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Bormio: la meravigliosa tradizione dei pasquali alpini da vivere

È arrivato quel periodo dell’anno che dà vita a vere e proprie migrazioni di massa che portano i viaggiatori a scoprire le meraviglie messe in scena da Madre Natura in primavera. Viaggi brevi da organizzare nei weekend o durante le vacanze di Pasqua per scoprire e riscoprire le tradizioni delle città, dei paesi e dei borghi di tutto il mondo.

Ma non c’è bisogno di andare dall’altra parte del globo per vivere esperienze uniche e indimenticabili. In Italia, infatti, esiste un luogo che, proprio durante la Pasqua, permette di vivere un’esperienza incredibile che emoziona e incanta, una manifestazione attesa tutto l’anno che esplode in tutta la sua autenticità proprio ad aprile.

Stiamo parlando dei Pasquali di Bormio, una tradizione folkloristica e religiosa che affonda le sue origini nel Medioevo e che, proprio durante questo il giorno di Pasqua, rende questa località di montagna ancora più magica e suggestiva.

Pasqua: bentornati a Bormio

Bormio non ha bisogna di presentazioni. Il paese montano incastonato nel cuore delle Alpi, infatti, attira ogni anno viaggiatori provenienti da tutto il mondo con un’offerta ampissima che spazia dallo sport, alle attività all’aria aperta, passando per l’enogastronomia e il benessere. Ma Bormio è anche il paese delle tradizioni autentiche e mai dimenticate, quelle preservate nei secoli e tramandate da generazioni.

Ne sono un esempio proprio i Pasquali di Bormio, una manifestazione unica e suggestiva che coinvolge grandi e bambini, e che attira ogni anno migliaia di visitatori.

Tanto antichi quando attesi, i Pasquali di Bormio affondano le loro origini in tradizioni contadine e religiose e si concretizzano con elaborate e minuziose portantine a tema religioso che vengono costruite dagli abitanti del paese durante i mesi invernali.  Queste, poi, si trasformano in veri capolavori artistici che sfilano tra le strade di Bormio portate in spalle, dando vita una colorata e sentita parata che incanta.

I Pasquali di Bormio: tutto quello che c’è da sapere

La tradizione dei Pasquali di Bormio, che unisce elementi folkloristici e un credo religioso, affonda le radici nell’antica cultura contadina del paese. Le prime testimonianze, infatti, risalgono al XVII secolo, quando per il giorno di Pasqua era d’obbligo preparare e cucinare un agnello da distribuire nella piazza centrale del paese.

Negli ultimi anni del XIX secolo s’introdusse la benedizione dell’agnello vivo con una vera e propria gara tra i quartieri per adornare al meglio il proprio animale. Questi venivano adagiati su delle portantine di muschio decorate che, anno dopo anno, si sono trasformate in vere e proprie sculture d’arte.

Oggi le portantine, che raggiungono dimensioni maestose, vengono portate in strada in spalla il giorno di Pasqua. A costruirle sono gli abitanti dei diversi quartieri (Buglio, Combo, Dossiglio, Dossorovina e Maggiore) che lavorano tutto l’anno per creare dei veri e propri capolavori con l’obiettivo di meravigliare.

Dopo due anni di fermo dovuti all’emergenza sanitaria, l’evento folkloristico più atteso dai bormini sta per tornare. L’appuntamento con i Pasquali, infatti, è fissato al 17 aprile e si snoderà tra le vie del paese con una caratteristica e inedita sfilata.

A partecipare ci saranno tutti gli abitanti del paese, ai quali si uniranno, come ogni anno, anche turisti e vacanzieri. La manifesta è resa ancora più speciale dalla presenza dei bambini che, come gli adulti, indosseranno caratteristici abiti tradizionali. I Pasquali restano in esposizione in piazza del Kuerc fino al lunedì di Pasquetta. Pronti a partire?

Pasquali Bormio

Pasquali Bormio

 

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A Montebello il castello con il fantasma di una bambina

Lasciata alle spalle la vivacità della costa romagnola, a una ventina di chilometri da Rimini, si entra in un territorio dalla storia millenaria, punteggiato da rocche, torri e manieri.

Uno di questi è, senza dubbio, tra i più affascinanti, in grado di attrarre ogni anno turisti e appassionati di misteri e leggende: si tratta del Castello di Montebello, frazione di Torriana, che da 436 metri di altezza sorveglia la valle dell’Uso e del Marecchia.

La Rocca malatestiana ha visto scorrere mille anni di storia e, oltre al panorama mozzafiato e al silenzio ristoratore, è custode di una leggenda che trae origine da una storia vera: il fantasma di Azzurrina, “dagli occhi color del cielo e i capelli chiari coi riflessi azzurrini…”

Il Castello e la sua storia che ha attraversato i secoli

torre castello montebello

Torre del Castello di Montebello

L’imponente maniero vanta una storia che affonda le sue radici in epoca romana, nel III secolo, cui risale la torre a pianta quadrata ora inserita nel complesso fortificato.

Posto a guardia della strategica e principale via di collegamento tra il Montefeltro e la Toscana, poggia le fondamenta sul picco del monte e mostra ben visibili gli interventi subiti nel corso del tempo: le prime notizie si hanno con un documento del 1186, quando Giovanni Malatesta lo acquista da Ugolinuccio di Matalone.

I Malatesta dotarono il castello di fortificazioni mentre la residenza signorile risale alla seconda metà del Quattrocento quando nuovi proprietari divennero i Conti Guidi di Bagno, cui appartiene tutt’ora.

