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Lago del Laux, spettacolo Piemontese

Immergersi nella calma e nel fascino della natura partendo da Torino non è per nulla difficile: i dintorni, infatti, sono ricchi di borghi, vallate, montagne e laghi dove ritagliarsi del tempo felice lontano dalla frenesia e dalla routine quotidiana.

Una di queste meraviglie è il Lago del Laux, nell’Alta Val Chisone, nell’omonima frazione del comune di Usseaux, uno dei Borghi Più Belli d’Italia, a un’ora e mezza dal capoluogo: si tratta di un ameno paradiso terrestre inserito in un paesaggio che definire “mozzafiato” è ancora poco, un sogno a occhi aperti.

Splendido Lago del Laux, magico Piemonte

È un panorama unico, alpino, magico quello del piccolo borgo di Laux e del suo lago verde intenso, perfetto per gli amanti della montagna e per chiunque desideri trascorrere una giornata o un pomeriggio in un’atmosfera bucolica e romantica, lasciandosi alle spalle la confusione.

Un meraviglioso specchio d’acqua da ammirare sedendo sulle sue sponde, facendo un picnic, gustando i piatti tradizionali delle valli occitane presso l’hotel ristorante o partecipando alla facile camminata che arriva al centro di Fenestrelle lungo un sentiero ampio, ombreggiato e adatto a tutti, anche ai più piccoli.

Ed è qui che spicca il Forte di Fenestrelle, la “grande muraglia piemontese“, la struttura fortificata più estesa in Europa e seconda soltanto alla celeberrima Muraglia Cinese: costruito dal XVIII e del XIX secolo, si snoda per la vallata per ben 5 chilometri e si compone di tre Forti, tre Batterie e due Ridotti.
Davvero suggestivo durante la visita, emoziona anche scorto dalla vallata, in particolare alla sera quando viene illuminato e appare come un “castello fatato” che si inerpica sulla montagna.

Il Lago di Laux è un autentico luogo di serenità, pace e natura, un’oasi di blu e di verde dove respirare l’aria pura e riempirsi gli occhi dei magnifici panorami che la natura sa regalare.

Il raccolto borgo di Laux

Il lago, a 1381 metri di altezza, ospita sulle sue rive il raccolto e caratteristico borgo di Laux, un piccolo villaggio di montagna disegnato da casette, stradine, la piazzetta centrale, il torrente, e impreziosito da vivaci murales che raffigurano per lo più animali e scene di vita quotidiana e che adornano le pareti in pietra delle abitazioni.

Lo sguardo viene attratto altresì dal forno comune, dalla Chiesa con l’antica meridiana e dalla grande fontana quadrangolare.

Uno sguardo anche a Usseaux

Come già accennato, Laux  apparteniene al comune alpino di Usseaux, un luogo d’altri tempi che dista 900 metri dallo splendido lago e che vale davvero una sosta.

Anche qui, infatti, ritroviamo la rassicurante atmosfera montana e rurale, ritmi lenti e una vita assaporata senza fretta, e gli affascinanti murales (una quarantina) che rappresentano scene quotidiane, di natura, di animali oppure tratte dalle fiabe, in grado di incuriosire chi li osserva, e preziose decorazioni per i muri delle case.

Accogliente e tipico, dal forte senso comunitario, pure Usseaux ha un sapore antico che si rivela passeggiando tra le sue vie, al cospetto delle fontane lavatoi, del forno comunitario e della Parrocchiale di San Pietro in stile barocco.

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Åstol, l’isola con le case bianche di legno circondate da aspre rocce

Åstol è uno spettacolo davvero sorprendente: accessibile soltanto in barca o in traghetto, è parte del comune svedese di Tjörn che include un centinaio di isole.

Si tratta di una pittoresca isola rocciosa, pedonale, di circa 200 abitanti, un luogo “fuori dal tempo”, unico nel suo genere, su cui svettano bianche casette di legno che sembrano quasi ricoprirne tutta la superficie, circondate da aspre rocce che si innalzano dal mare.

Alla scoperta dell’isola vulcanica

Raggiungibile in traghetto da Rönnäng, Åstol si trova tra Tjörn e Marstrand, sulla costa di Bohuslän: una gita di un giorno è più che sufficiente per passeggiare lungo l’isola senza traffico e godersi gli splendidi panorami, le rimesse per le barche e le maestose rocce.

Il substrato roccioso è costituito da anfibolite dolcemente erosa, un tipo di roccia vulcanica su cui le piante sono riuscite a crescere in piccole valli, nonostante le difficili condizioni climatiche che, nel corso degli anni, gli abitanti hanno saputo sfidare per dare vita all’isola.

La luce che arriva dal mare tutt’intorno ricrea un’atmosfera davvero speciale e una piacevole sensazione di calma è la prima impressione che si ha scendendo dal traghetto nel profondo porto a ferro di cavallo.
Le strade strette e pedonali si snodano tra le case e al centro dell’isola risalta un piccolo parco lussureggiante con un memoriale ai pescatori scomparsi.

La zona di Klockareudden vanta una piscina naturale di roccia colma di acqua salata, uno scivolo acquatico e fondale sabbioso.

