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Il tesoro di Napoli è nascosto nel cuore della città

Esiste una città, in Italia, che per bellezza, tradizioni e contraddizioni non è paragonabile a nessun altro luogo nel mondo. E non sono solo le meraviglie visibili e le attrazioni iconiche che incantano no, anche se quelle da sole potrebbero bastare. È l’anima delle persone che vive e rivive nelle strade, nei vicoli e nei vicarielli, quella che si percepisce nei racconti, nelle storie e nelle leggende, la stessa che si ascolta nei brusii e nel rumore della città, a fare davvero la differenza.

Stiamo parlando di Napoli e di quella napoletanità che non si può descrivere, ma solo vivere. La stessa che penetra la pelle e arriva dritta al cuore, lì dove è destinata a restare probabilmente per sempre.

Ed è proprio a Napoli che oggi vogliamo tornare, insieme a voi, per portarvi alla scoperta del tesoro più prezioso della città, quello conservato nel ventre del capoluogo campano. Un luogo tanto caro ai cittadini, quanto affascinante e seducente per i viaggiatori. Benvenuti nella Reale Cappella del Tesoro di San Gennaro.

La Reale Cappella del Tesoro di San Gennaro

Straordinaria, opulenta, suggestiva, questa è la Reale cappella del Tesoro di San Gennaro, uno scrigno di tesori preziosi che parlano di Napoli e che è nato proprio su volontà dei cittadini come segno di devozione a San Gennaro, il protettore del popolo.

La cappella è simbolo e patrimonio della città intera, non solo per il prestigio e l’importanza delle opere che custodisce, e neanche per il grande numero di artisti e pittori di fama internazionale che hanno lavorato al progetto, ma soprattutto perché questa rappresenta il profondo legame che la città ha con il suo Santo protettore.

La stessa nascita di questo scrigno del tesoro ha a che fare con la devozione dei napoletani. Furono i cittadini, a seguito di eventi che avevano scosso l’intera città come la peste e le eruzioni vulcaniche, a esprimere il desiderio di voler creare per il Santo una nuova cappella all’interno del Duomo, in sostituzione dell’altra che ormai era stata consumata dagli anni.

Così il 13 gennaio del 1527, il popolo di Napoli si riunì davanti a un notaio per pronunciare la solenne promessa di erigere per il Santo una nuova cappella, con tanto di documento sottoscritto dagli eletti della città.

La costruzione della Reale Cappella del Tesoro di San Gennaro cominciò  l’8 giugno del 1608 e si conclusa nel 1646 con la realizzazione della pala Il San Gennaro esce illeso dalla fornace di Jusepe de Ribera, posta sull’altare di destra.

Dato che la costruzione della Reale Cappella è nata sotto espresso desiderio del popolo, la città di Napoli è riuscita a ottenere l’indipendenza dalla curia arcivescovile.

Interni, Reale Cappella del Tesoro di San Gennaro_lucamato

Fonte: iStock/lucamato

Interni, Reale Cappella del Tesoro di San Gennaro

Il sangue di un popolo

La Reale Cappella del Tesoro di San Gennaro si apre davanti agli occhi di chi entra nel Duomo di Napoli come uno scrigno di tesori preziosi. Impossibile non notare quell’ambiente straordinario posto lungo la navata destra che attira l’attenzione di migliaia di persone provenienti da ogni parte del mondo.

La cappella, che è uno dei più splendidi capolavori di architettura barocca napoletana, accoglie i visitatori con lo stemma della città scolpito nel pavimento, come a ricordare che questo luogo appartiene a Napoli e a nessun altro.

All’interno è possibile ammirare alcune delle opere artistiche più importanti del ‘500 e del ‘600 che portano la firma di pittori locali e artisti internazionali, ma anche un numero infinito di oggetti preziosi di devozione che nei secoli sono stati donati a San Gennaro dai sovrani e dal popolo.

Ma la vera meraviglia di questo luogo risiede in quella straordinaria e indissolubile relazione di fede che esiste tra i cittadini e il Santo e che si manifesta in tutto il suo splendore in quell’attesa solenne di quei tre giorni l’anno, quelli in cui è proprio San Gennaro, con il miracolo della liquefazione del sangue, a rinnovare il legame con Napoli.

Altare Maggiore, Reale Cappella del Tesoro di San Gennaro

Fonte: iStock/lucamato

Altare Maggiore, Reale Cappella del Tesoro di San Gennaro
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Il borgo italiano che è diventato un “Paese in posa”

All’ombra delle grandi e scintillanti città che brulicano di vita, a ogni ora del giorno e della notte, esistono luoghi nascosti e protetti alla stregua di tesori preziosi. Destinazioni che, con le loro atmosfere sospese, sembrano immuni dalle leggi del tempo. E sono così belle da non sembrare reali.

