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Prezzi dei voli: come funziona l’algoritmo che cambia le tariffe aeree

L’hanno ritenuta una “pratica commerciale scorretta” quella dell‘utilizzo di procedure automatizzate per determinare le tariffe dei biglietti aerei basate, su attività di profilazione web degli utenti o sul tipo di dispositivo elettronico utilizzato per le prenotazioni.

Ma cos’è l’algoritmo e come funziona e, soprattutto, come si fa – quasi sempre – ad aggirarlo.

Cos’è l’algoritmo che calcola i prezzi dei biglietti aerei

In pratica, a essere sotto tiro è l’algoritmo, quel sistema di calcolo che fa sì che il prezzo di un volo aumenti ogni volta che lo stesso utente ne consulti la disponibilità e il prezzo, specie se si usa lo stesso computer o smartphone.

È un sistema che esiste da anni, ma che le compagnie aeree negano di utilizzare. Anche perché l’algoritmo dei prezzi viene impiegato da qualunque sito di prenotazione, treni e hotel inclusi.

Come funziona l’algoritmo dei prezzi

L’algoritmo dei siti di prenotazione è in grado di capire in tempo reale esattamente quante richieste vengono effettuate per un determinato volo e, in base al risultato, definisce il prezzo. Più la richiesta è alta più i prezzi sono elevati. È il caso delle prenotazioni dei voli nei periodi di alta stagione, come l’estate o le vacanze di Natale, per esempio.

Non sono quindi delle persone reali a definire il prezzo di un volo, ma delle macchine. Il loro lavoro è quello di “imparare” a conoscere quanti più dati possibili su un utente, memorizzando cosa piace, cosa interessa, dove si vuole andare, quanto si vuole spendere e quant’altro.

Come aggirare l’algoritmo

Esistono diversi modi per aggirare l’algoritmo. È bene dire che non sempre questi metodi sono efficaci al cento per cento. Banalmente, basta far credere alla macchina di essere un nuovo utente, senza quindi farsi profilare.

Uno dei metodi è di “navigare in incognito” (Ctrl+Maiusc+N), onde evitare che i cookie (quelle informazioni utilizzate per profilare, anche a lungo termine, gli utenti) traccino le attività online dei visitatori e, come spesso accade, mettano in moto gli algoritmi per modificare le tariffe. Ecco perché è consigliabile cancellare spesso i cookie dal proprio pc se non addirittura ogni volta che si ricercano dei prezzi.

Un altro sistema è quello di far credere di essere collegati da un luogo diverso utilizzando una Vpn (virtual private network, rete privata virtuale) dal computer o dallo smartphone. Infatti, molte compagnie aeree o tour operator applicano sconti in base alla località da cui si sta prenotando, specie se sono quelle meno richieste. Se non siete molto tecnologici leggete la guida sulla Vpn su Virgilio Tecnologia.

Con la navigazione in incognito e/o la Vpn, il consiglio poi è di consultare i siti ufficiale delle compagnie aeree e quelli dei motori di ricerca specializzati in voli (ma anche biglietti ferroviari o alberghi) confrontandoli tra loro. Solitamente, i siti delle compagnie sono più convenienti oltre che più sicuri.

Trucchi per risparmiare

Poi ci sono dei trucchetti per scovare le tariffe più convenienti. Ci sono per esempio dei giorni e degli orari migliori in cui collegarsi ai siti per trovare le migliori tariffe. È ormai dimostrato che i giorni infrasettimanali sono quelli con tariffe meno care, specie il martedì e mercoledì, ma sono buoni anche il giovedì e la domenica mattina. Inoltre, le tariffe online si riducono dopo le ore 23.

Secondo un recente studio di Skyscanner, il periodo migliore per acquistare un biglietto aereo nazionale è di 5 settimane prima della partenza, quando si registra un risparmio del 9% rispetto al prezzo medio del biglietto. Per volare in Europa, invece, il periodo migliore per prenotare è 23 settimane prima della partenza, quando il risparmio rispetto al costo medio annuale del volo potrebbe superare il 6%. Anche prenotando fra le 9 e le 10 settimane prima si può ottenere un risparmio superiore al 5%.

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Le vacanze dei reali: dove vanno d’estate le teste coronate

Spiagge, ristoranti e persino mercati. D’estate è facile incontrare qualche testa coronata nelle località di villeggiatura più frequentate dai turisti, dove i membri delle Famiglie reali si mischiano con la gente comune.

Tenete gli occhi bene aperti perché potreste imbattervi in Letizia di Spagna, in William e Kate o Charlene di Monaco nei luoghi più impensati.

Palma di Maiorca per i Reali di Spagna

Quanti italiani vanno in vacanza a Palma di Maiorca e alle Baleari! Se siete da quelle parti potreste incontrare Felipe VI e Letizia di Spagna. I Reali di Spagna ci vanno ogni estate. Risiedono a Palazzo di Marivent, un edificio moderno degli Anni ’20 situato nella zona turistica di Cala Mayor a Palma.

È il loro buen retiro affacciato sul Mediterraneo, indirizzo da cui si muovono per aggirarsi per la città insieme alle figlie Leonor e Sofia, confondendosi tra la folla in short ed espadrillas. Spesso le si vedono lungo Passeig del Born o mentre fanno shopping da Zara. A cena hanno spesso un tavolo prenotato da El Txoko de Martin dello chef basco Martín Berasategui, nel quartiere di Santa Catalina, vicino al mare, ma adorano anche i frutti di mare serviti da Ola del Mar.

William e Kate alla Isole Scilly

Certo, la loro non è una delle classiche mete mare, visto che alle Scilly non si fa spesso il bagno visto la temperatura dell’acqua. Ma se siete in zona Cornovaglia non fatevi sfuggire un incontro esclusivo con i principi del Galles, Will e Kate. È la meta prediletta dell’erede al trono d’Inghilterra che ama soggiornare a Tresco, una delle sei isole abitate dell’arcipelago, insieme ai tre figli, George, Charlotte e Louis. Sull’isola non ci sono auto e i Reali si divertono ad andare in bicicletta, incrociando i residenti (solo 175 abitanti) e i turisti che d’estate affollano l’isola.