Ingrandito, restaurato e rimaneggiato, oggi si presenta con la torre difensiva e le antiche strutture militari che convivono con l’ala nobile e i preziosi mobili disseminati lungo i saloni: durante la visita, infatti, lo sguardo si posa su circa 500 anni di storia del mobile in Italia, passando in rassegna pezzi che vanno dal Trecento al Settecento, forzieri e cassapanche tra cui una che, si narra, risalirebbe alle Crociate.

Storia, arte, architettura, certo: ma cunicoli, sotterranei e strani avvenimenti lo hanno reso ancora più intrigante e durante un soggiorno da queste parti è una delle mete da non lasciarsi sfuggire.

La leggenda del fantasma di Azzurrina

Se ogni leggenda ha un fondo di verità, quella di Azzurrina è tratta proprio da una storia vera, quella di Guendalina Malatesta di Montebello, figlia di Uguccione, signore del maniero nel XIV secolo.

La piccola era albina e, a quei tempi, ciò poteva dare adito a superstizioni e simboleggiare un legame con il demonio: per scongiurare pericoli, i genitori decisero allora di tingerle periodicamente i capelli di nero ma, a causa del clima umido della zona, la tintura prendeva un effetto “blu” che scoloriva poi in azzurro.
Da qui il soprannome, “Azzurrina“.

Un triste giorno, il 21 giugno 1375, solstizio d’estate, la bambina era intenta a giocare da sola con la palla quando si inoltrò nella ghiacciaia del castello.
Non appena si accorsero della sua scomparsa, i genitori la cercarono ovunque e, arrivati alla neviera, scavarono tra il ghiaccio ma della bambina non vi furono tracce.

La sua sparizione rimase, e rimane, un evento misterioso che, nel tempo, ha dato origine alla leggenda del suo fantasma che, ogni 5 anni, tornerebbe a farsi sentire proprio la notte del solstizio d’estate, la “notte di Azzurrina”: nei secoli molti testimoniarono di aver sentito rumori provenire dalla ghiacciaia, oggi vuota.

Le visite guidate

Il Castello, museo custode del modo di vivere dei signori medievali, è gestito dall’ente preposto che organizza visite guidate alla scoperta delle sue meraviglie architettoniche e dei suoi misteri.

Le visite diurne sono adatte a tutti e si concentrano sugli appartamenti signorili, la stanza di Azzurrina, le terrazze e i cortili esterni, mentre le visite notturne sono riservate a un pubblico adulto poiché esplorano il lato paranormale della leggenda conducendo alle segrete e alla misteriosa neviera.

castello montebello torriana

Il Castello di Montebello

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Tra realtà e magia: i luoghi delle favole

Sono tanti i motivi che ci portano a scegliere una destinazione piuttosto che un’altra. A volte ci lasciamo suggestionare dai racconti di viaggio delle persone, altre volte sono le fotografie postate sui social network a incantarci oppure i libri che leggiamo, che raccontano in maniera minuziosa luoghi ancora inesplorati. In questa scelta, che non è mai uguale a quella precedente, anche i cartoni animati giovano un ruolo fondamentale trasformandosi in vere e proprie fonti d’ispirazioni per i nostri viaggi.

Se pensiamo ai cartoni Disney che hanno accompagnato la nostra infanzia – e che ci meravigliano tutt’ora – quante volte abbiamo fantasticato di essere proprio in quei luoghi, tra le strade e i paesini, tra i castelli, i draghi e le principesse?

Una fantasia, questa, che in parte è realizzabile perché sono molti i cartoni Disney che fanno riferimento a città e luoghi del mondo ben precisi. E sono proprio questi che ci permettono di fare un viaggio tra realtà e magia, come nelle favole.

Riquewihr

Riquewihr

Viaggio nel mondo delle favole

Nonostante il mondo incantato dei cartoni sia frutto di menti creative e visionarie, è vero anche che proprio gli ideatori di queste favole hanno attinto dalle meraviglie del mondo che abitiamo per trovare le loro ispirazioni che si manifestano, a volte, anche in maniera piuttosto visibile.

Le è un esempio la splendida cattedrale di Parigi, simbolo dell’architettura gotica e della città stessa, è la protagonista assoluta di uno dei cartoni animati più intensi e commoventi prodotti dalla Disney. Ed è proprio lei a fare da sfondo al Gobbo di Notre Dame. E che dire della lussureggiante ed enigmatica foresta di Sherwood? Un viaggio qui, nella Contea di Nottinghamshire a poche ore da Londra, può trasformarsi in un’esperienza straordinaria tra fascino, mistero e leggende legate a Robin Hood.

Torniamo in Francia, invece, per scoprire un borgo gioiello che sembra uscito da una fiaba, e in effetti a lui una delle favole più belle della Disney si è ispirato. Ci troviamo nella regione di Alsazia, e più precisamente a Riquewihr. Viuzze strette e acciottolate, colorate a graticcio che si affacciano sulle strade, una fontana e una torre: vi ricordano qualcosa? Si tratta proprio del villaggio di Belle – La Bella e la Bestia – che ha ispirato gli illustratori del celebre lungometraggio animato.

E che dire del castello di Neuschwanstein? In questo caso non ci sono dubbi, basta guardarlo anche in foto per capire che è proprio lui, l’iconico castello di Walt Disney diventato il simbolo delle favole per antonomasia.