Sono i borghi del nostro Paese. Sono tutti quei luoghi che hanno l’onere e l’onore di conservare e tramandare le tradizioni di un tempo, quelli in cui le cose si fanno “come una volta“. Posti in cui la memoria è affidata a chi va, ma sopratutto a chi resta a proteggere un patrimonio inestimabile per l’intera umanità.

Ed è proprio in uno di questi luoghi che vogliamo portarvi oggi, in un piccolo borgo immerso nei paesaggi naturali del BelPaese fatto di arte e mestieri antichi, di fascino genuino e autentico. Benvenuti a Barni, nel Paes de Scuprì.

Barni: El Paes de Scuprì

Barni è un piccolo gioiello tutto da scoprire, un borgo caratteristico situato a circa un’ora da Milano e a pochi minuti dal Lago di Como. Immerso nell’incredibile scenario del Triangolo Lariano, questo piccolo paese è il luogo perfetto per una fuga off radar.

Centinaia di viaggiatori provenienti da ogni dove, infatti, scelgono di raggiungere il borgo per staccare da tutto e per dedicarsi alla scoperta di patrimonio fatto di arte, antichi mestieri e natura, per toccare con mano le tradizioni conservate e tramandate da chi ha scelto di restare.

Sono meno di 600 le persone che popolano questo paese e che hanno assunto il compito di far conoscere e proteggere tutte le meraviglie che lo caratterizzano, oggi esattamente come ieri. Come quella piccola chiesa romanica di San Pietro e Paolo il cui restauro è stato possibile proprio grazie a una campagna di crowdfunding. O come quell’evento “El paes de scuprì”, in programma il 16 agosto 2022, che è stato pensato come un invito a scoprire e riscoprire a piedi il borgo, la sua storia e il suo patrimonio.

Chiesa romanica San Pietro e Paolo

Fonte: Ufficio Stampa CulturaBarni

Chiesa romanica San Pietro e Paolo

Un “Paese in posa”

Cosa fare a Barni è presto detto. La parola d’ordine è scoprire, meglio ancora se a ritmo slow, tutto ciò che caratterizza questo incredibile borgo. Basta una passeggiata per toccare con mano l’anima del luogo e delle persone che lo abitano, per scoprire gli scorci suggestivi e la storia che è conservata nei cortili, negli angoli pittoreschi del borgo, nei vicoli e nei cortili.

Spegnere lo smartphone e dimenticare l’orologio, è questo il modo migliore per esplorare Barni, un Paes de Scuprì di nome e di fatto. Lo ricorda la Giornata Pedonale del 16 agosto, uno degli eventi più importanti del Paese – giunto alla sua 29esima edizione –  che ha come obiettivo quello di far conoscere ai viaggiatori di tutto il mondo quella che era la vita di un tempo. Un invito, questo, che è valido anche in ogni momento dell’anno.

Barni, infatti, è stato trasformato in un “Paese in posa”. Grazie a un progetto curato dall’associazione CulturaBarni e la fotografa Giulia Caminada, la storia di questo borgo, e delle persone che lo abitano, continua a vivere tra le strade e le corti. Qui sono state posizionate gigantografie in bianco e nero dove sono ritratti i barnesi che, orgogliosamente, si mostrano in posa con oggetti del passato come vecchie bici, pentole e attrezzi agricoli.

Il risultato è un museo etnografico a cielo aperto che permette a tutte le persone che giungono fin qui di fare un viaggio nel passato per scoprire la storia e nella tradizione del borgo antico.

Percorso pedonale "Un paese in posa"

Fonte: Ufficio Stampa CulturaBarni

Benve Percorso pedonale “Un paese in posa”
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Viaggio tra i vulcani di fango delle Salse di Nirano

Paesaggi dal fascino lunare, nati da un fenomeno geologico unico. La Via dei Vulcani di Fango è un vero e proprio percorso emozionale che porta alla scoperta di affascinanti borghi, dimore storiche, siti archeologici e una natura sorprendente.

Il sentiero si snoda per oltre 60 km attraverso il territorio di sei comuni – Fiorano Modenese, Maranello, Sassuolo, Scandiano, Castellarano e Viano – e due province, toccando oltre 50 luoghi di interesse, legati dalle formazioni argillose chiamate ‘salse’, che rappresentano un unicum a livello scientifico, geologico e botanico. Una destinazione senz’altro da scoprire per chi visita l’Emilia-Romagna.

La Via dei Vulcani di Fango

I cosiddetti ‘vulcani di fango’ sono prodotti dalla risalita in superficie di acqua salata e fangosa mista ad idrocarburi gassosi e liquidi che, venendo in superficie, stemperano le argille dando luogo alle tipiche formazioni a cono o polla, a seconda della densità del fango. Un fenomeno noto sin dall’antichità, come dimostrano diversi ritrovamenti archeologici in zona, e studiato da celebri scienziati del passato, con osservazioni anche molto fantasiose.