La famiglia Reale solitamente affitta un cottage, la Dolphin House, e durante la vacanza ne approfitta per fare gite in barca, in kayak o paddle, magari visitando il Cromwell Castle o gli Abbey Garden, o giocare a tennis, anche con altri tennisti del luogo.

Charlene e Alberto nel Principato di Monaco

Non sono soliti fare molte vacanze, specie in coppia, i principi monegaschi. Chi frequenta il Principato di Monaco o la Costa Azzurra li può incontrare in giro per la città in qualunque momento. Così come tutti gli altri membri della famiglia Grimaldi, da Caroline a Charlotte Casiraghi.

Il mese di agosto è ricco di eventi Montecarlo, tra balli, feste benefiche e raccolte fondi così che la famiglia Reale deve tenersi sempre a disposizione per presenziare in via ufficiale.

L’unica fuori dal coro, da sempre, è Stéphanie, che ama rintanarsi tra i monti anche se non lontano da Montecarlo, a Fontbonne, sulle Alpi marittime. Nella proprietà della famiglia (o meglio, del fratello Alberto) la principessa si rilassa nell’orto dove ha fatto seminare tanti fiori e dove gironzolano caprette, pecore, mucche e un asino, oltre a diversi cani. Una vacanza bucolica insomma.

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Lago Nambino, come stare in paradiso

Una perla alpina tra i boschi, con le Dolomiti di Brenta sullo sfondo. Il lago Nambino è incastonato in uno scenario fiabesco che ha alimentato una leggenda legata alle sue acque in alta quota. Un posto così affascinante che non poteva non diventare una delle mete più frequentate da chi ama rilassarsi nella natura, fare escursioni ricche di suggestioni, andare a pesca e godere di panorami spettacolari tra le montagne del Trentino-Alto Adige.

Il lago Nambino e la leggenda della draghessa

Si incontra il lago Nambino a pochi chilometri da Madonna di Campiglio, a 1718 metri s.l.m., dove non arrivano le auto né le piste da sci. Salire quassù è come entrare in una dimensione onirica. A rendere più romantico il contesto paesaggistico che si svela allo sguardo, il delizioso Rifugio che si affaccia sul placido specchio lacustre di origine glaciale, da cui si possono ammirare le frastagliate guglie delle Dolomiti di Brenta. Dicevamo anche di una leggenda: ebbene, secondo i racconti popolari, nel lago Nambino riposerebbe un drago, anzi una draghessa.

Si narra che la mitica creatura se ne stava per mesi e a riposare sul fondo del lago, nutrendosi dei pesci e delle alghe che riusciva a trovare nelle sue profondità. Solo di tanto in tanto emergeva dall’acqua e, dopo essersi accertata che nessuno fosse nei paraggi, usciva a brucare l’erba dei prati intorno. Un giorno, però, accadde l’inaspettato: in un colpo solo, divorò un paio di pecore, un vitello e il pastore.

La notizia si diffuse rapidamente in tutta la val Rendena, fino a che due cacciatori della Val di Sole, dietro la promessa di una lauta ricompensa, accettarono di affrontare il pericoloso drago. I due raggiunsero le rive del lago dove trovarono l’animale leggendario acciambellato su un grande sasso, col muso nascosto tra le due zampe anteriori. A quel punto uno dei due imbracciò il fucile, colpendolo. Tra le sue poderose zampe posteriori, venne ritrovato un grosso uovo di drago. Fu così chiaro a tutti che la creatura leggendaria era in realtà una draghessa che aveva probabilmente assalito il pastore e gli animali solo per difendere il suo uovo.

Dopo qualche settimana venne celebrata una grande festa nella chiesa di Madonna di Campiglio, i cacciatori vennero ricompensati per la liberazione dalla draghessa e da allora si diffuse la leggenda di “Sartanpaz”, la draghessa del lago Nambino.

Le escursioni per raggiungere il lago

Incastonato tra le montagne del Gruppo della Presanella, tra rocce e foreste rigogliose di abeti rossi, il lago Nambino può essere il punto di partenza per escursioni più impegnative in quota, tra cui il famoso Giro dei cinque laghi di Madonna di Campiglio.

Due le strade per raggiungere questa meraviglia . Dal parcheggio di Patascoss, poco sopra Madonna di Campiglio, seguendo un sentiero pianeggiante di 45 minuti circa, che si perde nel bosco e che sbuca proprio sullo specchio d’acqua, svelando ai visitatori uno scenario di una bellezza incantata, con le Dolomiti a fare da cornice.

L’altra strada parte, invece, da Piana Nambio, da dove si sviluppa un percorso adatto alle famiglie con bambini anche piccoli, che conduce all’incantevole lago sulle cui sponde sorge l’omonimo rifugio. Si giunge a destinazione dopo una salita di 170 metri di dislivello che viene superata agevolmente con non più di mezz’ora di cammino su sentiero ben battuto e percorribile senza grosso sforzo anche con zaino porta-bimbo. Il caratteristico rifugio è sempre aperto (anche in inverno) ed offre l’opportunità di pernottare in un ambiente davvero magico.

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Cromoterapia nei boschi: cos’è e come praticarla anche in Italia

Lasciarsi incantare dai colori, immergersi nella natura e stupirsi ogni volta che lo sguardo si sposta, osservare gli alberi, le foglie, l’erba e sentirsi meglio. I vantaggi della cromoterapia sono noti, spesso la terapia dei colori viene utilizzata a supporto di quelle più tradizionali per aiutare nel ritrovare l’equilibrio, per far sentire meglio, per ridurre lo stress e le preoccupazioni.