A questi luoghi si aggiungono la Florida, che ha fatto da sfondo alle avventure dell’elefantino Dumbo e l’incredibile e straordinaria Grande Barriera Corallina in Australia, proprio dove nuotava il pesce Nemo. Impossibile, poi, non pensare al Taj Mahal  che si è trasformato, come per magia, nel palazzo del sultano di Aladdin.

Taj Mahal 

Taj Mahal

Il planisfero Disney

I luoghi che hanno fatto da sfondo ai cartoni animati della Disney, e che sono ispirati a città, paesi e villaggi esistenti, sono tantissimi. E proprio per soddisfare la voglia di conoscerli tutti, l’artista Eowyn Smith ha creato una mappa per i viaggiatori più curiosi, un vero e proprio planisfero per organizzare un viaggio fiabesco.

Scopriamo che la Francia ha ispirato, oltre al Gobbo di Notre Dame e La bella e la bestia, anche gli Aristogatti e Cenerentola. Il Regno Unito, invece, fa da sfondo a favole leggendarie come La spada nella roccia, Peter Pan, il già citato Robin Hood e Alice nel Paese delle Meraviglie.

Tarzan e il Re Leone sono ambientati in Africa, mentre Nemo e Bianca e Bernie in Australia. E in Italia? Nel nostro Paese troviamo solo un film d’animazione, ma questo ci basta perché è tra i più celebri e famosi classici della Disney: Pinocchio.

Giardino Garzoni a Collodi

Giardino Garzoni a Collodi

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Il misterioso campanile sperduto nelle campagne

Gli abitanti lo chiamano “Ciucarun”, che nel dialetto del posto vuol dire “grande campanile”. Siamo in Piemonte, nella Serra Morenica d’Ivrea, dove il campanile di San Martino si innalza suggestivo e solitario in mezzo a un verdeggiante pianoro panoramico. È l’unico edificio sopravvissuto all’abbandono dell’antico villaggio di Pearno, in seguito alla costituzione del borgo fortificato di Bollengo, in provincia di Torino, nel 1250. La torre campanaria è anche ciò che rimane della chiesa dedicata a San Martino.

La storia del campanile solitario

Sfortunatamente, non si hanno documenti certi riguardo l’origine del Ciucarun. Uno dei primi in cui viene citato lo splendido campanile e la relativa chiesa, della quale – come dicevamo – non vi è più traccia, si riferisce alla fondazione di Bollengo risalente alla metà del Duecento. Nello specifico, si tratta dell’ingiunzione alla popolazione di Paerno e di altri villaggi vicini di trasferirsi nel nuovo borgo fortificato.

Bisogna attendere fino al XV secolo per avere notizie certe su San Martino quando, un documento del 1477, affermava che la chiesa, da parrocchia autonoma, veniva declassata a semplice oratorio. Fino a che, nel 1731, un decreto vescovile ne ordinò la demolizione. A restare in piedi fu soltanto la torre campanaria, che ancora oggi si può ammirare in tutto il suo antico splendore, anche grazie anche all’intervento di restauro messo in atto dal Comune di Bollengo nel 2000. A contribuire a dare al monumento solitario una visibilità maggiore è stato anche il suo ingresso nel circuito dell’Ecomuseo AMI – Anfiteatro Morenico d’Ivrea.

Realizzato in stile romanico, tra l’XI ed il XII secolo, il Ciucarun svetta tra la natura e il cielo per un’altezza di sei piani, cinque dei quali delimitati da cornici di archetti pensili in cotto. Dal basso verso l’alto si può notare la tipica successione di feritoie, monofore e bifore, oggi tutte murate, fatta eccezione per quella della cella campanaria. Alla base della torre, sul lato ovest, è visibile una porta ad arco, ora murata, che costituiva uno degli accessi al campanile, mentre tracce di muratura confermano la presenza della chiesa annessa. All’interno c’è traccia di una piccola cappella absidata, aspetto comune ad altri campanili coevi, come quello dell’abbazia di Fruttuaria.

Tra le bellezze dell’Anfiteatro Morenico di Ivrea

Visitare il Ciucarun, significa anche andare alla scoperta di un territorio ricco di fascino e costellato di chiese e monumenti preziosi, immersi nella natura. Il campanile di San Martino è, infatti, una delle attrazioni dell’Anfiteatro Morenico di Ivrea (AMI), situato nella parte centro-settentrionale del Canavese, splendido angolo del Piemonte, a ridosso dei massicci alpini valdostani: una delle più rilevanti conformazioni geologiche di origine glaciale del mondo per estensione, caratterizzazione morfologica e livello di conservazione. L’offerta, qui, è davvero variegata, tra musei, castelli, siti archeologici, beni religiosi, parchi, aree umide, laghi e tanti luoghi in cui praticare sport e attività outdoor, nonché ecovillaggi.

Gli amanti delle escursioni hanno a disposizione un sistema di itinerari di tipo naturalistico-sportivo, per chi desidera esplorare il territorio a piedi, in mountain bike e a cavallo, seguendo l’intero arco collinare principale dell’AMI, che comprende la Serra d’Ivrea, le morene frontali e quelle della Valchiusella. I panorami che si ammirano tra questi sentieri sono assolutamente unici.

Misterioso campanile sperduto campagne

Il solitario campanile di San Martino, detto “Ciucarun”

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Gli errori da non commettere quando prenoti una vacanza

Una vacanza è un sogno che si avvera, un modo per evadere dalla routine e dallo stress della vita di tutti i giorni, un regalo, un obiettivo, insomma un’esperienza sicuramente elettrizzante.