Salendo, invece, sulla cima della torre a picco sul mare a Store Varn si gode di un’incredibile visuale sull’arcipelago Pater Nosterskären, un insieme di isolotti spogli e bassi fondali a sud-ovest di Tjörn, mentre dal lato sud si può ammirare la fortezza di Carlstens, imponente fortezza in pietra a Marstrand, sulla costa occidentale della Svezia, costruita nel Seicento per ordine del re Carlo X di Svezia a protezione della provincia di Bohuslän appena acquisita a seguito del Trattato di Roskilde.

Anche se l’epoca d’oro della pesca ad Åstol è ormai trascorsa, la suggestiva isola selvaggia attrae numerosi turisti grazie alla sua atmosfera tranquilla e rilassata, di pace assoluta.

Oggi suoi fiori all’occhiello sono caffè, terrazze all’aperto, una galleria d’arte, un negozio di alimentari e una biblioteca laddove, nel corso dei secoli, si fermavano i pescherecci.

In più, è rinomata per il ristorante di pesce “Åstols Rökeri” che dispone di propria affumicatura e di un piccolo negozio, il cui menu trae ispirazione dall’amore per la terra e il mare che abbraccia l’isola: vengono  organizzati anche buffet di pesce, serate con piatti a base di aragosta, conferenze, mostre d’arte, passeggiate guidate e, in estate, musica dal vivo.

Un’antica comunità di pescatori

Åstol fu abitata per la prima volta a metà del XVIII secolo durante uno dei grandi periodi della pesca alle aringhe.

E fu proprio l’industria della pesca a garantire, nel tempo, un buon sostentamento ai residenti che, nel momento di massimo splendore, erano circa 500.

Durante gli anni Sessanta, oltre 20 grandi pescherecci da traino in acciaio attraccavano al porto di Åstol ma il declino iniziò negli anni Settanta e, così, una buona parte degli abitanti si trasferì.

Tuttavia, molte persone iniziarono ad arrivare qui per godersi la magia del territorio in estate e, oggi, l’isola è vivace tutto l’anno e la pesca continua a fornire gamberi, granchi e le aragoste, chiamate anche “l’oro nero del mare”.

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“Tlaxcala sì esiste”: alla conquista del turismo italiano

È lo Stato più piccolo del Messico, ed è ancora sconosciuto non soltanto in Italia ma anche in Europa: eppure, “Tlaxcala sì esiste” e sa offrire un turismo di qualità con eventi unici e attrazioni di spicco che meritano di essere scoperti e vissuti.

Ed è così che è nato il progetto volto a sorprendere e ad attrarre i turisti italiani, per dar loro modo di vivere in prima persona la bellezza e la vasta gamma di manifestazioni della regione messicana di Tlaxcala, facilmente raggiungibile sia da Città del Messico che da Puebla, rispettivamente a due ore e un’ora di distanza, come ha ricordato Josefina Rodriguez Zamora, segretaria del turismo del governo dello Stato di Tlaxcala.

Alla scoperta dello Stato più sostenibile e sicuro del Messico

Tlaxcala merita davvero di salire alla ribalta e di ottenere l’attenzione del turismo italiano e mondiale: infatti, è lo Stato più sostenibile del Paese, con una purezza dell’aria tale che consente di ammirare il volo notturno delle lucciole, nonché il più sicuro, in quanto i viaggiatori possono muoversi con assoluta tranquillità.

Ma non è tutto. Come specificato da Zamora, vanta un legame speciale con l’Italia con la località Val’Quirico che ricorda la Toscana non soltanto per il nome ma anche per l’architettura ed è motivo di curiosità per i messicani che scelgono così di venire a visitare il Belpaese.

Ancora, plus della piccola regione del Messico sono l’accoglienza, il calore degli abitanti e un’ampia ricettività con ben 5000 stanze di varie tipologie.

E tra i punti di interesse? Il primo luogo da mettere in lista è, appunto, Val’Quirico, piccolo borgo medievale dove acquistare oggetti di artigianato, passeggiare lungo le stradine acciottolate ammirando le facciate in pietra, i murales e i vicoletti, e gustare ottima cucina nei vari ristoranti.

Il Parco Nazionale La Malinche, noto anche come “Matlalcuéyatl”, invece è la meta perfetta per le attività all’aria aperta, alpinismo, trekking e campeggio: ospita la quinta montagna più alta del Messico ed è considerato “un museo a cielo aperto di flora e fauna”.
Qui si trova anche il vulcano spento La Malinche, uno dei più antichi del Paese, parte dei bacini dei fiumi Atoyac e Guadalupe, dalla cui vetta si gode di un panorama difficile da descrivere a parole.

Altre tappe da non perdere sono poi San Pablo del Monte dove vi sono circa 80 laboratori che danno vita a pregiati oggetti in Talavera, la tipica ceramica smaltata caratterizzata dal tono bianco latte uniforme, che mette in risalto le tinte unite del blu, l’area archeologica di Cacaxtla, la città di Tlaxco incastonata tra le montagne con splendidi paesaggi plasmati da ruscelli e cascate, e il Santuario e Basilica di Ocotlán a Tlaxcala  città, complesso architettonico che consta di due edifici: la Cappella di Guadalupe e il Portale dei Pellegrini.

I collegamenti diretti con l’Italia

Italia e Messico sono Paesi amici, uniti anche dallo stesso colore nelle proprie bandiere” ha detto Carlos Eugenio Garcia de Alba Zepeda, l’ambasciatore del Messico in Italia, ricordando anche i voli diretti effettuati da Aeromexico con partenza da Roma e arrivo a Città del Messico e quelli di Neos da Malpensa a Cancun.

