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I viaggiatori mirano a ridurre l’impatto ambientale dell’aviazione

L’aereo è forse il mezzo di trasporto più comodo di sempre: in poche ore ci permette di arrivare da un capo all’altro del mondo, ma l’impatto ambientale di ogni volo è davvero notevole. Tra le tante iniziative volte a rendere più sostenibili i viaggi in aereo, nasce ClimOP. Il progetto europeo mira a ridurre del 75% le emissioni di CO2 entro il 2050. Per farlo, non si concentra solamente sull’innovazione in ambito aeronautico, ma soprattutto sull’organizzazione attuale dei voli, per trasformarla in ottica green. C’è però bisogno della collaborazione dei viaggiatori, e sono in molti a dichiararsi pronti a cambiare le loro abitudini per dare una mano all’ambiente.

Che cos’è il progetto ClimOP

Negli ultimi anni, è in corso una vera e propria rivoluzione green nel campo dell’aviazione. Ci sono compagnie aeree che spiccano per le loro politiche ecosostenibili, tra cui ad esempio Lufthansa che ha recentemente introdotto le sue Green Fares, tariffe volte a compensare le emissioni di carbonio. E la tecnologia avanza, rendendo possibile pensare ad un futuro in cui gli aerei saranno alimentati a idrogeno, azzerando così la loro impronta di CO2. Ma c’è bisogno di tempo, e intanto possiamo fare un passo avanti tutti insieme cambiando semplicemente un po’ le nostre abitudini di viaggio.

A rivelarci in che modo è ClimOP, il nuovo progetto europeo che ha come obiettivo la riduzione del 75% delle emissioni di CO2 e del 90% delle emissioni di NOX entro il 2050. Mentre attendiamo che nuove strategie e tecnologie sempre più all’avanguardia facciano il loro debutto sul campo, possiamo infatti adottare semplici misure che possono mitigare gli effetti dell’inquinamento prodotto dal traffico aereo. Certo, c’è bisogno della collaborazione dei viaggiatori, che dovrebbero essere disposti ad accettare un diverso sistema organizzativo. A quanto pare, in tanti sono pronti a fare propri dei piccoli ma importantissimi cambiamenti nel loro modo di volare, per viaggiare in modo responsabile.

Come cambieranno le abitudini dei viaggiatori

Nell’ambito del progetto ClimOP, è stato effettuato un sondaggio tra i passeggeri europei tra i 18 e i 44 anni, con una formazione scolastica avanzata e una posizione economica media, per analizzare le loro abitudini di viaggio e le loro opinioni in merito ad alcuni cambiamenti per rendere i voli più sostenibili. È emersa una grande disponibilità sia nel pagare tariffe maggiori che nel sopportare piccoli disagi, se l’obiettivo è quello di ridurre l’impatto ambientale dei viaggi aerei. Ad esempio, la maggior parte degli intervistati ha dichiarato di essere pronta a spendere dal 25% al 50% in più per voli a corto o lungo raggio.

Ben due terzi di essi, inoltre, hanno affermato di essere favorevoli ad aumentare il tempo di volo (sino al 20% per il corto raggio e sino al 16% per il lungo raggio). Anche la possibilità di fare più tappe per raggiungere la destinazione finale è ben vista: questa è anche l’opportunità di scoprire nuove località che solitamente vengono solo sorvolate, e che quindi non sono affollate. Molti passeggeri sono anche disposti ad avere una minor scelta di voli, permettendo così alle compagnie aeree di diminuire la frequenza dei collegamenti. Al contempo, potrebbero optare per aerei più grandi e farli muovere solamente quando sono al completo.

Ciò su cui invece molti intervistati non sono d’accordo è una maggior limitazione sui bagagli: questo è da sempre un punto debole, visto che già molti vettori (soprattutto tra i low cost) richiedono dimensioni e peso ridotti per il bagaglio a mano e per quello in stiva. Infine, la maggior parte dei viaggiatori è disponibile a firmare una petizione per far sì che aumentino i voli a bassa emissione di CO2, così come a scegliere il loro prossimo viaggio aereo in base alla reputazione climatica della compagnia e del volo stesso.

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Esiste un piccolo villaggio dall’altra parte del mondo che è la Capitale dei cowboy

Se subite il fascino dei cowboy e conoscete a memoria tutti i film western prodotti negli ultimi due secoli, allora, un viaggio in questo delizioso e piccolo villaggio vi sorprenderà.

Ci troviamo in Texas, nell’Altopiano di Edwards e a circa 70 chilometri dal centro di Sant’Antonio. È qui che esiste un nucleo urbano abitato da appena 900 anime. Il suo nome è Bandera, eppure nonostante i piccoli numeri che appartengono alla località, per dimensioni e abitanti, il villaggio è conosciuto in tutto il mondo.

Il motivo? Bandera è considerata la Capitale mondiale dei cowboy. Un viaggio qui, tra ranch, cavalli, eventi e rodei, vi catapulterà, come per magia, in un’altra epoca. Quella che vi permetterà di perdervi e immergervi in un suggestivo film western. Pronti a partire?

Benvenuti a Bandera, la Capitale mondiale dei cowboy

Organizzare un viaggio in Texas è sempre un’ottima idea. Il grande Paese degli Stati Uniti, infatti, è caratterizzato da un fascino senza tempo che non conosce eguali. Le cose da fare e da vedere qui sono tantissime, a partire dall’esplorazione dei deserti, delle pinete e del Rio Grande, passando per la storia, le tradizioni e la cultura musicale che appartiene a Austin, la sua capitale.

Ma è allontanandoci dai sentieri più battuti dal turismo di massa che è possibile raggiungere un luogo sconosciuto ai più. Si tratta di un piccolo villaggio situato sulla curva del fiume Medina, e a meno di 100 chilometri dalla città di Sant Antonio. È proprio qui che, nel XIX secolo, fu realizzato l’insediamento urbano dopo la conquista del territorio. A causa di numerose alluvioni che si sono susseguite nel tempo, però, molte persone hanno scelto di lasciare questo luogo per trovare fortuna altrove.

