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In India puoi visitare le rovine dell’università che ha cambiato il mondo

Più di 500 anni prima che venisse fondata la celebre Università di Oxford, in India prosperava l’Università di Nalanda, la prima università residenziale al mondo con ben nove milioni di libri e diecimila studenti provenienti dall’Asia orientale e centrale che vi si riunirono per apprendere la logica, la matematica, la medicina e, soprattutto, i principi buddisti da alcuni degli studiosi più venerati dell’epoca.

Risalente al 427 d.C., è la più antica e rilevante università della tradizione buddista in India e, come disse il Dalai Lama, “La fonte di tutta la conoscenza [buddista] che abbiamo, è venuta dal Nalanda“.

Nalanda, uno dei più grandi centri di apprendimento del mondo antico

Negli oltre sette secoli in cui Nalanda fiorì, non esisteva nient’altro di simile al mondo: l’università indiana precedette l’Università di Oxford e l’università più antica d’Europa, quella di Bologna, di più di 500 anni.
Inoltre, l’approccio illuminato di Nalanda alla filosofia e alla religione, ha contribuito a plasmare la cultura dell’Asia anche molto tempo dopo la sua fine.

È interessante notare che i monarchi dell’Impero Gupta che fondarono l’università erano devoti indù, ma simpatizzanti nei confronti del buddismo e del suo crescente fervore intellettuale nonché degli scritti filosofici dell’epoca: le tradizioni culturali e religiose liberali che si diffusero sotto il loro regno avrebbero costituito il nucleo del curriculum accademico multidisciplinare di Nalanda, che fondeva il buddismo intellettuale con una conoscenza superiore in svariati campi.

Infatti, l’antico sistema medico indiano dell’Ayurveda fu ampiamente insegnato a Nalanda, molte istituzioni buddiste trassero ispirazione dal design del campus con cortili aperti racchiusi da sale di preghiera e aule mentre lo stucco qui prodotto influenzò l’arte ecclesiastica in Thailandia, e l’arte del metallo migrò fino in Tibet e nella penisola malese.
Ma forse l’eredità più profonda e duratura di Nalanda sono i suoi risultati in matematica e astronomia: si ipotizza che Aryabhata, considerato il padre della matematica indiana, abbia diretto l’università nel VI secolo d.C.

In più, l’università inviava regolarmente alcuni dei suoi migliori studenti e professori in Cina, Corea, Giappone, Indonesia e Sri Lanka per diffondere gli insegnamenti e la filosofia buddista: questo antico “programma di scambio culturale” ha così contribuito a diffondere e modellare il buddismo in tutta l’Asia.

L’epilogo e il riconoscimento a Patrimonio UNESCO

Nel 1190, Nalanda venne distrutta da una truppa di predoni invasori guidati dal generale turco-afghano Bakhtiyar Khilji, che cercò di estinguere il centro buddista della conoscenza durante la sua conquista dell’India settentrionale e orientale: il campus era così vasto che si narra che l’incendio appiccato dagli aggressori sia durato per tre mesi.

Oggi, il sito archeologico di 23 ettari è probabilmente una mera frazione del campus originale, ma passeggiare al cospetto delle rovine di templi e monasteri evoca la sensazione di come doveva essere apprendere in tale luogo leggendario.
Come in ogni università d’élite, l’ammissione era difficile: gli aspiranti studenti dovevano impegnarsi in un rigoroso colloquio con i migliori professori di Nalanda ma chi aveva la fortuna di entrare poteva imparare dai più venerati maestri buddisti di quei tempi, come Dharmapala e Silabhadra.

I nove milioni di manoscritti di foglie di palma redatti a mano della biblioteca erano il più ricco deposito di saggezza buddista al mondo: purtroppo, soltanto pochi tra i volumi di foglie di palma e fogli di legno dipinti sopravvissero all’incendio, salvati dai monaci in fuga. Ora sono custoditi presso il Los Angeles County Museum of Art e il Museo Yarlung in Tibet.

Nel corso dei sei secoli successivi all’invasione (per cui non è facile stabilire una causa), Nalanda sprofondò gradualmente nell’oblio e rimase sepolta fino a quando venne “scoperta” dal geometra scozzese Francis Buchanan-Hamilton nel 1812 e identificata come “l’antica Università di Nalanda” da Sir Alexander Cunningham nel 1861.

Oggi, le rovine del Grande Monumento dal glorioso passato vantano l’ambito riconoscimento come Patrimonio UNESCO.

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Il Lato “dushi” di Curaçao e il segreto della felicità

Esiste un posto, nel mondo, dove la dolcezza è molto più di un modo di fare che appartiene a determinate persone. Perché questa non solo è parte caratterizzante della cultura locale, ma è la vera e propria essenza di questa splendida destinazione, nonché il segreto della felicità della popolazione locale.

Per scoprirlo dobbiamo recarci a Curaçao, un’isola caraibica olandese conosciuta per il suo immenso patrimonio naturalistico, quello fatto di spiagge nascoste tra le insenature, paesaggi mozzafiato e una ricchissima barriera corallina. Il centro storico, poi, è un tripudio di meraviglie caratterizzato dalle case coloniali dai colori pastello, il ponte sospeso Queen Emma e la sinagoga Mikvé Israel-Emanuel, i cui interni sono interamente ricoperti di sabbia.