L’obiettivo per il 2024 è quello di ospitare 200.000 turisti italiani, superando così la soglia di 180.000, numero stabile da ormai molto tempo e ancora non superato.

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Il glamping nella natura artica sotto l’aurora boreale

Gli alloggi, ormai lo sappiamo, non sono più dei semplici luoghi destinati al riposo e al ristoro, ma sono diventati parte integrante e caratterizzante delle nostre avventure di viaggio. Case sull’albero, baite nella foresta, hotel a tema e glamping di lusso: queste sono solo alcune delle esperienze offerte che, da sole, valgono l’intero viaggio.

Ed è proprio di un alloggio così che vogliamo parlarvi oggi. Di una struttura ricettiva unica che si ispira alla vita degli indigeni, alle loro tradizioni e alla loro cultura. Un glamping delle meraviglie incastonato in una delle scenografie naturali più belle di tutto il Paese, quella della Lapponia svedese.

Proprio qui, nella parte più settentrionale del Paese scandinavo, è possibile vivere una delle esperienze più magiche di una vita intera, quella che permette di dormire in una tenda nella natura artica sotto l’aurora boreale.

Dormire in una tenda sotto l’aurora boreale

Il nostro viaggio di oggi ci porta in una terra sconfinata e meravigliosa, caratterizzata da paesaggi mozzafiato, da cieli cangianti, foreste e rilievi glaciali. Ci troviamo in Svezia, e più precisamente nella provincia più settentrionale del territorio. Proprio qui, tra ghiacciai, foreste, hotel di ghiaccio e pianure artiche, è possibile vivere esperienze straordinarie che consentono di perdersi e immergersi nella suggestiva Lapponia svedese.

Incontaminata e selvaggia, questa terra è una destinazione obbligata per tutti coloro che desiderano vivere un’avventura al di fuori dall’ordinario a stretto contatto con la natura. Si tratta, inoltre, di una meta imprescindibile per tutti i cacciatori di aurore boreali.

L’offerta ricettiva, qui, è davvero unica. Nella Lapponia svedese, infatti, è possibile pernottare all’interno dell’hotel di ghiaccio più grande del mondo, ma anche dormire direttamente nella natura sotto l’aurora boreale che infiamma i cieli di notte.

Proprio nel cuore della riserva naturale di Sjavnja, nel comune di Gällivar, esiste un glamping unico nel suo genere che permette agli ospiti di immergersi nella cultura indigena Sami, la più antica di tutto il Nord Europa.

La struttura, che prende il nome di Sápmi Nature Camp, ospita diverse lavvu, le tende caratteristiche dei Sami, ed è incastonata in un paesaggio solitario e silenzioso che è il simbolo della natura artica. Alloggiare qui, in quella che è una delle più grandi aree selvagge e incontaminate del Paese, toccando con mano la cultura indigena, è un’esperienza davvero che diventa ancora più magica quando l’aurora boreale infiamma i cieli e li tinge di meraviglia.

Il glamping nella natura artica

Se volete vivere e condividere un’esperienza al di fuori dall’ordinario, allora, il Sápmi Nature Camp è l’alloggio giusto per la prossima avventura di viaggio. Qui, circondati da un paesaggio primordiale, e in compagnia della popolazione Sami che qui è cresciuta, potrete scoprire le meraviglie che snodano a nord del Circolo Polare Artico.

Potrete dormire all’interno di una tenda caratteristica, rilassarvi dentro la bastu (sauna) situata a pochi metri dagli alloggi e visitare gli allevamenti di renne della comunità di Unna Tjerusj Sámi.

Ad accogliervi ci saranno la neve e il ghiaccio, ma anche un pittoresco paesaggio che di notte si accende di magia. Il glamping, infatti, si trova lontano da ogni fonte di inquinamento luminoso e questo vi permetterà di avere un accesso privilegiato sul cielo stellato e sull’aurora boreale.

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La collina di conchiglie che sorge nel bel mezzo del mare

Esiste un lembo di terra, dall’altra parte del mondo, fatto di calcare e corallo, di bellezza e suggestione. Un vero e proprio paradiso terrestre che non si può descrivere, ma solo vivere. Il suo nome è Anegata ed è l’isola più singolare dell’arcipelago delle Isole Vergini britanniche.

Situata a circa 24 chilometri dalla più celebre Virgin Gorda, e separata da Sombrero delle Anguille dallo stretto del Mar dei Caraibi, Anegada è la più settentrionale dell’arcipelago. La sua estensione, che misura circa 39 chilometri quadrati, la rende la seconda isola più grande delle Isole Vergini Britanniche.

I motivi per visitarla sono tantissimi, tra questi troviamo le spiagge bianche e paradisiache che affacciano direttamente sulla più lunga barriera corallina dei Caraibi e una biodiversità incredibile che conta oltre 300 esemplari vegetali. Ma non è tutto perché proprio qui è possibile raggiungere e ammirare una delle sculture naturali più particolari del mondo: una collina di conchiglie che sorge nel bel mezzo del mare.

Un paradiso terrestre che si chiama Anegada

Il nostro viaggio di oggi ci conduce alla scoperta di un eden terrestre, quello che porta il nome di Isole Vergini Britanniche. Un arcipelago unico, dal fascino indescrivibile, dove la natura incontaminata regna sovrana.