Tuttavia, a volte potrebbe anche rivelarsi al di sotto delle aspettative e non soddisfare appieno a causa di alcuni errori e disattenzioni che vanno a compromettere il divertimento, il relax e l’essenza stessa di un viaggio.

Vediamo quali non commettere mai.

Non informarsi sulle regole in vigore per gli spostamenti

Soprattutto in questo particolare periodo storico, il primo errore da non commettere per evitare spiacevoli inconvenienti è quello di non informarsi, prima ancora di organizzare la vacanza, sulle regole di viaggio in vigore al momento della partenza nella destinazione desiderata: quali sono le modalità di accesso? È necessario presentare un tampone negativo? Aver completato il ciclo vaccinale?

Queste sono tutte domande da porsi per decidere la meta e raggiungerla in serenità al riparo da equivoci.

Non informarsi sulle attrazioni da visitare e non essere flessibili

Anche se l’effetto sorpresa può essere molto allettante, quando si parte per una località mai visitata in precedenza è importante stilare un elenco delle principali attrazioni da visitare e reperire informazioni sulla cultura locale e sui piatti tipici: in questo modo, non c’è il rischio di tralasciare i punti d’interesse salienti e di trovarsi impreparati sugli usi e i costumi della zona.

Ovviamente, la lista non deve però diventare “un obbligo”: una deviazione, una decisione last minute, una meta non programmata aggiungeranno adrenalina ed emozione.

Prenotare all’ultimo momento

Attendere gli ultimi giorni per provare a sfruttare un’offerta imperdibile può sembrare un’ottima soluzione ma, nella maggior parte dei casi, ridursi a prenotare all’ultimo momento non è poi così vantaggioso, soprattutto nei periodi di alta stagione: il rischio è quello del “tutto esaurito” o di doversi “accontentare”.

È, quindi, molto meglio muoversi con qualche mese di anticipo e fissare una data entro la quale effettuare la prenotazione (almeno una o due settimane prima di partire).

Non imparare il vocabolario di base

Per i viaggi all’estero, imparare le parole più comuni nella lingua del posto può fare la differenza e agevolare nel sentirsi a proprio agio e nell’entrare in contatto con le persone.

Prima di partire, è utile fare un elenco delle parole di base e riportarle, ad esempio, nella sezione “note” del telefono per averle sempre a portata di mano.

Non darsi abbastanza tempo per preparare i bagagli (e portare con sé più del necessario)

Quando si organizza una vacanza, i preparativi prima della partenza sono uno degli aspetti fondamentali.

Un errore è quello di procrastinare e ritrovarsi alla vigilia con i bagagli ancora da preparare: per ovviare a questo problema, può essere utile fare il bucato alcuni giorni prima e, invece di riporre i vestiti nell’armadio, sistemarli direttamente in valigia.
In questo modo, verrà naturale iniziare a pianificare gli outfit per il viaggio e gli articoli indispensabili da portare con sé.

E qui arriviamo a un altro errore da evitare ovvero quello di portare con sé più di quanto necessario.
Per non viaggiare con bagagli ingombranti colmi di abiti e accessori che non verranno sfruttati, la soluzione è optare per una valigia meno capiente e chiedersi quanto durerà il viaggio e quanti degli abiti potranno essere indossati più volte durante la permanenza.

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Come in una fiaba: la grotta delle meraviglie tra la natura italiana

Il mondo che abitiamo non smette mai di stupirci perché è pieno di meraviglie che incantano e sorprendono. E per scoprire la grande bellezza che ha messo in scena Madre Natura, e che poi è stata preservata e valorizzata dall’uomo, non abbiamo bisogno per forza di recarci dall’altra parte del globo, perché alcune di queste sono legate in maniera indissolubile al nostro territorio. Come le Cascate del Varone e quella grotta delle meraviglie che sembra uscita da un libro di fiabe.

Ci troviamo a Tenno, nei pressi di Riva del Garda. È qui che è conservato alla stregua di un tesoro prezioso uno dei luoghi più straordinari, affascinanti e suggestivi di tutto il Trentino Alto Adige. Non è un caso che proprio qui ogni anno giungono migliaia di visitatori provenienti da tutto il mondo per ammirare e attraversare l’incantevole paesaggio che si apre davanti agli occhi.

Tappa imprescindibile di un viaggio in Trentino, nonché principale attrazioni naturale dell’Alto Garda, le cascate sono inserite all’interno del contesto paesaggistico del Parco Grotta Cascata Varone, un luogo intriso di fascino e magia dove è possibile ammirare tutta la grandiosità della natura. Pronti a partire?

Cascate del Varone

Cascate del Varone

Le Cascate del Varone

Situate a tre chilometri da Riva del Garda, queste cascate sono delle vere e proprie celebrità in tutta la regione da secoli. Già nel 1800, infatti, scrittori, poeti e uomini illustri amavano visitare questo microcosmo romantico e misterioso fatto di antri scuri e vorticosi zampilli d’acqua e giochi di luci e ombre.

Lo scrittore e saggista tedesco Thomas Mann ha descritto la grande bellezza di questo luogo, visitato durante una vacanza sul Lago di Garda, nel suo libro La montagna incantata durante. Una bellezza che ha incantato anche altri come Gabriele D’Annunzio, il principe Umberto II e Franz Kafka. Perché in effetti, guardando la cascate che irrompono in un paesaggio selvaggio e idilliaco, è impossibile non innamorarsi.