Ma al di là delle bellezze che appartengono all’isola, e che incantano e sorprendono a ogni passo, c’è un altro motivo per visitare questo luogo. Si tratta del suo lato “dushi”, il segreto della felicità custodito dalla popolazione che tutti dovremmo fare nostro.

Benvenuti a Curaçao

Organizzare un viaggio a Curaçao è qualcosa che tutti dovremmo fare almeno una volta nella vita. L’isola principale delle Antille Olandesi, infatti, è un vero e proprio gioiello immerso e circondato dalle splendide acque del mar dei Caraibi.

Le cose da fare e da vedere qui sono tantissime, e tutte sono destinate a incantare. Una visita alla capitale dell’isola, Willemstad, che è stata dichiarata Patrimonio Mondiale dell’Umanità dell’Unesco, permette ai viaggiatori di immergersi in un’atmosfera senza tempo, che parla di passato e presente.

L’entroterra, invece, è caratterizzato da una vegetazione lussureggiante e rigogliosa fatta di divivi divi e cactus, dove vivono e sopravvivono numerose specie endemiche. E poi ci sono le spiagge, quelle che brillano al sole e che sono bagnate dalle acque turchesi e trasparenti del mar dei Caraibi.

Ma c’è un altro motivo per visitare questo gioiello delle Antille Olandesi e riguarda la cultura locale della popolazione, il modo in cui questa accoglie calorosamente i turisti e i viaggiatori, e come sceglie di vivere la vita ogni giorno. Lo fa in modo “dushi”, che è molto più di una parola che non si può tradurre, ma è la vera e propria essenza di questa isola e della sua anima felice.

Il lato "dushi" di Curaçao

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Il lato “dushi” di Curaçao

Il lato dushi dei Caraibi

C’è una grande scritta rossa che campeggia nel cuore della capitale dell’isola, impossibile non notarla. Le lettere messe una vicino l’altra restituiscono una sola parola: “dusi”. È così che le persone del posto accolgono i visitatori.

Tutti a Curaçao utilizzano il termine “dushi”, lo fanno in ogni momento della giornata e in ogni contesto. Lo fanno per descrivere un piatto particolarmente delizioso, per raccontare una bella giornata, per esprimere l’approvazione e il consenso nei confronti di qualcosa, ma anche solo per sottolineare quanto è bello vivere il presente.

“Dushi” è tutto questo: è bellezza, è piacere, è meraviglia, è dolcezza. Impossibile raccontare con una sola parola il significato più autentico del termine. Dushi, infatti, è l’anima dell’isola e delle persone che la popolano. Si utilizza per augurare una splendida giornata a qualcuno, per accogliere i viaggiatori, per descrivere una meravigliosa esperienza.

È un sentimento e un emozione, è un invito e un’esortazione a vivere il lato più dushi della vita, un vero e proprio tesoro custodito in questa terra che parla della rinascita di un popolo che per anni è stato schiavizzato e perseguitato.

È un concetto potente e caratterizzante che non si può descrivere ma solo vivere, perché dushi è una filosofia che parla di felicità, che si traduce nell’accoglienza calorosa e nei sorrisi gentili, nel modo in cui le persone scelgono di affrontare la quotidianità giorno dopo giorno.

Curaçao

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Curaçao
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Puoi rivivere la magia dei tuoi film preferiti a Miami

Sono tanti i motivi che ci spingono a esplorare il globo in lungo e in largo, in ogni periodo dell’anno e in tutte le stagioni. Lo facciamo per andare alla scoperta delle meraviglie che portano la firma di Madre Natura o per toccare con mano l’immenso patrimonio artistico e storico del mondo. Lo facciamo anche per conoscere culture, tradizioni e usanze dei popoli che abitano luoghi lontanissimi da noi.

Indipendentemente dalle motivazioni che ci esortano a volare altrove, tutti siamo uniti dal medesimo desiderio di voler vivere esperienze caratterizzanti, le stesse che rendono unici e straordinari i nostri viaggi, indipendentemente dai chilometri percorsi.

E se è un’esperienza davvero unica che volete vivere in occasione del vostro prossimo viaggio, allora, abbiamo la destinazione giusta per voi. Stiamo parlando di Miami, la fervida e dinamica città internazionale che sorge nella parte meridionale della Florida. È proprio qui, infatti, che potrete trasformarvi nei protagonisti di un film e rivivere la magia delle vostre pellicole preferite. Pronti a partire?

Come in un film: benvenuti a Miami

Si chiama cineturismo, e come il nome stesso suggerisce è un trend di viaggio che riunisce tutti i cinefili e gli appassionati del grande e del piccolo schermo. L’obiettivo? Quello di andare alla scoperta delle location cinematografiche o televisive per rivivere la magia di serie televisive e pellicole. Del resto, è proprio attraverso queste che abbiamo potuto conoscere quei luoghi del mondo che ci hanno fatto sognare e che oggi popolano le nostre travel wish list.