Il nome ‘salsa’ (dal latino ‘salsus’) deriva dall’alto contenuto di sale delle acque fossili, ricordo del mare che fino ad un milione di anni fa occupava l’attuale Pianura Padana. Sale che rende particolarmente inospitali e aridi i terreni attorno, tanto che le sole piante che qui possono sopravvivere sono graminacee come la Puccinellia fasciculata, diffuse nei litorali costieri. Le salse vengono considerate fenomeni “pseudovulcanici”, in quanto hanno caratteristiche simili ai vulcani, ma hanno origini completamente diverse, non essendo collegate al magma ed essendo assolutamente fredde.

La Riserva Naturale Salse di Nirano

Istituita nel 1982, la Riserva Naturale delle Salse di Nirano tutela il più vasto e peculiare complesso di “salse” della regione e, con quello di Aragona (Agrigento), il più importante d’Italia e uno tra i più complessi d’Europa. Si estende su circa 200 ettari nel territorio comunale di Fiorano Modenese, tra i corsi d’acqua Fossa e Chianca, sulle prime pendici dell’Appenino Modenese. Di minore estensione, ma non meno affascinanti e spettacolari, sono le salse situate nei comuni di Maranello (località Puianello), Sassuolo (località Montegibbio) e Viano (località Regnano e Casola Querciola).

Parte dell’Ente Parchi dell’Emilia Centrale, la Riserva è una delle principali tappe della Via dei Vulcani di Fango. Con la sua rete di 13 sentieri attrezzati e percorsi didattici aperti a tutti, anche a disabili e ipovedenti, il Centro visite Cà Tassi, sede anche del Ceas Pedecollinare, l’Ecomuseo Cà Rossa e il Campo catalogo delle cultivar antiche, accoglie circa 70.000 visitatori all’anno.

Alla scoperta del borgo di Fiorano

Una volta qui, vale la pensa visitare il borgo storico di Fiorano, partendo dal Santuario della Beata Vergine in piazzale Giovanni Paolo II, dove è visibile un’area archeologica all’aperto che conserva i resti murari di un ambiente interrato dello scomparso castello di Fiorano, che occupava un tempo la sommità del colle, distrutto nel Seicento per costruire il santuario.

Una piacevole passeggiata conduce tra le case dell’antico borgo detto “il Sasso”, lungo via Brascaglia che circonda il colle e via Bonincontro da Fiorano, dove si trova un edificio che conserva ancora le finestre decorate con formelle in terracotta, risalenti al Quattrocento.

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Umbertide, il borgo immerso nel verde

Oggi andiamo alla scoperta di un meraviglioso borgo italiano completamente immerso nel verde: Umbertide. Situato nella provincia di Perugia, sorge nel territorio dell’Alta Valle del Tevere, dominata dal Monte Acuto, in un contesto naturale di rara bellezza. Ma cosa vedere in questo luogo così suggestivo?

Cosa vedere a Umbertide

Partiamo dal presupposto che Umbertide vanta origini antichissime, ma che bisogna aspettare il Medioevo per far sì che questo posto viva uno sviluppo importante.

Il suo centro storico è perfetto per fare piacevoli passeggiate in cui ammirare le vetrine dei negozi e i vari edifici risalenti al XVIII secolo, tra cui il Palazzo Comunale in Piazza Matteotti e la Torre dell’Orologio.

Imperdibile è certamente la sua Rocca, detta anche Rocca di Fratta, che svetta in tutto il suo fascino grazie alla sua alta torre e i due bastioni. Ma la cosa più interessante è che oggi è adibita a Centro di Esposizioni d’Arte Contemporanea, il cui focus principale riguarda gli artisti locali della ceramica di cui la cittadina vanta una lunga tradizione. Occasionalmente vengono anche organizzate delle visite guidate per scoprirne gli interni.

Vale la pena fare un salto anche alla Chiesa di Santa Maria della Reggia che si trova in Piazza Mazzini. Un affascinate edificio religioso che è stato edificato nella seconda metà del XVI secolo con un’architettura esterna che conquista il cuore dei suoi visitatori grazie alla sua forma ottagonale e per la grande lanterna situata sulla sua sommità.

Gli interni, invece, sono di forma circolare e proteggono il quadro raffigurante la Beata Vergine della Reggia, uno favoloso tabernacolo, una fonte battesimale in marmo bianco, una statua di San Giuseppe e la Trasfigurazione di Cristo di Niccolò Circignani.

Interessante è anche il Museo Civico di Santa Croce che si trova all’interno dell’ex omonima chiesa. Esso conserva alcune opere degne di nota tra cui la Deposizione della Croce di Luca Signorelli. Vicino, tra le altre cose, ci sono la Chiesa di San Francesco e la Chiesa di San Bernardino: per questo motivo la piazza in cui svettano queste strutture viene anche definita delle “Tre Chiese”.