Con una maestosa altezza di 100 metri, le cascate sono originate dal torrente Magnone e alimentate dalle perdite sotterranee del lago di Tenno. Per osservare la discesa dell’acqua, in tutta la sua grandiosità, è possibile addentrarsi nella gola attraversando la passerella inaugurata il 20 giugno del 1874 Re di Sassonia, Giovanni, ed il Principe Nicola di Montenegro.

Cascate del Varone

Cascate del Varone

La grotta delle meraviglie

Quello che oggi è l’ingresso del Parco Grotta Cascata Varone è stato progettato dall’architetto Maroni, lo stesso che ha firmato il progetto del Vittoriale, la villa a Gardone di Gabriele D’Annunzio.

Diventata simbolo e orgoglio dei cittadini del territorio, la grotta delle meraviglie si apre agli occhi di chi guarda con un tripudio di elementi naturali e acquatici. Tra piccoli sentieri e ponticelli che attraversano zone di luce e di ombre, si arriva alla Grotta Inferiore dove si ammira l’ultima parte della cascata che conclude la sua grandiosa caduta.

Salendo i 115 scalini che collegano le diverse parti della grotta, è possibile arrivare alla parte superiore dove tutto ha inizio, dove la cascata fa il suo salto. Per arrivare fin lì occorre addentrarsi nelle viscere della montagna attraversando un tunnel lungo 15 metri che conduce nella zona più suggestiva di tutto il parco.

Tra la Grotta Inferiore e quella Superiore, però, un altro paesaggio idilliaco si apre davanti agli occhi dei visitatori, un Parco Botanico dove le piante mediterranee e gli arbusti di alta montagna convivono insieme a palme, jukke, cipressi e oleandri.

Visitare il Parco Grotta Cascata Varone, quindi, è una vera e propria esperienza straordinaria che permette di entrare in contatto con la natura autentica e vivere il perfetto equilibrio tra acqua, natura e architetture naturali.

Cascate del Varone

Cascate del Varone

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Stop alle mascherine in aereo: con quali compagnie

La più grande compagnia aerea low cost del Regno Unito si è unita alla schiera di vettori che hanno abbandonato la regola della mascherina obbligatoria sui voli nazionali britannici. Si tratta di easyJet che dal 27 marzo non richiederà più ai passeggeri di indossare i dispositivi di protezione delle vie respiratorie. Ciò non varrà, però, per tutte le rotte. Chi volerà verso quei Paesi in cui resta in vigore l’obbligo di mascherina sui mezzi di trasporto (aerei inclusi, quindi) dovrà seguire “i requisiti legali pertinenti”.

Via l’obbligo di mascherina su questi voli e rotte

Dalla prossima domenica, non sarà più obbligatorio indossare la mascherina sui voli domestici easyJet nel Regno Unito e su quelli tra Regno Unito e la Danimarca, Gibilterra, Islanda e Ungheria. La compagnia aerea a basso costo britannica ha, tuttavia, specificato che sui voli verso o da Paesi in cui i requisiti della mascherina rimangono in vigore, resta l’obbligo di indossarla a bordo.

Così, per esempio, dal momento che sia l’Inghilterra che l’Islanda hanno abbandonato la maggior parte, se non tutte le restrizioni di viaggio adottate per la pandemia (qui trovate le nuove regole per viaggiare nel Regno Unito), i dispositivi di protezione non sarebbero obbligatori sui voli da Londra a Reykjavik. Lo stesso varrebbe per i voli dall’Inghilterra alla Danimarca, Gibilterra, Norvegia e Ungheria, ma non tra ognuna di queste destinazioni e la Scozia, dove invece restano in vigore (per ora) le regole di copertura del viso, così come in Italia.

Per fare in modo che i viaggiatori possano partire con le idee chiare riguardo alle restrizioni, e all’obbligo o meno di indossare la mascherina, la compagnia low cost si è detta pronta a fornire informazioni dettagliate ai passeggeri, anche durante il volo. A tal proposito, easyJet ha dichiarato: “Esortiamo i governi europei ad avere un approccio coordinato sulla rimozione dell’obbligo, dove possibile, per renderlo facile e chiaro per i clienti”.

Nel frattempo, nelle ultime settimane, anche British Airways, Jet2.com e Tui Airways hanno allentato le norme di utilizzo della mascherina a bordo dei propri voli. Sui voli Ryanair, invece, l’obbligo resta. In particolare, i passeggeri che viaggiano da o verso l’Italia, l’Austria o la Germania devono indossare la Ffp2. L’amministratore delegato Michael O’Leary ha, però, sottolineato che si aspetta che questo requisito venga abolito da fine aprile o fine maggio.

Mascherine in viaggio: come funziona in Italia

Fino al 30 aprile sarà ancora obbligatorio, su tutto il territorio nazionale, indossare le Ffp2 per l’accesso ad aerei, navi e traghetti interregionali, treni interregionali, Intercity Alta Velocità, autobus interregionali e a noleggio con conducente. Così come sul trasporto pubblico locale o regionale, funivie, cabinovie e seggiovie.

Sempre fino al 30 aprile, sarà obbligatorio indossare dispositivi di protezione delle vie respiratorie in tutti gli altri luoghi al chiuso. Le mascherine sono obbligatorie anche in sale da ballo, discoteche e locali assimilati al chiuso, ad eccezione del momento del ballo. Qui, invece, vi spieghiamo cosa succederà con il Green Pass. 