Adesso, però, è il momento di trasformare quei sogni in realtà. E per farlo abbiamo pensato di recarci proprio nella meravigliosa Miami per andare alla scoperta di tutte quelle ambientazioni iconiche viste proprio sul grande schermo.

Miami, infatti, non solo ospita uno dei più grandi centri di produzione per il cinema, la televisione e la pubblicità, ma ha fatto da sfondo ad alcune delle pellicole più celebri mai viste al cinema e in televisione. Pronti a scoprirle tutte?

Diventare il protagonista di un film: le location iconiche di Miami

Miami, dicevamo, ha fatto da sfondo a numerose pellicole e serie televisive. La più iconica porta proprio il suo nome, stiamo parlando di “Miami Vice”, la serie televisiva che narra le appassionate indagini del detective James Crockett. Tutta la città parla del telefilm e viceversa: vi basterà una passeggiata per Miami per indossare idealmente i panni di Don Johnson.

Un viaggio nell’assolata città della Florida vi permetterà di ripercorrere le orme di una delle saghe cinematografiche più famose della storia, quella di 007. “Casinò Royale”, infatti, è stato girato qui. Anche “The Bodyguard”, uno dei film più iconici degli anni ’90 che ha consacrato il mito di Whitney Houston nel ruolo di attrice, ha visto Miami diventare la scenografia di una storia d’amore. Indimenticabile è la scena dell’esclusivo concerto al Fontainebleau di Miami Beach.

Il fascino della città non ha lasciato immuni neanche i registi italiani. Neri Parenti, infatti, ha deciso di girare qui il suo cinepanettone: “Natale a Miami”. Ve lo ricordate? La città, inoltre, ha fatto da sfondo anche alla serie televisiva “Flipper”, quella che racconta la storia di delfino che è stato salvato da un uomo e dalla sua famiglia e che ora vive con loro aiutandoli a proteggere la loro riserva.

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A bordo dei treni storici verso i più bei laghi d’Italia

A primavera partono i treni storici diretti verso alcuni dei laghi più belli d’Italia. Si viaggia a bordo di carrozze d’epoca verso i paesaggi pittoreschi e i borghi pastello del Lago di Como oppure tra i lussureggianti giardini del Lago Maggiore o ancora verso il bellissimo Lago d’Iseo.

È un viaggio nel tempo e l’esperienza è unica. I treni storici della Fondazione FS partono ad aprile e viaggiano nei weekend fino a metà ottobre.

A bordo del Lario Express sul Lago di Como

Il Lario Express diretto al Lago di Como attraversa l’entroterra lombardo e accompagna i viaggiatori alla scoperta dei magnifici borghi comaschi. L’esperienza di viaggio inizia già a bordo, tra le atmosfere senza tempo delle antiche vetture Centoporte, godendo del panorama che scorre lento dal finestrino. Tra le maggiori attrazioni culturali che si possono ammirare in questo viaggio, la Basilica minore di Seregno risalente al 1700, l’abbazia benedettina di fine ‘800 e l’antico borgo di Cantù, con le sue affascinanti architetture risalenti al medioevo.

A Lecco, città cara al Manzoni per il suo lago, i viaggiatori del treno storico hanno a disposizione numerosi itinerari culturali tra cui optare, come una gita sul lago a bordo di un battello, un trekking nelle riserve naturali, ma anche la possibilità di praticare cicloturismo e sport acquatici sul lago.

Il Besanino Express che va sul Lago di Lecco

Un treno storico con locomotiva elettrica o a vapore parte da Milano Centrale per giungere su quel ramo del Lago di Como meglio conosciuto come Lago di Lecco. Si viaggia a bordo di carrozze Centoporte degli Anni ’30 o Corbellini degli Anni ’50 e, grazie a un vagone bagagliaio, si può portare con sé la propria bicicletta per fare escursioni una volta giunti a destinazione. Le ultime due fermate, Oggiono e Lecco, sono quelle lacustri.

Lecco è stata eletta qualche anno fa città più romantica della zona dei laghi del Nord Italia e sono tantissime le attrazioni da visitare tra chiese e palazzi storici, tra cui la Villa Manzoni, ma è anche possibile imbarcarsi su un battello e fare un giro sul lago ammirando i borghi lungo la costa.

Sul Laveno Express verso il Lago Maggiore

La sbuffante locomotiva che parte da Milano Centrale, al traino delle carrozze Centoporte Anni ’30, offre ai passeggeri del treno un’esperienza di viaggio unica. Giunti a destinazione, le città di Laveno e di Mombello offrono un panorama mozzafiato sul Lago Maggiore, con la possibilità di trascorrere la giornata a bordo di un battello oppure di riscoprire i borghi storici a piedi o in bicicletta. Gli stranieri andrebbero pazzi per questo viaggio.

