che l’effetto di questo decreto sarà di avere trascinato mercato e consumatori indietro di decenni, quando volare era un privilegio per pochi”.

Ryanair taglia le rotte sulla Sardegna

Non ci va meno leggera Ryanair, compagnia aerea low cost irlandese, che ha deciso di ridurre il suo operativo invernale per la Sardegna dell’8%, sempre a causa dell’introduzione del decreto del governo italiano che fissa un limite sui prezzi.

Sul sito della compagnia, infatti, si può leggere che sono state eliminate tre rotte nazionali per Trieste da Cagliari, tre rotte per Bari e Treviso (entrambe da Alghero) e sono state ridotte le frequenze su altre 7 rotte, compresi 6 collegamenti nazionali per Roma, Milano (Bergamo e Malpensa), Catania, Napoli e Venezia, oltre a Bruxelles Charleroi.

Il motivo di questa scelta risiederebbe nel fatto che, secondo i principi economici di base, l’unica soluzione per far sì che le tariffe tra la Sardegna e la Sicilia e l’Italia continentale siano più basse è aumentare il numero di voli offerti. Condizione che, secondo quanto la compagnia aerea ha dichiarato durante un incontro in Sardegna, il governo italiano starebbe ignorando in favore di politiche che non fanno nulla per aumentare l’offerta di posti tra le isole e la penisola.

La richiesta della compagnia è quindi quella di annullare questo decreto e dare in cambio priorità a misure che abbassino i costi di accesso e aumentino l’offerta di posti disponibili per i residenti in Sicilia e Sardegna.

Per WizzAir Il decreto sul caro voli è illegittimo

Non è diverso il pensiero di WizzAir, compagnia aerea a basso costo ungherese, per cui il presidente Robert Carey, in un’intervista pubblicata da Repubblica, ha definito questo decreto “illegittimo”.

Secondo il presidente, infatti, è un provvedimento che va totalmente contro i regolamenti dell’Ue, senza dimenticare che l’andamento dei prezzi cambia in base alla domanda, insieme ai costi che gravano sulle compagnie.

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White Island: come visitare l’isola proibita

Un’isola proibita, un luogo ammaliante che è anche protagonista di una leggenda, dove l’uomo non può vivere ma dove può cercare di arrivare, non senza rischi. No, non è la location inventata di un film o di un libro d’avventura, ma un posto reale: è White Island, un atollo che si trova a 48 chilometri dall’Isola del Nord della Nuova Zelanda e che si distingue per essere un’isola vulcanica attiva, bellissima ma anche molto pericolosa.

White Island tra leggenda e natura

Come dicevamo, White Island è protagonista di una leggenda, che dice che molto tempo fa il sacerdote e gran maestro Maori Ngātoro-i-rangi, rinomato per le sue grandi capacità di navigatore, si fosse perso mentre si cimentava in un’impresa lontana dalle sue amate acque, ovvero la scalata del monte Tongariro, che stava svolgendo in pieno inverno. Pur di ritrovare la strada, Ngātoro-i-rangi avrebbe così evocato il fuoco sacro degli antenati. Per arrivare a lui, le fiamme avrebbero spaccato la crosta terrestre, dando vita all’inquieta isola vulcanica.

White Island vista dal mare

In realtà, White Island è la cima emersa di un enorme vulcano sottomarino che si poggia sul fondale delle acque neozelandesi a circa 1.600 m di profondità. L’isola è stata a lungo sfruttata come giacimento di zolfo e diverse miniere erano state aperte sulla sua superficie, ma dalla metà del XX secolo lo sfruttamento minerario è stato accantonato. Adesso, le principali attività sull’isola sono la ricerca scientifica e il turismo.

Come visitare White Island

Il turismo, appunto: l’isola è in effetti visitabile, ma non è un’impresa facile. In primis perché al contrario di ciò che avviene, per esempio, sull’isola italiana di Vulcano, praticamente non è quasi mai possibile sbarcare. Occorre parlare con gli agenti e i tour operator neozelandesi per verificare la fattibilità della visita, che può svolgersi secondo tre modalità: la prima, più comune, è la circumnavigazione, possibile grazie a dei tour organizzati su apposite barche, che tengono i visitatori a distanza di sicurezza pur permettendo loro di osservare insenature e calette dai colori particolari.