Le isole, alcune delle quali disabitate, ospitano parchi nazionali e aree protette che preservano l’immenso patrimonio naturalistico dell’intero territorio di cui fanno parte il mare, la barriera corallina, i reperti e gli habitat naturali.

Tra le isole più affascinanti e meno conosciute dell’arcipelago troviamo Anegada, un vero e proprio paradiso per gli amanti della natura. A differenza delle altre, quest’isola non ha origini vulcaniche e si presenta completamente pianeggiante.

È fatta di calcare e corallo, di lunghe spiagge di sabbia bianca e di natura lussureggiante. Anegada, inoltre, si affaccia sulla Horseshoe Reef, che con i suoi 29 chilometri si è guadagnata il primato di barriera corallina più lunga dei Caraibi, nonché la quarta più lunga del mondo.

Tantissimi i relitti che si celano negli abissi del mare, quelli che è possibile scoprire attraverso immersioni e snorkeling. Altrettanti gli esemplari floristici e faunistici da ammirare. L’isola, infatti, è diventata la casa di numerose colonie di uccelli marini, se ne contano circa 100 specie diverse, nonché luogo di nidificazione delle tartarughe marine.

Anegada è un gioiello solitario. L’isola è popolata da appena 200 anime che vivono nell’unico insediamento del territorio: The Settlement. Raggiungerla, e visitarla, vuol dire concedersi un’esperienza unica a stretto contatto con la natura.

Ma c’è un altro motivo per cui vale la pena trascorrere del tempo in questo paradiso terrestre. Anegada, infatti, ospita una scultura naturale davvero unica e bizzarra. Si tratta di Conch Mound, una duna che emerge in mezzo al mare, una collina formata da migliaia di conchiglie colorate.

Conch Mounds, una collina di conchiglie in un paradiso terrestre

Fonte: The British Virgin Islands Tourist Board & Film Commission

Conch Mounds, una collina di conchiglie in un paradiso terrestre

Conch Mounds: la collina di conchiglie che emerge dal mare

La solitaria e suggestiva Anegada, habitat di numerose specie viventi nonché microcosmo delle meraviglia, ospita una scultura affascinante e unica nel suo genere che prende il nome di Conch Mounds. A guardarlo da lontano, questo massiccio solido e colorato, può essere scambiato per una grande duna di sabbia che emerge dal mare. In realtà di tratta di una collina creata completamente da conchiglie.

Situato al largo della costa, nei pressi dell’estremità orientale, questo bizzarro rilievo ha a che fare con le tradizioni e la cultura del luogo. La pratica di adunare conchiglie, fino a creare degli enormi cumuli, è legata agli indigeni che popolavano Anegada.

L’eredità è stata raccolta e perpetuata nei secoli, e da oltre 200 anni i pescatori conservano le conchiglie proprio come facevo i loro antenati. Il risultato? Una scultura natura che sorge in mezzo al mare e che incanta.

Conch Mounds, Anegada

Fonte: The British Virgin Islands Tourist Board & Film Commission

Conch Mounds, Anegada
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Tornano i treni a vapore sulla Transiberiana d’Italia

Sono trascorsi 126 anni dall’apertura della scenografica Transiberiana d’Italia, la linea ferroviaria Sulmona-Isernia, e per l’occasione, dal 15 al 17 settembre tornano a circolare i treni storici a vapore, una tre giorni a bordo proposta dalla Fondazione FS Italiane e FS Treni Turistici Italiani.

Un’occasione unica per tornare indietro nel tempo a oltre sessant’anni fa, quando, prima dell’avvento della trazione diesel, erano le locomotive a vapore a percorrere i binari dell’Appennino fino alle ripide rampe della Majella.

E, a riprova di quanto fosse un passaggio suggestivo, gli abitanti del posto ricordano ancora oggi con piacere e nostalgia i convogli del Gruppo 940 che correvano tra le stazioni di Sulmona, Rivisindoli-Pescocostanzo, Roccaraso e Castel di Sangro.

Un evento da non perdere

E così, i prossimi 15, 16 e 17 settembre sarà di nuovo possibile viaggiare sugli iconici treni ammirando lo scenario unico di una tra le tratte ferroviarie più panoramiche del Paese, tra favolosi paesaggi, antichi borghi e la natura incontaminata.

Venerdì 15 settembre la partenza è alle ore 8.45 dalla stazione di Sulmona per arrivare a Castel di Sangro alle 13; da qui la partenza sarà poi alle 17 con ritorno a Sulmona alle 19.30.

Sabato 16 settembre, invece, si parte alle ore 9 dalla stazione di Sulmona per raggiungere, questa volta, Roccaraso alle 13 e ripartire alle 16.30 per tornare a Sulmona alle 18.30.

Infine, domenica 17 settembre, con partenza sempre da Sulmona alle ore 8, l’arrivo a Roccaraso è previsto per le 12. Il ritorno sarà poi alle 16.30 per essere a Sulmona alle 18.30.

A trainare una composizione di pregevoli carrozze Centoporte e Corbellini nonché bagagliai attrezzati per il trasporto delle bici, saranno due locomotive a vapore tra cui Gr.940, realizzata appositamente per la Transiberiana d’Italia e per inerpicarsi lungo le ripide tratte appenniniche.

Ma non è tutto.