Col treno storico al Lago d’Iseo

Il Sebino Express, il treno che porta i passeggeri verso il Lago d’Iseo, parte dapprima con una locomotiva elettrica in livrea storica e, una volta giunto a Bergamo, viene sostituita da una locomotiva a vapore fino alla fine del tragitto. Si viaggia a bordo di vetture Centoporte degli Anni ’30 e Corbellini degli Anni ’50.

Partendo dalla grande metropoli lombarda, il treno viaggia sbuffando verso la bergamasca e la sponda Sud‐Est del Sebino: la stazione di arrivo, sul limitare del centro di Paratico, guarda al Comune gemello di Sarnico, che si affaccia proprio sulla sponda opposta del lago, attraversabile a piedi in questo punto così assottigliato grazie a un ponte.

Una volta giunti a destinazione, si può trascorrere una giornata a contatto con la natura passeggiando sulle sponde del lago o cimentandosi con diversi sport acquatici, clima permettendo, oppure immergersi nella storia di questi luoghi visitando, nell’entroterra, i resti del castello e della torre Lantieri, di epoca medievale, per poi ritornare verso il lago per scoprire gli antichi pontili di attracco delle chiatte per il trasporto merci, i cui carichi venivano trasferiti sulla stessa linea ferroviaria su cui si è appena viaggiato.

 

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Alla scoperta dell’Orto Botanico di Palermo e delle sue meraviglie naturalistiche

Storia e natura si intrecciano mirabilmente in questo grande parco rigoglioso che sorge nel cuore della città di Palermo: si tratta dell’Orto Botanico, un gioiellino della natura che ospita migliaia di specie vegetali, alcune provenienti persino dall’altra parte del mondo. In un viaggio alla scoperta del capoluogo siciliano, un luogo ricco di bellezze e monumenti storici, non può davvero mancare una visita ai giardini e alle sue tantissime sorprese naturalistiche.

L’Orto Botanico di Palermo, tra storia e natura

Incastonato tra i rigogliosi giardini di Villa Giulia e il vivace via vai del quartiere Kelsa di Palermo, questo angolo di paradiso dista due passi dal lungomare e offre un’esperienza meravigliosa: varcare la soglia dell’Orto Botanico è come entrare in un mondo nuovo, lasciandosi alle spalle il caos della città e immergendosi nella natura. Afferente all’Università degli Studi di Palermo in quanto istituzione museale, ha una storia davvero sorprendente. Il primo giardino botanico venne realizzato nel lontano 1779, contemporaneamente all’istituzione della cattedra di Botanica e Materia medica.

Nel giro di pochi anni, il piccolo appezzamento di terreno coltivato con piante medicinali si dimostrò insufficiente per le esigenze degli studenti: fu così che venne trasferito nella sua attuale sede, trasformando un luogo dal passato sanguinoso (qui venivano praticati i roghi della Santa Inquisizione) in un gioiello naturalistico. Persino Goethe, che ebbe modo di visitare l’Orto Botanico, lo descrisse con splendide parole che, ancora oggi, esprimono la bellezza di questo posto quasi magico. Pian piano, nel corso degli anni, il giardino è diventato sempre più grande e ricco di infinite varietà vegetali che attirano esperti e curiosi da tutto il mondo.

Orto Botanico di Palermo

Fonte: iStock

Orto Botanico di Palermo

Cosa vedere nell’Orto Botanico di Palermo

Già a partire dal suo ingresso monumentale, appare chiaro che una visita all’Orto Botanico di Palermo è un’esperienza unica. Davanti ai cancelli si staglia il Gymnasium, splendido edificio in stile neoclassico che ospitava la sede della Schola Regia Botanice e la dimora del direttore. Accanto ad esso, due altri gioiellini neoclassici: il Calidarium, che accoglieva le piante abituate ai climi caldi, e il Tepidarium, che invece aveva al suo interno una ricca collezione di specie vegetali viventi in un clima temperato. Addentrandosi nel giardino, ecco aprirsi ai nostri occhi le sue meraviglie. Il giardino vanta oltre 12.000 varietà di piante di ogni tipo, ben suddivise in settori.

C’è ad esempio il Sistema di Linneo, il settore più antico, diviso in quattro aiuole che ospitano le piante e i fiori originariamente messi a dimora nell’Orto Botanico – uno dei più belli d’Italia. Molto affascinante è poi l’Aquarium, una grande vasca circolare che racchiude moltissime specie acquatiche, tra cui bellissime ninfee. Diverse serre sono state pian piano aggiunte al giardino, come la Serra Maria Carolina (intitolata alla Regina Maria Carolina d’Austria), oggi ricostruita in ghisa. Vi sono spazi destinati alle piante esotiche, come la Serra sperimentale che accoglie banani e papaye, oppure quelli dedicati alle succulente – c’è anche in corso un progetto per la loro salvaguardia.

E poi i lunghi viali alberati, ricchi di colori e profumi inebrianti, tra cui passeggiare per godersi un momento di relax: l’occhio è continuamente attirato da bellissime piante rigogliose, che si stagliano verso il cielo. Come ad esempio il grande Ginko biloba o il più maestoso Ficus magnolioides, un esemplare meraviglioso importato dalla Nuova Zelanda, che oggi costituisce il simbolo dell’Orto Botanico di Palermo. Non mancano infine i palmeti, le piante provenienti dalle regioni più calde del mondo, gli agrumeti, le piante carnivore e i fiori più suggestivi, come le orchidee.