E cosa c’è di meglio che farlo nella natura? Magari nei boschi, camminando in mezzo ai tanti colori e alle numerose sfumature che ci regalano. Dal verde inteso, a quello molto più chiaro, fino ai rossi, gli arancioni e i gialli che compongono il tipico paesaggio autunnale.

La cromoterapia nei boschi è un’esperienza da ripetere ogni volta che se ne sente il bisogno, ma anche più semplicemente per entrare in stretto contatto con la natura appena se ne ha la possibilità. Si può fare anche in Italia in location non troppo difficili da raggiungere.

Cromoterapia nei boschi: di che cosa si tratta

Stare in mezzo alla natura fa bene. Il pensiero di staccare per un po’ di tempo dal caos, dalla routine, dagli impegni, per entrare in contatto con boschi e montagne è già di per sé rigenerante. Se a questo si aggiunge la possibilità di fare cromoterapia, allora l’effetto relax e benessere è assicurato.

Come è noto, questa pratica viene proposta ormai da diversi anni nei centri benessere, ma è possibile farla anche nel bel mezzo di un bosco, lasciandosi stupire dai suoi colori.

La mente, ovviamente, corre subito all’autunno la stagione che ci regala il più ampio spettro di sfumature, ma è bene sapere che la cromoterapia nei boschi si può fare anche in altre stagioni. Ad esempio, primavera ed estate quando le tante sfumature di verde incantano e trasmettono al corpo (e alla mente) un senso di pace e di calma.

Anche i fiori sprigionano i loro colori e, allora, perché non sfruttare la loro bellezza per rigenerare lo spirito? Belli da vedere, trasmettono anche vibrazioni positive. Come l’azzurro che ci dona serenità. Il foliage autunnale, poi, sprigiona tutte le sue sfumature e diventa un’immersione totale in un mondo colorato che lascia senza fiato con i suoi rossi vibranti e intesi, che sfumano in giallo e arancione.

Nei boschi per la cromoterapia: dove praticarla in Italia

L’Italia è una terra ricca, dove ogni luogo è diverso, ha le sue peculiarità e regala esperienze uniche. Praticare la cromoterapia è possibile in tantissime location diverse. Se si parte dal nord della penisola non si può non citare il Parco Naturale delle Dolomiti Friulane dove è possibile ammirare i colori dell’autunno programmando escursioni nei suoi boschi.

Poi ci possiamo spostare a Bormio, dove il foliage avvolge i visitatori offrendo un’ambientazione da sogno, in particolare nella Val Viola. Una mappa del foliage italiano, poi, non può escludere la Val di Non in Trentino.

In Abruzzo, invece, una meta da non perdere è la foresta di Lama Bianca. Mentre in Puglia, e più precisamente sul Gargano, vale la pena fare qualche passeggiata immersi nella bellezza della foresta Umbra.

Questi sono solo alcuni dei tanti luoghi, sparsi per tutta la penisola, dove poter fare cromoterapia nei boschi e camminare immersi nella natura: un’esperienza capace di rigenerare lo spirito e di far bene al corpo e alla mente.

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Cala Martina, angolo segreto della Toscana

Una delle attività che adorano fare d’estate gli amanti del mare è quella di andare a caccia di spiagge da sogno, lidi in cui a dominare c’è ancora la natura e dove il mare è così bello che sembra catapultare in paradiso. Il nostro Paese, per fortuna, ne è pieno e oggi vi vogliamo raccontare un angolo della Toscana che, oltre a essere eccezionale, è persino storico: Cala Martina.

Dove si trova Cala Martina

Cala Martina è un piccolo capolavoro immerso nella natura della Riserva naturale delle Bandite di Scarlino. Ciò vuol dire che è un vero e proprio gioiello della Maremma Grossetana.

Lambita dal Mar Tirreno che in questo tratto è particolarmente pulito e cristallino, è considerata la “sorella minore” di un altra meraviglia Toscana, Cala Violina, dalla quale dista più o meno due chilometri.

Perché è una spiaggia storica

Non solo mare, natura speciale e bagni di sole, Cala Martina ha rivestito anche un importante ruolo nella storia del nostro Paese. Sì, nonostante la sua grandezza di qualche centinaio di metri, è famosa per essere stata il posto in cui Giuseppe Garibaldi, inseguito dalle guardie pontificie, si imbarcò su un peschereccio per raggiungere Porto Venere.

Era il lontano 2 settembre 1849 e tale evento è ancora ricordato ai giorni nostri tramite un monumento situato sul sentiero che porta alla spiaggia, realizzato nel 1949 dallo scultore Tolomeo Faccendi. In più, c’è anche un cippo posto nel mare sempre a memoria di questo avvenimento.

Come arrivare

Situata tra altri due meravigliosi litorali toscani, Follonica e Punta Ala, Cala Martina è raggiungibile a piedi, in bicicletta e via mare.

Per arrivare il più vicini possibile a questa preziosa baia, occorre raggiungere il parcheggio di via Lungomare Garibaldi, presso il Porto Turistico di Scarlino. Aperto dalle 8 alle 20, mette a disposizione 440 posti auto e nel periodo estivo è a pagamento.

A quel punto bisogna intraprendere un sentiero, a piedi o in bicicletta, che dopo circa 2 chilometri di cammino – dove ogni passo è accompagnato da un panorama mozzafiato – permette di approdare a Cala Francese e Cala Martina. Insomma, non è un posto facilissimo da raggiungere, anche perché i due tragitti disponibili sono in salita. Quel che è certo, però, è che la fatica provata verrà totalmente ripagata dalla bellezza della spiaggia stessa.