Tuttavia, coloro che sono rimasti, oggi meno di mille, hanno scelto di preservare la memoria storica del villaggio, trasformando Bandera nella Capitale mondiale dei cowboy. A rimarcare questo titolo ci pensa un monumento di bronzo situato nel cuore del nucleo urbano e dedicato ai campioni nazionale di rodeo che considerano questo luogo come la loro casa.

Bandera

Fonte: 123rf

Bandera

Come vivere un’esperienza da vero cowboy

Sono diversi i luoghi del mondo da raggiungere per tutti gli appassionati del filone western, quello che narra le avventure di cowboy, cacciatori di frontiera e fuori legge in lotta tra loro per la conquista dei territori. Ma se è un’avventura da vero cowboy che volete vivere durante il vostro prossimo viaggio, allora, dovreste davvero raggiungere Bandera.

I motel in strada e le guest house nei ranch sono sicuramente i migliori alloggi in cui sostare per immergersi nell’atmosfera dei tempi passati e mai dimenticati. Ma di cose da fare e da vedere nel centro abitato e nei suoi dintorni ce ne sono davvero tantissime.

Imperdibile, per gli amanti della natura, è l’Hill Country State Natural Area, un parco naturale che si estende su 2000 acri di terreno e che ospita canyon e colline. Qui è possibile anche campeggiare e trascorrere del tempo immersi nella natura.

Ovviamente, per vivere un’avventura da vero cowboy, non possono mancare le passeggiate a cavallo. Bandera è piena di maneggi, punti di partenza perfetti per escursioni incredibili nel villaggio e nei suoi dintorni.

Raggiungere la Capitale mondiale dei cowboy vi permetterà, inoltre, di assistere a un rodeo. Gli spettacoli vengono organizzati tutti gli anni e in diversi periodi e si alternano a quelli del sabato pomeriggio che intrattengono gli abitanti del villaggio e i turisti curiosi.

Imperdibile è anche il Western Trail Heritage Park, l’area dedicata alla fondazione del nucleo urbano e a tutti i cowboy che di qui sono passati, e che hanno contribuito a rendere Bandera la Capitale mondiale dei cowboy.

Bandera, Capitale Mondiale dei Cowboy

Fonte: 123rf

Bandera, Capitale mondiale dei cowboy
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Il piccolo villaggio sull’acqua che sembra uscito da una fiaba

Il mondo che abitiamo non smette mai di sorprenderci, lo sanno bene tutti quei viaggiatori che proprio quando credono di aver visto tutto di una determinata destinazione, tornano a incantarsi grazie alla scoperta di inedite e straordinarie meraviglie.

Spesso, infatti, è proprio lontano dai sentieri più battuti dal turismo di massa che possiamo scoprire nuove bellezze, quelle che spesso si nascondono all’ombra dei luoghi iconici e dei monumenti più celebri delle città e dei Paesi che visitiamo.

E capita anche ad Amsterdam che, allontanandosi di qualche chilometro dalla capitale dei Paesi Bassi, è possibile raggiungere un luogo incantato. Un piccolo villaggio sospeso sull’acqua che sembra uscito da una fiaba e che vi farà sentire i protagonisti di un racconto magico. Pronti a partire?

Benvenuti a Giethoorn, la Venezia dei Paesi Bassi

Non ci sono macchine, traffico e caos, non ci sono neanche le strade. Ma c’è l’acqua, quella che compone un dedalo di canali sul quale il villaggio sembra magicamente sospeso. Ci troviamo a Giethoorn, in un pittoresco paesino interamente pedonale situato nella provincia olandese dell’Overijssel.

Basta allontanarsi dalle meraviglie della capitale, quelle che attirano ogni giorno migliaia di turisti provenienti da ogni parte del mondo, per raggiungere questo luogo incantato. Giethoorn, infatti, è situato ad appena poco più di 100 chilometri da Amsterdam.

I motivi per raggiungere questo villaggio sono diversi, molti dei quali sono intuibili proprio ammirando le fotografie che ritraggono questo gioiello della provincia dell’Overijssel. Giethoorn, infatti, è un luogo incantato che grazie alle sue forme, ai lineamenti e ai colori evoca tutti gli scenari che appartengono all’immaginario favolistico.

Non solo i canali, che gli hanno fatto guadagnare l’appellativo di “Venezia dei Paesi Bassi”, ma anche i suoi numerosi ponti, quelli da attraversare per ammirare scorci mozzafiato, le case con i tetti di paglia risalenti al XVIII secolo e i viali alberati.

Giethoorn, un villaggio da fiaba a pochi chilometri da Amsterdam

Fonte: 123rf

Giethoorn, un villaggio da fiaba a pochi chilometri da Amsterdam

Come visitare il paese delle fiabe

A Giethoorn, dicevamo, non ci sono strade. Gli abitanti del villaggio, poco più di 2000 anime, si spostano in barca, a piedi e in bicicletta, e sono questi i modi che i viaggiatori hanno a disposizione per esplorare il territorio.

Il modo migliore per raggiungere questo paese delle fiabe è proprio partendo da Amsterdam, organizzando una gita di un giorno o trascorrendo qui l’interno weekend, in auto o con i treni che ogni giorno partono dalla stazione centrale della città.

Una volta arrivati sul posto, potrete immergervi in un’atmosfera surreale e sospesa nel tempo che parla di bellezza e di magia. Lo scenario, caratterizzato da case colorate, giardini, parchi e sentieri alberati attraversati dai canali, è davvero suggestivo. Il consiglio è quello di andare alla scoperta del villaggio facendo un giro in barca, così da poter ammirare il paesaggio in movimento.