Orto Botanico di Palermo

Fonte: iStock

Orto Botanico di Palermo
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Visitare Craco, la città fantasma in provincia di Matera

Abbandonata nel 1963 dopo una disastrosa frana, la città fantasma di Craco, in provincia di Matera, attira migliaia di turisti ogni anno. Molti di coloro che si spingono fino a Craco sono cinefili: il paese fantasma, infatti, è stato scelto in passato come set cinematografico da numerosi registi.

Craco nel cinema

Primo fra tutti Francesco Rosi, che proprio qui girò alcune scene del film “Cristo si è fermato a Eboli” nel 1979, nel cui manifesto campeggia proprio l’immagine di Craco. I visitatori possono ammirare il panorama che si apre a valle del paese e riconoscere il luogo dove, nel film, si incontrano due personaggi, nel ruolo di confinati nella cittadina come il protagonista Gian Maria Volonté nei panni di Carlo Levi.

O l’antica torre normanna che, dai suoi 20 metri d’altezza, domina la valle, a oggi scalfita solamente da un fulmine ma, per il resto, perfettamente conservata nonostante frane e smottamenti del terreno.

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Fonte: 123rf

Panorama del borgo abbandonato di Craco

Ma il fascino di questo luogo ha ispirato anche Mel Gibson, che vi ha ambientato il suicidio di Giuda, la scena clou del film “The Passion” del 2004. Craco non poteva non comparire, inoltre, in “Basilicata coast to coast“, il film del 2010 di Rocco Papaleo, nonché, come ogni paese fantasma che si rispetti, in un film horror americano, mai arrivato in Italia.

La storia del borgo fantasma

Le prime tracce di Craco sono legate ad alcune tombe risalenti all’VIII secolo a.C.. Così come altri centri abitati vicini, si ipotizza che possa aver offerto riparo ai coloni greci di Metaponto, trasferiti in collina forse per sfuggire alla malaria che imperversava in pianura. La prima testimonianza del nome risale al 1060, quando il territorio venne sottoposto all’autorità dell’arcivescovo Arnaldo di Tricarico, che lo chiamò Graculum ovvero “piccolo campo arato”.

Il centro storico di Craco

Il soprannome di “città fantasma” è legato a quanto accaduto negli Anni ’60. Fu abbandonato a causa del progredire di una frana tra il 1959 e il 1972. Nei secoli precedenti si erano verificati anche dei terremoti. Non essendo più sicuro, la popolazione si trasferì a Craco Peschiera, mentre alcuni abitanti risiedono ancora oggi nel nuovo rione contiguo al centro storico.

Cosa vedere a Craco

Durante i due anni di pandemia, il borgo abbandonato di Craco è stato off limits, ma ora è tornato a essere accessibile ai turisti che possono addentrarsi nel “Parco museale scenografico” di Craco Vecchia. Se nel 2019 i visitatori erano stati circa 25mila, ora ne sono previsti almeno il doppio che possono essere accompagnati tra gli stretti vicoli del borgo, indossando un caschetto protettivo sulla testa, dai giovani volontari del posto.

Craco, una chiesa abbandonata

L’interesse di tanti visitatori ha portato alla creazione del Museo Emozionale di Craco (MEC), allestito nell’antico monastero di San Pietro, che include una sala proiezioni e un archivio digitale storico, cinematografico e della memoria.

Oggi a Craco c’è anche un Atelier dell’arte e del cinema, sorto nell’ex scuola, dove è possibile prendere parte a laboratori d’arte, cinematografici, nonché degustare prodotti tipici del territorio. Vi è anche una foresteria di supporto per le attività artistiche creative.

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Quando visitare Craco

Il parco è aperto tutti i giorni dal 1° aprile al 31 ottobre, dalle 10 alle 18. Dal 1° novembre al 31 marzo, invece, può essere visitato solo nei fine settimana e nei giorni festivi, dal venerdì alla domenica, dalle 10 alle 15.

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Dove vedere la fioritura dei tulipani in Olanda

Da marzo a maggio un mare di fiori colorati invade improvvisamente le campagne pianeggianti dei Paesi Bassi. Il colpo d’occhio è a dir poco straordinario: un tocco di colore dopo l’altro e ha inizio la fioritura dei tulipani in Olanda, riconoscibili fra mille per la tipica forma “a turbante” da cui prendono il nome. Questi fiori di origine turca fecero ingresso nei Paesi Bassi nel XVII secolo, e da quel momento in poi sono rimasti nel patrimonio storico e culturale del paese, che oggi ne detiene il primato per la coltivazione e l’esportazione.

Spettacolo imperdibile per tutti gli amanti dei fiori e non solo, questa fioritura avviene solo una volta l’anno e dura otto settimane. Sono tanti i visitatori che si recano nei Paesi Bassi per vedere il mare di colori più famoso del mondo. Vediamo dove è possibile ammirare la fioritura dei tulipani in Olanda, e vivere un’indimenticabile tulip-experience.