Durante le fermate, i passeggeri avranno l’opportunità di assistere alle operazioni per il rifornimento d’acqua dalle colonne idriche, sapientemente restaurate, eseguite dagli addetti di FS Treni Turistici Italiani e Fondazione FS.

I biglietti per la speciale iniziativa (che rientra nel ventaglio di eventi per il Decennale della Fondazione FS e che è promossa con la collaborazione di Pallenium Tourism) si possono acquistare visitando il sito Railbook oppure rivolgendosi direttamente al tour operator Pallenium Tourism.

Il mito della Transiberiana d’Italia

Conosciuta anche come “Ferrovia dei Parchi“, la linea storica che collega l’Abruzzo con il Molise seguendo un indimenticabile e tortuoso itinerario tra gole, il Parco Nazionale della Majella e il Parco Nazionale d’Abruzzo, faggete e stazioni dove il tempo si è davvero fermato, fu inaugurata il 18 settembre 1897, dopo 5 anni di lavori iniziati nel 1892.

Per quel periodo, si trattò di un’opera d’ingegneria assolutamente straordinaria, tenendo anche conto del fatto che, in alcuni tratti, tocca pendenze del 28% e che l’intero tragitto ha una lunghezza di 128 chilometri con la presenza di 58 gallerie (la più lunga, al di sotto del Monte Pagano, è di 3109 metri), viadotti e ponti.

Tra le tappe di settembre, Sulmona è la patria dei confetti, il centro abitato più importante della Valle Peligna mentre Castel di Sangro lo è dell’Alto Sangro, un pittoresco borgo abruzzese medievale perfetto per un soggiorno all’insegna del relax, della storia e della natura.

Roccaraso, invece, è la “montagna d’Abruzzo”, la stazione sciistica più rinomata dell’Italia centro meridionale, un paradiso in tutte le stagioni con emozionanti sentieri per il trekking.

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L’hotel che ha stregato Fitzgerald nasconde un inquietante segreto

È innegabile: a colpo d’occhio l’Omni Grove Inn Hotel ha tutte quelle particolari caratteristiche che ci possono ricordare lo spaventoso Overlook Hotel del film Shining. Infatti, sorge fra le montagne del North Carolina, che lo abbracciano e lo circondano, ha uno svettante tetto rustico e rosso ed è circondato da un suggestivo parco verde con siepi ben curate. Ma non finisce qui, perché questo hotel, dove in passato ha soggiornato lo scrittore Francis Scott Fitzgerald condivide con l’Overlook anche un segreto inquietante e… spettrale.

La fama dell’Omni Grove Inn Hotel

Iniziamo, però, togliendo ogni dubbio su eventuali svolte dell’orrore: la presenza che cammina e si manifesta tra nell’Omni Grove Inn Hotel non sarebbe affatto pericolosa. Niente di simile ai terribili spiriti arrabbiati tanto ben descritti da Stephen King e da Stanley Kubrik, dunque, e ciò è chiaro anche dalla fama della struttura ricettiva, che è stata più volte premiata come una delle più belle e lussuose del North Carolina e che, per inciso, conta anche su una serie di servizi a dir poco incantevoli.

L'Omni Grove Park Inn

Ristoranti raffinatissimi e un centro benessere d’eccellenza rendono l’Omni Grove Inn ancora oggi uno dei ritiri più apprezzati per una clientela di un certo livello, che può anche approfittare di escursioni nei boschi o di prenotare un angolo del giardino tutto per sé solo per meditare. Fatta questa doverosa precisazione, andiamo a lei, alla vera protagonista della storia: l’entità, il fantasma, lo spirito che si muove tra le stanze dell’hotel, che prende il nome di Pink Lady.

La Pink Lady e la sua storia

Per conoscere la storia della Pink Lady dobbiamo fare un passo indietro, a quando, nel 1913, vennero costruiti il Grove Park e la sua locanda (quella che oggi è l’Omni Grove). La posizione privilegiata e il fatto che il proprietario del luogo fosse Edwin Wiley Grove, creatore di un tonico contro la malaria, convinsero molta gente del fatto che il posto era salubre, oltre che incantevole. È per questo che, come abbiamo accennato, Francis Scott Fitzgerald vi soggiornò a lungo.

E non fu il sole: anche George Gershwin e Harry Houdini decisero di passarci del tempo, elogiando la sua atmosfera avvolgente, romantica e al contempo elegante. Con il passare del tempo, sempre più persone iniziarono a soggiornarvi e la locanda, di conseguenza, si ampliò. Dopo gli ampliamenti, però, pare che un’ospite, una donna giovane e dai lineamenti gentili, venne invitata dal suo amante a passare qualche notte insieme. Tuttavia, la donna non se ne andò più. Non è chiaro però il motivo: la leggenda narra che cadde da un balcone, lasciando sgomente le persone che trovarono il suo corpo ancora avvolto in un morbido vestito da ballo rosa.

Da allora la Pink Lady aleggia per le stanze dell’hotel e negli ultimi 100 anni tantissime persone dicono di averla vista: in particolare, lo spirito sembra legato alla stanza 545 che, secondo la leggenda, è proprio quella da cui cadde.

Un fantasma di buon cuore

Le cronache degli avvistamenti dipingono la Pink Lady in due modi: o viene percepita come una semplice nebbiolina rosa che si solleva e scompare o appare proprio come una ragazza dai capelli raccolti, con il caratteristico abito rosa e uno sguardo estremamente dolce. Sembra anche che prediliga più la compagnia dei bambini che quella degli adulti e che sia di conseguenza più propensa a rivelarsi a loro o ad apparire vicino ai loro letti, specie se sono ammalati.