Immancabili, però, sono le passeggiate, a piedi o in bicicletta. A Giethoorn, come nel resto dei Paesi Bassi, esistono diverse piste pedonali e ciclabili che permettono di attraversare il villaggio e la campagna circostante. Prendetevi tutto il tempo di cui avete bisogno per esplorare questo luogo, solo così potrete toccare con mano la magia che lo caratterizza e sentirvi i protagonisti di una fiaba straordinaria.

Giethoorn, la "venezia dei Paesi Bassi"

Fonte: 123rf

Giethoorn, la “Venezia dei Paesi Bassi”
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In Italia nascono 35 cammini religiosi: quali sono

Fare trekking lungo antichi cammini, seguendo le orme di grandi personaggi di fede che hanno lasciato tracce indelebili: è un’esperienza meravigliosa e tutta da vivere, soprattutto ora che ci prepariamo al Giubileo 2025. Per questo, il Ministero del Turismo ha deciso di catalogare i più suggestivi cammini religiosi italiani, per regalare ai turisti l’opportunità di fare escursioni lungo i tracciati di un passato lontanissimo nel tempo. Per il momento, sono ben 35 gli itinerari raccolti. Andiamo alla loro scoperta.

Turismo slow: i cammini d’Italia

Passeggiare indietro nel tempo, ammirando i segni lasciati da secoli di storia, è un’avventura che attira un sempre maggior numero di turisti: la voglia di concedersi una vacanza slow, a contatto con la natura, sembra crescere di anno in anno, soprattutto dopo la pandemia che ci ha costretti in casa per lunghi mesi. Nel nostro Paese, l’offerta è davvero molto ampia. Ci sono tantissimi cammini tra cui scegliere, da quelli in alta montagna ai più semplici, perfetti persino per le famiglie. Sono molti anche i progetti volti a valorizzare questi itinerari, per far sì che non si perdano nel nulla, trascinando via con sé antiche testimonianze.

In occasione del Giubileo 2025, nasce così il Fondo per i Cammini Religiosi: l’iniziativa del Ministero del Turismo vuole non solo dare nuovo lustro ai sentieri spirituali d’Italia, ma anche stanziare i soldi necessari per lavori d’intervento sui percorsi stessi e sulle strutture pubbliche che sorgono lungo gli itinerari, creando luoghi di sosta, permanenza e svago per i pellegrini in viaggio. Per iniziare, sono stati individuati ben 35 cammini religiosi, alcuni già molto noti, altri decisamente meno conosciuti e assolutamente da scoprire.

I 35 cammini religiosi italiani

Sono molti i cammini religiosi che attraversano il nostro Paese, affrontando panorami meravigliosi. È il caso del Cammino di San Francesco di Paola, che si snoda in Calabria per ben 112 km, tra natura e bellissimi santuari, o del Cammino di San Giacomo in Sicilia, che invece collega Caltagirone al piccolo borgo di Capizzi, nell’entroterra isolano. Alcuni sentieri valicano i confini regionali, come il Cammino della Pace, che si dipana tra Abruzzo, Molise e Puglia, o il Cammino del Perdono – Sui passi di Celestino, che prevede diversi itinerari in tutto il centro Italia.

A cavallo tra Umbria e Lazio, il Cammino di San Benedetto segue le tracce di uno dei personaggi più importanti e spirituali di tutti i tempi. Mentre è nelle Marche che il Cammino dei Cappuccini ci permette di scoprire i luoghi simbolo che hanno segnato la nascita dell’ordine di frati. Ci sono poi itinerari che portano alla scoperta di splendidi edifici di culto, come quello dedicato al Santuario Madonna del Carmelo o la Via dei Santuari Mariani nell’Anello del Nisi, in provincia di Messina. Ecco l’elenco completo dei 35 cammini religiosi italiani.

  • Cammino di San Francesco di Paola
  • Cammino di San Giacomo in Sicilia
  • Santuario Madonna del Carmelo
  • Cammino della pace
  • Via Romea Germanica
  • Cammino dei Cappuccini
  • Cammino di San Benedetto
  • Cammino di San Vili
  • Cammino del Perdono – Sui passi di Celestino
  • Cammino di San Colombano
  • Via dei Santuari Mariani nell’Anello del Nisi
  • Sentier Transfrontalier
  • Cammino di Santu Jacu
  • Romea Strata
  • Via Francigena
  • Via Francigena Renana
  • Cammino di don Tonino
  • Cammino del Salento
  • Via di Francesco nel Lazio
  • Cammino di San Giorgio Vescovo
  • Cammino Materano – Sei vie di fede nel Sud Italia
  • Cammino di San Francesco da Rimini a La Verna
  • Cammino Francescano della Marca
  • Cammino dei Protomartiri Francescani
  • Cammino minerario di Santa Barbara
  • Via di Francesco per Gerusalemme
  • Sentiero dei Fioretti
  • Di qui passò Francesco… con le ali ai piedi
  • Cammino di Oropa
  • Cammino di San Nilo
  • Cammino di San Bernardo delle Alpi
  • Cammino di San Carlo
  • Cammino di San Pellegrino
  • Cammino di Hasekura e dei martiri giapponesi
  • Cammino di San Bartolomeo
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Le location in Irlanda di “Dungeon & Dragons – L’onore dei ladri”

Quando in un film si vedono paesaggi naturali incontaminati, selvaggi e primordiali, spesso significa che ci troviamo in Irlanda. Ed è il caso anche delle location dove è stato girato il film fantasy “Dungeon & Dragons – L’onore dei ladri”, che vede tra i protagonisti anche Hugh Grant e Chris Pine, ambientato in particolare nell’Irlanda del Nord.

Le location irlandesi di “Dungeon & Dragons”

La bellezza incontaminata dell’Irlanda del Nord e il suo patrimonio storico-culturale si sono prestati benissimo alla ricostruzione dell’atmosfera fantasy del film.