I campi aperti tra Kop Van Noord-Holland e Flevoland

In queste due località, situate la prima a Nord dell’Olanda, vicino Amsterdam, e la seconda nella parte più centrale del paese, è possibile vivere un’esperienza a contatto con i tulipani olandesi camminando tra i sentieri meno conosciuti dai turisti. Raggiungibili in auto o in bicicletta, in queste zone quasi tutte le aree sono infatti coperte da campi aperti e giardini di tulipani, dove potersi intrufolare gratuitamente tra una fila colorata e l’altra.

Con un po’ di fortuna sarà anche possibile avere i campi tutti per sé, e isolarsi tra i silenzi colorati della natura. Attenzione però ai proprietari dei campi, che un po’ meno tollereranno la presenza di turisti in cerca di idee stravaganti per i selfie! Nella zona di Kop Van Noord e Flevoland ai vasti campi si affiancano paesaggi sabbiosi e costieri, per combinare le passeggiate tra i fiori con una gita in spiaggia o sulle dune.

Il tratto è percorribile sia affittando un’auto in loco che in bicicletta, il mezzo per eccellenza del territorio, che grazie ai territori pianeggianti e ai percorsi ben organizzati è davvero bike-friendly. E durante le passeggiate, inutile dirlo, attenzione a non calpestare i bulbi o rovinare in alcun modo la fioritura!

Bollenstreek route e il giardino di Keukenhof

Un’altra zona dove poter ammirare lo spettacolo della fioritura di tulipani in Olanda è la zona del Bollenstreek, che comprende i territori tra Amsterdam e Den Haag. Per gli amanti delle due ruote è d’obbligo un giro sulla Bollenstreek route, che comprende circa 40 km da percorrere pedalando tra i profumi inebrianti del luogo, complici le temperature abbastanza miti ma non troppo.

Chi invece preferisce le quattro ruote può scegliere di affittare un’auto elettrica, e girare autonomamente tra i campi di tulipani , eventualmente con il supporto di un’audio guida. Proprio nella zona del Bollenstreek, a Lisse, si trova il famoso giardino di Keukenhof, una vastissima area di oltre 32 ettari di parchi con più di 800 varietà diverse di tulipani. Si trova a circa 35 km a sud-ovest di Amsterdam, ed è visitato ogni anno da milioni di persone provenienti da tutto il mondo, tanto da rappresentare la principale attrazione per i Paesi Bassi.

Un vero e proprio giardino delle meraviglie in cui perdersi tra campi fioriti, mulini a vento, laghi, fiumi e paesaggi da cartolina. Qui gli espertissimi floricoltori del luogo amano esporre tulipani di ogni tipologia e sfumatura, proprio per dimostrare la profonda conoscenza del bulbo; non a caso gli olandesi sono i primi esportatori di fiori un tutta Europa.

È una vera battaglia “all’ultimo tulipano” per mantenere il primato nell’esportazione di questo e altri bellissimi fiori, anche questi esposti qui, tra cui orchidee, narcisi e giacinti. Per visitare Keukenhof ci sono diverse opzioni, tra cui l’acquisto del biglietto di ingresso con il transfer di andata e ritorno da Amsterdam, o l’opzione davvero originale di visitare il parco con un giro in crociera sui canali tra tulipani e mulini a vento.

Quando le gelide temperature invernali si allontanano pian piano e arriva la primavera il tulipano trova il suo spazio tra i fiori più amati e desiderati. Schiudendosi dona a chi ha la fortuna di osservarlo un momento di pura emozione, un fiore che con i suoi colori e il suo simbolo di rinascita ha fatto il giro del mondo. Sarà per questo che trovarsi nei giardini di tulipani di Amsterdam e dintorni vuol dire assistere a uno degli spettacoli più belli del mondo. Può sembrare un’esagerazione, ma è proprio così che la descrive chi c’è stato: un’esperienza da vivere almeno una volta nella vita.

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Una Camera per due: benvenuti nell’hotel più piccolo d’Europa

Organizzare un viaggio a Copenhagen, in qualsiasi periodo dell’anno e in ogni stagione, è sempre un’ottima idea. La capitale della Danimarca, infatti, conserva un patrimonio culturale, storico e artistico di immensa bellezza, tutto da scoprire.

Le cose da fare e da vedere qui sono tantissime, a partire dal centro storico della città, l’Indre By, passando per il meraviglioso quartiere rococò del XVIII secolo che ospita il palazzo della famiglia reale. E poi, ancora, il Giardino di Tivoli, uno dei più celebri e antichi parchi divertimento nel mondo, le vie dello shopping e la strada pedonale più lunga d’Europa.

A Copenhagen, questo è certo, non ci si annoia mai. Tuttavia, se volete rendere l’esperienza di viaggio ancora più indimenticabile, il consiglio è quello di alloggiare all’interno del Central Hotel & Café. Il motivo? Si tratta dell’hotel più piccolo d’Europa, dotato di una sola stanza e situato al secondo piano di una micro caffetteria nel cuore della città. Pronti a partire?