Cosa vedere nei dintorni di Umbertide

A pochi chilometri dal centro storico di Umbertide da non perdere è l’Abbazia di Montecorona. Gli esterni di questo edificio incantano per il campanile a base ottagonale, mentre gli interni conservano l’originale impianto medievale. Proseguendo in salita si raggiunge l’eremo che si rivela un luogo perfetto per ritrovare sé stessi e la propria spiritualità.

Infine il Castello di Civitella Ranieri, uno dei luoghi più maestosi e suggestivi dell’Umbria che vanta un fascino tutto rinascimentale. Meraviglioso anche il bosco di cui è circondato.

Infine, vi consigliamo di fare un salto al pittoresco borgo di Preggio che si trova 630 metri sul livello del mare. Il suo territorio è abbracciato da una ricca vegetazione, ma a colpire il visitatore è soprattutto la sua Rocca, in posizione dominante. Ma non solo. Da queste parti vale la pena fermarsi a scoprire anche la chiesa della S.S.Trinità in San Francesco che conserva un reliquiario che custodisce una “Sacra Spina” e la chiesa della Madonna delle Grazie che sfoggia un altare in stile rinascimentale e un affresco attribuito al Pinturicchio.

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Puoi dormire in una montagna magica nel cuore della Patagonia

Poche cose al mondo sanno emozionarci come quei grandiosi spettacoli messi in scena dalla natura, gli stessi che ci spingono ad attraversare il mondo intero alla ricerca di quei paesaggi che lasciano senza fiato.

E se è vero che ritrovarci davanti alle scenografie create da Madre Natura è un’esperienza incredibile, è altrettanto vero che addormentarsi e risvegliarsi in questi luoghi si trasforma, automaticamente, in una delle avventure più belle di una vita intera.

Ed è proprio quella che si può vivere dormendo all’interno di una montagna magica immersa in una riserva naturale incontaminata e selvaggia del Cile. Un lodge unico, per design, forme e colori, immerso nel cuore della Patagonia. Benvenuti a Huilo Huilo.

La montagna magica di Huilo Huilo

Esistono luoghi che sono così affascinanti e straordinariamente suggestivi da non sembrare veri. Posti che, per forme e colori, ricordano tutte quelle ambientazioni che fino a questo momento sono appartenute solo alla nostra immaginazione. Eppure questi sono reali e bellissimi, come solo loro sanno essere, e quasi sempre portano la firma di Madre Natura.

Come la riserva biologica di Huilo Huilo, un luogo incontaminato situato nel cuore della foresta della Patagonia cilena, che incanta e stupisce per i suoi scenari fiabeschi. È proprio qui che è nata una struttura ricettiva che non conosce eguali, un alloggio straordinario in grado di farci vivere una delle esperienze di viaggio più belle di sempre.

A prima vista Montaña Magica, questo il suo nome, appare agli occhi di chi lo guarda come un rilievo montuoso dalla cui sommità sgorga una sorgente d’acqua fresca e cristallina. A creare questo capolavoro, però, è stato l’uomo che ha dato vita a una struttura ecologica che non solo imita la natura, ma si integra con questa rispettando il delicato ecosistema che contraddistingue questo patrimonio naturale dell’umanità.

Una vera e propria montagna magica, di nome e di fatto, che imita in tutto e per tutto la natura. il concept che sta dietro al design di questa struttura, infatti, è nato proprio con l’obiettivo di creare un vulcano buono dalla cui sommità non sgorga lava, ma acqua.

Ma l’esperienza, come abbiamo anticipato, non finisce con la vista. Trattandosi di un ecolodge, infatti, i viaggiatori potranno pernottare all’interno della montagna e vivere un’avventura unica a contatto con la natura.

Questo rifugio dispone di 9 stanze, tutte dotate di ampie finestre che affacciano direttamente sulla riserva, ispirate alle fiabe. Gli interni, così come gli esterni, sono costruiti in legno per garantire un impatto minimo sull’ecosistema che caratterizza l’intero territorio. Tutto è pensato nei minimi dettagli per garantire ai viaggiatori una vacanza da favola.

Un vacanza da fiaba in Patagonia

È un’esperienza magica, onirica e surreale quella che si vive nella foresta pluviale della Patagonia Cilena. Dormire all’interno di una montagna e risvegliarsi nel cuore della natura è un lusso che tutti dovremmo concederci almeno una volta nella vita.

Montaña Magica si trova all’interno della riserva Unesco di Huilo Huilo, oltre 100 mila ettari di foresta pluviale che conservano una biodiversità incredibile caratterizzata da panorami variegati e da tantissimi esemplari di flora e fauna endemica.

Huilo Huilo è nata proprio per questo, per conservare e salvaguardare il patrimonio del territorio, ma anche per proporre ai viaggiatori un nuovo concetto di turismo sostenibile. Montaña Magica fa parte di questo grandioso progetto configurandosi come il punto di partenza ideale per andare a scoprire uno degli ultimi paradisi incontaminati della terra.