Tollymore Forest Park, set del “Trono di spade”

Tra le location più riconoscibili c’è Tollymore Forest Park, il primo parco forestale dell’Irlanda del Nord non lontano da Belfast, che copre un’area di quasi 630 ettari ai piedi delle Mourne Mountains. Regala delle spettacolari vedute sui pendii verdeggianti e selvaggi e sul mare di Newcastle.

Questo luogo era già apparso sul piccolo schermo. L’ingresso principale del parco, infatti, è stato usato come location per il cancello d’entrata del castello di Grande Inverno (o Winterfell) in “Game of Thrones”, sede di Casa Stark e capitale del Regno del Nord.

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Fonte: 123rf

L’ingresso del Tollymore-Forest Park in Irlanda del Nord

Castle Ward o “Grande Inverno”

Altro luogo ben riconoscibile per chi è stato in Irlanda è Castle Ward, l’insolita casa padronale del XVIII secolo con la doppia facciata, al centro di un parco che si affaccia su Strangford Lough, nella Contea di Down, nell’Irlanda del Nord. Anche questo luogo è stato già usato per rappresentare Grande Inverno nel “Trono di spade”.

Il fiabesco Myra Castle

La tenuta un tempo comprendeva una segheria ad acqua, un mulino e un’aia. I visitatori oggi possono passeggiare tra giardini, boschi ombreggiati e il litorale di Strangford Lough. Ci sono anche 32 km di sentieri da esplorare a piedi, in bicicletta o a cavallo.

Un altro luogo usato come set di “Dungeon & Dragons” è Myra Castle, a circa 6 km da Downpatrick, sempre nella Contea di Down. Si tratta di un’altra tenuta fiabesca che risale al 1884, con un parco e degli splendidi giardini. A evocare un’atmosfera d’incanto contribuiscono piante secolari, una terrazza balaustrata, un chiosco estivo Mogul, un giardino recintato, impreziosito dai resti di Walshestown Castle (XVI secolo), un ruscello, uno stagno, una serra e una casetta con giardino.

Il Castello di Carrickfergus

“Dungeons & Dragons” è stato girato in un altro castello, quello di Carrickfergus. Si tratta di un maniero di origini normanne, situato nell’omonima località della Contea di Antrim, sulla costa settentrionale del Belfast Lough. Il suo avventuroso passato è perfettamente in linea con il film: assediato da scozzesi, irlandesi, inglesi e francesi, il castello svolse un importante ruolo militare fino al 1928 ed è una delle strutture medievali meglio conservate d’Irlanda. Da più di 800 anni, si profila imponente all’orizzonte sia che ci si avvicini via terra, via mare o via aerea. Attualmente, ospita esposizioni storiche e cannoni dal XVII al XIX secolo.

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Fonte: 123rf

Il Castello di Carrickfergus in Irlanda

Tra i castelli usati come set ci sono anche le rovine di Dunseverick Castle, che sormontano in modo scenografico uno sperone di roccia ricoperto da un verde manto che sembra gettarsi nell’Atlantico.

Dormire a Glenarm Castle

Un altro palazzo storico bellissimo dove è stato girato il film è Glenarm Castle & Garden, vicino a Belfast. Si tratta di un piccolo gioiello, autenticamente rustico, dove è anche possibile soggiornare. Si può dormire, infatti, nella Barbican Gate (la torretta), nella quale è stato ricavato un grazioso appartamento con terrazza che dà sul castello (ancora abitato dai proprietari) e sulla costa della Contea di Antrim. Splendido è anche il giardino risalente alla seconda metà del XVIII secolo.

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Glenarm Castle nella Contea di Antrim, in Irlanda

La natura irlandese

Ci sono anche tanti luoghi naturali dell’Irlanda del Nord usati come set del film. Tra questi, Hen Mountain, una zona montuosa dalla particolare conformazione rocciosa che fa parte delle spettacolari Mourne Mountains. Poi c’è Castlewellan Forest Park, una bellissima area verde considerata l’arboreto dell’Irlanda del Nord: all’interno non manca un castello e un labirinto. Un luogo assolutamente affascinante è l’imponente scogliera di Fair Head, alta duecento metri e lunga ben 5 km.

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Fonte: 123rf

Le scogliere di Fair Head in Irlanda

Altra location è Lough Neagh, il lago d’acqua dolce più grande dell’isola d’Irlanda che si trova proprio nel centro dell’isola.

Una piccola baia contornata da rocce che emergono aguzze dall’acqua turchese e che sembrano essere parte di un enorme scheletro di dinosauro, tra le quali s’insinua un porticciolo: così si presenta dall’alto Ballintoy Harbour, lungo la Causeway, un luogo visto anch’esso in “Game of Thrones”. Il colpo d’occhio, man mano che ci si avvicina, percorrendo le strette curve della stradina che portano alla baia, è notevole: il colore dell’acqua, il disegno degli scogli, l’azzurro del cielo, la vista su Sheep Island, uno spettacolo autentico.

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Ballington Harbour in Irlanda

I Titanic Studios di Belfast

L’ultimo capolavoro cinematografico della Paramount ha sfruttato, per le scende girate negli interni, i teatri di posa Titanic Studios di Belfast, uno dei più grandi studi cinematografici d’Europa, utilizzato da grandi produzioni a partire dalla saga del “Trono di spade”.

Gli Studios e le strutture di post-produzione sono parte del Media Campus del Titanic Quarter, uno dei più grandi progetti di rigenerazione urbana d’Europa di un’area di lungomare. Sorto su 75 ettari di un ex cantiere navale, ha visto nascere non solo gli studi cinematografici, ma anche un parco scientifico, un campus universitario, appartamenti residenziali, negozi, hotel, valorizzando anche storici monumenti marittimi. Fulcro di questa vasta area della capitale dell’Irlanda del Nord è il museo Titanic Belfast, recentemente riaperto dopo un’importante opera di restyling.