Uno scorcio di White Island

La seconda è il sorvolo. A un costo decisamente più elevato, piccoli gruppi possono affittare un elicottero con un pilota qualificato che volerà sopra l’isola, ben distante da eventuali fumi, e permetterà di osservarla dall’alto. Infine, ci sono le escursioni: molto più rare ed estremamente costose, vengono riservate a piccolissimi gruppi di visitatori che vengono fatti sbarcare e vengono poi accompagnati da una guida qualificata lungo un percorso già stabilito.

Le visite, l’attrezzatura e l’ambiente ostile

Tutt’e tre le modalità di visita sono vincolate all’attività vulcanica di White Island, perennemente sotto controllo da parte degli esperti. Va da sé che in condizioni avverse o ai primi segnali anche di micro-eruzioni, qualsiasi tipo di escursione o di viaggio viene prontamente annullato. Quando però si riesce a sbarcare, tutti i visitatori sono obbligati a seguire il percorso, contraddistinto da un sentiero ben segnalato che arriva fino al cratere sommitale passando per aree ricche di fumarole.

Spiaggia vulcanica a White Island

Caschetti, giacche a vento e impermeabili, scarpe da trekking e maschere antigas (sì, proprio così) sono l’attrezzatura senza la quale non è neanche possibile sbarcare. L’ambiente è ostile, seppur incredibilmente suggestivo: laghi caldi e fumanti si distendono per diversi metri e il verde incontra fiumi di magma pietrificato mentre fumi di zolfo si alzano dalle rocce e punteggiano aree incolte e selvagge. Le spiagge sono a dir poco bellissime, incontaminate e trasparenti, ma, prevedibilmente, non è consentito fare il bagno. White Island, dunque, non è esattamente un’isola a portata di turista medio, ma non c’è dubbio che sia la meta ideale per gli amanti dei paesaggi vulcanici.

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Era un rifugio antiaereo: ora è un lago incastonato in una caverna multicolor

Immaginate di entrare all’interno di una grotta. Fatto? Beh, probabilmente la vostra mente vi sta suggerendo immagini sicuramente belle ma altrettanto sicuramente piuttosto scure, con rocce nude e grigie a circondarvi, in un trionfo di asettica semplicità. Bene, adesso accantonate questa fantasia e provate a figurarvi, invece, una caverna ricca di colori, con un lago fresco e brillante al centro a riflettere ogni sfumatura e a renderla ancora più intensa: avrete un’idea di quella che è la Reed Flute Cave.

La Reed Flute Cave e la sua formazione

Questa particolarissima caverna si trova in Cina, precisamente nella città di Guilin. Per chi non lo sapesse, questa città è molto famosa per il suo paesaggio punteggiato da una serie di colline calcaree carsiche, ossia quel tipo di formazioni che si plasmano nel tempo grazie al modellamento superficiale e sotterraneo delle acque. A Guilin ci sono ben due laghi naturali e molto ampi che hanno contribuito a modificare l’ambiente circostante e a creare una topografia carsica variegata e interessante.

L'interno della Reed Flute Cave

Uno degli esempi più affascinanti è proprio la Reed Flute Cave, la cui formazione sembra risalire a circa 180 milioni di anni fa, come risultato dell’erosione idrica che ha consumato lo strato di roccia calcarea sulla superficie terrestre. Erodendo questi strati, l’acqua ha creato delle crepe e con il passare del tempo il suo filtraggio e il suo passaggio ha creato varie stalattiti e stalagmiti intrecciate e imponenti.

Il nome, il ruolo e la fama della caverna

Ma come mai questa grotta è diventata così speciale? È presto detto: durante la seconda guerra mondiale si è trasformata in uno dei luoghi più sicuri dove nascondersi durante i bombardamenti. Circondata dalla pace e dal silenzio, ha preso il nome dalle canne di bambù che con il vento si trasformavano (e si trasformano) in “flauti”, in grado di suonare in modo dolce e rasserenante. L’ingresso alla caverna era per altro perfettamente mimetizzato, di conseguenza la caverna è stata in grado di accogliere centinaia di persone senza pericoli in quei tempi funesti e disastrosi.