Una camera per due nel cuore della città

Se è vero che quando programmiamo un viaggio lo facciamo per andare alla scoperta della sua destinazione, è vero anche che a fare la differenza sono le esperienze che scegliamo di vivere. E le esperienze, quelle più caratterizzanti, ormai lo sappiamo, passano anche per gli alloggi.

Ecco perché, se avete in mente di organizzare una partenza verso la capitale della Danimarca, in qualsiasi periodo dell’anno, il consiglio è quello di prenotare questo alloggio per vivere un’avventura assolutamente unica e inedita.

Ci troviamo su via Tullinsgade, nel quartiere di Vesterbro e a due passi dai luoghi più iconici di Copenhagen. È proprio qui che, durante una passeggiata, una micro caffetteria potrebbe attirare la vostra attenzione. Si tratta del caffè più piccolo della città, ma anche di uno dei più frequentati. È proprio la sua atmosfera intima e raccolta ad averlo reso un punto di riferimento per i cittadini e per i viaggiatori che alloggiano nella zona.

Ma non sono solo le dimensioni della caffetteria a rendere unico questo posto, ma il fatto che il locale è parte di un hotel. Non uno qualsiasi, ma il più piccolo d’Europa. A disposizione dei viaggiatori che scelgono di alloggiare all’interno del Central Hotel & Café c’è solo una camera matrimoniale per due persone. Se volete dormire al suo interno dovrete prenotarla con largo anticipo perché, come potrete immaginare, è quasi sempre sold out.

L’hotel più piccolo d’Europa

Il Central Hotel & Café si dichiara come l’hotel più d’Europa e del mondo, anche se deve contendersi questo primato con altre strutture ricettive sparse per il globo.. Certo è che, indipendentemente dal record da Guinness, questo resta sicuramente l’hotel più piccolo della città. Ed è davvero delizioso.

La camera della struttura, che è poi anche l’unica, è situata al secondo piano della più piccola caffetteria della città nel quartiere Vesterbro. Per raggiungere l’alloggio è necessario percorrere una piccola scala di legno che conduce direttamente nella stanza.

La camera matrimoniale del Central Hotel & Café e dotata di un bagno interno e di tutti i comfort del caso per fare sentire gli ospiti a casa. Non manca neanche una finestra che affaccia direttamente sulla città. Ma quanto costa dormire nell’hotel più piccolo a Copenhagen? Il prezzo è di circa 2000 corone danesi a notte che corrispondono a poco meno di 270 euro.

Central Hotel & Café

Fonte: Andrea Nuñez @andreannu/Visit Denmark

Central Hotel & Café
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La cascata che si getta nel mare è tra i segreti più belli d’Italia

L’Italia è un luogo meraviglioso che affascina e sorprende da tempi immemori viaggiatori e persone provenienti da ogni parte del mondo. Lo fa con il suo immenso patrimonio storico, culturale e naturalistico, con la sua bellissima a costa, bagnata dal Mediterraneo e illuminata dal sole, con le città, quelle grandi che conservano i resti di un passato che non si può dimenticare, con le metropoli e poi, ancora, con i borghi e le isole.

Le cose da fare e da vedere nel nostro Paese sono tantissime, e anche quando crediamo di aver visto tutto, in realtà, lui torna a sorprenderci e a incantarci con i suoi segreti. E oggi è proprio di una bellezza nostrana che vogliamo parlarvi, di un luogo nascosto e affascinante, e ancora poco conosciuto dai turisti, dove la natura ha creato uno dei suoi più grandiosi capolavori. Si tratta di una cascata che si getta nel mare e che regala una delle visioni più belle del mondo.

Un segreto custodito in terra sarda

Per scoprire questo luogo ancora poco conosciuto, ma estremamente affascinante, dobbiamo recarci in Sardegna, la meravigliosa isola italiana che è diventata meta imprescindibile di viaggiatori e turisti che giungono nello Stivale ogni giorno. Proprio qui, tra spiagge di sabbia bianca che si alternano a coste selvagge e a un entroterra aspro e frastagliato, si apre una visione da sogno: una cascata bianca che si getta dentro il mare.

Per ammirare questo paesaggio così inedito e incredibile dobbiamo recarci a Cuglieri, in provincia di Oristano, proprio dove si estende la regione storica del Montiferru che prende il nome dal massiccio di origine vulcanica che caratterizza l’intero territorio. Tra altipiani verdeggianti, boschi lussureggianti e fiumi, appare all’improvviso un corso d’acqua che attraversa la terra e che si lancia nel vuoto fino a fondersi col mare.

Si tratta della cascata di Cabu Nieddu, che nasce dall’incontro di un corso d’acqua, il rio Salighes, e la costa. Il fiume, infatti, attraversa il magnifico scenario del Montiferru fino ad arrivare all’altopiano di Campeda. La sua corsa finisce proprio sulla scogliera dalla quale si getta a picco creando uno scenario unico al mondo. Il più bello della Sardegna e dell’Italia intera.