L'Omni Grove Park Inn

Si dice che, nonostante sia del tutto innocua, la Pink Lady si diverta a fare dei piccoli scherzi. Niente a che vedere con ciò che succede in alcune case infestate da brivido, ma pare che ogni tanto alcune luci, i condizionatori o piccoli dispositivi elettrici facciano le bizze accendendosi e spegnendosi da sole. Inoltre, sembra che sia un fantasma molto ordinato: ama rassettare gli oggetti nelle stanze, riordinandoli nei momenti più disparati del giorno e della notte. Verità o leggenda? A voi l’ardua sentenza!

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Il fiume rosso porpora che attraversa le montagne del Perù

Potrebbe fare un po’ impressione, è vero: vedere scorrere un fiume rosso è un’esperienza abbastanza particolare, specie considerando che tendiamo ad associare questo colore al sangue. Invece, il Palquella Pucamayu non è altro che un meraviglioso capolavoro della natura, che nulla ha a che fare né con eventuali immagini violente né con chissà quale strano tipo di piaga o magia. E in realtà, dal vivo si ha la sensazione di assistere a uno spettacolo ultraterreno.

Il Palquella Pucamayu e il suo colore

Il fiume, che si trova a Cusco, in Perù, nell’ultimo anno ha cominciato a spopolare sui social media ed è per questo che sempre più persone si sono chieste a cosa sia dovuto il suo particolare colore. Innanzitutto, occorre precisare che questo corso d’acqua diventa rosso per circa 5 chilometri, prima di combinarsi con altri torrenti, ruscelli e fiumi e diluirsi, passando da toni scarlatti a toni rosa pastello, prima di perdere completamente questa tonalità.

Dettaglio delle acque del fiume Palquella Pucamayu in Perù

Fonte: iStock

Dettaglio delle acque del fiume Palquella Pucamayu in Perù

Tutto ciò succede per una serie di fattori: il deflusso della pioggia dalla vicina Palcoyo Rainbow Mountain, già di per se caratterizzata da una serie di argille dalle tonalità intense, la stratificazione delle rocce che portano dalla montagna al fiume, che prevedono una serie di minerali di colori vibranti e, infine, la presenza di arenaria rossa ricca di ossido di ferro sul letto del fiume. L’intensità del colore dipende anche dalla quantità di precipitazioni: più acqua cadrà dal cielo, più il risultato sarà sfumato.

Un fiume che cambia colore

Dato che comunque a giocare il ruolo decisivo nel colore del fiume è la pioggia, è corretto dire che il Fiume Rosso del Perù è visibile solo durante i mesi della stagione delle piogge. Durante il resto dell’anno il livello dell’acqua è molto più basso e non ci sono particolari apporti provenienti dalla Palcoyo Rainbow Mountain. Ciò significa che il fiume cambia colore in base alla stagione, ma se state pensando di trovarlo limpido e trasparente, vi sbagliate.

Il colpo d’occhio del Palquella Pucamayu quando non è rosso è un po’ deludente: ha un colore marrone intenso, e l’acqua è fangosa e limacciosa, sempre per via della forte presenza di argille e terriccio che si mescolano con l’acqua. La buona notizia è che la stagione delle piogge in Perù è abbastanza lunga: va da aprile a dicembre e vengono organizzate molte visite guidate, cui è possibile unirsi in tutta sicurezza e tranquillità.

Come visitare il Fiume Rosso

Dunque, se state pianificando una vacanza in Perù durante il periodo indicato vorrete sicuramente sapere come osservare il fiume durante la sua fase rossa. Bene, allora dovete sapere che questo corso d’acqua si trova precisamente nella provincia di Canchis e che il modo migliore per raggiungerlo è fare tappa nella già citata città di Cusco. Il Palquella Pucamayu si trova infatti a circa tre ore dalla città e proprio da lì partono diverse escursioni, che per altro permettono anche di raggiungere la cima della Palcoyo Rainbow Mountain.

Fiume Palquella Pucamayu, Perù

Fonte: iStock

Scorcio del paesaggio del fiume Palquella Pucamayu

Da questa posizione privilegiata è possibile ammirare il fiume mentre attraversa i prati verdi che caratterizzano l’area. Naturalmente, insieme alle guide, ci si può anche avvicinare al fiume per scattare qualche foto. Se avete in mente di cimentarvi nell’impresa, non dimenticate di indossare l’abbigliamento adeguato: giacche impermeabili, felpe pesanti per via del fresco e scarpe da trekking.

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Le più belle sagre di settembre in Italia

Settembre segna la fine dell’estate e l’approssimarsi dell’autunno con la ripresa degli impegni, certo, ma anche con un ricco calendario di appuntamenti per allietare il weekend e per assaporare l’atmosfera, i profumi e i prodotti tipici della terza stagione dell’anno.

Sparsi lungo tutto lo Stivale, gli eventi e le sagre del primo autunno sono una piacevole occasione per staccare dalla routine ormai ripresa a pieno regime e per dedicarsi momenti di puro relax immersi in territori ricchi di storia, arte, tradizione, cultura ed eccellenti produzioni enogastronomiche.