Laghetto della Reed Flute Cave

Visitandola sia per necessità che, una volta finita la guerra, semplicemente per ammirarne bellezza e complessità, diverse persone hanno cominciato inoltre ad attribuire alle diverse formazioni della grotta dei nomi particolari, che sono diventati leggendari: un’alta formazione rilucente per via delle brillanti tracce calcaree è stata ribattezzata Palazzo di Cristallo, mentre un’area più raccolta con stalattiti acuminate è stata ribattezzata Pagoda del Drago.

A un certo punto, c’è chi ha iniziato a sostenere che una delle delle stalattiti giganti della Pagoda del Drago fosse la lancia magica di un Re citato nel classico buddista cinese, Viaggio in Occidente: inutile dire che grazie a tutte queste suggestioni, la fama della Reed Flute Cave ha fatto il giro del mondo.

L’installazione luminosa

Dagli anni Sessanta in poi, all’interno della grotta è stato installato un sistema di illuminazione artificiale che difficilmente resta sempre uguale: se prima venivano usate luci e lampadine statiche di ogni colore dell’arcobaleno, oggi la caverna conta su una serie di luci led RGBW (che cambiano dunque colore) in grado di cambiare drasticamente l’atmosfera.

Le stalattiti e le formazioni della Reed Flute Cave

Se state pensando di visitarla, tenete presente che la caverna è lunga ben 240 metri ed è divisa, come abbiamo già accennato, in una serie di sezioni: per visitarla dunque servono almeno due ore. La buona notizia è che è aperta tutti i giorni, tutto l’anno, dalle 8.00 alle 17.30 e difficilmente è affollata, a meno che non la si visiti durante le festività nazionali. È facilmente raggiungibile dal centro di Guilin ed è adatta a tutti, compresi bambini e anziani, ma è consigliato indossare una felpa o un maglione per via del fresco e dell’umidità.

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Valle Imagna, per un pieno di natura

Nel nostro Paese sopravvivono ancora territori in cui una natura quasi completamente incontaminata, antiche tradizioni, paesaggi sonnolenti ma in grado di mozzare il fiato, tesori storici, artistici e architettonici convivono armoniosamente. Molto spesso sono aeree geografiche sottovalutate perché magari piccole rispetto ad altre ben più famose, eppure di bellezze ce ne sono tantissime, e tutte perfettamente conservate. È il caso della Valle Imagna, un prezioso angolo di Lombardia in grado di sorprendere chiunque.

Dove si trova la Valle Imagna

Chi è interessato a scoprire le meraviglie che ha da offrire la Valle Imagna deve dirigersi nella provincia di Bergamo: è una valle pralpina delle Orobie Bergamasche.

Si tratta di una zona emozionante perché regala un paesaggio naturale dalle mille sfumature grazie alle sinuose colline degli Almenno che si mescolano alle cime più aspre del Resegone. Ma non solo: questo grazioso territorio è puntellato da numerosi villaggi di piccole dimensioni, a loro volta suddivisi in contrade.

Poi ancora siti emozionanti ed inaspettati dalle origini antichissime, tesori artistici ed architettonici, luoghi spirituali e così via, tutti inseriti in un contesto naturalistico che invita alla tranquillità.

La natura della valle

La natura è certamente la prima cosa che colpisce della Valle Imagna e, non a caso, si rivela una destinazione ideale per andare a cavallo, fare trekking a piedi o con i lama e pedalare in mountain bike.

Valle Imagna, Lombardia

Fonte: Getty Images – Ph: Frank Bienewald

Veduta di Locatello, paese della Valle Imagna

Tra le altre cose, in questo piccolo territorio c’è il più alto numero di grotte della provincia di Bergamo: se ne contano ben 250, ma ce ne sono molte altre che nessuno ha ancora mai scoperto. Possiamo quindi dire con fermezza che la Valle Imagna vanta un mondo sotterraneo dalla bellezza quasi indescrivibile. Ne è un esempio la Tomba dei Polacchi che si estende per oltre 400 metri e in cui l’oggetto più interessante che si trova al suo interno è un vaso, collocato ai piedi di una stalagmite, decorato da una fila di impronte fatte con le dita.

Poi ancora la Grotta Europa che si distingue per essere una sala enorme, ricca di concrezioni e con al centro una cascata. Non sono da meno la Grotta della Val d’Adda, le cui pareti sono state completamente modellate dalle acque correnti e il Frognone, uno dei sistemi carsici più lunghi dell’alta Valle Imagna.