La cascata che si getta nel mare: una visione mozzafiato

È uno scenario unico, affascinante e straordinario, quello che si apre davanti agli avventurieri che giungono fin qui, e che non si può descrivere ma solo vivere. Quello messo in scena dalla natura, in questa zona della Sardegna, è uno spettacolo incredibile e raro. Sono poche, infatti, le cascate che si gettano nel mare, in Italia e nel resto del mondo. Eppure Cabu Nieddu lo fa, regalando ai cittadini e ai viaggiatori uno show di immensa bellezza.

La cascata, situata tra la baia de s’Archittu e la marina di Tresnuraghes, compie un salto di circa quaranta metri, potente e selvaggio, fino a fondersi con le acque che bagnano il territorio, creando un paesaggio idilliaco.

Il periodo migliore per godersi lo spettacolo è quello che va tra i mesi di novembre e marzo. Le piogge invernali, infatti, riempiono il corso d’acqua regalando così una caduta abbondante, maestosa e impressionante.

È possibile ammirare la cascata di Cabu Nieddu dal mare, navigando la costa in barca, oppure optare per una delle tante escursioni via terra che permettono di raggiungere i punti più strategici per l’osservazione.

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Hai mai provato ad attraversare questa piazza “bendato”? Dicono che è impossibile

Ogni città ha una storia fatta di misteri, avvenimenti oscuri e inspiegabili in cui i protagonisti sono persone di spicco o che hanno avuto un ruolo importante nel contesto urbano. Questi personaggi sono spesso al centro di leggende e racconti popolari che gettano un ulteriore velo di mistero sulla città. Tra quelle che hanno un fascino indiscutibile Napoli non poteva essere da meno. Uno dei luoghi simbolo del capoluogo campano è Piazza del Plebiscito. Oltre ad essere un luogo in cui la bellezza artistica si sposa alla perfezione con l’imponenza architettonica è al centro di una leggenda che ha come protagonista la Regina Margherita e le persone che tentano di attraversare la piazza bendati.

La maledizione della Regina Margherita

Maestosa e affascinante: queste sono le prime cose che vengono in mente quando si arriva a Piazza del Plebiscito. Con i suoi 2500 metri quadrati trasmette al turista un senso di imponenza confermato dalla bellezza delle sue opere. Tra queste spiccano le due statue equestri al centro della piazza realizzate da Antonio Canova, raffiguranti Carlo III di Borbone e suo figlio, Ferdinando I delle due Sicilie.

Le statue di Piazza del Plebiscito

Fonte: 123RF

Le statue equestri di Piazza del Plebiscito

Queste statue sono le protagoniste della leggenda. Si narra infatti che chiunque cerchi di attraversare bendato la piazza partendo dall’entrata di Palazzo Reale, non riuscirà mai ad arrivare al lato opposto e a passare tra le due statue. Il motivo? Secondo un mito, tutto è legato a una maledizione della Regina Margherita. La sovrana, infatti una volta al mese concedeva la libertà a quei prigionieri che riuscivano in questa impresa. Facile a dirsi, ma non a farsi, infatti nessuno ci è mai riuscito proprio perché sembra che la regina avesse lanciato una maledizione.

Una spiegazione scientifica dietro la leggenda

Una leggenda è sempre una leggenda e credere che la regina abbia potuto scagliare una maledizione è affascinante, ma in realtà c’è un motivo se nessuno riesce a passare in mezzo alle due statue equestri. La piazza è molto ampia e priva di punti di riferimento che portano chi l’attraversa a confondersi facilmente. A questo bisogna aggiungere la sua conformazione particolare e una leggera pendenza che impedisce di seguire una traiettoria dritta e quindi a deviare a destra o a sinistra. In questo modo immancabilmente non si riesce a passare tra le due statue.

Palazzo Regio a Napoli

Fonte: 123RF

La facciata del Palazzo Regio a Piazza del Plebiscito

Questa non è l’unica leggenda legata alla piazza, ci sono molte storie e aneddoti che rendono Piazza del Plebiscito ancora più intrigante e amata dai turisti e dagli abitanti del capoluogo campano. Sulla facciata del Palazzo Reale all’interno delle nicchie ci sono 8 statue che raffigurano i sovrani del Regno di Napoli, ma l’attenzione deve essere rivolta alle ultime quattro. La posizione in cui sono stati ritratti ha spinto a creare una simpatica storiella su di loro. Si dice che Carlo V D’Asburgo con l’indice verso il basso abbia indicato una pozza d’acqua esclamando “Chi ha fatto pipì per terra?”. Carlo III avrebbe risposto: “Io non ne so niente”, mentre Gioacchino Murat puntando la mano al petto si sarebbe accusato dicendo: “Sono stato io e allora?”. A questo punto Vittorio Emanuele II avrebbe cercato di risolvere il problema sguainando la spada e minacciando di evirarlo.
È innegabile che le storie e le leggende legate ai luoghi siano sempre piene di fascino, ma Piazza del Plebiscito ha il merito di conquistare i visitatori anche e soprattutto per la sua bellezza senza pari.