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Dove è stato girato “I cacciatori del cielo” con Beppe Fiorello

È un omaggio all’“Asso degli assi” il docu-film della RAI “I cacciatori del cielo”, realizzato in collaborazione con Aeronautica Militare, che vede protagonista Giuseppe Fiorello nel ruolo del protagonista Francesco Baracca, il più grande pilota d’Italia considerato un eroe nazionale.

Per celebrare il Centenario della costituzione dell’Aeronautica Militare nel 2023, il film racconta la storia privata e le vicende militari del grande aviatore che ha combattuto nella Grande Guerra, conseguendo il maggior numero di vittorie aeree in assoluto, ben 34.

I luoghi di Francesco Baracca

Baracca era originario di Lugo di Romagna, una cittadina nella pianura tra Bologna e Ravenna, a pochi chilometri dal Mare Adriatico e dai primi rilievi dell’Appennino Romagnolo, al centro della Romagna Estense. Lugo è famosa per la Rocca Estense, l’imponente castello che domina la città dalla fine del 1200. Ma Lugo è ben conosciuta dai melomani per essere stata, per alcuni anni, anche la città di Gioacchino Rossini che si trasferì qui con la famiglia nel 1802. Proprio a Lugo, il giovane musicista iniziò a studiare i primi rudimenti di teoria musicale. Per ripercorrere la sua storia è possibile visitare la casa-museo della famiglia Rossini.

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Fonte: 123rf

Il monumento dedicato a Francesco Baracca a Lugo

Dicono che, se si sorvola la cittadina con un aereo, vista dall’alto, la pianta di Lugo ricalchi fedelmente il profilo di un aereo. Era quindi destino che proprio qui nascesse l’eroe dell’aria.

La sua città natale ha dedicato a Francesco Baracca un museo intero, dove sono state girate alcune scene del film. È stato ricavato nella sua casa natale, che si trova nel pieno centro storico di Lugo, e che conserva i cimeli e gli oggetti appartenuti all’eroe. Ospita anche il famoso Spad VII, l’aereo del 1917 appartenuto alla 91^ Squadriglia Caccia, comandata da Baracca sul quale conseguì la trentesima delle sue 34 vittorie col famoso emblema del cavallino rampante, noto in tutto il mondo per essere stato adottato, poi, da Enzo Ferrari come stemma per le automobili prodotte a Maranello, che dista poco più di un’ora d’auto. Una copia fedele dell’aereo è esposta anche nell’area partenze dell’aeroporto di Venezia.

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Il Castello di Lugo

Nella casa-museo c’è anche un simulatore di volo che ricrea il paesaggio storico con la mappatura sul modello digitale del terreno delle foto aeree di guerra italiane e austro-ungariche e consente di vedere dall’alto sia il paesaggio degli anni 1915-18 sia quello odierno.

Il museo è il punto di partenza di un itinerario sulle orme di Baracca che è stato creato a Lugo e che comprende anche il monumento dello scultore Domenico Rambelli, alla base del quale spicca il celebre cavallino rampante che lo stesso Baracca voleva impresso sulla fiancata del proprio velivolo. Il monumento a Francesco Baracca venne inaugurato nel 1936 dal Duca d’Aosta.

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Dell’itinerario fa parte anche la Cappella sepolcrale nel cimitero cittadino, al cui interno si può ammirare il maestoso sarcofago fuso col bronzo dei cannoni austriaci del Carso che ospite le spoglie dell’aviatore.

Le altre location del film

Il film parte dal 1915, anno in cui Baracca, Pier Ruggero Piccio, aviatore che poi divenne Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica Militare, e Bartolomeo Piovesan, meccanico di umili origini addetto alla manutenzione dell’aereo di Baracca, si ritrovano insieme nel campo di aviazione di Santa Caterina, vicino a Udine, sede del primo reparto aerei da caccia e del Comando Supremo. Ed è proprio in questa piccola frazione del Friuli-Venezia Giulia, quella dei cosiddetti “Cacciatori di Santa Caterina” a cui s’ispira il docu-film, che è nata l’aviazione da caccia italiana.

La disfatta di Caporetto porterà la squadriglia ad abbandonare Santa Caterina per trasferirsi nel Veneto, sul campo di aviazione di Quinto, vicino a Treviso, che fu ad uso esclusivo della 91^ Squadriglia. L’aeroporto comprendeva nove hangar-tenda mimetizzati, intorno ai quali c’era una serie di baracche in legno.

Le scene del film sono state girate nella Aviosuperficie Francesco Baracca a Nervesa della Battaglia, proprio in provincia di Treviso, dove si trova anche la Fondazione Jonathan Collection che ospita una replica volante dello Spad XIII, uno degli iconici aerei di Baracca. Qui si trova l’ultimo esemplare originale di hangar Bessoneau Tipo H della Prima guerra mondiale che sopita diversi velivoli d’epoca originali, dai primi del Novecento fino ai modelli degli Anni ’50, ancora perfettamente funzionanti e alcune repliche più recenti.

Tre le altre location del Veneto ci sono anche Villafranca di Verona, famosa per la Roccaforte degli Scaligeri e passata alla storia per la pace di Villafranca, che fu preludio all’unità d’Italia; Lonigo, in provincia di Vicenza, e il Museo Villa Lattes di Istrana, vicino a Treviso, una splendida palazzina settecentesca che si può visitare.

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Fonte: 123rf

Villafranca di Verona e la Roccaforte degli Scaligeri
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Viaggi zaino in spalla? Ora puoi fare slackpacking

Uno dei modi più suggestivi di viaggiare è il backpacking, quello che noi comunemente chiamiamo “zaino in spalla”: economico ed emozionante, permette di addentrarsi nel cuore di luoghi incontaminati e andare alla scoperta di paesaggi meravigliosi, altrimenti irraggiungibili. Certo, non è un viaggio adatto proprio a tutti. Per questo, negli ultimi anni si sta diffondendo sempre più lo slackpacking, un nuovo modo di fare escursioni. E presto potrebbe diventare il vero trend delle vacanze all’aria aperta. Scopriamo di che cosa si tratta.