Le sagre di settembre al Nord

Iniziamo dalle regioni del Nord e con i colori e i sapori del miele per scoprire alcuni dei 60 tipi che vengono prodotti in Italia dagli apicoltori locali: in Piemonte, infatti, dal 9 al 10 settembre è il momento di “Tutto Miele” a Bruzolo, Torino, con protagonisti i mieli del Piemonte e in particolare della Val di Susa (il miele d’erica, di tarassaco, di castagno e quelli rari di alta montagna), della Fiera Regionale del Miele a Marentino (sempre provincia di Torino) il 23 e 24 settembre dove sono attesi circa 130 piccoli produttori di miele e prodotti regionali tipici e genuini, e dell’mportante concorso regionale, Ferrere Miele, a Ferrere (Asti) dove vengono selezionati i migliori mieli piemontesi, che si possono naturalmente assaggiare.

E, sempre in Piemonte, Bra celebra invece il formaggio, di cui è capitale mondiale, dal 15 al 18 settembre con “Cheese“, la manifestazione a marchio Slow Food arrivata alla sua XIV edizione: il Sapore dei Prati, il claim 2023, sarà il filo conduttore di degustazioni, laboratori, dibattiti e tanto altro.

In Alto Adige, invece, la Festa dello Speck, dal 30 settembre al 1 ottobre, arriva per la prima volta a Plan de Corones per iniziare l’autunno in modo super goloso: assaggi e degustazioni dello Speck Alto Adige IGP nonché workshop per imparare a utilizzarlo in cucina in mille modi creativi e per sfruttarne appieno le potenzialità.

Ancora in Alto Adige, dal 16 al 24 settembre gli amanti del buon cibo potranno immergersi nella gastronomia e nella cultura della Valle Aurina, gustando una selezione di piatti a base del tipico formaggio Graukäse, Presidio Slow Food dal 2004, a cura degli chef più rinomati della regione.

In Friuli, invece, dal 21 al 24 settembre andrà in scena “Gusti di Frontiera“, la kermesse enogastronomica più grande del Triveneto in cui Gorizia diventa fulcro delle cucine del mondo con centinaia di stand enogastronomici distribuiti tra borghi geografici e percorsi tematici: saranno 320 gli stand e oltre 40 i Paesi presenti.

Tra le prelibatezze varie nella città simbolo per eccellenza dei confini, futura capitale europea della cultura con la slovena Nova Gorica nel 2025, sarà possibile sentirsi in Messico assaporando l’asado o a Bruxelles gustando gli spiedini mitrailette o ancora in Spagna con la paella valenciana accompagnata dalla sangria.

Settembre e le sagre del Centro

Il miele è protagonista anche al Centro con, ad esempio, la Settimana del Miele a Montalcino, Siena, dall’8 al 10 settembre, quello che è noto come il primo appuntamento nazionale dedicato al miele, nato nel 1976: gli appassionati del dolce nettare possono trovare nella sede dei Giardini dell’Impero e del teatro degli Astrusi, una scelta unica della vasta produzione degli apicoltori toscani, come il miele di corbezzolo, di rosmarino e di rododendro.

In Abruzzo, invece, da segnalare la più importante manifestazione apistica della regione Regina di Miele, che il 23 e il 24 settembre coinvolge tutto il centro storico di Tornareccio (Chieti) con stand, degustazioni di miele e dei suoi derivati, visite guidate, concerti e incontri di approfondimento dei mieli del territorio.

Ancora in Toscana, torna da sabato 9 settembre per due fine settimana, l’appuntamento annuale con la storica Sagra della polenta, funghi porcini e cinghiale, giunta ormai alla 35esima edizione, organizzata dal Circolo Arci “A. Naldi” di Poggio alla Malva (Via Buricchi 1) Carmignano (Prato): nei due fine weekend del 9-10 e 16-17 gli stand gastronomici resteranno aperti la sera a cena e la domenica anche a pranzo.

Un salto nelle Marche, in particolare a Potenza Picena in provincia di Macerata, e assistiamo alla tradizionale festa del Grappolo d’Oro, una rassegna ormai immancabile che celebra il rapporto tra la città e la sua anima rurale, sublimato ogni anno dalla sfilata di carri allegorici, un’appassionante sfida tra le diverse contrade.

Dieci giorni pieni di musica, degustazioni, feste e appuntamenti di ogni genere per rievocare insieme le tradizioni della vendemmia.

Infine, approdiamo nel Lazio con l’undicesima edizione di “Mangiare con Gusto” a Terracina nella suggestiva location di Piazza Municipio, manifestazione dedicata alla valorizzazione del patrimonio agroalimentare ed enogastronomico italiano e della regione, e con la Sagra del Fungo Porcino a Lariano, iniziata il 7 e che si concluderà il 24 settembre: saranno presenti oltre 150 espositori provenienti da tutta Italia su una superficie di 20.000 metri quadrati e l’evento prevede numerosi eventi collaterali, tra cui convegni, corsi di formazione, mostre, tornei sportivi e spettacoli musicali dal vivo.

Le sagre e gli eventi al Sud e nelle isole

In Campania, a Baiano, provincia di Avellino, uno degli appuntamenti da non perdere a settembre (dal 7 al 10) è la Festa della Nocciola dove i visitatori hanno l’occasione di gustare i prelibati prodotti a base del frutto autunnale, a partire dalla Pasta al Pesto di Nocciola, mentre a Volturara Irpina la Festa del Fagiolo Quarantino della Valle del Dragone è perfetta per omaggiare il prodotto d’eccellenza della Piana.