Cala Martina, cosa sapere

Fonte: Getty Images – Ph: DEA / R. CARNOVALINI

Una bellissima angolazione di Cala Martina

Cosa aspettarsi

Cala Martina è un incanto. Lunga circa 600 metri e larga una decina, presenta un fondo principalmente sassoso che la rende uno spot amabile per coloro che vogliono dedicarsi a snorkeling e immersioni. L’acqua è pulitissima e cristallina ed è una spiaggia completamente libera, quindi senza punti di ristoro.

Alle sue spalle svetta una rigogliosa pineta che, soprattutto in certe giornate, si rivela perfetta per proteggersi dai raggi del sole. Il panorama, manco a dirlo, è uno di quelli che arriva dritto nel cuore e la limpidezza delle sue acque regala sempre la possibilità di vedere pescetti nuotare.

A svettare, inoltre, è un curioso promontorio che, oltre a donarle un fascino ancor più autentico, la divide da Cala Violina. Il suo nome è Punta Francese e, insieme a Punta Martina che si trova a Sud, racchiude la bellissima Cala Martina.

La Riserva Naturale delle Bandite di Scarlino

La Riserva Naturale delle Bandite di Scarlino è una splendida area protetta che prende vita nei comuni di Castiglione della Pescaia, Gavorrano, Follonica e, appunto, Scarlino. Impreziosita da profumata macchia mediterranea, deve il suo nome che per molti può risuonare bizzarro al fatto che qui, un tempo, venivano indetti diversi bandi che avevano lo scopo di vendere porzioni di bosco.

La sua storia non è recente in quanto questa bellissima area geografica era già popolata in tempi antichi, come testimoniano alcune vestigia che fanno intendere che fosse utilizzata per la caccia e la raccolta persino in epoca preistorica.

Non mancano insediamenti del misterioso periodo etrusco, come l’importante necropoli di Poggio Tondo, una tra le più interessanti della zona.

Oggigiorno è possibile visitare la riserva grazie a numerosi sentieri sviluppati in completo rispetto della natura. Perfetti per chi pedala in sella alla MTB, sono ottimi da percorrere anche a piedi e a cavallo.

Cala Violina

Cala Martina è senza ombra di dubbio un vero spettacolo della Riserva Naturale delle Bandite di Scarlino, ma un altro punto forte di questa preziosa area è la sua “sorella maggiore”, ovvero Cala Violina.

Si tratta di una spiaggia che è abbracciata da una folta macchia mediterranea e caratterizzata da sabbia finissima composta di granelli di quarzo. Un arenile particolare il suo, tanto da conferirgli questo poetico nome. Il motivo è piuttosto curioso: i minuscoli granelli di quarzo di cui è fatta, ad ogni passo suonano una melodia, molto simile a quella di un violino.

Una caratteristica da non sottovalutare in quanto è un fenomeno estremamente raro: succede in pochissime altre spiagge del mondo, tra cui Babadejuka a Rio de Janeiro, Fort Dauphin in Madagascar, Gold Coast in Australia e la spiaggia dell’Isola di Eigg in Inghilterra.

Bagnata da acque cristalline tutto l’anno, come Cala Martina è raggiungibile a piedi e intraprendendo un un sentiero di circa 20 minuti nel bosco. Non manca la possibilità di attraccarvi via mare.

Racchiusa tra due promontori e lambita da un mare incontaminato, al fine di preservarla per il suo altissimo valore naturale, durante il periodo estivo è visitabile solo ed esclusivamente su prenotazione.

Per far sì che tutti possano vivere un’esperienza indimenticabile e in totale sicurezza, infatti, possono accedervi massimo 700 persone al giorno. Bisogna quindi andare sul sito ufficiale della spiaggia e assicurarsi un posto. Per il diritto di prenotazione occorre un contributo di 1 euro, non previsto però per i bambini da 1 anno fino ai 12. Per loro occorre solo la prenotazioni, mentre per le creature da 0 a 12 mesi l’entrata è libera, gratuita e senza bisogno di riservargli il posto.

La Toscana, quindi, all’interno della sua meravigliosa Riserva Naturale delle Bandite di Scarlino nasconde due pregiati tesori:

  • Cala Martina: un angolo di paradiso dall’importanza storica;
  • Cala Violina: una spiaggia dalla sabbia così particolare che è quasi unica al mondo.

Non resta che correre in Maremma e concedersi giornate indimenticabili in questi angoli unici e naturali.

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Oltre la Grand Prismatic Spring: le altre oasi incantate da non perdere a Yellowstone

Colori intensi, incredibili e che non avremmo mai immaginato di vedere in natura. Eppure, esistono e lasciano senza fiato. Sono quelli che si possono ammirare nel Parco di Yellowstone, che si trova per la maggior parte nel Wyoming, ma che in alcuni punti supera i confini e si allarga nel Montana e nell’Idaho. Lì, tra magnifiche foreste, canyon, grotte e cascate, si trovano alcune sorgenti di acqua calda che sembrano uscire direttamente da una cartolina.

La più celebre è la Grand Prismatic Spring con i suoi colori che ricordano quelli di un arcobaleno, ma ce ne sono altre tre, tutte vicine, che vale la pena visitare per la meraviglia che ci lasciano al termine del viaggio. Si tratta di oasi che sembrano incantate, talmente straordinarie da non sembrare reali. Sono la Turquoise Pool, l’Opal pool e l’Excelsior Geyser Crater. Segni particolari: colori inebrianti e un fascino che non ha nulla da invidiare alla sorgente di acqua calda più grande e più celebre.

Le oasi incantate da visitare a Yellowstone

Il Parco Nazionale di Yellowstone è un concentrato di meraviglia: quasi 9mila chilometri quadrati di natura tra boschi, laghi, cascate e canyon. Un luogo in cui immergersi per scoprirne le tantissime bellezze e che dal 1978 è entrato a far parte dei Patrimoni Mondiali dell’Umanità Unesco. Se si visita l’area nota come Midway Geyser Basin, si può assistere a uno spettacolo di colori unico al mondo.