Nonostante la situazione sembri migliorare un po’ ovunque, è tuttavia sempre opportuno mantenere una certa attenzione anche nei Paesi senza più alcuna restrizione legata al Covid. Vi rammentiamo che le regole di viaggio sono in continuo mutamento in qualsiasi destinazione. Per questo motivo, prima di partire, è sempre bene visionare i siti istituzionali del Paese di destinazione e la pagina web del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale ViaggiareSicuri.

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“Bridgeton 2”, le vere location della serie Tv

La seconda stagione di “Bridgerton”, tratta dal romanzo della scrittrice americana Julia Quinn “Il visconte che mi amava”, racconta la romantica storia di Lord Anthony Bridgerton (interpretato dall’attore Jonathan Bailey), il maggiore dei fratelli e delle sorelle Bridgerton, e la sua ricerca dell’amore e di una moglie a lui adeguata. E, forse, la risposta arriva da una terra molto lontana: l’India.

La costume drama, un genere oggi molto amato, visto il grande successo di altre serie come “Downton Abbey” e “The Gilded Age“, romantica, ma anche scandalosa e arguta, è stata girata in buona parte negli studi cinematografici alle porte di Londra, dove sono stati ricreati molti degli interni delle sontuose dimore dell’epoca.

Tuttavia, le scene in esterno sono state quasi tutte girate in location vere. Ecco quali sono.

Le location londinesi di “Bridgerton 2”

Alcune delle scene della serie Tv Netflix sono state ambientate nella Capitale. Tra gli edifici più riconoscibili ci sono alcune dimore storiche, come Ranger’s House, una villa di mattoni rossi in stile georgiano che si trova vicino a Greenwich Park, e Lancaster House, a St. James’s, nel West End di Londra. Quest’ultima non è la prima volta che viene usata come set. Qui ci hanno girato alcune scene di “Il discorso del re” con Colin Firth, della serie Tv “The Crown” e il Christmas special del 2013 di “Downton Abbey”, ricreando ogni volta gli interni di Buckingham Palace.

Sempre a Londra, tra le location c’è anche la Wilton’s Music Hall, nel distretto di Shadwell, non lontana dalla Torre di Londra. È una delle pochissime sale da musica rimaste pressocché tali e quali in città. Oltre ai concerti si tengono ancora oggi rappresentazioni teatrali e reading.

A Greenwich, alle porte di Londra, invece, sono state girate delle scene nell’Old Royal Naval College, oggi sito Unesco, sorto come ospedale e strettamente legato alle colonie britanniche nel mondo. Si può anche visitare. Mentre nel borough di Barnet, un quartiere a Nord di Londra, si trova una splendida dimora in stile palladiano chiamata Wrotham Park, una delle ville storiche private più grandi, anch’essa più volte vista al cinema e in Tv, da “Bridget Jones” a “Jane Eyre”, da “Downton Abbey” a “The Crown” dove è stata usata per gli interni della dimora reale Clarence House dove vive il principe Carlo.

Le location fuori Londra

Diversi sono i luoghi che sono stati scelti nei dintorni di Londra per ambientarvi alcune delle scene della seconda stagione di “Bridgerton“, alcuni anche molti lontani. Tra questi, molti siti legati alla Corona britannica. Appena fuori dalla Capitale, nella Contea del Surrey, uno dei palazzi reali, Hampton Court Palace – o anche solo Hampton -, è sicuramente tra le location più famose. Situato a Richmond upon Thames, è uno dei luoghi più visitati della zona e ogni anno viene organizzato un bellissimo Flower Festival.

Hampton-Court-Palace

Hampton Court Palace

Ancora più famoso è però il Windsor Great Park, un parco reale di duemila ettari a Sud di Windsor (da non confondere con l’Home Park, il parco privato di 265 ettari del Castello di Windsor). All’intero del parco girano liberamente degli splendidi esemplari di cervi rossi ed è per la maggior parte del tempo aperto al pubblico. Vi hanno girato anche alcune scene dei film sul celebre maghetto Harry Potter.

Tra gli edifici usati pela serie c’è la casa di campagna di West Wycombe Park, nel Buckinghamshire, edificata come villa di delizia nel XVIII secolo per il libertino Sir Francis Dashwood. La sua architettura è inconfondibile, con la facciata fatta di colonnate in stile palladiano e neoclassico.

Sempre nella stessa Contea, alcune scene sono state girate nella più grande caserma della RAF, la Royal Air Force Halton che si trova ad Aylesbury, utilizzata fin dalla Prima guerra mondiale e attiva ancora oggi.

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La residenza di West Wycombe Park

Come nella prima stagione di “Bridgerton”, i protagonisti si spostano tra Londra e il Somerset, e in particolare la città di Bath, vera protagonista della serie. È qui, infatti, che si trova la casa della famiglia Featherington e l’esterno è uno degli edifici più celebri della città chiamato Royal Crescent, un gigantesco complesso residenziale settecentesco a forma di mezzaluna, considerato il più importante esempio di architettura georgiana del Regno Unito.

Ma a Bath c’è anche un altro splendido edificio che appare nella serie, che in realtà ospita il museo d’arte cittadino, l’Holburne Museum. Nel suo giardino amava passeggiare anche Jane Austen che abitava a due passi da qui, tanto da aver tratto ispirazione per alcuni dei suoi romanzi. Vi sono stati girati diversi film, da “Persuasion” a “La duchessa” con Keira Knightley a “La fiera della vanità”.