Il 29 e 30 settembre (e 1 ottobre) in Puglia, a Sammichele di Bari, torna la Sagra della Zampina, del Bocconcino e del Buon Vino, uno degli appuntamenti più attesi e conosciuti dell’enogastronomia pugliese, e in Sicilia, è il turno della Sagra della vendemmia di Pedalino, frazione rurale di Comiso (provincia di Ragusa) in programma dal 22 al 24 settembre che promuove i prodotti più famosi del territorio, l’uva e il vino, e che consente di rivivere le usanze e i gesti del passato con il tradizionale ciclo della vendemmia e il pranzo della domenica sull’aia.

In Sardegna, dall’8 al 10 settembre, da oltre vent’anni ricorre il Festival della Bottarga a Cabras, che ha l’obiettivo di far conoscere e degustare il prodotto tipico preparato sulla base di varie ricette della tradizione locale: per il 2023 si tratta di tre giorni dal respiro mitteleuropeo con la presenza degli chef stellati Francesco Brutto e Alessandro Bellingeri.

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Ritrovato un bottino di guerra sottratto all’esercito romano

Una nuova scoperta, tanto fortuita quanto emozionante, arriva ad arricchire l’ingente patrimonio risalente al periodo Romano.

Questa volta, è avvenuta in Israele, a Seliq, all’interno di una grotta nella riserva naturale di Ein Gedi, per puro caso: infatti, il gruppo di ricercatori si era recato sul posto per effettuare un giro di routine ed effettuare alcune rilevazioni.

Il bottino di guerra sottratto all’esercito romano

Ed è nel corso della conferenza stampa tenutasi a Gerusalemme che è stato presentato ufficialmente il ritrovamento di quattro spade romane e della testa di un giavellotto, risalenti a circa 1900 anni fa e perfettamente conservate.

La scoperta all’interno della grotta, in un’area rocciosa isolata e di difficile accesso, fa pensare che potesse trattarsi di un bottino di guerra sottratto all’esercito romano da parte di un gruppo di ebrei ribelli che erano, appunto, soliti nascondersi nelle grotte del territorio.

E proprio nella grotta a nord di Ein Gedi, cinquant’anni fa furono rinvenuti i resti di un’iscrizione ebraica su una stalattite, realizzata con inchiostro nell’antica forma di scrittura risalente al periodo del Primo Tempio.

E, in qualche modo, le due scoperte sono legate: infatti, il dottor Assaf Gayer del Dipartimento di Archeologia dell’Università di Ariel, il geologo Boaz Langford dell’Istituto di Scienze della Terra e del Centro per la ricerca sulle caverne dell’Università Ebraica di Gerusalemme e Shai Halevi, un fotografo della IAA, il dipartimento delle antichità, erano lì con l’obiettivo di immortalarla servendosi della fotografia multispettrale per decifrarne parti non visibili a occhio nudo.

Così, mentre si trovava nella zona alta della grotta, il dottor Geyer ha scorto la testa del giavellotto in perfetto stato di conservazione e, in una fessura non distante, alcuni pezzi di legno lavorato che si sono rivelati parte dei foderi delle spade.

All’eccezionale e inaspettato ritrovamento ha fatto seguito una seconda e approfondita esplorazione che ha dato i suoi frutti: in una fessura profonda e stretta tra due stalattiti, i ricercatori si sono imbattuti in quattro spade di periodo romano, tre delle quali addirittura all’interno dei rispettivi foderi, realizzati in legno e cuoio e con alcune parti in metallo.

La lunghezza della lama di tre spade è di circa 60-65 cm, dato che permette di classificarle come “Spatha Romana”. La quarta lama misura, invece, 45 centimetri e rientra, quindi, nella tipologia di spade con pomello ad anello.

Il loro sorprendente stato di conservazione è stato agevolato dalle condizioni di temperatura e di ridotta umidità garantite dalla grotta, che hanno bloccato il deterioramento delle parti non in metallo.

Il commento dell’esperto

Queste le parole del dottor Eitan Klein, direttore del Judean Desert Survey Project: “L’occultamento delle spade e della testa del giavellotto all’interno di profonde fessure di una grotta isolata a nord di Ein Gedi suggerisce che le armi furono sottratte come bottino ai soldati romani o portate via dal campo di battaglia e che furono deliberatamente nascoste dai ribelli ebrei per poter essere riutilizzate.

È probabile che i ribelli non volessero essere sorpresi con le armi addosso nell’evenienza di uno scontro con le autorità romane. Siamo solo all’inizio del percorso di ricerca relativo a questa grotta e al set di armi rinvenute al suo interno, e il nostro obiettivo è cercare di scoprire a chi appartenessero le spade, dove vennero realizzate, quando e da chi.

Cercheremo di capire quale sia l’evento storico che portò alla rimozione delle armi dalla grotta, e se possa essere connesso alla ribellione di Bar Kochba, avvenuta tra il 132-135 d.C. Questa scoperta che tocca un momento storico è agghiacciante ed emozionante.

Non tutti sanno che a causa delle condizioni climatiche secche, nel deserto si conservano reperti che non sono sopravvissuti in altre parti del Paese. Si tratta di una capsula del tempo davvero unica“.