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In Francia c’è un piccolo porto che sembra dipinto da un artista

Esistono dei luoghi che sono così belli da non sembrare veri, che assumono forme e colori che assomigliano in tutto e per tutto a cartoline dipinte da un artista. E invece sono reali, come solo loro sanno essere. Ed è solo raggiungendoli, contemplandoli e vivendoli che possiamo scoprire quanto è meraviglioso il mondo che abitiamo e quanto questo è capace di sorprenderci ogni volta, sempre un po’ di più.

Ed è l’incanto che prende il sopravvento, dentro e fuori, quando raggiungiamo quel pittoresco porto di pescatori che si trasforma nella cartolina di viaggio più bella che abbiamo mai visto. Un luogo che si apre soltanto davanti allo sguardo dei più attenti osservatori perché, come un tesoro prezioso, è protetto e nascosto dalle case, dai palazzi e dalle attrazioni di una grande città.

Per scovarlo dobbiamo tornare nella splendida Marsiglia. È qui, infatti, che nascosto sotto il viale della corniche Kennedy, c’è un piccolo e tradizionale porto che sembra dipinto da un artista. Benvenuti a Vallon des Auffes.

Vallon des Auffes

Ogni luogo, nel mondo, ha la sua cartolina di viaggio. Quella che immortala il paesaggio più iconico, suggestivo e affascinante dell’interno territorio. E come tutti anche Marsiglia ne ha una.

A campeggiare sull’immagine troviamo lui, il porto di Vallon des Auffes. Un porticciolo accogliente e pittoresco che sembra trasportare i viaggiatori in un luogo che non è assoggettato alle leggi del tempo e dello spazio. L’atmosfera, infatti, sembra sospesa, mentre tutto intorno scorre velocemente.

Raggiungere il porto marsigliese non è poi così difficile. Vallon des Auffes è situato nel settimo arrondissement di Marsiglia, a una manciata di chilometri dal Vieux-Port, tra la Plage des Catalans e la baia di Malmousque. Per arrivare a questa piccola valle potete percorrere la corniche Kennedy, una delle strade panoramiche vista mare più belle d’Europa che costeggia la città di Marsiglia. Arrivati nei pressi del Monumento all’Esercito d’Oriente, scoverete una scala che conduce direttamente al piccolo porto. Lì, dove inizia la magia.

Marsiglia: dentro una cartolina

Scavalcato l’ultimo gradino, vi ritroverete all’interno di quello che sembra uno dei quadri più belli dipinti da un’artista. Con la sua atmosfera tradizionale, che sembra essere ferma a tanti anni fa, Vallon des Auffes incanta e stupisce per la sua bellezza.

Una volta arrivati qui, i sensi saranno avvolti da contrasti di colori, profumi tradizionali e brusii della natura che si confondo tra le chiacchiere delle persone. Prendetevi tutto il tempo per contemplare il panorama e i suoi straordinari dettagli. Tutto, qui, merita la vostra attenzione.

Vallon des Auffes non è molto grande, eppure la sua bellezza è maestosa. Ad accogliervi nel porticciolo ci saranno le pointu, le tradizionali barche da pesca che sono simbolo e icona del Mediterraneo, che galleggiano suggestivamente sulle acque turchesi che bagnano Marsiglia.

Tutto intorno, invece, le piccole case dei pescatori, caratterizzate da una palette cromatica cangiante e vivace, costeggiano vicoli stretti e stradine tortuose che vi accompagneranno nel cuore pulsante di questo piccolo porto.

A fare da cornice, a questo scenario da cartolina, ci sono gli archi di pietra e mattoni che creano la giusta distanza tra questo piccolo paradiso e il mondo esterno. Vallon des Auffes, infatti, è il luogo migliore da raggiungere per chi cerca un po’ di tranquillità dal caos cittadino e costiero e per chi vuole provare i piatti della tradizione marsigliese nei ristoranti caratteristici immersi in un’atmosfera unica.

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Tibet, c’era una volta un antico regno

Spiritualità, montagne misteriose e panorami mozzafiato: il Tibet, la regione autonoma asiatica incastonata nella parte Nord dell’Himalaya, è tutto questo e anche di più. È la meta ideale per un viaggio diverso dal solito, un’occasione unica per riscoprire sé stessi tra la bellezza della natura incontaminata e il silenzio dei monasteri buddhisti.

Non è un caso che sia conosciuto anche come “tetto del mondo”: le sue vette sono un richiamo irresistibile per gli appassionati della montagna alla ricerca di una scalata indimenticabile. Un viaggio in Tibet significa anche scoprire un regno che è scomparso per sempre, ma ha lasciato un segno indelebile nel paesaggio.

Le rovine di Guge permettono al visitatore di capire quanto fosse ricco culturalmente e artisticamente il Tibet nell’antichità. Addentrarsi in quella che un tempo era un’importante rotta commerciale è senza dubbio un’esperienza che vale la pena provare.