Slackpacking, il nuovo trend di viaggio

Per capire che cos’è lo slackpacking, facciamo un passo indietro. Quando si parla di viaggi zaino in spalla, si intende un’escursione più o meno lunga (può durare persino qualche settimana!) durante la quale ci si incammina con un grande zaino contenente tutto quello di cui si può avere bisogno durante questa esperienza. Dal cibo al cambio di vestiti, passando per tenda e sacco a pelo: insomma, ci si carica sulle spalle l’intero bagaglio che dovrà bastare per tutta la vacanza. Anche perché, nella maggior parte dei casi, ci si addentra in luoghi in cui non è certo facile trovare altro che – se si è fortunati – un po’ di cibo aggiuntivo.

Il backpacking è dunque una vera e propria avventura, che però non è adatta a tutti. Occorrono un buon allenamento, tanta voglia di camminare e una capacità di adattamento non indifferente. Viaggi di questo genere non sono solitamente alla portata di chi ha qualche difficoltà di salute, o anche di chi si muove in famiglia e ha dei bambini con sé. Ci sono esigenze diverse che hanno spinto verso la nascita dello slackpacking, un nuovo modo di viaggiare zaino in spalla che permette ad un più vasto numero di turisti di sperimentare escursioni all’aria aperta.

Lo slackpacking altro non è che un viaggio “leggero” che prevede l’aiuto di un collaboratore (può essere un amico desideroso anch’esso di avventure, o più semplicemente qualcuno appositamente pagato per fare questo lavoro). Chi si mette in marcia porta con sé uno zaino piccolino, nel quale ha a disposizione tutto ciò che può servirgli durante la giornata: una buona scorta d’acqua, qualche pasto da consumare in viaggio e un cambio d’abiti per eventuali emergenze, oltre a piccoli strumenti come una torcia o un coltellino da campeggio. Al resto pensa il collaboratore: è lui ad attendere il viaggiatore in un punto di ritrovo concordato in precedenza, portando con sé (in genere in auto) attrezzatura pesante come la tenda, il sacco a pelo o il fornelletto da campeggio.

I vantaggi dello slackpacking

Lo slackpacking diventa così un viaggio avventuroso alla portata di quasi tutti, assolutamente da provare. Il peso caricato sulle spalle è molto più leggero, e alla fine di una lunga giornata all’aria aperta c’è qualcuno che ci aspetta con tutto l’occorrente per la notte, oltre a cibo e abiti puliti che non dovremo avere nel nostro zaino. Al mattino seguente, non dovremo far altro che preparare quello di cui avremo bisogno per la nuova giornata e lasciare che del resto si occupi il nostro collaboratore, che si farà trovare ancora una volta alla fine del nostro percorso quotidiano.

Questo nuovo trend di viaggio è l’ideale per chi ama fare trekking, anche se non ha un ottimo allenamento. Lo si può adottare anche per fare qualche tappa particolarmente difficile di un lungo itinerario a piedi, da adottare dunque in alternanza con il backpacking “puro”. E anche le famiglie possono cimentarsi in questa avventura, scegliendo naturalmente percorsi adatti anche ai ragazzini – e sempre avendo con sé tutto quello che può essere necessario per i più piccoli. Tutti pronti per partire verso una nuova, emozionante escursione?

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Perché dovresti visitare un Tea Garden almeno una volta nella vita

Ci mettiamo in viaggio per tantissimi motivi e ogni volta che ne abbiamo l’occasione. Lo facciamo per andare alla scoperta delle meraviglie che appartengono al mondo che abitiamo, quelle che portano la firma di Madre Natura e quelle che, invece, sono state realizzate dall’uomo. Lo facciamo per raggiungere opere d’arte e architettoniche che sono diventate iconiche, ma anche per toccare con mano le culture, le tradizioni e le usanze che appartengono a popolazioni lontane.

Qualunque siano i motivi che invitano a girare il globo in lungo e in largo abbiamo tutti una missione condivisa: quella di vivere esperienze uniche, straordinarie e incredibili, destinate a costruire i ricordi più belli di sempre.

E se è un’avventura così che volete vivere, allora il consiglio è quello di inserire nella lista dei luoghi da visitare almeno una volta nella vita un Tea Garden. Vi spieghiamo cosa sono, dove si trovano e perché dovreste raggiungerli al più presto.

Bere un tè in un giardino delle meraviglie: l’esperienza unica

Entrare in un Tea Garden è un po’ come indossare i panni di Alice nel Paese delle Meraviglie. In questi luoghi, infatti, tutto sembra magico e incantato e le fotografie che ritraggono i giardini non possono che confermarlo.

Cosa sono i Tea Garden è il nome stesso a suggerircelo, si tratta di giardini all’aperto, di grandi o piccoli dimensioni, all’interno dei quali è possibile passeggiare, rilassarsi, vivere e condividere giornate all’insegna della spensieratezza e, naturalmente, bere i migliori tè in circolazione.

Pare proprio che le origini di questi giardini sono collegate al Regno Unito, e questo non ci stupisce dato che in questo Paese quello di prendere un tè è diventato un vero e proprio rituale. Nei primi giardini ad accesso pubblico, infatti, mentre gli uomini si incontravano per bere vino o birra, le donne erano solite incontrarsi nelle zone designate per il tè.

Il termine Tea Garden, oggi, è utilizzato sia in riferimento a giardini e sale da tè all’aperto, sia alle piantagioni da tè, come quelle che si snodano in India o in Cina. Nella maggior parte dei casi, però, si tratta di luoghi accessibili a turisti e viaggiatori.

In questi giardini tutto è realizzato in maniera minuziosa. Da una parte ci sono le aree riservate alle piantagioni del tè, dall’altra, invece, percorsi pedonali per permettere agli ospiti di passeggiare all’interno di questi parchi dove la natura è assoluta protagonista. Non mancano quasi mai zone adibite alla degustazione del tè, raccolto e prodotto, per rendere l’esperienza ancora più straordinaria.