Oltre alla Grand Prismatic Spring (che vale la pena osservare dall’alto) e ai suoi colori arcobaleno, si trovano infatti altre tre sorgenti più piccole ma ugualmente incredibili.

Si tratta della Turquoise Pool, l’Opal pool e l’Excelsior Geyser Crater tutte nella medesima area e visitabili insieme, per fare un’immersione totale nello stupore che deriva dall’ammirare colori così intensi e diversi.

La Torquoise Pool, proprio come le altre sorgenti, presenta una temperatura dell’acqua molto elevata. Nello specifico si aggira tra i 61 e i 71 gradi centigradi. L’Opal pool invece presenta una temperatura dell’acqua intorno ai 51 gradi centigradi e, infine, l’Excelsior Geyser Pool. Anche questa sorgente ha l’acqua a una temperatura altissima.

E la visione d’insieme è spettacolare: tra i vapori che si alzano dall’acqua, si riescono ad ammirare le tantissime sfumature di blu, che passano dal turchese, all’azzurro, e colmano gli occhi di meraviglia.

Yellowstone, un luogo in cui la natura toglie il fiato

Queste oasi di bellezza si trovano tutte nella stessa area del parco nazionale di Yellowstone, la Midway Geyser Basin, ma non sono le uniche attrattive da ammirare in questo luogo in cui la natura toglie il fiato e che vale la pena visitare almeno una volta nella vita.

Per farlo ci si deve ritagliare qualche giorno perché la sua estensione è notevole, basti pensare che si snoda su un’area che arriva quasi ai novemila chilometri quadrati e al suo interno si possono ammirare foreste, canyon, fiumi e praterie.

Yellowstone è abitato da tantissimi animali come l’orso grizzly, il bisonte e il lupo e vi cresce una grande varietà di piante. È possibile accedere al parco grazie ad alcune entrate e al suo interno vengono organizzate attività di ogni genere.

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Cameo Island, tra i luoghi da non perdere a Zante

Zante è uno di quei meravigliosi luoghi che non ha bisogno di troppe presentazioni: spiagge da sogno, villaggi graziosi, natura rigogliosa, buon cibo e luoghi iconici, come la sua ben nota Spiaggia del Relitto. Ed è proprio quest’ultima a comparire su ogni cartolina di quest’isola che svetta nel Mar Ionio, una distesa di sabbia bianca incorniciata da candide scogliere dove riposa lo scheletro di una vecchia nave.

Ma non è solo questo minuto angolo di paradiso a rendere riconoscibile all’istante questa affascinante isola dai viaggiatori di tutto il mondo. C’è anche un altro luogo che spesso compare associato a questo fazzoletto di terra che sorge al largo della costa occidentale della Grecia: Cameo Island.

Cameo Island: di cosa si tratta

Cameo Island è la seconda attrazione più fotografata di Zante e, come dice il nome stesso, è una sorta di isola nell’isola, seppur microscopica. Prima di essere un piccolo mondo a parte, Cameo era un promontorio che faceva parte della costa, ma a seguito del terremoto del 1633 si staccò, fino a formare la piccola isoletta che è oggi.

Si trova nella zona di Agios Sostis, una bellissima spiaggia che sorge a circa 10 chilometri da Zante Città che si distingue per essere uno dei luoghi più pittoreschi e suggestivi di tutta l’isola grazie alle sue curiose formazioni rocciose e alla stessa Cameo Island.

Ma non c’è da sorprendersi: Cameo Island, oltre a essere bellissima, è collegata alla terraferma tramite un pittoresco ponte in legno, uno di quelli che fa sognare gli spiriti più romantici e riempire di adreanalina coloro che prediligono l’avventura.

Ponte di legno di Cameo island

Fonte: iStock

Il bellissimo ponte in legno di Cameo Island

Cosa fare

La buona notizia è che Cameo Island non è solo un posto da ammirare e fotografare. Quel caratteristico ponte può essere attraversato fino ad arrivare a una porta che segna l’ingresso di questo meraviglioso ex promontorio che ora galleggia tra le acque limpide dello Ionio.

Si tratta di un’isola privata, quindi, ma che può essere visitata da tutti previo pagamento di un ticket di pochi euro. Fino a qualche anno fa, sul suo minuto territorio venivano organizzate diverse feste, alcune delle quali particolarmente famose tra i vacanzieri.

Oggi, anche a tutela di questo splendido territorio, i party non ci sono più, ma è presente un bar in cui sorseggiare un drink, una piccola spiaggia in cui rilassarsi, il modo per fare un bagno in acque cristalline – famose anche per essere spesso popolate da graziose tartarughe – e utilizzare ombrelloni e lettini per ammirare uno dei tramonti più suggestivi di Zante.

Poi ancora scorgere una rigogliosa vegetazione e trovare riparo dal sole sotto uno dei suoi verdissimi (e bellissimi) alberi, e scoprire una piccola chiesa che insieme al resto dà vita a uno scenario suggestivo. Recentemente, tra le altre cose, Cameo Island si è guadagnata un certo tipo di reputazione: viene scelto da molti come luogo ideale per proposte di matrimonio e per le cerimonie stesse, che vengono perfettamente organizzate sulla spiaggia.

Spiaggetta di Cameo Island

Fonte: iStock – Ph: Petr Svoboda

La bellissima spiaggetta di Cameo Island

Il Parco Marino di Zante

La pittoresca Cameo Island fa parte del bellissimo Parco Marino di Zante, la prima area istituzionale protetta della Grecia. Si tratta di un territorio abbastanza ampio in quanto ha un’estensione di 13.500 ettari in cui sono racchiuse diverse spiagge paradisiache e isole incantevoli.