Gli incantevoli paesaggi del Regno di Guge

Scomparso a seguito di una guerra alla metà del ‘600, il Regno di Guge si mostra ancora oggi in tutta la sua bellezza, grazie alle rovine rimaste intatte e protette dalle montagne rocciose. Il clima secco e fresco del luogo è stato uno dei maggiori artefici della meravigliosa conservazione dei resti di una civiltà che ha avuto il suo massimo splendore diversi secoli fa.

Il complesso, arroccato su una collina alta 300 metri, ha un fascino che rapisce al primo sguardo per la sua maestosità. Proprio questa collina, infatti, emerge in tutta la sua grandezza dalla riva del fiume Xiangquang, appartenente al distretto di Zaborang, a pochi chilometri dalla contea di Zada regalando un pizzico di mistero a quello che una volta è stato il Regno di Guge.

A dominare il paesaggio è il palazzo, che sembra un castello e che sovrasta l’intero territorio a cui fanno seguito i templi e gli edifici residenziali, tutti collegati da un complicato sistema di tunnel sotterranei.

A rendere ancora più affascinante questo luogo ci ha pensato il restauro completato nel 2016 che ha riportato alla luce stanze, pagode, tombe, opere d’arte e soprattutto dei murales particolari presenti all’interno dei quattro templi che hanno contribuito a rendere famoso il regno.

Panorama del Regno di Guge

Fonte: iStock

Il meraviglioso panorama del Regno di Guge

La fine del Regno di Guge

Ma come è possibile che una civiltà così prolifera, epicentro delle rotte commerciali, sia scomparsa all’improvviso? I motivi della fine di un regno che al suo apice comprendeva l’intero Ngari e si estendeva anche al Kashmir e all’odierno Pakistan, non sono molto chiari, anche se sono state formulate delle teorie in proposito.

Secondo una di queste ricostruzioni, bisogna tornare indietro al IX secolo, quando finì il regno dell’imperatore del Tibet Lang Dharma a causa di una guerra civile.

Il pronipote di Lang Dharma, Jide Nyimagon, si spostò con il suo seguito fino a Ngari dove fondò il Regno di Guge. A loro volta, i tre figli di Nyimagon fondarono altrettanti regimi, Guge, Ladakj e Burang. Fu proprio la conquista del Palazzo di Guge nel 1635 da parte dell’esercito del Regno di Ladakh a mettere la parola fine allo stesso Regno di Guge. Il palazzo fu completamente devastato e i famigliari dell’ultimo imperatore di Guge sparirono per sempre.

È una storia davvero emozionante che si può apprezzare ancora meglio ammirando da vicino lo splendore di queste rovine.

Rovine delle abitazioni di Guge

Fonte: iStock

Uno scorcio delle rovine del Regno di Guge
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In Nevada esiste una strada extraterrestre

Con meno di 200 auto al giorno, il segnale cellulare quasi assente e il deserto che si staglia all’orizzonte, la Nevada State Route 375 ribattezzata la “strada extraterrestre” conduce gli appassionati di alieni direttamente nella misteriosa Area 51 che sorge sul Groom Lake, un antico lago evaporato. La base militare è nascosta tra montagne rocciose ed è caratterizzata da elevati sistemi di sicurezza e soprattutto segretezza che ne hanno alimentato il mito tanto da diventare uno dei posti più visitati.

Se è vero che non è tanto la meta quanto il tragitto a fare la differenza, attraversare l’autostrada extraterrestre sarà un’esperienza da vivere assolutamente.

Con le luci scintillanti di Las Vegas alle spalle e il pieno alla macchina (perché lungo la Rute 375 non si incontra alcuna area di servizio), può iniziare il viaggio alla scoperta degli alieni.

Villaggi disabitati e posta extraterrestre

Un viaggio che si rispetti non può iniziare senza un selfie, poi se ci si trova sull’autostrada extraterrestre è quasi d’obbligo scattarsi una foto sotto il cartello verde su cui troneggia la scritta Extra-Terrestrial Highway.

Incontrare gli alieni, veri o presunti, lungo la strada è più semplice di quello che si pensi. Davanti all’Alien Research Center che fornisce informazioni sull’Area 51, ci si può imbattere nella statua di un alieno alto due metri messo a guardia dell’edificio.

Degno di entrare a far parte di un libro di Stephen King, a circa 60 km dal centro informazioni, si trova il piccolissimo villaggio di Rachel. Quasi disabitato rappresenta una delle tappe imperdibili della Route 375, grazie al Little A’Le’Inn, un motel con fast food in cui assaggiare “hamburger alieni” immersi in un arredamento a tema extraterrestre: d’altronde il cartello all’ingresso “Welcome Earthlings” (benvenuti terrestri) è lì per mettere in guardia!