Fiori di ciliegio nel Tea Garden a Longyan

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Fiori di ciliegio nel Tea Garden a Longyan

Ci sono, poi, i Tea Garden giapponesi che, come il nome stesso suggerisce, si ispirano allo stile e alla cultura del Paese del Sol levante. In questo caso non ci sono piantagioni da visitare, ma atmosfere fiabesche nelle quali gli ospiti sono invitati a immergersi per vivere e condividere l’esperienza della cerimonia del tè.

Tra i più celebri del mondo troviamo il Japanese Tea Garden, un angolo di paradiso situato nel cuore di San Francisco dove è possibile vivere un’avventura davvero unica. Situato all’interno del Golden Gate Park, il più grande parco della città, questa area nipponica è caratterizzata da un paesaggio suggestivo che ammalia e incanta. Ci sono i laghetti, i ponti e un tempio buddista. Non manca, ovviamente, una sala da tè incorniciata dalla natura lussureggiante.

Alla scoperta dei Tea Garden nel mondo

Come abbiamo anticipato, i Tea Garden si trovano in tutto il mondo. Tra i più celebri c’è il Jungpana Tea Estate, un giardino delle meraviglia incastonato nell’area dell’Himalaya e situato a un’altitudine che supera i 1000 metri. Si tratta di un vero paradiso per tutti gli amanti del tè che proprio qui possono vere una delle esperienze sensoriali più incredibili di una vita intera

Nella provincia indiana del Darjeeling, invece, troviamo uno dei più grandi giardini di tè al mondo. Si tratta del Phughuri Tea Estate che si estende su una superficie di 430 ettari e che produce, ogni anno, più di 100.000 chili di foglie della bevanda più amata dal mondo.

Elencare tutti i Tea Garden del mondo è una missione pressoché impossibile, quello che possiamo dirvi, però, è che i più suggestivi sono quelli che si snodano in Cina, gli stessi che durante la primavera si trasformano in capolavori d’arte dipinti da Madre Natura. Mentre i raccoglitori di tè, muniti di grandi cappelli di paglia, iniziano a lavorare tra le piantagioni e le colline, gli ospiti possono passeggiare in un paesaggio naturale d’immensa bellezza.

A Longyan, per esempio, esiste un giardino da tè incastonato tra le colline di Fujian che ospita centinaia di alberi di ciliegio che durante la primavera colorano tutto di mille sfumature di rosa. È possibile visitare le piantagioni, e le fioriture, anche a bordo di un trenino rosa. L’esperienza è così suggestiva che ogni anno questo luogo viene raggiunto da migliaia di viaggiatori provenienti da ogni parte del mondo.

Sempre in Cina, e più precisamente a Hangzhou, è possibile assaggiare il celebre tè Dragon Well, famoso in tutto il mondo, all’interno di un giardino lontano dai sentieri più battuti dal turismo di massa. Si tratta del Longjing Imperial Tea Garden, un parco situato nel piccolo villaggio di Longjing caratterizzato da terrazze idilliache e piantagioni di tè. All’interno del giardino, inoltre, è presente anche il tempio Song Guangfu, la pagoda Biancai e altri monumenti storici e culturali. Non mancano, ovviamente, anche sale da tè interne ed esterne per vivere un’esperienza sensoriale davvero unica.

A Fuzhou, invece, capitale della provincia cinese del Fujian, nonché uno dei più importanti centri della cultura del tè, le piantagioni si snodano tra le montagne ondulante che circondano il centro urbano e creano un paesaggio idilliaco. Qui non solo i viaggiatori possono visitare il Tea Garden, ma sono invitati al partecipare alla raccolta delle foglie da tè circondati e immersi in un panorama mozzafiato.

Ultimi, ma non meno importanti, sono i suggestivi giardini del tè che si snodano sulle isole del lago Qiandao. Ci troviamo a Lishang, nella provincia dello Zhejiang nella Cina orientale. Proprio qui, in primavera, migliaia di piante da tè esplodono in tutta la loro bellezza creando un paesaggio idilliaco e straordinario. Una visita qui, questo è chiaro, è un’esperienza unica che consente di immergersi e perdersi nella più autentica cultura del tè.

Tea Garden On Qiandao Lake

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Tea Garden, Qiandao Lake
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Dove andare a sciare a Pasqua: gli impianti (ancora) aperti

La Pasqua, quando arriva, porta con sé anche il cambio definitivo di stagione: segna il vero e proprio inizio della primavera e, in alcuni casi, detta l’arrivederci all’anno prossimo alla neve. Chi ama fare sport invernali sa che questo è il periodo finale in cui poterli praticare, ma il problema è che molti impianti sono già chiusi. Ad eccezione di alcuni, che ora vi andremo ad illustrare.

Pasqua in Valle d’Aosta

Pila, meravigliosa località che sorge a 1790 metri s.l.m. in Valle d’Aosta, regala una primavera davvero speciale: la neve c’è, le giornate sono luminose e miti, si può stare all’aperto a lungo, è possibile pranzare scaldati dal sole e prendere la tintarella di fine stagione.

Ma questo è anche il periodo perfetto per raggiungere altre mete della regione: grazie al collegamento con il centro di Aosta – in meno di 20 minuti – la vacanza può continuare permettendo di visitare la città, ricca di vestigia del passato. Utilizzando l’automobile si possono invece scoprire i borghi nelle vicinanze, ma anche trascorrere una giornata rilassante presso le terme di Pré-Saint-Didier.