A un’ora di strada da Bath, nella cittadina di Salisbury – famosa per la sua splendida cattedrale – sono state girate delle scene a Wilton House, una meravigliosa casa di campagna che fu per quattro secoli la residenza dei conti di Pembroke. È stata anch’essa set di altri film, come “Orgoglio & Pregiudizio”, “Tomb Raider” e la serie “The Crown”.

Le location nel lontano Nord

Per trovare l’ambientazione giusta, la prodizione di “Bridgerton” è dovuta anche salire fino a York, una delle più affascinanti città d’Inghilterra. Qui, infatti, si trova Castle Howard, una delle più grandi residenze private dell’Inghilterra che è servita come residenza del Duca di Hastings.

Castle_Howard

Castle Howard, una delle più grandi residenze private dell’Inghilterra, set di “Bridgerton”

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Scoprire le bellezze in battello lungo la Linea delle Delizie

Con l’arrivo della primavera, non vediamo l’ora di stare all’aria aperta. Il weekend è il momento ideale per organizzare una gita, anche solo appena fuori porta, in famiglia o in compagnia di amici.

Ce ne sono alcune, nuovissime, che uniscono attività open air e cultura. Che fanno scoprire, senza andare troppo lontano, luoghi mai visti prima d’ora.

Sono le nuove navigazioni lungo il Naviglio Grande, alle porte di Milano, lungo quella che è stata definita la Linea delle Delizie. Si chiama così perché, navigando a bordo di battelli, si costeggiano splendide ville d’epoca, ville di delizia, appunto, sorte un tempo come case vacanza dell’aristocrazia e della borghesia milanese, la nostra “gilded age” insomma.

In battello sul Naviglio Grande

I nuovi itinerari lungo il Naviglio Grande

Ci sono tre bellissimi itinerari che partono da Boffalora sopra Ticino, un Comune alle porte del capoluogo che si trova all’interno del Parco lombardo della Valle del Ticino, attraversato dal Naviglio che lo divide in parte alta e parte bassa. Il ponte di Boffalora, che confina con il Piemonte, è uno dei tratti più caratteristici del paese e ne racconta la storia. Fu voluto nientemeno che da Napoleone Bonaparte al fine di agevolare i collegamenti tra la Francia e l’Italia. I barconi che partono da qui navigano verso il Villaggio del Rubone, un luogo molto particolare e ricco di fascino, un tempo abitato da una comunità autonoma. Ancora oggi si scorge una torre del Quattrocento, l’ultima sopravvissuta tra le torri costruite per controllare le vie d’acqua.

Un altro itinerario conduce invece a Castelletto di Cuggiono, un paese che sembra rimasto fermo nel tempo. Qui ci hanno girato alcune scene del film “L’albero degli zoccoli” del 1978 di Ermanno Olmi, dove sono state riprese alcune delle vie storiche acciottolate, la piccola chiesa parrocchiale, il ponte seicentesco, l’imbarcadero-lavatoio e il maestoso Palazzo Clerici, appartenuto a una ricca famiglia di banchieri, che sorge proprio lungo il Naviglio e che si può ammirare durante la navigazione. Ancora oggi la grandiosa scalinata barocca scende dalla villa fino alle acque del Naviglio. Serviva come imbarcadero per i nobili che vi attraccavano per poi giungere comodamente alla villa, evitando di attraversare il borgo.

Un altro ancora porta i visitatori verso Cassinetta di Lugagnano, anch’esso diviso in due dal corso d’acqua. Il nucleo più antico del paese è quello di Lugagnano, sulla sponda destra del Naviglio, dove i primi insediamenti risalirebbero addirittura all’epoca romana. Il paese era anche arroccato intorno a un castello circondato da un fossato, a testimonianza di quanto la sua posizione fosse strategica. Ma il vero patrimonio di Cassinetta di Lugagnano sono le splendide ville di delizia che ancora oggi si possono ammirare, legate ai nomi delle grandi famiglie milanesi (Visconti, Mantegazza, Castiglioni, Parravicini, solo per citarne alcuni). Queste “case da nobile” costituivano indubbiamente per i proprietari un punto di riferimento, che consentiva loro di effettuare periodici controlli sulla gestione dei terreni da parte dei fittavoli. Ma, poiché la zona di Cassinetta possedeva molte attrattive paesaggistiche, venivano usate soprattutto per la villeggiatura.

Tra le più belle, Villa Birago-Clari-Monzini, restaurata di recente o ora abitazione privata (il bello infatti sta più che altro all’interno), ma anche Villa Visconti, che spunta dalle acque con la sua maestosità e il suo colore giallo, quello della Milano settecentesca, e il meraviglioso giardino, e poi ancora Palazzo Krentzlin, appartenuto a una famiglia nobile, o Casa Spirito, anch’essa recentemente restaurata, e Villa Castiglioni-Nai-Bossi, dietro il cui cancello di ferro battuto si possono vedere i porticati, i balconi decorati e gli affreschi.

villa-visconti-cassinetta-lugagnano

Villa Visconti a Cassinetta di Lugagnano

Non tutte le ville di delizia si trovano lungo il Naviglio, però. Per ammirarle bisognerebbe scendere dal battello oppure tornare per un’altra gita, magari in bicicletta.

Altre minicrociere partono da Robecco sul Naviglio, quasi in Piemonte, una cittadina che a partire dal XVI secolo conobbe il suo massimo splendore per il fatto che molte famiglie nobili milanesi lo scelsero per costruirvi le loro residenze di campagna. Ville gentilizie appartenute ai Barzi, ai Casati, agli Archinto e ai Borromeo.