Proseguendo il viaggio, tra Rachel e Alamo all’incrocio tra la State Route 375 e Mail Box Road, c’è la Black Mailbox, una cassetta postale diventata il punto di riferimento degli appassionati di ufo utilizzata per condividere le informazioni sugli avvistamenti o addirittura per comunicare con gli extraterrestri.
In realtà questa è la cassetta delle lettere di Steve Medlin, il proprietario di un ranch che dopo anni di furti di posta, ha deciso di spostarla più vicino al suo podere. Al suo posto i visitatori possono trovare una nuova mail box pronta, chissà, a diventare il canale per mettersi in contatto con gli alieni.

L' Alien Research Center

Fonte: iStock/BrianPIrwin

L’Alien Research Center sulla State Route 375

Una sosta speciale lungo la State Route 375

Il caldo e il sole del deserto possono essere intensi, allora per fare una piccola sosta, l’ET Fresh Jerky, a Hiko è perfetto per rimettersi in sesto e aumentare la collezione di selfie. Oltre ad avere una grande varietà di carne secca come quella di manzo, alligatore, tonno ahi, alce e cinghiale, è possibile scattare una serie di foto davanti ai murales che ritraggono “cowboy alieni”.

Anche se l’autostrada è lunga circa 150 chilometri, il viaggio alla ricerca degli extraterrestri può essere stancante e se si vuole pernottare lungo la strada che porta all’Area 51, il Mizpah Hotel è l’ideale per chi è alla ricerca di un brivido in più. Sorto nel 1907, ha vinto la classifica dei lettori di USA Today, come miglior hotel infestato e le sue camere con un arredamento particolare ne sono la conferma, un ottimo modo per terminare un viaggio fuori dal comune!

Il motel Little A’Le'Inn

Fonte: iStock/BrianPIrwin

Il motel e ristorante Little A’Le’Inn a Rachel
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In Italia è stata scoperta la Dutrowite: cos’è e dove

Così piccolo eppure così ricco di tesori nascosti. C’è un borgo, in Italia, con meno di 100 abitanti e una storia interessante e unica da raccontare, famoso per le sue bellezze naturali e sotterranee, e per la straordinaria importanza geologica e mineralogica del territorio su cui sorge. Questa volta, è finito sotto i riflettori grazie a una scoperta che ha attirato nello splendido paesino degli speciali visitatori internazionali.

La scoperta della “Dutrowite” a Fornovolasco

Siamo a Fornovolasco, frazione del borgo di Fabbriche di Vergemoli, in provincia di Lucca, dove un team di studiosi ha fatto un’importante scoperta. Si tratta della professoressa della Louisiana State University, Barbara L. Dutrow, del marito Darrel Henry professore di geologia alla Lousiana State University, di Andreas Ertl, dell’Institut fuer Mineralogie und Kristallographie dell’Università di Vienna, e di Peter Bacik, della Comenius University Bratislava, Repubblica Slovacca, che hanno visitato il territorio di Fornovolasco nei suoi angoli più nascosti, identificando un piccolo tesoro.

Il motivo del loro arrivo nel borgo situato all’interno delle Alpi Apuane, nella regione della Garfagnana, è la recente scoperta nella zona di una nuova specie mineralogica, battezzata “Dutrowite”, nome coniato proprio in onore della professoressa Barbara Dutrow, in passato presidente sia della Mineralogical Society of America che della Geological Society of America.

Sul finire del 2019, i geologi Cristian Biagioni e Daniela Mauro, del dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa, insieme a diversi studiosi di altri enti di ricerca italiani e stranieri, hanno identificato questa nuova specie mineralogica, che è andata ad arricchire la notevole geodiversità di questa terra.

In seguito, le ricerche sono state interrotte a causa della pandemia, ma finalmente nei giorni scorsi, la professoressa Dutrow, in compagnia di famiglia e colleghi, ha finalmente potuto conoscere e ispezionare di persona i luoghi dove è stata identificata la varietà di minerale che ora porta il suo nome. “Siamo felici di questa ulteriore scoperta che rappresenta come questo territorio dalle bellezze straordinarie sia anche unico sotto il profilo geologico – ha commentato Michele Giannini, sindaco di Fabbriche di Vergemoli – In futuro, grazie al Pnrr appena vinto, si promuoverà il territorio anche sotto questo aspetto, in modo da rendere sempre più diversificata l’attrattiva del borgo”.

Fornovolasco e le sue ricchezze geologiche

La scoperta della “Dutrowite” non è l’unica degna di nota tra le rocce di questo settore delle Alpi Apuane. Poco più di dieci anni fa, un’altra importante scoperta mineralogica è avvenuta nella Cava del Ferro del Trimpello, presso Fornovolasco, a conclusione di una ricerca quinquennale, effettuata dal Gruppo Mineralogico Paleontologico di Fornaci di Barga. La specie mineralogica, mai rinvenuta prima in nessuna parte del pianeta, è stata battezzata “Volaschioite”, in riferimento alla località di rinvenimento, là dove, nel Medioevo, sorgeva l’hospitale di Volaschio, da cui l’attuale borgo di Fornovolasco.