Tra le migliori escursioni da fare, invece, c’è quella che fa raggiungere il Monte Resegone. Ci vogliono circa 2 ore e mezza di cammino e la voglia di affrontare approssimativamente 900 metri di dislivello. Tuttavia, una volta arrivati in cima si sperimenterà il privilegio di osservare una panorama indimenticabile su Lecco, il Lago di Como e sui laghi della Brianza.

Ancor più facile è l’escursione che conduce al cospetto dei Tre Faggi: in circa 40 minuti si raggiunge questo posto solitario con tre alberi davvero singolari nel loro genere e un piccolo laghetto. Il tutto mentre si è immersi in una vista poetica sulla valle.

Infine, ma le possibilità non sono di certo finite qui, il Laghetto del Pertus che è il punto di inizio di alcune passeggiate, molte delle quali fattibili anche con i bambini.

Monte Resegone, panorama

Fonte: iStock

L’imponente Monte Resegone

I paesi della Valle Imagna

Questa incantevole valle lombarda accoglie al suo interno 16 graziosi comuni: Almenno San Bartolomeo, Almenno San Salvatore, Barzana, Bedulita, Berbenno, Brumano, Capizzone, Corna Imagna, Costa Valle Imagna, Fuipiano Valle Imagna, Locatello, Palazzago, Roncola, Rota d’Imagna, Sant’Omobono Terme e Strozza.

Senza ombra di dubbio, vale la pena fare un salto ad Almenno San Bartolomeo che possiede un gran numero di opere d’arte ed edifici di pregio, come la chiesa parrocchiale di San Bartolomeo di Tremozia che tra le sue mure protegge una “Pietà” (1651) di John Christophorus Storer.

Bellissima è anche la caratteristica Rotonda di San Tomé che si compone di uno spazio circolare fatto di colonne e capitelli in cui un curioso gioco di luci e ombre che crea un ambiente dai profili magici. Infine, il Museo del Falegname dove poter avere maggiori informazioni sulla storia della lavorazione del legno locale.

Di particolare valore e interesse storico-architettonico è il borgo di Arnosto che è situato nel comune di Fuipiano Valle Imagna. L’atmosfera, da queste parti, è ancora quella che vivevano le popolazioni prealpine del passato, grazie anche al fatto che tutto è costruito in pietra, persino i tetti.

Da non perdere è anche Cepino, frazione di Sant’Omobono Terme, dove in una zona impervia e boschiva a 658 metri sul livello del mare sorge un sito di grande spiritualità e fede religiosa: il Santuario della Madonna della Cornabusa. Si tratta di un luogo sacro che si fa interamente spazio all’interno di una suggestiva grotta in cui riposa la statuetta lignea della Madonna della Cornabusa che, secondo la tradizione, fece tornare la voce ad una ragazza che purtroppo era sordomuta.

Infine, vi consigliamo di fare un salto a Clanezzo che in realtà sorge in una posizione più che affascinante: alla confluenza di tre valli bergamasche, la Val Brembana, Val Brembilla e Valle Imagna. In questo antico borgo, scendendo verso il fiume, si ha l’occasione di esplorare l’antica dogana, un porto e due ponti, uno dei quali davvero molto datato.

Arnosto, Valle Imagna

Fonte: Getty Images – Ph: REDA&CO

Veduta di Arnosto

Le terme della Valle Imagna

Sì, la Valle Imagna ha davvero tutto, persino delle meravigliose terme in cui rilassarsi a dovere. Le acque sulfuree sgorgano a Sant’Omobono Terme e sono tra le più antiche d’Italia e anche tra le più conosciute sul territorio bergamasco. Note e apprezzate sin dal ‘700, un tempo venivano chiamate “della rogna” per via degli effetti benefici che avevano sulle malattie cutanee.

Tra le altre cose, scorrono nello splendido e lussuoso contesto ottocentesco di Villa Ortensie, un edificio edificato a inizio del Novecento dal signor Rossi, imprenditore agricolo, che la fece innalzare in onore di sua moglie con il nome Villa Maria. Come si può leggere su Prima Bergamo, per impegni personali e le due Guerre Mondiali, questa preziosa residenza cadde in disuso, o meglio, divenne la dimora di alcuni animali, tra cui dei maiali.