Ma non solo, perché questo angolo greco offre persino il più importante sito mediterraneo per la riproduzione delle tartarughe: si contano dai 900 ai 2000 siti di nidificazione che si creano ogni anno. Oltre alle tartarughe Caretta-Caretta, a popolare questa meraviglia di Zante sono anche anche alcuni esemplari di foche monache e diversi uccelli migratori, fenicotteri, cigni selvatici e falchi pellegrini. Poi ancora rettili e anfibi tra cui rane, iguana e serpenti d’acqua dolce e mammiferi come il porcospino e i conigli selvatici. E poi sì, anche uno degli animali più apprezzati al mondo: alcuni esemplari di delfini dal “muso a bottiglia”.

Cosa si può visitare in questo parco

Come è possibile intuire, non tutte le aree del Parco Marino di Zante sono aperte al pubblico. Tra le zone in cui sono ammessi gli umani – perché il resto, come è anche giusto che sia, è solo ed esclusivamente degli animali -, c’è Dafni, una bellissima e importantissima spiaggia,

Con la sua lunghezza di 850 metri, è possibile farvi accesso alle 7.00 del mattino fino al tramonto, nuotare e osservare le tartarughe mantenendo però 15 metri di distanza. Poco attrezzata, è bagnata da un meraviglioso mare blu e regala emozionanti viste sul golfo di Laganas.

Un’altra spiaggia accessibile ai visitatori del Parco Marino di Zante è Gerakas. Di 600 metri si lunghezza, offre anche un piccolo chiosco all’ ingresso. Attenzione però: c’è un limite di visitatori giornaliero di massimo 350 persone perché, oltre a preservare questo importante sito di riproduzione per le tartarughe, qui occorre proteggere delle formazioni geologiche che impreziosiscono la spiaggia.

Gerakas, Zante

Fonte: iStock

La magnifica Spiaggia di Gerakas

Anche in questo caso, l’accesso al litorale è consentito dalle 7.00 del mattino fino al tramonto, orario in cui si può nuotare e osservare le tartarughe ma mantenendo sempre gli importantissimi 15 metri di distanza.

Poi ancora la splendida Isola di Marathonisi, o meglio, la sua bellissima spiaggia con una lunghezza di 150 metri. Oltre a essere incantevole e incastonata in uno scenario naturale che toglie il fiato, questa spiaggia presenta una caratteristica particolare rispetto alle altre del parco: la sabbia ha una temperatura più bassa, e ciò vuol dire che l’incubazione per le tartarughe è più lunga, e maggiore la probabilità di nascita di cuccioli maschi.

È possibile raggiungere questo incantevole territorio di Zante solo tramite escursioni organizzate o noleggiando una barca. Anche qui c’è un limite massimo di visitatori giornalieri che è di 200. Per il resto, è possibile accedervi dalle 7.00 del mattino fino al tramonto, nuotare ed osservare le tartarughe mantenendo sempre la dovuta distanza di almeno 15 metri.

Infine, Kalamaki che grazie ai suoi 3.500 metri è la spiaggia più lunga e frequentata del Parco Marino di Zante. Si caratterizza per la presenza di sabbia fine e per una parte finale dove la montagna precipita, nel vero senso della parola, in mare.

Bagnata da uno Ionio cristallino, ha accessi controllati che ne impediscono l’accesso dal tramonto alle 7.00 di mattina. Durante il resto della giornata, tuttavia, si può nuotare e ammirare le tantissime tartarughe mantenendo sempre i 15 metri di distanza.

Isola Marathonisi, Zante

Fonte: iStock

Veduta aerea dell’Isola Marathonisi
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Selfie al lago: questi sono gli specchi d’acqua più instagrammabili d’Italia

Se siete amanti dei feed social curati, se uno dei vostri obiettivi digitali è quelli di scattare foto a luoghi perfetti sotto ogni punto di vista, siate pronti a partire: i dati rivelano e confermano giorno per giorno quali sono i laghi più instagrammabili d’Italia e dobbiamo ammetterlo: scoprirli è un modo meraviglioso per ricordarci quanti tesori naturali sono nascosti in piena vista tra le regioni della nostra Penisola.

L’attuale classifica è frutto, né più né meno, di una ricerca manuale: inserendo i nomi dei laghi su Instagram appariranno il luogo, le menzioni e  gli hashtag. Naturalmente, alcuni laghi sono probabilmente più bassi in classifica perché sono meno turistici e più difficili da raggiungere, ma vi possiamo assicurare che quelli sul podio sono davvero incantevoli e che andrebbero davvero visitati almeno una volta nella vita.

Lago di Garda, specchio d’acqua al top

Non ne sarete sicuramente stupiti: al primo posto su Instagram si attesta il Lago di Garda, cantato da Dante e amato sia dagli italiani che dai turisti. Il maggiore lago italiano, che si estende per oltre 370 chilometri quadrati e lambisce le coste di tre regioni (Lombardia, Veneto e Trentino Alto Adige) è uno degli specchi d’acqua che viene più immortalato. E, attenzione: a essere protagoniste degli scatti su Instagram non sono solo le aree verdi, ma anche, ovviamente, quelle più “urbane”.

Lago di Garda

Fonte: iStock

Scorcio del Lago di Garda

D’altronde, su questo lago si affacciano moltissime località, più o meno grandi, ognuna con delle caratteristiche peculiari. Al secondo posto troviamo invece il Lago di Como e al terzo il Lago Maggiore. Il podio, in sostanza, ha in comune la perfetta alternanza tra natura e mondanità, selvaticità e impatto antropico, e le foto restituite sono quasi dei dipinti, così suggestivi da colpire persone che provengono da ogni parte del mondo.

Alla scoperta del Lago di Braies

Ne avrete sicuramente sentito parlare e siamo certi che per un certo periodo sia anche finito tra le foto dei vostri feed: il Lago di Braies è un vero e proprio paradiso naturale, il più grande lago delle Dolomiti. A differenza dei primi tre classificati, il Lago di Braies punta tutto proprio sulla prevalenza della natura più selvaggia ed è un gettonatissimo punto di partenza per passeggiate, alpinismo, trekking ed escursioni. D’estate ha un peculiare colore smeraldo, mentre d’inverno si trasforma in uno specchio di ghiaccio circondato da candida neve. Un incanto!