Tra le grandi attrazioni di questo straordinario territorio non bisogna poi dimenticare la suggestiva Grotta del Vento. È situata al centro del Parco delle Alpi Apuane, in una zona ricca di spettacolari quanto interessanti fenomeni carsici. Qui gli agenti atmosferici incessantemente scavano, scolpiscono e modellano le rocce calcaree, dando origine a maestose sculture naturali, come il massiccio delle Panie, l’enorme arco naturale del Monte Forato, i torrioni del Monte Procinto e il paesaggio lunare dell’Altopiano della Vetricia.

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C’è una strada che puoi percorrere seguendo la luce dei fari

Sono tante le cose che ci spingono a metterci in viaggio e a raggiungere mete lontane o vicine. Sono le attrazioni iconiche del mondo, sono le culture e le tradizioni che non conosciamo e che non vediamo l’ora di toccare con mano. E poi, ancora, i paesaggi incontaminati, gli scenari da cartolina e quei patrimoni storici, culturali e paesaggistici che appartengono all’intera umanità.

E se è vero che la scelta di una destinazione segue inevitabilmente il volere del cuore e i gusti di ogni singolo viaggiatore, è altrettanto vero che tutti siamo mossi dallo stesso desiderio di vivere esperienze uniche e irripetibili.

Ed è proprio in una di queste esperienze che vogliamo accompagnarvi oggi, quella che ci porta lungo una strada che si percorre seguendo la luce dei fari, la stessa che conduce in alcuni dei luoghi più suggestivi e panoramici del mondo intero. Benvenuti sulla Route des Phares.

La Route des Phares

Il suo nome è Route des Phares, e tradotto letteralmente vuol dire la strada dei fari. Un nome tanto evocativo e suggestivo quanto calzante che ci introduce a quella che è una delle strade più belle del mondo.

Per scoprirla dobbiamo recarci in Bretagna, la penisola collinare del nord della Francia, conosciuta per la sua costa frastagliata, per le cittadine balneari e per tutti quei panorami da cartolina che si possono scoprire a ogni chilometro percorso.

Ogni anno, in questo luogo straordinario, migliaia di viaggiatori provenienti da tutto il globo giungono per ammirare quelli che sono gli scorci panoramici più belli del mondo. Ma c’è un altro modo per scoprire quella che è una delle coste più straordinarie dell’intera Europa, ed è quello che ci porta sulla strada dei fari.

I guardiani solitari del mare e della costa, in questo tratto di strada che va da Brignogan e arriva fino a Brest, si trasformano in nuovi e inediti punti cardinali che accompagnano gli avventurieri in un viaggio alla scoperta di luoghi iconici, selvaggi e straordinari, illuminando di luce il loro percorso.

Pointe de Saint-Mathieu

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Pointe de Saint-Mathieu

Alla scoperta della costa bretone e dei suoi fari

Sono alti e maestosi, più piccoli e suggestivi, alcuni estremamente solitari. Ma tutti sono uniti nella stessa missione, quella di illuminare le coste e il sentiero dei viaggiatori.

I fari che si snodano lungo la selvaggia costa bretone sono tantissimi, basti pensare che qui è presente la più alta concentrazione di questi guardiani notturni. Ed è proprio a loro che è stato affidato il compito di illuminare il viaggio on the road che porta alla scoperta di questo luogo straordinario.

Sulla Route des Phares è possibile incontrare quelli che sono i fari più belli e suggestivi della Bretagna, e forse del mondo intero. La strada si snoda per circa 90 chilometri e conduce ad alcuni dei luoghi più incontaminati e iconici di tutto il territorio.

Alcuni di questi fari, quasi tutti, sono aperti al pubblico e consentono ai visitatori di salire in cima, dalla quale è possibile godere di un panorama mozzafiato. Tra i più belli e affascinanti troviamo quello di Saint Mathieu, che prende il nome dal promontorio sul quale è collocato. Solitario, maestoso e imponente, questo faro è circondato da scogliere frastagliate e altissime che creano uno scenario unico al mondo.

Tra i fari più scenografici di tutta la Bretagna troviamo il Petit Minou. Situato sulla costa settentrionale, a pochi chilometri da Brest, questo guardiano solitario posizionato a picco sul mare e collegato alla terra da un ponte di pietra, crea un panorama unico al mondo. Impossibile non innamorarsi.

C’è poi un faro, non lontano da Brignogan, che stupisce e incanta per la sua maestosità. Si tratta del Phare de l’Ile Vierge e, con i suoi 83 metri d’altezza, è il faro più alto d’Europa, ed è spettacolare.

Phare de l'Ile Vierge

Fonte: iStock

Phare de l’Ile Vierge