Ma solo fino al 1961, anno in cui il suo proprietario decise di risistemarla e creare anche una serie di stalle per i maiali. Tuttavia, nel corso del tempo gli impianti per i maiali divennero automatici, così come vennero emanate normative igieniche ed ecologiche ben più severe del passato.

Fu così che, nel 1978, Angelo Bonomelli decise di acquistare la villa e renderla quell’angolo di pace e cura in cui tutti possiamo andare a rigenerarci anche oggi.

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Egitto poco noto: tante meraviglie da scoprire

C’è un Egitto che non tutti conoscono, lontano dalle principali rotte turistiche ormai famose in tutto il mondo. È un susseguirsi di paesaggi da favola, che sembrano quasi provenire da un altro mondo. Deserti incontaminati, piccole oasi e tanta storia: andiamo alla scoperta dell’altro volto di questo Paese incredibile, ricco di sorprese che non ci aspettavamo.

Alla scoperta dell’Egitto meno conosciuto

L’Egitto è una delle mete più gettonate per chi vuole fare una vacanza relax su spiagge stupende, senza doversi allontanare troppo da casa. Da Marsa Alam a Sharm el-Sheikh, ci sono tantissime località dove divertirsi tra sole, mare e snorkeling in acque cristalline. C’è poi un incredibile patrimonio archeologico tutto da scoprire: le Piramidi di Giza, Luxor e la Valle dei Re, ma anche Il Cairo e i suoi preziosi manufatti custoditi presso il Museo Egizio più grande del mondo.

Potremmo pensare di aver visto ormai tutto di questo Paese incredibile, ma c’è una rotta che invece continua a restare lontana dal turismo, quella forse più autentica e suggestiva. L’itinerario ci porta nella zona occidentale dell’Egitto, dipanandosi dalla capitale sino a scendere verso i confini meridionali: nel suo percorso, attraversa deserti meravigliosi e panorami indimenticabili, regalandoci un tuffo indietro nel tempo di svariati milioni di anni. Ecco le sue tappe più affascinanti.

Tra deserti e oasi meravigliose

Non dista moltissimo da Il Cairo, forse appena 200 km, ma sembra di essere in un altro mondo: Wadi al-Hitan, conosciuta anche con il nome di Valle delle Balene, è un’area desertica caratterizzata da dune sabbiose, punteggiate qua e là da scheletri di antiche creature marine. Qui, infatti, 30-40 milioni di anni fa si estendeva il popoloso mare di Tetide, di cui oggi non restano che imponenti formazioni di calcare e fossili di cetacei, quasi fossimo in un museo a cielo aperto.

Scendendo ancora più a sud, dopo un lungo peregrinare letteralmente in mezzo al nulla, all’improvviso davanti ai nostri occhi si stagliano delle bizzarre colline coniche dal colore molto scuro. Si tratta del Deserto Nero, dove tutto parla di un passato ricco di attività vulcanica: pietre nere e lava indurita hanno dato origine ad un paesaggio lunare che lascia tutti a bocca aperta. Uno dei luoghi assolutamente da scoprire è l’oasi di Bahariya, una vasta depressione circondata nel deserto, dove la natura è lussureggiante.

Qui si apre un panorama da sogno, quello della Crystal Mountain: tra la sabbia dorata, infatti, spicca una serie di formazioni geologiche composte di cristalli di quarzo, che sotto i roventi raggi del sole brillano in maniera straordinaria. Ma proseguiamo nel nostro viaggio verso i confini meridionali dell’Egitto, incontrando un altro spettacolo della natura. Stiamo parlando del Deserto Bianco, caratterizzato da imponenti rocce di gesso candido che sono state scolpite da vento e sabbia, dando vita a forme spesso molto bizzarre.

Infine, non resta che dirigersi verso l’oasi di Kharga, la più meridionale del Paese: un tempo era tra le tappe fondamentali lungo l’itinerario che collegava il Nordafrica con la regione subsahariana, mentre oggi ospita un bel centro abitato e alcuni splendidi monumenti archeologici. È il caso del Tempio di Ibis, dedicato al dio Amon, o della necropoli cristiana di Bagawat, dove si possono ammirare anche pregevoli opere pittoriche.

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Il Sentiero delle prugne, l’itinerario più bello dell’estate

Ogni stagione ha il proprio frutto e a molti di essi sono stati dedicati dei meravigliosi sentieri tematici. Dopo l’uva, le mele e le castagne, è nato anche un sentiero dedicato alle prugne.