E per chi vuole sciare qui ci sono ben 15 impianti di risalita e 70 km di piste che si possono utilizzare fino al 15 aprile. Altri impianti aperti in Valle d’Aosta sono a Cervinia, dove la chiusura è prevista il 7 maggio 2023, mentre nel resto della Valtournenche il 10 aprile. A La Thuile la skiarea è aperta sino al 16 aprile e, durante il fine settimana di Pasqua, sono previsti diversi appuntamenti come la 46esima edizione della Gara di Slalom e LTH SPRING MUSIC FESTIVAL, 2 giorni di divertimento con una rassegna musicale per festeggiare l’arrivo della primavera.

Dolomiti Bellunesi: la stagione è ancora aperta

Se in molte località d’Italia i 20 gradi centigradi fanno venire la voglia di mare, sulle Dolomiti Bellunesi la stagione della neve è tutt’altro che agli sgoccioli: al Faloria di Cortina si continua a sciare fino al primo maggio, a Porta Vescovo si chiude il 25 aprile, mentre al Pordoi l’ultima data utile per una discesa è il 16 aprile.

Gli ultimi a fermarsi il giorno 1 maggio saranno invece la sciovia Tondi di Faloria, le seggiovie Vitelli, Rio Gene, Plan de Ra Bigontina e la funivia Faloria del comprensorio di Cortina dove al momento sono operativi 27 impianti su 36 con 95 chilometri di piste su 120.

Mantre poco prima (tra il 16 e il 25 aprile) lo stop ad Arabba (con 118 chilometri di piste su 120 aperte). Tutti gli altri — Tofana, Alleghe, 5 Torri, Col Gallina, Le Pale e Marmolada, per citarne alcuni — lasceranno passare Pasqua e il lunedì dell’Angelo per dichiarare finita la stagione.

Sciare in Lombardia

A Pasqua è ancora possibile sciare anche nelle splendida regione Lombardia. Se le piste del bresciano hanno quasi tutte chiuse i battenti per via del caldo, diversa è la situazione a Livigno, il Tibet d’Italia, che darà la possibilità di sciare fino al 1° maggio.

Sotto controllo anche la situazione nel resto della Valtellina grazie agli impianti di innevamento presenti in ogni località, una condizione che ha permesso a tutte le stazioni sciistiche di affrontare più o meno tranquillamente questo finale di stagione.

L’11 aprile sarà invece il giorno di chiusura a Bormio, così come le cose non cambiano a Santa Caterina Valfurva. La situazione è buona anche a Madesimo, in Valchiavenna, dove la chiusura è prevista per il giorno 11 aprile.

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Questo piccolo atollo remoto è il luogo da raggiungere per le tue vacanze

Esiste un posto, situato dall’altra parte del mondo, che incanta per le sue forme e per i suoi colori, per quella natura lussureggiante, autentica e primordiale che ha dipinto di meraviglia ogni centimetro di questo piccolo lembo di terra. Un vero e proprio paradiso terrestre, selvaggio e straordinario, dove la vita scorre lentamente e diversamente dai ritmi frenetici e caotici che scandiscono le nostre giornate.

Questo luogo sembra un sogno a occhi aperti, e invece è reale e per questo ancora più straordinario. Per scoprirlo dobbiamo volare verso le Isole Tuamotu, nella Polinesia Francese e nel cuore dell’Oceano Pacifico. È proprio qui che, incastonato nella più grande catena di atolli nel mondo, sorge Tikehau, una piccola isola remota che vi permetterà di vivere l’esperienza di viaggio più bella di una vita intera.

Tikehau: l’atollo selvaggio e paradisiaco nel cuore dell’oceano

Si chiama Tikehau, e tradotto letteralmente vuol dire “Atterraggio Pacifico”. Il nome fa riferimento al fatto che l’isola è da sempre considerata come uno dei luoghi più pescosi del pianeta. L’atollo, infatti, è un punto di riferimento per il mercato ittico di Papeete.

I motivi per raggiungere questo lembo di terra nell’Oceano Pacifico sono tantissimi, e tutti sono destinati a incantare. Del resto basta guardare le fotografie che lo ritraggono per intuirli tutti.

Tikehau è un vero e proprio paradiso terrestre, un eden selvaggio e solitario dove vivere e condividere esperienze all’insegna di pace, relax e bellezza. Tra spiagge di sabbia rosa, vegetazione rigogliosa e ricca fauna locale, questo microcosmo delle meraviglie è la destinazione perfetta per chiunque sente l’esigenza di staccare da tutto e da tutti e di allontanarsi dai ritmi caotici della città.

L’isola è situata a poco più di 300 chilometri da Tahiti ed è raggiungibile in volo sia da Papeete, in circa un’ora, che da Rangiroa, in appena 20 minuti. A Tikehau vivono appena 400 anime, per lo più pescatori, ma quelle bastano a far conoscere ai viaggiatori la vera essenza dell’isola, la sua anima.

Se avete in mente di organizzare un viaggio qui, il consiglio è quello di alloggiare all’interno delle guest house in stile tahitiano per perdersi e immergersi nei colori, nei profumi e nella quotidianità di quest’isola e vivere così un’esperienza genuina e autentica.

Una vacanza in un paradiso terrestre

Non ci sono traffico, smog e caos, sull’atollo di Tikehau, ma ci sono i colori, quelli utilizzati da Madre Natura per dipingere uno dei luoghi più belli del pianeta. C’è il blu dell’oceano però, caratterizzato da tante sfumature turchesi, che circonda tutto intorno questo lembo di terra. Ci sono gli squali pinna bianca, le tartarughe e le mante, quelle che hanno ali che superano i 3 metri e che sono soprannominate “Diavoli di mare”.

Ci sono poi diversi esemplari di volatili. Sono tantissime, infatti, le colonie di uccelli che si rifugiano sull’atollo di Tikehau e con il loro canto giornaliero creano la perfetta colonna sonora di una vacanza indimenticabile.

Ci sono il cielo e il mare che si riflettono uno dentro l’altro e che insieme si perdono all’orizzonte. E c’è la natura, rigogliosa e straordinaria, che si trasforma nella cornice ideale di un’esperienza di pace, calma e serenità che tutti ci meritiamo.