Il Lago d’Iseo, tra natura e incanto

Quinto in classifica, il Lago d’Iseo è un’altra di quelle meraviglie che forse tendiamo a dare per scontata. Protetto dalle cime delle Prealpi proprio in fondo alla Val Camonica, è perfettamente incastonato nell’ambiente circostante e si distingue per la sua forma allungata. È il luogo perfetto per chi vuole fuggire dalla città, fare un break e respirare aria pulita, perché nonostante sia vicino a Brescia e Bergamo riesce a mantenere un fascino selvaggio, quasi incontaminato.

Lago D'Iseo

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Scorcio naturalistico e selvaggio del Lago D’Iseo

E gli altri laghi? All’Iseo seguono elencare il Lago D’Orta (sesto posto), il Lago Trasimeno (settimo posto) e il Lago di Bolsena, che si distinguono anche per la presenza di piccoli borghi e di coste particolarmente suggestive, affascinando e richiamando ogni anno numeri sempre più consistenti di visitatori.

Meraviglie tutte italiane

Ma non è ancora finita, naturalmente! Al nono posto troviamo un lago che, forse, non tutti conoscono in Italia: quello di Carezza. Così bello da sembrare una cartolina, è circondato da pini e caratterizzato da acque limpide, di colore turchese. È talmente tanto suggestivo da aver fatto ipotizzare che nascondesse una ninfa o da far pensare che abbia rubato i colori all’arcobaleno, un vero incanto.

Lago Carezza

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Scorcio del Lago Carezza

Al decimo posto si attesta invece il Lago di Bracciano, con le sue spiagge e i suoi scorci. Ma se pensate che sia finita, vi sbagliate: in classifica (seppur con sempre meno menzioni e hashtag), dall’undicesimo posto in giù, si trovano anche altre meraviglie tutte italiane come il Lago di Ledro, il Lago di Tovel, quello di Fusine, quello d’Idro e quello di Levico. Pronti a partire alla loro volta e a scoprirli uno per uno?

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In Portogallo esiste un forte sospeso nel mare: la visione è mozzafiato

Anche soltanto osservarlo è un’esperienza intensa e molto particolare: il forte di São João Baptista è una struttura che sembra essere tutt’una con l’ambiente circostante, al punto da dare l’impressioni, a un primo e veloce sguardo, di essere quasi sorta dall’acqua, come se un edificio un tempo collocato negli abissi avesse deciso di emergere con prepotenza e affermare il suo dominio.

Invece, questo particolarissimo forte sospeso nel mare, che si trova in Portogallo (nell’arcipelago delle Berlenga e più precisamente nel comune di Peniche nella regione di Oeste) è “solo” un esempio di come l’architettura umana possa a un certo punto diventare quasi un’estensione dell’opera naturale. Pronti a scoprirne le caratteristiche?

La storia del forte di São João Baptista

Iniziamo dalla storia: prima che diventasse un forte, la struttura su cui si basa São João Baptista era un monastero, precisamente il Monastero della Misericordia da Berlenga. In effetti, la sua posizione isolata permetteva ai religiosi di pregare e di vivere una vita austera, prestando per altro aiuto a tutti coloro che avevano bisogno di rifugiarsi presso di loro. Purtroppo, però, la stessa posizione che permetteva il silenzio non permetteva davvero la pace: il monastero era infatti spesso sotto attacco di pirati e corsari.

Così,  tra la fine del 1400 e i primi anni del 1500 i monaci fuggirono. A quel punto, Manuel I del Portogallo pensò di farne una fortezza marina e, in effetti, i lavori per trasformarlo erano fattibili. Per una serie di vicissitudini e ostacoli, però, la costruzione vera e propria iniziò sotto l’amministrazione di Juan IV, che inviò sul posto il conte e stratega João Rodrigues de Sá insieme a un ingegnere militare: furono loro a stabilire qual era il piano di costruzione che andava seguito.

Forte di São João Baptista

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L’ingresso al forte di São João Baptista

Nel 1650 il forte era stato costruito ed entrò ufficialmente a far parte di un folto gruppo di strutture militari difensive che erano state costruite per difendere le coste portoghesi. Nel 1666 il suo ruolo si rivelò decisivo: una flotta spagnola arrivò infatti di fronte all’edificio e attaccò, con l’obiettivo di approdare e rapire la regina Maria Francesca di Savoia (che di lì a breve avrebbe dovuto sposare Re Afonso VI). La lotta fu cruenta, ma gli spagnoli furono abbattuti.

Tra mare, ampliamenti e modifiche

Dopo l’attacco spagnolo, l’isola-fortezza fu danneggiata e Afonso VI ne ordinò sia la riparazione che l’incremento della sua potenza di fuoco, oltre ad alcuni ampliamenti. Ancora, il forte subì delle modifiche dopo un altro feroce attacco, stavolta da parte di diversi gruppi di pirati. In seguito, il forte di São João Baptista si modificò per ospitare le truppe britanniche durante l’invasione francese in Portogallo e, ancora in dopo, fu utilizzato durante le guerre liberali.

Forte di São João Baptista

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Archi del forte di São João Baptista

A ogni “uso” corrispondevano dei danni, cui, di conseguenza, seguivano modifiche. La cosa più interessante è che, per quanto fosse necessario rendere resistente questo luogo, ogni volta si è cercato di rispettarne l’essenza naturale e di non intaccare più di tanto quelle che erano le sue caratteristiche marine e geologiche. La struttura ottagonale ha il più possibile rispettato i confini naturali dell’isolotto cercando in qualche modo di sfruttare anche i suoi materiale.