Questo frutto si raccoglie d’estate fino a ottobre e c’è un itinerario immerso tra la natura e gli alberi di prugne che merita di essere percorso.

Il Sentiero delle prugne di trova a Barbiano, in Valle Isarco, in provincia di Bolzano, dove cresce una delle migliori varietà che esista in Italia e dove ogni anno, le prime due settimane di settembre, vengono organizzate le Settimane delle prugne di Barbiano.

Per l’occasione, i ristoranti di Barbiano offrono ai visitatori piatti a base di prugne autoctone.

Proprio in occasione della festa del frutto autunnale tipico di questa località altoatesina vengono organizzate escursioni guidate sul Sentiero delle prugne, che può essere percorso in autonomia anche in altri periodi dell’anno.

Il Sentiero delle prugne

Il Sentiero delle prugne prende il nome dai numerosi pruni che s’incontrano lungo il percorso, molto bello anche dal punto di vista paesaggistico.

Si snoda all’interno del paese di Barbiano con partenza dal centro verso la parte inferiore del borgo, passando il maso Feltuner fino alla croce. Si prosegue in salita superando i masi Stich e Frühaufhof, si attraversa la strada e, all’altezza della casa Urban, si prosegue in salita fino al bivio. Si svolta a destra e si cammina attraverso la parte superiore del paese, per poi ritornare in centro.

Durante il cammino s’incontrano diversi pannelli che forniscono informazioni interessanti sulla prugna di Barbiano e diversi pruni particolarmente suggestivi nel periodo della fioritura, nei mesi di aprile e maggio.

Il sentiero è adatto alle famiglie e la percorrenza media è di un paio d’ore.

Barbiano, il paese della “torre pendente”

Il paese di Barbiano vanta una storia molto antica, precedente anche al passaggio dei Romani. Il suo simbolo però è molto più recente. Si tratta della torre del campanile della Chiesa di San Giacomo costruita nel XIII secolo. Se la chiesa è stata rimaneggiata più volte nel corso dei secoli, così non è stato per il campanile eretto in parte sulla roccia e in parte su un terreno instabile e per questo divenuto storto.

Benché negli ultimi anni sia stato messo in sicurezza, resta comunque storto e, con i suoi 37 metri d’altezza, è visibile in tutto il paese. Si dice sia più pendente della Torre di Pisa.

Sulle alture di Barbiano, lungo la strada che porta al Comune di Villandro, meritano una tappa anche le famose Tre Chiese, il più suggestivo insieme architettonico dell’Alto Adige. Si tratta di tre chiesette di pietra così vicine tra loro da formare un triangolo. La più grande è la Chiesa di Santa Maddalena del 1500, poi ci sono Santa Geltrude e San Nicola. Le chiese solitamente sono chiuse, ma le chiavi sono a disposizione dei visitatori nell’albergo nei pressi delle tre chiesette.

Barbiano_Tre-chiese

Fonte: @Rene Gruber

Le famose Tre Chiese sopra il villaggio di Barbiano in Alto Adige

Un nuovo ponte panoramico (e da brividi) collega il villaggio di Barbiano con quello di San Ingenuino, lungo il Sentiero del castagno (un altro sentiero tematico che passa da queste parti). Il ponte offre una splendida vista sulla Valle Isarco e conduce alle vicine cascate di Barbiano, tre salti d’acqua per un totale di 200 metri. Nascono dal Rio Gander che poi sfocia nell’Isarco e, proprio nel punto più roccioso, forma le tre cascate, le Barbianer Wasserfälle. La cascata inferiore, con i suoi 85 metri, è la più alta, mentre quella superiore, che si trova a 1.214 metri di quota, è alta 45 metri.

Le prugne di Barbiano

Le prugne costellano i pendii di Barbiano sin dal tardo Medioevo. Fino al XX secolo, questo frutto ricco di vitamine e minerali era un importante prodotto d’esportazione della Valle Isarco meridionale, e numerosi masi locali ancora oggi lo coltivano e lo lavorano.

Una ricetta tipicamente altoatesina realizzata con questo frutto sono i canederli di prugne (dolci, quindi) da assaggiare anche durante le Settimane delle prugne.