La più famosa visibile dal Naviglio è infatti Villa Gaia o Villa Borromeo Visconti Biglia Confalonieri Gandini, la più grande delle ville conservatesi nel borgo. Il nome “Gaia” le venne dato alla fine del ‘400 in quanto fu luogo dei divertimenti di Ludovico il Moro. Poi c’è Palazzo Archinto, detto anche “il castello”, che però non fu mai terminato. Oggi ospita il Museo del Naviglio Grande.

Da Robecco si può andare anche a Ponte Vecchio, un borgo tagliato in due dal Naviglio, lungo il quale sorgono alcune bellissime ville storiche come Villa Castiglioni, costruita nel ‘600 nei pressi del ponte sul Naviglio Grande e la Riserva Naturale “La Fagiana”, una riserva di caccia voluta da re Vittorio Emanuele II di Savoia, che comprende un grandioso complesso al centro di un altrettanto maestosa tenuta che allora si estendeva per 1574 ettari.

Infine, una piccola crociera passa anche attraverso il borgo di Castelletto di Abbiategrasso o Castelletto (su una sponda) Mendosio (sull’altra) per arrivare a Cassinetta di Lugagnano. Questo borgo, rimasto intatto com’era una volta, è stato anch’esso protagonista del film di Olmi per simulare la Darsena di Milano di fine ‘800. Lungo il Naviglio s’affaccia Palazzo Cittadini Stampa, dove oggi vengono organizzati eventi, e la casa del Guardiano delle acque che, nonostante non sia una casa di delizia, è comunque molto interessante per la sua importanza storica.

Castelletto-Mendosio

Castelletto Mendosio, lungo il Naviglio Grande

 

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C’erano una volta le tonnare: Grand Tour sulla costa sicula

C’è un modo straordinario per scoprire e riscoprire l’anima più autentica della Sicilia, ed è un Grand Tour sulla costa della regione alla scoperta delle tonnare. Luoghi legati indissolubilmente all’antica e mai dimenticata tradizione marinara della regione. Strutture straordinarie, anche se dismesse e riadattate, che si integrano perfettamente con la natura circostante, ridefinendo il paesaggio e incantando cittadini di tutto il mondo.

C’erano una volta le tonnare

Con il termine tonnare facciamo riferimento all’antico metodo di pesca introdotto dagli arabi negli anni 1000 e poi ereditato e proseguito dagli spagnoli. Quasi un secolo dopo, e più precisamente nel 1800, questa pesca conobbe il suo massimo splendore e si radicò nella terra di Sicilia grazie alla famiglia Florio che, sulla costa della regione, possedeva decine di tonnare.

Oggi, le tonnare in Sicilia, rappresentano le preziose testimonianze del passato legato alla pesca e alla mattanza dei tonni. Scoprire questi luoghi che si snodano lungo la costa ci permette di ammirare architetture uniche che raccontano la storia di un’autentica tradizione che definisce in maniera univoca l’identità di una regione.

Tonnara di Favignana, cortile interno

La lista delle tonnare è davvero lunghissima. Alcune di queste oggi sono diventate dei veri e propri musei che raccontano i riti e le tradizioni dei tonarotti. Tra le più famose c’è sicuramente quella di Favignana, Ex Stabilimento Florio, situata nei pressi del centro storico dell’isola. Con i suoi 32000 metri quadrati è considerata una delle più grandi tonnare di tutto il Mar Mediterraneo.

Da Trapani a Siracusa, le tonnare della costa sicula

A Trapani, invece, troviamo la tonnara di San Giuliano, uno dei simboli rappresentativi della città. L’edificio, oggi preziosa testimonianza dell’archeologia industriale della regione, è appartenuto alla famiglia Fardella e conserva gli antichi resti della tradizione della pesca dei tonni.

Nella piccola e suggestiva Scopello, in provincia di Trapani, tra le case abitate, la piazzetta e il profumo delle tradizioni antiche, troviamo la splendida tonnara edificata nel XIII secolo, anch’essa appartenuta alla famiglia Florio. Un luogo magico e suggestivo che sembra essere protetto dalle rocce e avvolto dal mare che incanta visitatori da tutto il mondo.

Tonnara di Scopello

Tonnara di Scopello

Ci spostiamo ora in provincia di Siracusa per scoprire le tonnare di Capo Passero e quelle di Avola, quest’ultima è una delle più grandi mai costruite in tutta la Sicilia orientale. L’edificio, costruito nel 1633, è situato proprio al centro della costa ed è bagnato dal Mar Ionio.

Nella magica e suggestiva Marzamemi, invece, troviamo una delle tonnare più antiche di tutta la regione. Dopo un importante restauro, alcune parti dell’edificio sono state messo a disposizione dei cittadini per eventi privati e matrimoni.

L’ultima tappa del nostro itinerario ci porta nel profondo sud, tra le meraviglie dell’Oasi faunistica di Vendicari. È qui, nel territorio di Noto, che sorge una delle tonnare più suggestive dell’intera Sicilia. Conosciuta anche con il nome di Bafutu, la struttura era adibita alla pesca di ritorno, cioè per il recupero di tutti quei tonni che ritornavano in mare aperto dopo la stagione dell’amore. Oggi la tonnara di Vendicari, restaurata in maniera superba, è il simbolo di questo rapporto antico tra l’uomo e la pesca, nonché elemento paesaggistico di grande bellezza.

Tonnara di Vendicari

Tonnara di Vendicari