Anche le mura, per quanto chiaramente mixate a materiali di origine diversa, così come gli archi e il sentiero che porta all’ingresso, sono stati creati cercando di non alterare l’ambiente, che si considerava (a ragione) essere già più che difensivo e resistente. La storia della fortezza, a un certo punto, però, inizia a sfumare. Nel 1835 i suoi armamenti vennero rimossi e l’area venne lasciata abbandonata, cosa che portò a un lento ma inarrestabile declino.

Il recupero e l’apertura al pubblico

Bisogna fare un ulteriore passo avanti, al 1953, per vedere un nuovo cambiamento. Per qualche ragione, il forte fu fu riparato e rimodellato con l’obiettivo di farne una pousada, una sorta di via di mezzo tra una locanda, un bed&breakfast e un hotel che doveva avere delle caratteristiche fortemente rustiche. Non fu un particolare successo: per quanto la posizione sia straordinaria, i lavori non si distinsero per cura e attenzione e il risultato lasciò molto a desiderare.

Forte di São João Baptista

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Veduta del mare intorno al forte di São João Baptista

Dal 1981, la struttura è invece passata sotto tutela della DGEMN – Direcção-Geral dos Edifícios e Monumentos Nacionais (Direzione generale degli edifici e dei monumenti nazionali). Tra il 1986 e il 1987 è stata ancora una volta ristrutturata e da allora è aperta al pubblico. Per raggiungerla occorre partire da Peniche e usufruire del servizio motoscafo-navetta che porta da questa cittadina di mare all’isolotto.

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Ritrovato quello che un tempo era un “portale per gli inferi”

Il mondo è un luogo ancora pieno di segreti che sembrano aspettare di essere rivelati, ma alle volte accadono delle scoperte che sorprendono non solo per la loro bellezza, ma anche per la portata e il loro significato. Come quella che vi stiamo per raccontare e che è stata identificata come un qualcosa che un tempo veniva utilizzato come un “portale per gli inferi“.

La scoperta avvenuta in Israele

In Israele molti anni fa è stata rinvenuta una grande grotta vicino a Beit Shemesh che probabilmente in passato veniva utilizzata come un “portale per gli inferi” limitatamente alla magia rituale di circa 1.700 anno orsono. A sostenere quanto appena detto è un articolo pubblicato recentemente sulla Harvard Theological Review.

Si tratta della Grotta di Teomim, una grande caverna carsica situata sulle colline di Gerusalemme, che è stata mappata per la prima volta nel lontano 1873. Tuttavia, è stato solo nell’ultimo decennio, quando archeologi ed esperti hanno iniziato a esplorare altre camere interne, che sono ritornati alla luce diversi oggetti curiosi, tra cui alcuni pezzi di tre teschi umani, 120 lampade a olio, antiche ceramiche e armi dell’età del bronzo risalenti a circa 2000 anni prima delle lampade disposte accuratamente e nascoste in profondità tra le fessure delle rocce.

Gli archeologi che hanno studiato la grotta e gli oggetti in essa contenuti ritengono che tale caverna potrebbe corrispondere a un luogo in cui veniva praticata la negromanzia, ovvero la pratica di comunicare con i morti, durante il periodo tardo romano, intorno al 300 d.C.

Le dichiarazione degli addetti ai lavori

Come dichiarato da il professor Boaz Zissu, archeologo dell’Università di Bar Ilan che studia la grotta dal 2009: “L’intera area ha subito una trasformazione radicale in seguito allo schianto della rivolta di Bar Kokhba”. Ha poi continuato affermando che: “In precedenza, questa era un’area ebraica, poi a seguito al vuoto creato in questa regione, sono entrati elementi pagani romani, e questi potrebbero essere nuovi rituali eseguiti da nuovi coloni pagani romani”.

Nel 2009 la grotta è stata esaminata da un team combinato di ricercatori del Dipartimento di studi e archeologia della Terra di Israele di Martin (Szusz) presso la Bar-Ilan University, l’Israel Cave Research Center, l’Università Ebraica, l’Autorità Israeliana per le Antichità e l’Autorità per la Natura e i Parchi, guidata da Zissu e dal Prof. Amos Frumkin.

E all’epoca, quando Zissu e altri studiosi fecero ingresso in alcune delle camere interne, ritrovarono cumuli di monete d’argento e d’oro che erano state lasciate dai profughi in fuga dalla rivolta di Bar Kokhba e costituirono alcune delle più grandi scoperte di depositi di monete.

“Ad un certo punto, abbiamo capito la logica degli antichi e dove mettevano le lampade e abbiamo iniziato a “pescare” le lampade ad olio. Stavano solo aspettando lì di essere raccolte”, ha detto Zissu. “Le persone che hanno nascosto queste lampade a olio hanno anche aggiunto alcuni altri manufatti che sono molto precedenti, come armi dell’età del bronzo, teste d’ascia e punte di lancia”.

È sembrato abbastanza evidente, dal modo in cui gli oggetti sono stati trovati, che fossero stati collocati con cura, probabilmente circa 1.700 anni fa, sulla base della datazione delle lampade a olio. Quasi 120 lucerne ben conservate risalenti al periodo tardo romano e primo bizantino (dalla fine del II al IV secolo d.C.) sono state raccolte da cavità e fessure della grotta.

I credenti, inoltre, pensavano che questo pozzo conducesse agli inferi e che i morti potessero usarlo per risalire in superficie e comunicare. Secondo alcune fonti, vicino a quasi tutte le città del mondo greco-romano esisteva un oracolo locale dei morti.

“La documentazione archeologica dell’Impero Romano di teschi umani depositati in possibili portali per gli inferi – grotte, pozzi e fonti d’acqua – non è ampia”, hanno osservato gli autori. Tuttavia, affermano che “la grotta di Te’omim sulle colline di Gerusalemme ha tutti gli elementi cultuali e fisici necessari per fungere da possibile “portale per gli inferi”.